Separazione consensuale CRISI FAMIGLIARE COPPIA CHE SCOPPIA Bologna a chi va la casa ,separazione giudiziale Bologna a chi va la casa
In Italia, la separazione coniugale è regolata principalmente dal Codice Civile e dalla legge sul divorzio (Legge 1 dicembre 1970, n. 898 e successive modifiche). Ecco una panoramica delle principali norme e procedure relative alla separazione dei coniugi:
Tipi di Separazione
Separazione Consensuale: Quando entrambi i coniugi sono d’accordo sulla separazione e sulle condizioni relative agli aspetti economici e alla gestione dei figli. La separazione consensuale può essere ottenuta in due modi:
In Tribunale: I coniugi presentano un ricorso congiunto al Tribunale. Il giudice verifica che l’accordo sia conforme agli interessi dei figli e delle parti.
Davanti all’Ufficiale di Stato Civile: Questa procedura è più rapida e semplice, e può essere utilizzata se non ci sono figli minori, figli maggiorenni non autosufficienti o figli incapaci.
Separazione Giudiziale: Quando i coniugi non riescono a trovare un accordo, uno dei due può chiedere al Tribunale di pronunciare la separazione. Il giudice ascolta entrambe le parti e decide sulle condizioni della separazione.
Procedura
Separazione Consensuale in Tribunale
Presentazione del Ricorso: I coniugi presentano un ricorso congiunto al Tribunale.
Udienza: I coniugi si presentano davanti al giudice che tenta una conciliazione. Se la conciliazione fallisce, il giudice verifica che l’accordo sia conforme agli interessi dei figli e delle parti.
Omologazione: Il giudice omologa l’accordo, rendendolo ufficiale.
Separazione Giudiziale
Presentazione del Ricorso: Uno dei coniugi presenta un ricorso al Tribunale.
Udienza di Comparizione: Entrambi i coniugi sono convocati davanti al giudice, che tenta una conciliazione. Se la conciliazione fallisce, il giudice dispone provvedimenti provvisori per regolamentare la vita separata dei coniugi e dei figli.
Fase Istruttoria: Si raccolgono prove e si ascoltano testimoni.
Sentenza: Il giudice emette una sentenza che stabilisce le condizioni della separazione.
Aspetti Economici e Custodia dei Figli
Assegno di Mantenimento: Il giudice può disporre che un coniuge versi all’altro un assegno di mantenimento, tenendo conto delle condizioni economiche di ciascuno e delle esigenze dei figli.
Assegnazione della Casa Coniugale: La casa coniugale viene solitamente assegnata al coniuge a cui sono affidati i figli, per garantire loro la stabilità.
Affidamento dei Figli: Di norma, si predilige l’affidamento condiviso, ma il giudice può disporre un affidamento esclusivo se è nell’interesse dei figli.
Modifiche Normative
Le norme sulla separazione e sul divorzio sono state oggetto di numerose modifiche nel tempo. Tra le più rilevanti:
Legge n. 55 del 2015: Ha ridotto i tempi per il divorzio, permettendo ai coniugi di ottenere il divorzio dopo sei mesi di separazione consensuale o un anno di separazione giudiziale.
Legge n. 162 del 2014: Ha introdotto la possibilità di separazione e divorzio davanti all’Ufficiale di Stato Civile e ha semplificato le procedure per la negoziazione assistita da avvocati.
Consulenza Legale
Data la complessità delle norme e l’importanza delle decisioni da prendere, è consigliabile avvalersi di un avvocato specializzato in diritto di famiglia per assistere nella procedura di separazione.
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SEPARAZIONE MOGLIE DIRITTO MANTENIMENTO
In Italia, il diritto al mantenimento per la moglie in caso di separazione è disciplinato dal Codice Civile e dalle successive leggi e sentenze che regolano la materia. Ecco una panoramica sui principali aspetti del mantenimento a favore della moglie durante la separazione.
