SEPARAZIONE BOLOGNA :assistenza morale e materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia

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Cos’è l’addebito della separazione ?

 è una conseguenza giuridica della violazione da parte di uno dei due coniugi dei doveri di cui all’articolo 143 del codice civile. Dal matrimonio infatti derivano, secondo l’articolo 143 del codice civile, i seguenti obblighi:

Di assistenza materiale;

Alla collaborazione nell’interesse della famiglia;

Alla coabitazione.

 fedeltà reciproca;

All’assistenza morale;

 

 

L’inadempimento di uno solo dei predetti doveri coniugali determinerà la possibilità per il coniuge che ne faccia richiesta, di chiedere ed ottenere l’addebito. Ciò è possibile, come specificato, soltanto nell’ambito di un procedimento di separazione giudiziale, non in quella consensuale.

SEPARAZIONE BOLOGNA ADDEBITO URGENTE BOLOGNA  AFFRETTATI assistenza morale e materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia- SEPARAZIONE BOLOGNA ADDEBITO BOLOGNA 

negli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge rientrano anche quelli di assistenza materiale concernenti il rispetto e l’appagamento delle esigenze economicamente valutabili dell’altro coniuge (aiuto nel lavoro, nello studio, nella malattia, etc.) Secondo l’insegnamento della cassazione sentenza 47139 del 2014 Ne discende, ancora, che non è necessaria, per l’integrazione della fattispecie incriminatrice de qua, diversamente da quella contemplata dall’art. 570, comma 2, c.p., la determinazione di uno stato di bisogno della persona avente diritto quale conseguenza della condotta violativa dei doveri di assistenza materiale di coniuge e di genitore. secondo la cui linea interpretativa la violazione dei doveri di assistenza materiale di coniuge e di genitore, previsti dalle norme del codice civile, integra, ricorrendo tutti gli altri elementi costitutivi della fattispecie, il reato previsto e punito dall’art. 570, comma primo, cod. pen. Si è invero affermato, in questa Sede, che negli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge rientrano anche quelli di assistenza materiale concernenti il rispetto e l’appagamento delle esigenze economicamente valutabili dell’altro coniuge (aiuto nel lavoro, nello studio, nella malattia, etc.) e la corresponsione dei mezzi economici necessari per condurre il tenore di vita della famiglia. Obblighi che, pur attenuati, permangono anche in caso di separazione personale dei coniugi, prevedendo l’art. 146 c.c., la sospensione del diritto all’assistenza morale e materiale nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi.
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Al riguardo, noto che l’art. 143 c.c.. nell’individuare gli obblighi reciproci dei coniugi- SEPARAZIONE BOLOGNA ADDEBITO BOLOGNA 

che discendono dal matrimonio, prevede, oltre a quelli di fedeltà e di coabitazione, anche quelli di assistenza morale e materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia, dove per assistenza morale e materiale deve intendersi una solidarietà vigile e attenta ai vari bisogni di tutto il nucleo familiare e l’aiuto nel sostenere i pesi della vita quotidiana, anche, se necessario, sotto forma patrimoniale.

E’ altresi noto che, anche secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di crisi coniugale, un coniuge può chiedere l’addebito della separazione all’altro per la violazione di tali obblighi. Sulla parte che richiede l’addebito grava poi l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nei rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (Cass. civile, sez. VI, 19/02/2018, n_ 3923; Cass. civile, sez. VI, 23/10/2017, n. 25072; Cass. civile, sei.. 1, 10/95/2017, n. 1[448).

