SEPARAZIONE ASSEGNO BOLOGNA TRIBUNALE SENTENZA
L’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi ed all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive deve, dunque, essere saldamente ancorato alle caratteristiche e alla ripartizione dei ruoli endofamiliari, i quali, alla luce del principio solidaristico che permea la formazione sociale della famiglia, di rilievo costituzionale, costituiscono attuazione della rete di diritti e doveri fissati dall’art. 143 c.c.
Questo accertamento — che «..non è conseguenza di un’inesistente ultrattività dell’unione matrimoniale, definitivamente sciolta tanto da determinare una modifica irreversibile degli status personali degli ex coniugi..» — diviene necessario in quanto è la stessa norma regolatrice del diritto all’assegno che attribuisce rilievo alle scelte e ai ruoli della vita familiare, rilievo che ha «..l’esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all’età del richiedente..», di modo che ove la disparità reddituale abbia questa specifica radice causale e sia accertato «..con assolvimento di un onere probatorio che le Sezioni Unite richiedono espressamente sia “rigoroso”..» (cfr. pag. 36 della sentenza in commento) — «..che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull’assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell’altro coniuge..», di tale specifica caratteristica della vita familiare occorre tenere conto «..nella valutazione della inadeguatezza dei mezzi e dell’incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive..».
In sostanza — proseguono le Sezioni Unite — «..la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico, riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall’assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro..».
In definitiva, e a conclusione della illustrazione della «..soluzione interpretativa adottata..», le Sezioni Unite hanno affermato che «..l’eliminazione della rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell’assegno di divorzio e la conseguente inclusione, nell’accertamento cui il giudice è tenuto, di tutti gli indicatori contenuti nell’art. 5.c. 6 in posizione equiordinata, consente, … senza togliere rilevanza alla comparazione della situazione economico-patrimoniale delle parti, di escludere i rischi d’ingiustificato arricchimento derivanti dalla adozione di tale valutazione comparativa in via prevalente ed esclusiva, ma nello stesso tempo assicura tutela in chiave perequativa alle situazioni, molto frequenti, caratterizzate da una sensibile disparità di condizioni economico-patrimoniali ancorché non dettate dalla radicale mancanza di autosufficienza economica ma piuttosto da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare..».
È sulla base delle approfondite argomentazioni sin qui testualmente richiamate, ritenute coerenti anche con il quadro normativo europeo ed extraeuropeo, che le Sezioni Unite del 2018 sono pervenute all’affermazione del principio di diritto enunciato conclusivamente, da leggere alla luce di quanto appunto spiegato al paragrafo 10 della decisione stessa: «..Ai sensi dell’art. 5 c. 6 della l. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto..».
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
Prima Sezione Civile
Il Tribunale di Bologna in composizione collegiale, composto dai sigg.ri
dr.ssa Silvia Migliori – Presidente relatore
dr.ssa Francesca Neri – Giudice
dr.ssa Arianna D’Addabbo – Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile sopra emarginata, promossa
da
YY [ recte : coniuge separato (marito) di XX ; NdRedattore ], nato a Bologna il (omissis) maggio 1963, (c.f. omissis), con il patrocinio dell’Avv. Catia De Luca, presso il cui studio in Medicina, (Bologna), Via Libertà n. 96, è elettivamente domiciliato;
ATTORE
contro
XX, [ recte : coniuge separato (moglie) di YY ; NdRedattore ]nata a Bologna il (omissis) 1964, (c.f. omissis), con il patrocinio dell’Avv. Nicola Rossi, presso il cui studio in Bologna, Piazza San Martino n. 1, è elettivamente domiciliata;
CONVENUTA
con l’intervento del
PUBBLICO MINISTERO
***
Oggetto
“Ricorso per cessazione degli effetti del matrimonio concordatario”
CONCLUSIONI
Parte attrice ha concluso come da memoria ex art. 183 c. VI, n. 1 c.p.c.:
“Il Tribunale voglia:
1) dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario celebrato in (omissis), (Bologna), in data (omissis).(omissis).1990 tra YY e XX trascritto nel registro degli atti di matrimonio di detto Comune dell’anno 1990 con atto n. (omissis) parte II, serie A;
2) dichiarare che alcun assegno per nessun titolo deve essere corrisposto dal marito alla moglie;
3) ordinare all’Ufficiale dello Stato Civile competente di provvedere all’annotazione dell’emananda sentenza a margine dell’atto di matrimonio come sopra iscritto.