Diritto al Mantenimento
Il diritto al mantenimento della moglie si basa su vari criteri, tra cui:
Condizioni Economiche dei Coniugi: Il giudice valuta la situazione economica di entrambi i coniugi. Se la moglie non ha redditi sufficienti per mantenere un tenore di vita simile a quello goduto durante il matrimonio, può aver diritto a un assegno di mantenimento.
Contributo al Matrimonio: Si tiene conto del contributo fornito dalla moglie durante il matrimonio, sia economico che domestico (come la cura della casa e dei figli).
Durata del Matrimonio: Matrimoni di lunga durata possono influenzare l’importo e la concessione dell’assegno di mantenimento.
Responsabilità nella Rottura del Matrimonio: Se la separazione è stata causata da comportamenti colpevoli (ad esempio infedeltà) di uno dei coniugi, ciò può influire sulla decisione del giudice riguardo all’assegno.
Tipi di Assegno di Mantenimento
Assegno di Mantenimento Temporaneo: È un importo che il coniuge economicamente più forte deve versare all’altro durante il periodo della separazione, fino a quando non viene eventualmente pronunciato il divorzio.
Assegno di Divorzio: Dopo la separazione e durante il divorzio, il giudice può disporre un assegno di divorzio, che può essere a tempo determinato o indeterminato.
Calcolo dell’Assegno di Mantenimento
Non esiste una formula fissa per il calcolo dell’assegno di mantenimento, ma il giudice considera vari fattori:
Reddito e patrimonio di entrambi i coniugi.
Spese necessarie per il mantenimento e l’educazione dei figli.
Capacità lavorativa del coniuge richiedente.
Standard di vita goduto durante il matrimonio.
Procedura per Ottenere il Mantenimento
Richiesta al Giudice: La moglie deve richiedere l’assegno di mantenimento al giudice durante la procedura di separazione.
Esame della Situazione Economica: Il giudice esamina la situazione economica dei coniugi attraverso documentazione e prove presentate.
Decisione del Giudice: Il giudice decide l’importo e le modalità di pagamento dell’assegno di mantenimento, che può essere mensile o in un’unica soluzione.
Modifica e Revoca dell’Assegno di Mantenimento
L’assegno di mantenimento può essere modificato o revocato in caso di cambiamenti significativi nella situazione economica o personale di uno dei coniugi. Ad esempio, se la moglie trova un lavoro ben retribuito o se il coniuge obbligato a pagare subisce una riduzione significativa del proprio reddito, il giudice può modificare l’importo dell’assegno.
Recenti Modifiche Normative e Giurisprudenziali
Sentenza della Corte di Cassazione n. 11504/2017: Ha introdotto criteri più restrittivi per l’assegno di divorzio, privilegiando il criterio dell’autosufficienza economica del coniuge richiedente rispetto al mantenimento del tenore di vita matrimoniale.
Legge n. 55 del 2015: Ha semplificato le procedure per il divorzio e ridotto i tempi di attesa dopo la separazione.
Consulenza Legale
Considerata la complessità delle questioni legate al mantenimento, è altamente consigliato rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto di famiglia per ottenere una consulenza personalizzata e per assistere nella presentazione della richiesta di assegno di mantenimento.
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AVVOCATO DIVORZISTA BOLOGNA
Nella separazione consnsuale o giudiziale la casa va assegnata tenendo ocnto dell’interesse preminente dei figli , ciò significa che l’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi presuppone l’esistenza di figli minori e/o non autosufficienti, mentre prescinde dalla titolarità della proprietà (la casa, infatti, può anche essere di proprietà dell’altro coniuge).
La determinazione dei presupposti che condizionano l’attribuzione del diritto di abitare la casa coniugale (specie qualora questa non sia in comproprietà) costituisce, infatti, una delle principali problematiche su cui giurisprudenza e dottrina dibattono da anni.