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 SEPARAZIONE BOLOGNA ADDEBITO BOLOGNA  
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
* * *
Il Tribunale Civile di Piacenza, Sezione Unica, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Sigg. Magistrati:
Dott.ssa Marisella GATTI Presidente Rel. Est.
Dott.ssa M. Beatrice Gigli Giudice
Dott.ssa Giorgia Demaldi Giudice GOT
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di 1 ° grado promossa con ricorso depositato in data 21.05.2014
DA
C.F. *** , nata l’ 11.12.1961 a (omissis), ivi residente in via (omissis) n. (omissis), rappresentata e difesa dall’AVV. Barbara Filippi, presso il cui studio in Piacenza, via S. Donnino n.23, ha eletto domicilio in forza di procura a margine dei ricorso.
– RICORRENTE –
contro
C.F. ***, nato il 18.04.1958 a (omissis), ivi residente in via (omissis) n. (omissis), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Emanuele Solari, Giuseppe Dametti e S. Covini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Piacenza via Santa Franca n.23, come da procura in atti.
– RESISTENTE –
con l’intervento del
PUBBLICO MINISTERO in persona del Procuratore della Repubblica Dott. Salvatore Cappelleri.
– INTERVENUTO –
All’udienza del 12/12/2017 la causa veniva posta in decisione alle seguenti
CONCLUSIONI
PER LA RICORRENTE:
“Piaccia al Tribunale Ill.mo, contrariis rejectis:
  1. a) accertato che il signor Y ha violato gli obblighi di assistenza morale e materiale, e di collaborazione nell’interesse della famiglia previsti dalla Legge, così definitivamente compromettendo l’unità coniugale, dichiarare la separazione giudiziale della signora X dal signor Y con addebito a carico del signor Y;
  2. b) assegnare la casa coniugale – che e di proprietà del padre dell’attrice – alla signora X che vi dimorerà con le figlie F. ed E., studentesse universitarie e maggiorenni ma non economicamente indipendenti;
  3. c) porre a carico del signor Y, quale contributo per il mantenimento delle figlie F. cd E., il versamento, entro il giorno 10 di ogni mese, della somma che Codesto Tribunale riterrà congrua anche all’esito dell’istruttoria, nonch6 il contributo nella misura del 50% delle spese straordinarie mediche e scolastiche, sportive e ricreative necessarie e/o utili per i] bene delle figlie, sino a che non saranno economicamente autosufficienti;
  4. d) con vittoria di spese, diritti e onorari di causa.”
PER IL RESISTENTE:
“Piaccia al Tribunale Ill.mo, contrariis reiectis:
– Dichiarare la separazione giudiziale dei coniugi Y e X con addebito a carico della moglie X.
– Dire tenuta e condannare, anche in via riconvenzionale, la sig.ra X a corrispondere al marito Y un assegno mensile di mantenimento di euro 1.000,00, o la diversa somma che l’Ill.mo Tribunale riterrà congrua e/o di giustizia.
– Assegnare alla sig.ra X la casa coniugale sita in (omissis), via (omissis), (omissis), in quanto di proprietà del di lei padre, ad eccezione degli arredi, di proprietà comune dei coniugi.
– Dichiarare e dire tenuti entrambi i coniugi a contribuire al mantenimento delle figlie maggiorenni F. ed E. fino a quando non saranno economicamente autosufficienti, stabilendo la misura de] mantenimento a carico dei coniugi in misura differenziata ed in proporzione alle loro capacità economiche e redittuali.
Con ogni altro provvedimento e/o declaratoria del caso. Con vittoria di spese e competenze di lite”.
PER IL P.M:
“Voglia il Tribunale Ill.mo dichiarare la separazione dei coniugi di cui è causa, con tutte le conseguenze e gli adempimenti di legge, alle condizioni di cui all’ordinanza presidenziale del 12/03/2015.”
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in data 21.5.2014 e regolarmente notificato X chiedeva la separazione personale con addebito dal marito Y , con il quale aveva contratto matrimonio concordatario in Piacenza il 16.9.1989, dal quale erano nate le figlie E. (il ….1991) ed F. (il …1993), entrambe maggiorenni e studentesse universitarie.
A sostegno del ricorso la ricorrente esponeva:
di essere impiegata presso la società Alfa srl di Podenzano, mentre il marito era libero professionista svolgendo l’attività di agente di commercio di apparecchiature per filtrazione/climatizzazione;
