TRIBUNALE BOLOGNA MILANO RAVENNA VICENZA VENEZIA REATI TRIBUTARI FALSO IN BILANCIO AVVOCATO ESPERTO
ELEMENTO SOGGETTIVO FALSO IN BILANCIO? ANALIZZIAMO PER UTILITA’ UNA IMPORTANTE SENTENZA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Sentenza 16 febbraio – 16 maggio 2018, n. 21672
quanto all’elemento soggettivo del reato,
posto che il giudice censurato, con il limitarsi ad affermare che la prova del dolo che aveva animato il soggetto agente doveva ricavarsi implicitamente dal rilevante importo del dato contabile taciuto, non si è conformato al principio di diritto, enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di falso in bilancio, dove l’elemento soggettivo presenta una struttura complessa comprendendo il dolo generico (avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (profitto ingiusto) ed il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il predetto elemento soggettivo non può ritenersi provato – in quanto “in re ipsa” – nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, nè può ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino, nel redattore del bilancio, la consapevolezza del suo agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. Coatti e altri, Rv. 268673).
E’ fondata anche l‘eccezione che si dirige sulla prova dell’esistenza di un danno patrimoniale patito dalle parti civili eziologicamente connesso alla mancata ostensione delle notizie societarie doverose e rilevanti.
Premesso che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli e altro, Rv. 266802, tra i destinatari del bilancio suscettibili di ricevere un nocumento dalle condotte di falsificazione delle informazioni societarie essenziali e rilevanti previste e punite dall’art. 2621 c.c., figurano non solo i soci e il pubblico ma anche i creditori delle compagini imprenditoriali esercitate in forma collettiva, deve riconoscersi che nella sentenza impugnata non vi è traccia di alcuno specifico approfondimento in ordine alle ragioni per le quali si dovesse ritenere che il danno patrimoniale lamentato dalle parti civili derivasse dalla mancata ostensione in bilancio dei dati contabili relativi alle garanzie contrattualmente assunte o degli accantonamenti prudenzialmente effettuati dall’amministratore e non, invece, come ritenuto dal giudice civile nella sentenza allegata al ricorso,
Violazione di norme contabili
In tema di bancarotta impropria da reato societario di falso in bilancio, dove l’elemento soggettivo presenta una struttura complessa comprendendo il dolo generico (avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (profitto ingiusto) ed il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il predetto dolo generico non può ritenersi provato – in quanto “in re ipsa” – nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, nè può ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino, nel redattore del bilancio, la consapevolezza del suo agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili.
Cassazione penale sez. V, 30/06/2016, n.46689
Atti in frode ai creditori
Ai fini della verifica della sussistenza di atti in frode ai creditori, preclusivi dell’accesso del sovraindebitato alla procedura di liquidazione, il giudice può basarsi su una sentenza penale che, sebbene in via non definitiva, abbia condannato l’istante per bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale, e falso in bilancio aggravato, a fronte di illeciti gestori commessi nei confronti di un proprio creditore.
Tribunale Monza sez. fallimentare, 04/05/2016
False comunicazioni e ripartizione illegale degli utili
Con riferimento alla rilevanza penale del cd. “falso valutativo”, deve essere rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa alla nuova formulazione del reato di falso in bilancio, al fine di chiarire se la modifica dell’art. 2621 c.c., operata dal comma 1 dell’art. 9 l. 27 maggio 2015 n. 69, nella parte in cui, disciplinando “le false comunicazioni sociali”, non ha riportato l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, abbia comportato o meno un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie.
Cassazione penale sez. V, 02/03/2016, n.9186
L’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 8 d. lgs. n. 74/2000 non è escluso dall’eventuale eterodirezione dell’imputato quale rappresentante legale della società (Trib. Milano, sez. II penale, sentenza n. 12610/2019).
La punibilità dei reati di cui agli artt. 2 e 8 d. lgs. n. 74/2000 deve essere limitata alle sole fatture relative a rapporti commerciali intervenuti tra cartiere e società facenti capo agli stessi soggetti che hanno realizzato il meccanismo criminoso o partecipato o contribuito alla sua realizzazione. Perché possa affermarsi l’inesistenza soggettiva delle operazioni, dedotte in fattura, poste in essere dalle cartiere coi fornitori e clienti finali è necessario che i soggetti coinvolti siano consapevoli che la transazione commerciale avviene in realtà direttamente tra il fornitore e il cliente finale, attraverso l’interposizione fittizia e apparente della cartiera. Solo le operazioni realizzate tra soggetti consapevoli dell’interposizione possono essere quindi qualificate come soggettivamente inesistenti: per il soggetto che realizzi operazioni commerciali con la cartiera nella convinzione che quest’ultima agisca come un normale operatore ogni operazione dedotta in fattura sarà reale, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo (“Nel caso di specie, la consapevolezza della fittizia interposizione pare innegabile tutte le volte che le transazioni commerciali sono avvenute tra più società cartiere o tra cartiere e altre società che, sebbene in parte realmente operanti sul mercato, erano in realtà gestite o riconducibili alla gestione dei medesimi amministratori di fatto delle cartiere”) (Trib. Lodi, sez. pen., sent. n. 234/2016).