Al riguardo, in dottrina ed in giurisprudenza si registrano due orientamenti di segno contrapposto: l’uno, che ammette l’assegnazione della casa familiare al coniuge non proprietario solo in presenza di un provvedimento di affidamento della prole; l’altro che estende l’ambito di applicabilità dell’istituto in parola anche al ricorrere di presupposti ulteriori ed alternativi a quello rappresentato dalla tutela dei figli.
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Oggi con la crisi economica l’assegnazione della casa ha sempre piu’ importanza trattandosi di bene importante per la persona
La separazione di una coppia comporta, salvo rari casi, anche la cessazione della convivenza tra i coniugi. Quando la casa non è venduta, capita sovente che uno dei due resti a vivere nella casa coniugale mentre l’altro coniuge si rechi altrove. Se è necessario l’intervento di un Giudice, egli stabilirà chi sarà il “coniuge assegnatario” della casa coniugale e chi il “coniuge non assegnatario”. Considerato che la casa familiare ha non solo un valore economico ma anche affettivo, l’assegnazione della stessa rappresenta una delle variabili di maggiore conflitto tra i coniugi, e dunque costituisce una delle più importanti e delicate questioni che il Giudice è chiamato a trattare.
Avvocato matrimonialista Bologna, ma il figlio che non lavora va mantenuto? Pare di si secondo la cassazione Civile, sentenza 6 marzo – 9 maggio 2013, n. 11020
La casa coniugale
AVVOCATO DIVORZISTA BOLOGNA
In caso di separazione o divorzio consensuale, sono i coniugi stessi, nell’atto di separazione, a stabilire la divisione dei beni mobili e immobili. Pertanto, in tale ipotesi, ogni determinazione in merito all’assegnazione della casa coniugale è rimessa alla scelta delle parti. Il Giudice nell’assegnare la casa coniugale tiene conto anche dei rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi.
Se il partner a cui non è stata affidata la casa è l’unico proprietario, può venderla?
NO, E SE LA VENDE IL CONIUGE ASSEGNATARIO CONTINUA AD AVERE I SUOI DIRITTI Ciò significa che il beneficio economico derivante dall’assegnazione della casa coniugale da parte del coniuge assegnatario deve essere preso in considerazione ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento e di divorzio, in modo tale che la soluzione non ricada in modo sproporzionato sul coniuge non assegnatario.
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Diverso discorso avviene nel caso di separazione o divorzio giudiziale. In tal caso, mancando l’accordo tra le parti, sarà il giudice – chiamato a decidere nella causa di divisione – a chi assegnare la casa.
Il coniuge al quale è stata assegnata la casa familiare la perde se i figli diventano autosufficienti, se vanno a vivere altrove o se lo stesso coniuge abbandona l’immobile per trasferirsi.
Quando si può chiederei la revoca dell’assegnazione della casa coniugale
REVOCA ASSEGNAZIONE CASA CONIUGALE AVVOCATO DIVORZISTA BOLOGNA
La revoca della casa coniugale può avvenire solo quando ci sono particolari presupposti:
i figli smettano di convivere stabilmente con il genitore assegnatario dell’immobile;
quando i figli raggiungono l’autosufficienza economica.