che, nell’ambito della vita matrimoniale, il marito era stato pressoché assente,
dedicando ogni momento del suo tempo libero all’hobby del softair e del paracadutismo, tanto da essere divenuto presidente della sezione di (omissis) dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia; inoltre, la passione per le attività e l’addestramento militare lo portava ad organizzare e partecipare a missioni ed eventi quali “la Staffetta degli ideali” o le “Missioni ad El Alamein”, che richiedevano anche viaggi all’estero; nel contempo collezionava oggetti “militareschi”, come pistole e fucili da softair, abbigliamento mimetico, attrezzature per corsi di sopravvivenza, casi sottraendo tempo e risorse alla famiglia;
che, in particolare il convenuto, si era sempre disinteressato della vita delle figlie, violando gli obblighi di assistenza morale, materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia.
Si costituiva il resistente, contestando tutto quanto dedotto dalla ricorrente e chiedendo, a sua volta, la separazione con addebito a carico della moglie, deducendo, in particolare, che questa, da quando praticava yoga, aveva manifestato progressivo disinteresse nei confronti del marito, fino ad interrompere ogni rapporto intimo, venendo meno ai doveri coniugali, escludendo il marito dalla vita familiare ed influenzando anche le figlie.
All’udienza presidenziale del 18.9.2014 comparivano entrambi i coniugi, assistiti dai rispettivi difensori. Dato atto dell’esito negativo del tentativo di conciliazione, venivano sentite le parti, che confermavano i rispettivi atti. La ricorrente, inoltre, precisava di percepire uno stipendio mensile di Euro 1.800,00 come impiegata di una ditta privata, mentre la casa coniugale era concessa in comodato d’uso ai coniugi dal padre della stessa ricorrente. Il resistente, a sua volta, dichiarava di essere disponibile a mettere in discussione i suoi comportamenti per cercare di salvare il matrimonio, aggiungendo peraltro che da tempo si sentiva isolato in famiglia e che ciò gli cagionava sofferenza. Precisava inoltre di essere agente di commercio e di avere contratti di agenzia nel settore della climatizzazione; era poi accomandatario di una ditta, con partecipazione della moglie per l’uno%, che però si apprestava a chiudere per la mancanza di lavoro.
Seguivano alcuni rinvii dell’udienza presidenziale per permettere ai coniugi di intraprendere un percorso di mediazione familiare, data l’alta conflittualità ancora presente fra gli stessi, finché all’udienza del 12,3.2015 venivano pronunciati i provvedimenti presidenziali: i coniugi venivano autorizzati a vivere separati; preso atto della disponibilità manifestata dalla ricorrente di provvedere interamente al mantenimento delle due figlie E. ed F. – nell’attualità ed al fine di sollevare il marito dal relativo onere, così da consentirgli una riorganizzazione della vita a seguito della separazione – non veniva previsto alcun contributo a carico del marito per il mantenimento delle figlie, maggiorenni ma non economicamente indipendenti, così come nessun contributo veniva previsto a carico della ricorrente per il mantenimento del marito, considerato che la ricorrente già si faceva carico del mantenimento per intero delle figlie e che comunque il resistente risultava titolare di reddito e di specifica professionalità; la casa familiare veniva assegnata alla moglie per abitarvi con le figlie, maggiorenni ma non economicamente autosufficienti.
Rimesse le parti davanti al G.I., all’udienza dell’ 11.6.2015 il Giudice, su concorde richiesta delle parti, concedeva i termini ex art. 183, c.6, c.p.c.
La causa veniva istruita con l’assunzione delle prove testimoniali dedotte dalle parti.
Precisate le conclusioni, all’udienza del 12.12.2017 la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, con l’assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Ciò premesso, sussistono i presupposti per la pronuncia della separazione personale dei coniugi X e Y .