Con vittoria di spese e competenze.“.
Parte convenuta ha concluso come da memoria ex art. 183 c. VI, n. 1 c.p.c.:
“Voglia il Tribunale, ogni contraria istanza disattesa,
— dichiarare con sentenza non definitiva lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio celebrato con rito civile a (omissis) il (omissis).(omissis).1990 e annotato all’Ufficio di Stato Civile di detto Comune all’anno 1990, parte 2, serie A, numero (omissis), mandando i relativi adempimento all’Ufficiale di Stato Civile,
— ordinare al sig. YY il versamento a favore della sig.ra XX di assegno mensile di mantenimento di Euro 600,00 (seicento/00) oltre rivalutazione annua su base ISTAT da versare in via anticipata il giorno 5 di ogni mese sul conto corrente intestato alla moglie.
Con vittoria di spese e competenze, oltre rimborso forfetario 15%, c.p.a. e i.v.a. come per legge.“.
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ricorso depositato il depositato il 27 novembre 2017 YY ha domandato che sia dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto con XX e che sia revocato l’assegno di mantenimento previsto in sede di separazione a favore di quest’ultima.
Si è costituita la convenuta, non opponendosi alla richiesta di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma chiedendo, ma chiedendo che sia previsto il pagamento in suo favore di un assegno divorzile di € 600,00 mensili, annualmente rivalutabili.
Il P.M. è intervenuto.
All’esito dell’udienza di comparizione celebrata il 10 luglio 2018 il Presidente delegato, con ordinanza del 13 luglio 2018 ha provvisoriamente confermato quanto stabilito in sede di separazione, ha nominato il Giudice istruttore e ha fissato l’udienza di trattazione.
La causa, ritualmente istruita, è stata rimessa al Collegio in data 1 dicembre 2020.
2. YY e XX hanno contratto matrimonio concordatario in (omissis) [ recte : località in provincia di Bologna ; NdRedattore ] il (omissis) (omissis) 1990.
Dall’unione non sono nati figli.
I coniugi si sono separati consensualmente alle condizioni indicate nel verbale di comparizione dinnanzi al Presidente del Tribunale di Bologna nell’udienza del 17 ottobre 2007, omologato il successivo 30 ottobre. Hanno in particolare concordato che il signor YY versasse alla moglie l’assegno mensile di mantenimento di € 250,00 (oggi pari a € 281,30 per la rivalutazione) e che la casa coniugale fosse assegnata alla signora XX.
3. Fatte queste premesse, si può passare all’esame del merito della controversia.
3A. La cessazione degli effetti civili del matrimonio deve essere senz’altro pronunziata, ricorrendo tutti i presupposti di cui all’art. 3, numero 2, lettera b, Legge 01.12.1970, n. 898, posto che la separazione perdura ininterrottamente dal 2007 e che pertanto sono ampiamente decorsi i termini di legge senza che i coniugi si siano riappacificati, né abbiano ripreso la convivenza coniugale. Del resto, l’impossibilità di una riconciliazione e di ricostituire la comunione spirituale e materiale propria dell’istituto del matrimonio è confermata dagli atti e dalle dichiarazioni del signor YY e della signora XX.
3B. Non essendo dal matrimonio nati figli, la controversia tra le parti ha ad oggetto soltanto la debenza, e in caso positivo l’ammontare, di un assegno divorzile a favore della signora XX e a carico del signor YY.
Quest’ultimo ha allegato che:
– la moglie — che nei primi anni del matrimonio aveva lavorato nel settore delle pulizie — fino alla separazione, è stata socia della “Alfa Beta s.n.c. di XX & C.” e gli ha ceduto la quota di partecipazione per 94,74 euro; da allora egli ha proseguito l’attività trasformando la persona giuridica in una Ditta Individuale;
– il 3 agosto 2011 egli e l’attuale compagna hanno acquistato l’abitazione in cui attualmente vivono contraendo un mutuo trentennale che stanno rimborsando in rate di 790,00 euro l’una;
– deve inoltre pagare cartelle dell’Agenzia delle Entrate per imposte non pagate e sta rimborsando in 48 rate di 236,00 euro un ulteriore prestito contratto con “Findomestic“;
– la convenuta — la quale soffre di una patologia cardiaca — non si è mai attivata per ottenere una pensione di invalidità, né per essere assunta tra le categorie protette.
la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico, riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall’assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro..».