L’articolo 337-sexies codice civile ha previsto la revoca dell’assegnazione delle casa coniugale nel caso in cui:
la madre decida di andare a vivere dai genitori;
nel caso in cui la moglie sia costretta a cambiare città per motivi di lavoro;
nel caso in cui la moglie si allontani dalla casa coniugale per convivere stabilmente con un’altra persona;
nel caso il coniuge assegnatario della casa coniugale si risposi.Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 13/12/2023) 12/03/2024, n. 6444 DIVORZIO › Assegno di divorzio Intestazione REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente Dott. MELONI Marina – Consigliere Dott. PARISE Clotilde – Consigliere Dott. TRICOMI Laura – Consigliere-Rel. Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 20177/2022 R.G. proposto da: A.A., elettivamente domiciliata in Bisceglie P.zza Vitt. Emanuele, 54, presso lo studio dell’avvocato VALENTINI OLINTO RAFFAELE (omissis) che la rappresenta e difende -ricorrentecontro B.B., elettivamente domiciliato in BISCEGLIE VIA A. DE GASPERI 21, presso lo studio dell’avvocato RIGANTE GIOVANNI (omissis) che lo rappresenta e difende -controricorrenteavverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 618/2022 depositata il 22/04/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal Consigliere LAURA TRICOMI. Svolgimento del processo 1.- A.A. ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari resa in giudizio divorzile con due mezzi, illustrati da memoria. B.B. ha replicato con controricorso seguito da memoria. La controversia concerne l’accordo contenuto nella separazione consensuale omologata dal Tribunale di Trani il 16/5/2006 che prevedeva, sotto il paragrafo “cose comuni” che “la casa coniugale di proprietà di entrambi i coniugi sita in B. alla Via (omissis), sarà abitata dalla sig.ra A.A. e dal figlio celibe C.C., economicamente autonomo”. In sede di giudizio divorzile, il Tribunale con sentenza del 30/5/2019, su domanda di B.B., revocò l’accordo ritenendo che si trattasse di condivisa assegnazione della casa coniugale, avendo accertato l’assenza di prole nei cui confronti esercitare la tutela. La Corte di appello ha confermato la decisione affermando che la pattuizione di cui si discute non avesse natura di contratto atipico, ma di condizione della separazione, perché non faceva emergere in maniera chiara ed inequivocabile la comune intenzione delle parti stipulanti di produrre gli effetti tipici del contratto costituente un diritto reale di abitazione in favore della A.A. e del figlio C.C.. Ne ha dedotto la modificabilità ex art.710 cod.proc.civ., alla luce degli intervenuti mutamenti fattuali nel nuovo contesto conseguente al divorzio. È stata disposta la trattazione camerale. Motivi della decisione 2.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione di legge per errata applicazione dell’art. 1372 c.c., in relazione all’interpretazione del testo dell’accordo di separazione con cui era stato concordato il diritto di abitazione che, a parere della ricorrente, contrasterebbe con i principi della logica e del diritto. La censura concerne l’affermazione della Corte territoriale secondo cui a questa clausola “”dovrebbe” essere attribuita natura di contratto atipico e non di condizione di separazione, ma il tenore letterale della stessa, a parere della Corte, non fa emergere in maniera chiara ed inequivocabile la comune intenzione delle parti stipulanti di produrre gli effetti tipici del contratto costituente un diritto reale di abitazione….” (fol.5) 2.2.- Con il secondo motivo si denuncia la violazione di legge ed errata applicazione degli artt. 155 quater, 337 sexies, 156, e 162 c.c. La ricorrente, dopo avere ricordato che il resistente, in relazione alla fattispecie in esame, aveva dapprima introdotto una domanda di divisione e successivamente una domanda di revoca dell’assegnazione della casa coniugale in favore della ricorrente, si duole che non si sia tenuto conto dell’effettivo contenuto dell’accordo. 3.1.- I due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti. 3.2.