Nella specie, gli elementi che emergono dagli atti del giudizio confermano l’esistenza di una grave e irrimediabile rottura del vincolo coniugale, tosi da doversi ritenere che sia venuta a mancare ogni comunione materiale e spirituale tra i coniugi.
Con riguardo alle domande di addebito reciprocamente proposte dai coniugi, all’esito dell’espletata istruttoria ritiene il Collegio che risulti raggiunta la prova dell’addebito della separazione in via esclusiva a carico del resistente.
Nella specie, la domanda di addebito proposta dalla ricorrente si fonda principalmente sull’assunto che il resistente, nel corso della convivenza matrimoniale, avrebbe sempre manifestato un atteggiamento di pressoché totale disinteresse nei confronti della vita familiare, sia nella quotidianità sia nei passaggi importanti della crescita delle figlie, trascurando sia la vicinanza affettiva sia i doveri di assistenza morale e materiale verso la moglie e le figlie, attualmente maggiorenni ma non economicamente autosufficienti in quanto studentesse.
Al riguardo, noto che l’art. 143 c.c.. nell’individuare gli obblighi reciproci dei coniugi che discendono dal matrimonio, prevede, oltre a quelli di fedeltà e di coabitazione, anche quelli di assistenza morale e materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia, dove per assistenza morale e materiale deve intendersi una solidarietà vigile e attenta ai vari bisogni di tutto il nucleo familiare e l’aiuto nel sostenere i pesi della vita quotidiana, anche, se necessario, sotto forma patrimoniale.
E’ altresi noto che, anche secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di crisi coniugale, un coniuge può chiedere l’addebito della separazione all’altro per la violazione di tali obblighi. Sulla parte che richiede l’addebito grava poi l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nei rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (Cass. civile, sez. VI, 19/02/2018, n_ 3923; Cass. civile, sez. VI, 23/10/2017, n. 25072; Cass. civile, sei.. 1, 10/95/2017, n. 1[448).
Nel caso in esame, è vero che dall’espletata istruttoria, con l’audizione di numerosi testi. é emerso come la storia matrimoniale delle parti sia stata caratterizzata da un progressivo deterioramento della qualità delle relazioni familiari, iniziato in epoca risalente, deterioramento che i testi dedotti dalla parte ricorrente hanno imputato al pressoché totale disinteresse di Y alla vita della famiglia, mentre i testi dedotti dal resistente hanno inteso motivare essenzialmente con la circostanza che quest’ultimo, all’interno della famiglia, tra osi sentiva isolato dalla moglie e dalle figlie.
Pur a fronte di divergenze nella ricostruzione delle ragioni dell’allontanamento trai coniugi ed, addirittura, della distanza tra il padre e le figlie, sulla base delle testimonianze assunte risulta, in ogni caso, accertato come Y, già a partire da molti anni orsono, quando ancora le figlie erano piccole e per tutto il progredire nel corso degli anni fino alla loro attuale età adulta, abbia omesso di partecipare attivamente alla vita della famiglia, interessandosi pochissima delle questioni familiari, sia sotto il profilo della collaborazione personale sia sotto quello della contribuzione economica, dedicandosi comunque ai suoi vari hobbies, e lasciando che fosse la moglie a farsi carico pressoché interamente dei problemi della famiglia e delle figlie, tanto da che le stesse ricorrevano, in caso di necessita, all’aiuto ed al sostegno del nonno e dello zio materno.
Al riguardo, particolarmente significative risultano le testimonianze rese oltre che dal fratello della ricorrente, Andrea – proprio dalle figlie della coppia, F. ed E. , che, ormai adulte e laureate, si sono espresse con equilibrio e pacatezza, descrivendo lucidamente un quadro familiare, che ha trovato ampio riscontro nelle ulteriori risultanze processuali e che non risulta contrastato da clementi di segno contrario, all’interno del quale l’apporto del resistente risultava del tutto marginale.
