SEPARAZIONE CON LITE BOLOGNA A CHI IL FIGLIO?

In caso di separazione o divorzio a chi è affidato il figlio?

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SEPARAZIONE CON LITE BOLOGNA A CHI IL FIGLIO?
SEPARAZIONE CON LITE BOLOGNA A CHI IL FIGLIO?

In caso di separazione o divorzio a chi è affidato il figlio?

In caso di separazione o divorzio il principio è quello della bigenitorialità ovvero dell’affido condiviso con collocamento prevalente presso uno dei genitori. All’epoca del codice civile del 1942 il legislatore si era ispirato all’idea tradizionale della famiglia fondata sul matrimonio, uno schema socialmente accettato.

la legge n. 54 del 2006 (1) ha innovato profondamente la materia sull’affidamento dei minori, invertendo sostanzialmente il rapporto di regola ed eccezione  tra il previgente affidamento congiunto ed esclusivo ; la legge n. 54 del 2006, vista la valorizzazione del diritto alla bigenitorialità del minore, inteso come diritto ad un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori anche in caso di crisi della coppia, aveva introdotto con il comma 2 dell’art. 155 c.c. il criterio prioritario della valutazione dell’affidamento a entrambi i genitori, ovverosia dell’affidamento condiviso).

SEPARAZIONE CON LITE BOLOGNA A CHI IL FIGLIO?
SEPARAZIONE CON LITE BOLOGNA A CHI IL FIGLIO?

Vi è una differenza tra figli nati in costanza di matrimonio e figli illegittimi?

Dall’idea tradizionale di famiglia derivava una diversificazione tra figli legittimi e illegittimi in quanto solo ai primi era assicurata piena tutela giuridica. Il matrimonio era l’elemento differenziale tra posizione tutelata e non.

La prole poteva trovare riconoscimento e protezione solo nella famiglia fondata sul matrimonio, la sola ritenuta idonea a fornire educazione, istruzione e mantenimento.

L’unica distinzione che oggi si può riscontrare tra figli nati all’interno del matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio riguarda l’accertamento dello stato di figlio. Infatti, in caso di figli nati al di fuori del matrimonio, affinché si abbia uno stato di filiazione rilevante per il diritto occorre procedere con il riconoscimento.

Questo può essere espresso formalmente dai genitori nell’atto di nascita, altrimenti, se dovesse avvenire in un momento successivo alla nascita, il riconoscimento può essere effettuato mediante dichiarazione davanti all’ufficiale dello stato civile, o mediante atto pubblico ovvero essere espresso in un testamento.

Nel codice civile, il riconoscimento del figlio naturale è disciplinato dall’articolo 250, che al primo comma recita “il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto nei modi previsti dall’articolo 254 c.c. dal padre o dalla madre anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente, quanto separatamente.”

La norma dà quindi la possibilità ad entrambi i genitori di riconoscere il figlio naturale, l’unico limite dettato dal disposto legislativo si trova nel comma terzo dello stesso articolo, in cui viene disciplinato il caso in cui il figlio, se minore di quattordici anni, è già stato riconosciuto da uno dei due genitori: in questa ipotesi, il riconoscimento sarà subordinato al consenso dell’altro genitore. Presupposto per il riconoscimento è aver compiuto almeno il sedicesimo anno di età.

 Nel caso in cui il riconoscimento dovesse avvenire non contemporaneamente, il genitore che per primo ha riconosciuto il figlio dovrà dare il proprio consenso al riconoscimento; in assenza del consenso l’altro genitore dovrà ricorrere al Giudice. Se il riconoscimento dovesse avvenire oltre il compimento del quattordicesimo anno di età del figlio, occorrerà ottenere l’assenso di quest’ultimo.

In caso di separazione e divorzio i figli legittimi sono equiparati a quelli naturali?