Ha dunque domandato che non sia riconosciuto alla convenuta alcun assegno divorzile.
Dal canto suo la signora XX ha allegato che:
– è affetta da cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva, aggravata da altri fattori di rischio, manifestatasi con pregressi episodi sincopali e caratterizzata al presente da diffuse aree con fibrosi intramiocardica;
– fin dal 1987 (ovvero ben prima della costituzione della “Alfa Beta s.n.c. di XX & C.“) ha iniziato a collaborare professionalmente con il signor YY e dopo la separazione ha prestato un’analoga attività alle dipendenze della “Gamma” di (omissis) (Bologna) fino allo scioglimento e alla liquidazione di quest’ultima società;
– la collaborazione con il marito (indotta dalla insistenze del medesimo) ha troncato ogni suo progetto di aprire una Ditta Individuale nel campo delle pulizie;
– le sue condizioni di salute non le consentono di ottenere una pensione di invalidità, ma neppure di svolgere lavori fissi che comportino uno sforzo fisico; pertanto ella si limita a lavorare occasionalmente come baby-sitter e donna delle pulizie;
– ha venduto la casa coniugale, di sua esclusiva proprietà, per onorare i debiti contratti dalla “Alfa Beta s.n.c. di XX & C.” e del ricavato dell’alienazione non le è rimasto praticamente nulla;
– la cessione dell’appartamento ha comportato la necessità di prendere in locazione un appartamento nel Comune di (omissis), località Calcara [ recte : Comune e località in provincia di Bologna ; NdRedattore ], per il canone di € 500,00 mensili;
– si mantiene grazie al denaro lasciatole in eredità da una zia e al ricavato della vendita di un appartamento sito in Riccione, pervenutole a titolo di successione della stessa congiunta, alienato nel 2013 per 135.000,00 euro (divisi con la sorella P(omissis)) e di cui — in seguito al pagamento delle spese condominiali, dei lavori di ristrutturazione e della commissione dell’agenzia “Tecnocasa” — le è rimasta la somma di € 55.000,00, quasi interamente usata per il pagamento del canone di locazione e delle spese mediche, oltre che per le sue esigenze quotidiane.
Ha domandato che le sia riconosciuto un assegno divorzile avente funzione assistenziale.
3Ba. Prima di addentrarsi nel merito della causa, è necessario soffermarsi sulla sentenza n. 18287/2018 depositata l’11 luglio 2018 delle Sezioni Unite ha ridefinito i principi in materia.
In particolare, la Suprema Corte ha specificato che «..l’art. 5 c. 6 attribuisce all’assegno di divorzio una funzione assistenziale, riconoscendo all’ex coniuge il diritto all’assegno di divorzio quando non abbia mezzi “adeguati” e non possa procurarseli per ragioni obiettive. Il parametro dell’adeguatezza ha, tuttavia, carattere intrinsecamente relativo ed impone una valutazione comparativa che entrambi gli orientamenti illustrati [delle Sezioni Unite del 1990 e della sezione I civile del 2017] traggono al di fuori degli indicatori contenuti nell’incipit della norma..”, esegesi in quanto tali insoddisfacenti, che hanno imposto un radicale ripensamento.
Ha inoltre puntualizzato che «..il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell’incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell’adeguatezza dei mezzi e dell’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata in primo luogo sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, da accertarsi anche utilizzando i poteri istruttori officiosi attribuiti espressamente al giudice della famiglia a questo specifico scopo. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell’art. 5, c.6, al fine di accertare se l’eventuale rilevante disparità economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all’età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro..».
L’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi ed all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive deve, dunque, essere saldamente ancorato alle caratteristiche e alla ripartizione dei ruoli endofamiliari, i quali, alla luce del principio solidaristico che permea la formazione sociale della famiglia, di rilievo costituzionale, costituiscono attuazione della rete di diritti e doveri fissati dall’art. 143 c.c.
