Tribunale bologna affido figli avvocato esperto art 337 bis cc

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Tribunale bologna affido figli avvocato esperto art 337 bis cc

La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 c.c. con riferimento alla separazione personale dei coniugi, non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori (nella specie, la madre) e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore.

PROBLEMATICHE TRIBUNALE DI BOLOGNA AFFIDO FIGLI ART 337 BIS CC

Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall’art. 147 c.c., obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fino a quando la loro età lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione. Tale principio trova conferma nel nuovo testo dell’art. 155 c.c., come sostituito dall’art. 1 legge 8 febbraio 2006, n. 54, il quale, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.

Il coniuge separato o divorziato, già affidatario del figlio minorenne, è legittimato “iure proprio”, anche dopo il compimento da parte del figlio della maggiore età, ove sia con lui convivente e non economicamente autosufficiente, ad ottenere dall’altro coniuge un contributo al mantenimento del figlio. Ne discende che ciascuna legittimazione è concorrente con l’altra, senza, tuttavia, che possa ravvisarsi un’ipotesi di solidarietà attiva, ai cui principi è possibile ricorrere solo in via analogica, trattandosi di diritti autonomi e non del medesimo diritto attribuito a più persone.

In tema di divorzio, il contributo al mantenimento dei figli minori, quantificato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce, in mancanza di diverse disposizioni, il mero rimborso delle spese sostenute da quest’ultimo nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportate all’anno. Ne consegue che il genitore non affidatario non può ritenersi sollevato dall’obbligo di corresponsione dell’assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di visita disposte dal giudice, si trovino presso di lui ed egli provveda in modo esclusivo al loro mantenimento.

PROBLEMATICHE TRIBUNALE DI BOLOGNA AFFIDO FIGLI ART 337 BIS CC

In tema di separazione personale dei coniugi, poiché l’art. 155 cod. civ., nel testo in vigore prima della modifica apportata con la legge n. 54 del 2006, consente al coniuge non affidatario di intervenire nell’interesse dei figli soltanto con riguardo alle “decisioni di maggiore interesse”, non è configurabile a carico del coniuge affidatario alcun obbligo di previa concertazione con l’altro coniuge sulla determinazione delle spese straordinarie, nei limiti in cui esse non implichino decisioni di maggior interesse per i figli; tuttavia, tale principio non è inderogabile, essendo sempre possibile che il giudice, ai sensi del secondo e del terzo comma della norma citata, determini, oltre che la misura, anche i modi con i quali il coniuge non affidatario contribuisce al mantenimento dei figli, in modo difforme da quanto previsto in linea di principio dalla legge.

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diritto di famiglia

In materia di affidamento dei figli minori, il giudice della separazione e del divorzio deve attenersi al criterio fondamentale – posto, per la separazione, nell’art. 155, primo comma, c.c. e, per il divorzio, dall’art. 6 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo – i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. L’individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di genitore singolo, giudizio che, ancorandosi ad elementi concreti, potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che è in grado di offrire al minore. La questione dell’affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale deve avere come parametro di riferimento l’interesse del minore e, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità. (Nella specie, la Corte ha tassato con rinvio, la sentenza d’appello, la quale aveva ritenuto di dover affidare la figlia minore alla madre facendo leva, soprattutto, sul fatto che «il cristiano – e il marito e la moglie con la scelta del matrimonio religioso avevano esplicitato alla società di esserlo – conosceva le ultime parole del Cristo e sapeva che non era dato al cristiano togliere la madre al figlio né il figlio alla madre», laddove la sentenza di primo grado – ancorata alle risultanze di una consulenza tecnica collegiale – aveva disposto l’affidamento alla zia paterna ed al di lei coniuge e l’allontanamento dalla madre, la quale – mossa esclusivamente dal desiderio di soddisfare il suo istinto distruttivo della figura paterna-maschile- aveva determinato l’esaurimento di tutti i meccanismi difensivi fisiologici della bambina, con il rischio di scivolamento dallo stato premorboso ad uno stato psicotico di difficile o impossibile remissione).

In materia di assegno di mantenimento per il figlio, poiché si verte in tema di conservazione del contenuto reale del credito fatto valere con la domanda originaria, deve ammettersi la possibilità, per il genitore istante, di chiedere un adeguamento del relativo ammontare, alla stregua della svalutazione monetaria o del sopravvento di altre circostanze, verificatesi nelle more del giudizio, in particolare relative alle mutate condizioni economiche dell’obbligato ovvero alle accresciute esigenze del figlio. Ne deriva che la proposizione, in primo grado o in appello, di simili istanze o eccezioni non ricade sotto il divieto di ius novorum né con riguardo al giudizio di primo grado (art. 183, quarto comma, c.p.c.), né con riguardo al giudizio di appello (art. 345, primo comma, c.p.c.).

Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, secondo il precetto di cui all’art. 147 c.c., impone ai genitori, anche in caso di separazione, di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, cert

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DIVISIONE EREDITARIA BOLOGNA

In tema di separazione personale tra coniugi, il giudice della separazione è competente, anche “ultra petitum”, ad assumere i provvedimenti relativi alla prole, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva disposto l’affidamento del minore al servizio sociale, in ragione della consumata violazione del suo diritto alla bigenitorialità e della conflittualità in atto tra i genitori).

In tema di separazione personale dei coniugi, il giudice può legittimamente imporre a carico di un genitore, quale modalità di adempimento dell’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli, il pagamento delle rate del mutuo contratto per l’acquisto della casa familiare, trattandosi di voce di spesa sufficientemente determinata e strumentale alla soddisfazione delle esigenze in vista delle quali detto obbligo è disposto.

La determinazione del contributo che per legge grava su ciascun coniuge per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione della prole, a differenza di quanto avviene nella determinazione dell’assegno spettante al coniuge separato o divorziato, non si fonda su di una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun coniuge. Pertanto, le maggiori potenzialità economiche del genitore affidatario concorrono a garantire al minore un migliore soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell’altro genitore.

La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 c.c. con riferimento alla separazione personale dei coniugi, non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori (nella specie, la madre) e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore.



La condotta antidoverosa del coniuge, cui va riferito l’addebito della separazione, non contrasta in alcun modo con la collocazione del minore presso lo stesso, tenuto conto che la violazione dei doveri del matrimonio (nella specie, per condotte aggressive, irrispettose ed infedeli della moglie verso il marito) può non tradursi anche in un pregiudizio per l’interesse del minore, non nuocendo al suo corretto sviluppo psico-fisico, né compromettendo il suo rapporto con il genitore.

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Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori:

 di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337 bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.

Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio.

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.

4) le risorse economiche di entrambi i genitori.

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

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