In particolare, le testimoni F. ed E. , così come il teste Andrea Antoniazzi, hanno confermato come fosse X, che pur lavorava come impiegata presso una ditta fuori città, ad occuparsi di tutte le esigenze familiari: pensava alla casa e alle figlie, senza mai trascurare la famiglia, anche negli ultimi anni, quando il rapporto con il marito era diventato sempre più difficile, determinandosi a chiedere la separazione dal marito solo dopo molto tempo rispetto al perdurare di siffatta situazione, “per non creare problemi nella crescita delle figlie”.
Sul punto, la teste F. (nata nel 1993) si è cosa espressa: “Io posso dire che il rapporto tra i miei genitori da quando ho memoria non è mai stato un gran bel rapporto nel senso che mio padre faceva le sue cose e non trascorreva tempo con noi tanto che quando mia madre non c’era io stavo con i nonni ma non ricordo di avere trascorso del tempo con mio padre. L’immagine che ho di mio padre è disteso sul divano con le cuffiette. Ad un certo punto però ritengo che mia madre, nel momento in cui noi figlie eravamo cresciute, abbia deciso di separarsi comunicandoglielo. A quel punto mio padre ha cominciato ad avere comportamenti di pressione psicologica sia nei confronti della mamma sia quando lei non c’era nei confronti di noi figlie. Ritengo che mio padre non volesse separarsi non tanto perché voleva bene alla mamma, ma perché lui vivesse in una situazione di comodo, in quanto la mamma pensava alla situazione della famiglia e lui faceva i suoi comodi … Io non ho mai potuto contare sull’aiuto di mio padre né su gesti di tenerezza e affetto in quanto mio padre non si dedicava alle situazioni familiari ed io quando avevo bisogno di qualcosa da uomini chiedevo a mio nonno o a mio zio. E’ vero che si cenava insieme, ma guardavamo la televisione e parlavamo del più e del meno tanto che non mi ricordo di aver parlato con mio padre delle scelte scolastiche o delle mie esigenze. E’ altrettanto vero che io non mi interessavo della vita di mio padre né dei suoi hobby, sapevo che ne aveva ma pensavo che per seguire quelli non faceva le cose che doveva fare per la famiglia”.
Le stesse circostanze risultano confermate dall’altra figlia dei coniugi, E. (nata nel 1991, laureata in scienze della formazione e dell’educazione), che ha inteso, tra l’altro, precisare: “…Confermo che io ho sempre fatto riferimento per ogni mia esigenza solo alla mamma. Per come la vedo io è stato mio padre che non ha saputo creare un rapporto con noi figlie. Quando rientravo dall’Università ed avevo preso un buon voto, lui mi rispondeva solo che avevo fatto il mio dovere. Anche quando uscivo la sera non si interessava e in una sola occasione è venuto a riprendermi perché l’aveva mandato la mamma. Era sempre la mamma a darmi i soldi per le mie spese…”.
Dalle stesse testimonianze di F. ed E. , così come di A, é inoltre emerso come Y non partecipasse alla vita familiare, ma dedicasse molto del suo tempo alla coltivazione di hobbies quali paracadutismo, “guerre finte”, volontariato presso la Croce Rossa ecc., e ciò anche quando le figlie erano piccole, e come, soprattutto negli ultimi tempi della vita matrimoniale, trascorresse molti giorni della settimana, dal giovedì al lunedì, fuori casa, verosimilmente in (omissis) dalla sorella. Il teste A ha inoltre inteso precisare che i coniugi non uscivano mai insieme e anche quando ricevevano visite il resistente “si estraniava”, mentre la ricorrente “ha sempre cercato di mantenere un atteggiamento tranquillizzante soprattutto nell’interesse delle bambine”, chiedendo aiuto al fratello o ai genitori “quando non poteva contare sull’aiuto del marito ma cercava sempre di tenere calme le acque” c chiedendo altresì un aiuto economico agli stessi parenti “quando non riusciva a far fronte a tutte le spese per la casa e per le figlie in quanto il marito non contribuiva in alcun modo”, posto che, a dire della ricorrente, “l’attività del marito produceva scarsi introiti e quelli che venivano percepiti erano dallo stesso utilizzati per i suoi hobbies”.