-La giurisprudenza ha da tempo ammesso gli accordi traslativi o costituitivi di diritti reali tra i coniugi, in sede di separazione consensuale, come accaduto nella specie, o di divorzio consensuale. Sul punto si sono soffermate anche le Sezioni Unite. Le clausole dell’accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni – mobili o immobili – o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., alle condizioni previste nella sentenza (Cass. Sez. U. 21761/2021). Invero, la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti – ed un contenuto eventuale, che trova solo occasione nella separazione, costituito da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata.Ne consegue che questi ultimi non sono suscettibili di modifica (o conferma) in sede di ricorso ad hoc ex art. 710 c.p.c. o anche in sede di divorzio, la quale può riguardare unicamente le clausole aventi causa nella separazione personale, ma non i patti autonomi, che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell’art. 1372 c.c. (Cass. n.5061/2021). Per tale ragione è stato affermato, ad esempio, che “E’ valida la clausola con la quale i coniugi, in sede di separazione consensuale, si accordino per vendere in futuro l’abitazione coniugale che sia stata assegnata al coniuge affidatario di figlio minore, in quanto autonoma rispetto alla concordata assegnazione e con essa non incompatibile.” (Cass. n. 34861 del 25/11/2022) e che “L’accordo, concluso in sede di separazione e poi trasfuso nel divorzio congiunto, con cui i coniugi convengano che, a fronte della cessione di quote societarie dalla moglie al marito, quest’ultimo corrisponda alla predetta ed ai figli, senza soluzione di continuità, un assegno “vita natural durante”, anche dopo il raggiungimento della maggiore età, non è suscettibile di revisione ex art. 8 della l. n. 898 del 1970, trattandosi non di pattuizione di un assegno divorzile, ma di costituzione di una rendita vitalizia.” (Cass. n. 10031/2023). 3.3.- Va aggiunto, quanto alla dedotta violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione di un attonegoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c. e segg., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione). Sicché, per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione dellenorme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. n. 22536/2007). D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. n. 15604/2007; Cass. n. 4178/2007). Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi già dallo stesso esaminati (Cass. 7500/2007; 24539/2009, Cass. n.8638/2020). Con specifico riferimento poi alla ricognizione circa la natura definitiva o meno della volontà delle parti, si è ribadito che (cfr. Cass. n. 14006/2017) costituisce accertamento riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, valutare se l’intesa raggiunta dai contraenti abbia ad oggetto un regolamento definitivo del rapporto ovvero un documento con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, e, nel compiere tale verifica, il giudice può fare ricorso ai criteri dettati dagli artt. 1362 c.c. e ss. per ricostruire la volontà delle parti, tenendo conto sia del loro comune comportamento, anche successivo, sia della disciplina complessiva dalle stesse dettata (conf. Cass. n. 23142/2014, secondo cui la qualificazione del contratto come preliminare o definitivo si risolve in un accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, il quale, nell’interpretazione del contratto, ove il dato letterale sia equivoco, può ricorrere al criterio di cui all’art. 1362 c.c., comma 2, assegnando rilievo anche all’avvenuta esecuzione delle prestazioni). 3.4.- Nella specie, la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione al criterio letterale, ex art. 1362 c.c., perché ha ritenuto che la clausola dell’accordo tra le parti ed uno dei figli, maggiorenne ed economicamente autosufficiente, in sede di separazione, rientrasse – con una singolare motivazione: siccome la volontà contrattuale non è chiara, allora deve essere una condizione della separazione – tra le condizioni della separazione consensuale, e che quindi, l’assegnazione della casa coniugale alla moglie e ad uno dei figli potesse essere revocata, ciò nonostante l’espressione “attribuzione delle cose comuni”, e la previsione che la casa sarebbe stata abitata dalla moglie e dal figlio, maggiorenne ed economicamente autosufficiente, lasciassero deporre chiaramente per la costituzione di un diritto reale di abitazione. Non ha tenuto conto nemmeno del comportamento delle parti e della loro successiva condotta, nonché del tempo decorso dal momento della stipula fino alla revoca, mai in precedenza richiesta, nonostante l’incremento di età del figlio. 4.- In conclusione, il ricorso va accolto; a ciò consegue la cassazione della sentenza con rinvio della causa alla Corte di appello di Bari in diversa composizione per il riesame, alla luce dei principi esposti, e la statuizione sulle spese. P.Q.M. – Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bari in diversa composizione anche per le spese; – Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Conclusione Così deciso in Roma, il giorno 13 dicembre 2023. Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2024
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