Un primo passo verso il superamento della distinzione tra figli legittimi e naturali si è avuta con la Costituzione e la riforma del diritto di famiglia del 1975. La Carta Costituzionale all’art. 30 stabilisce il diritto/dovere dei genitori di istruire, educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio con perfetta equiparazione giuridica e sociale.I figli naturali sono sempre equiparati ai figli legittimi. Secondo la Cassazione, l’omessa comunicazione al padre, da parte della madre, consapevole della paternità, dell’avvenuto concepimento, se non giustificata da un valido motivo nell’interesse del nascituro e nonostante la comunicazione non sia imposta da nessuna norma,  si traduce in un comportamento illegittimo, che se fatto con dolo o colpa, non costituisce reato ma può di sicuro integrare gli estremi di una responsabilità civile, perché suscettibile di arrecare un pregiudizio, che può essere qualificato come danno ingiusto, al diritto del padre naturale di affermare la sua identità di genitore, vale a dire, di ristabilire la verità sul rapporto di filiazione.

Eliminare qualsiasi forma di discriminazione tra figli legittimi e figli naturali, ossia nati fuori dal matrimonio.

E’ l’obiettivo al quale mirano le nuove norme in materia di riconoscimento dei figli naturali contenute nella Legge 10 dicembre 2012, n. 219 pubblicata in Gazzetta Ufficiale 17 dicembre 2012, n. 293.

In particolare, il provvedimento modifica il codice civile e le disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie nei seguenti punti:

  • riconoscimento dei figli – L’articolo 74 del codice civile e’ sostituito dal seguente: «Art. 74 (Parentela). – La parentela e’ il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione e’ avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui e’ avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio e’ adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di eta’, di cui agli articoli 291 e seguenti»;
  • figli nati da relazioni parentali– L’articolo 251 del codice civile e’ sostituito dal seguente: «Art. 251 (Autorizzazione al riconoscimento). – Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinita’ in linea retta, puo’ essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessita’ di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Il riconoscimento di una persona minore di eta’ e’ autorizzato dal tribunale per i minorenni»;

Quale la tutela in caso di separazione e divorzio per i figli incestuosi?

Per i figli incestuosi continua a sussistere il divieto di riconoscimento salvo la mancata conoscenza di tale circostanza, della relazione parentale, da parte dei genitori. Elemento essenziale la buona fede anche se presente soltanto in capo a una sola delle parti.

La legge prevedeva la necessità dell’autorizzazione del giudice per il riconoscimento tenuto conto dell’interesse del figlio. Neppure la Corte Costituzionale nel 2002 aveva risolto la questione della tutela dei figli incestuosi. La Consulta, infatti, pur riconoscendo l’illegittimità della discriminazione, è intervenuta sotto il profilo della maternità/ paternità senza modificare l’art. 251 c.c..

Ne conseguiva una situazione paradossale perché il riconoscimento dei figli incestuosi era possibile solo tramite dichiarazione giudiziale di paternità/maternità. Tale impasse viene superato con una riformulazione della disposizione eliminando il richiamo alla buona fede e prevedendo quale cartina di tornasole per il giudice esclusivamente l’interesse del figlio e la volontà di evitare pregiudizi.

Per maggiori informazioni e per una consulenza, ci si può rivolgere allo Studio Legale Bologna.

LA CASA NELLA CONVIVENZA SE VI SONO FIGLI?

Va ricordato che il principio secondo cui la costituzione di una nuova famiglia di fatto esclude l’assegno di mantenimento è stato espressamente sancito in tema di assegno divorzile, ma è perfettamente mutuabile alla materia della separazione personale per l’eadem ratio: anche in caso di separazione legale dei coniugi, e di formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto ad opera del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento, indipendentemente dalla “risoluzione del rapporto coniugale” (assai più che probabile) si opera una rottura tra il preesistente tenore e modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed il nuovo assetto fattuale avente rilievo costituzionale, in quanto espressamente cercato e voluto dal coniuge beneficiario della solidarietà (in questo caso, ancora) coniugale, con il conseguente riflesso incisivo dello stesso diritto alla contribuzione periodica, facendola venire definitivamente meno (Cass. civ., sez. I, 19/12/2018, n. 32871);

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