A fronte di ciò, è vero che, con riguardo alle dichiarazioni rese dai testi dedotti dalla parte resistente, la teste S., sorella di Y , ha inteso sostenere come il fratello non fosse adeguatamente considerato nell’ambito della sua famiglia e subisse l’ingerenza della famiglia d’origine della moglie, così come il teste E.Q. (amico di Y per aver condiviso dal 2004 interessi comuni come il paracadutismo ed il volontariato, con frequentazione assidua) ha riferito di aver ricevuto confidenze dal resistente, negli ultimi tre anni della convivenza matrimoniale, in ordine al suo disagio in ambito familiare, sentendosi allontanato dalla moglie, con la quale non aveva più rapporti sessuali, ed emarginato anche dalle figlie, delle quali peraltro manifestava, in pubblico, di essere orgoglioso. Analogamente si espresso anche il teste Stefano Lavelli, anch’egli amico del resistente.
In realtà, se c senz’altro vero che – conte si è detto — la ricostruzione della storia matrimoniale delle parti rivela un progressivo ed, ad un certo punto, irreversibile deterioramento delle relazioni familiari, con una sempre maggiore stratificazione di incomprensioni e di reciproci risentimenti, è dei pari vero che ciò appare univocamente riconducibile. in via esclusiva o del tutto prevalente, alla mancanza in capo al resistente della volontà e dell’impegno di assumere su di ad le responsabilità connesse all’esercizio del ruolo di marito e padre, partecipando in maniera attiva alla vita familiare.
Nella specie, il quadro familiare che emerge dalle testimonianze acquisite è univocamente significativo del fatto che il resistente, nel corso dei lunghi anni della vita matrimoniale, abbia tenuto un atteggiamento di sempre maggiore estraneità alla vita familiare, che dava origine e causa ad una convivenza caratterizzata dall’assenza di un’effettiva condivisione morale e materiale, non solo fra i coniugi, ma – ciò che é ancora più grave – anche fra il padre e le figlie (che chiamavano il genitore per nome, come testimoniato da S. ), che, fin da piccole e durante tutto il progredire dell’età e degli studi, non trovavano nel padre un sicuro riferimento familiare, sia sotto il profilo della partecipazione personale alla loro vita sia sotto quello del sostegno economico alle loro necessità.
In tal senso, a fronte di un sempre maggiore estraniarsi del marito alla vita familiare -anche coltivando molteplici interessi extrafamiliari – in un contesto in cui sarebbe stato ben possibile e doveroso per Y comportarsi in maniera coerente con i valori che fondano l’unione matrimoniale, tra cui rientra un atteggiamento di impegno attivo nel concordare l’indirizzo della vita familiare e la condivisione del progetto educativo della prole, amiche perseguire una progressiva deresponsabilizzazione dalla vita familiare, nonostante la presenza di due figlie (prima bambine, poi adolescenti, poi giovani donne laureate), non vi è dubbio che si giustifichi anche l’atteggiamento della ricorrente, di non volere più, ad un certo punto della convivenza matrimoniale, condividere rapporti di intimità con il marito, Né può, in alcun modo, ricollegarsi a ciò il perdurante atteggiamento di distacco tenuto dal resistente durante tanti anni di vita familiare verso tutti i componenti della famiglia e verso i parenti della moglie, come emerso, in particolare, dalle lucide testimonianze rese dalle figlie ormai adulte e laureate.
Ed invero, non pare allora potersi fondatamente dubitare che il quadro probatorio che emerge dalle testimonianze assunte presenti natura concludente al fine di ritenere provata la risalente e perdurante violazione da parte di Y degli obblighi di assistenza morale e materiale nonché di solidarietà e collaborazione all’interno della famiglia, violazione che risulta aver spiegato efficacia causale esclusiva al fine di determinare il venir meno dell’unione familiare, in assenza di alcuna prova che il perdurante atteggiamento di disinteresse familiare tenuto da Y sia conseguenza di una precedente situazione di intollerabilità della convivenza, non avendo il resistente neppure dimostrato di aver posto in essere alcun concreto sforzo o tentativo di partecipazione attiva e di collaborazione, sotto il profilo dell’impegno personale e/o della contribuzione economica, alla vita ed ai bisogni della famiglia.
Non risulta peraltro provato che la X, anche nell’ultimo periodo della convivenza matrimoniale, abbia trascurato la cura dell’intera famiglia, laddove dalle testimonianze assunte è invece emerso come la stessa fosse la sola ad occuparsi di ogni esigenza familiare (tanto che, nonostante la separazione in corso, continuava a preparare la cena per tutti, mentre aveva smesso di tornare a casa nella pausa pranzo per preparare il pasto al marito solo nel momento in cui aveva letto le recriminazioni dei coniuge sulle sue asserite mancanze). Al riguardo, è solo i] caso di evidenziare come anche dalle dichiarazioni rese dai testi dedotti dal resistente non sia emersa la prova di condotte della X tali da integrare violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio, al di là di sporadici episodi oggetto di diversa interpretazione tra le parti (quale la circostanza riferita dalla teste S. , sorella del resistente, di aver essa stessa assistito il fratello in occasione di un incidente d’auto occorsogli nel 2014 a Sondrio, circostanza che le figlie delle parti hanno motivato sulla base della considerazione delle modeste conseguenze riportate dal padre a seguito del tamponamento e che comunque s’inserisce in un periodo in cui i rapporti familiari erano giù inesorabilmente compromessi).
Da tutto ciò consegue che deve trovare accoglimento la domanda della ricorrente diretta a sentire addebitare la separazione al resistente, mentre deve essere rigettata la domanda di addebito proposta da quest’ultimo nei confronti della moglie.
Ne consegue altresì che, a fronte dell’addebito della separazione al resistente, non può essere allo stesso riconosciuta una somma a titolo di mantenimento a carico dell’altro coniuge, secondo quanto previsto dall’art. 156, c. 1, c.c., rilevando peraltro evidenziare come Y sia titolare di reddito e di specifica professionalità lavorativa.
Quanto alla casa coniugale, completa di arredi e suppellettili, questa va assegnata alla ricorrente, che vi abita con entrambe le figlie, che, seppur maggiorenni, non sono ancora economicamente autosufficienti.
Con riguardo al mantenimento delle figlie, pur alla luce del superiore obbligo dei genitori di contribuire al mantenimento dei figli, anche se maggiorenni ma non autosufficienti, rileva evidenziare che la ricorrente in sede di udienza presidenziale ha manifestato la disponibilità a provvedere al mantenimento delle figlie, di tal che, anche in considerazione del maggior reddito dalla stessa dichiarato rispetto a quello del marito (la ricorrente ha un lavoro stabile e uno stipendio mensile di circa Euro 1.800,00, mentre il convenuto lavora come agente di commercio, con ricavi variabili e un reddito che attualmente pare attestarsi intorno a Euro 900,00 mensili), si ritengono sussistenti i presupposti per confermare a carico della ricorrente il mantenimento ordinario delle figlie, mentre le spese straordinarie occorrenti per le stesse saranno divise al 50% fra i genitori.
Quanto alle spese processuali, in considerazione delle ragioni della decisione e del comportamento processuale del resistente, che non ha consentito di evitare la prosecuzione del procedimento di separazione giudiziale, sussistono i presupposti per la condanna del resistente al pagamento a favore della ricorrente delle spese di giudizio, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Piacenza, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa, coli decide:
– Dichiara la separazione personale dei coniugi X e Y ;
– Dichiara che la separazione è addebitabile a Y ;
– Rigetta la domanda di addebito proposta da] resistente;
– Stabilisce le seguenti condizioni:
  1. I coniugi vivranno separati con obbligo di reciproco rispetto;
  2. Pone a carico della ricorrente il mantenimento ordinario delle due figlie maggiorenni, ma non autosufficienti economicamente, mentre le spese straordinarie occorrenti per ie stesse (sanitarie non coperte dal SSN, scolastiche, sportive, ricreative) sono poste a carico di entrambi i genitori, nella misura dei 50% ciascuno;
3.Assegna la casa familiare alla ricorrente, che vi abiterà con le figlie;
– Condanna Y al pagamento a favore di X delle spese processuali, che si liquidano in lauro 7.000,00 per compensi, oltre spese gen. 15%, IVA e CPA.
Piacenza, 10.10.2018
Il Presidente rel. est SEPARAZIONE BOLOGNA ADDEBITO BOLOGNA