Questo accertamento — che «..non è conseguenza di un’inesistente ultrattività dell’unione matrimoniale, definitivamente sciolta tanto da determinare una modifica irreversibile degli status personali degli ex coniugi..» — diviene necessario in quanto è la stessa norma regolatrice del diritto all’assegno che attribuisce rilievo alle scelte e ai ruoli della vita familiare, rilievo che ha «..l’esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all’età del richiedente..», di modo che ove la disparità reddituale abbia questa specifica radice causale e sia accertato «..con assolvimento di un onere probatorio che le Sezioni Unite richiedono espressamente sia “rigoroso”..» (cfr. pag. 36 della sentenza in commento) — «..che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull’assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell’altro coniuge..», di tale specifica caratteristica della vita familiare occorre tenere conto «..nella valutazione della inadeguatezza dei mezzi e dell’incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive..».
In sostanza — proseguono le Sezioni Unite — «..la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico, riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall’assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro..».
In definitiva, e a conclusione della illustrazione della «..soluzione interpretativa adottata..», le Sezioni Unite hanno affermato che «..l’eliminazione della rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell’assegno di divorzio e la conseguente inclusione, nell’accertamento cui il giudice è tenuto, di tutti gli indicatori contenuti nell’art. 5.c. 6 in posizione equiordinata, consente, … senza togliere rilevanza alla comparazione della situazione economico-patrimoniale delle parti, di escludere i rischi d’ingiustificato arricchimento derivanti dalla adozione di tale valutazione comparativa in via prevalente ed esclusiva, ma nello stesso tempo assicura tutela in chiave perequativa alle situazioni, molto frequenti, caratterizzate da una sensibile disparità di condizioni economico-patrimoniali ancorché non dettate dalla radicale mancanza di autosufficienza economica ma piuttosto da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare..».
È sulla base delle approfondite argomentazioni sin qui testualmente richiamate, ritenute coerenti anche con il quadro normativo europeo ed extraeuropeo, che le Sezioni Unite del 2018 sono pervenute all’affermazione del principio di diritto enunciato conclusivamente, da leggere alla luce di quanto appunto spiegato al paragrafo 10 della decisione stessa: «..Ai sensi dell’art. 5 c. 6 della l. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto..».
3Bb. Ciò posto, aderendo all’opzione ermeneutica prospettata dalle Sezioni Unite, deve essere accertato in primo luogo se vi sia una disparità reddituale tra i coniugi.
La risposta al quesito non può che essere positiva.
Il signor YY, pur essendo stato formalmente invitato a farlo, non ha prodotto le dichiarazioni dei redditi relative agli anni di imposta 2017 e 2019.
Nel 2016 ha avuto un reddito netto di 37.677,00 euro (ottenuto sommando all’imponibile di 48,958,00 euro la somma di 3.375.00 euro pagati alla moglie a titolo di assegno di mantenimento e detraendo dall’importo così determinato l’ammontare netto dell’IRPEF e le addizionali regionale e comunale).
Nell’esercizio 2018 ha percepito un reddito netto di 20.732,00 euro.
La media tra i redditi netti delle due annualità predette è di 29.204,50 euro.
Peraltro, dopo la separazione (risalente al 2007) egli e la sua compagna JJ hanno comprato un immobile contraendo un mutuo trentennale che, secondo le allegazioni attoree, stanno rimborsando in rate di 790,00 euro mensili.
La circostanza che il signor YY stia onorando cartelle esattoriali e rimborsando un ulteriore finanziamento contratto con “Findomestic” in data non evincibile dagli atti non rileva ai presenti fini, atteso che i suoi inadempimenti fiscali e le altre scelte fatte non possono ricadere sull’eventuale diritto della moglie all’assegno divorzile.
Dal canto suo, la signora XX — che non ha un impiego fisso — per gli anni di imposta 2017 e 2018 ha denunciato redditi consistenti solo negli assegni di mantenimento versatile dal coniuge in ottemperanza agli accordi di separazione.
Rispetto al 2007 da un lato ha venduto la ex casa coniugale di sua proprietà per pagare debiti contratti dalla “Alfa Beta s.n.c. di XX & C.” e deve pagare un canone di locazione di 500,00 euro mensili; dall’altro lato ha ricevuto un’eredità da una zia.
Deve dunque concludersi che tra le parti vi è una significativa disparità reddituale.
Tuttavia, non vi è prova che tale differenza non debba essere attribuita a responsabilità della convenuta.
Invero, dagli ultimi referti prodotti dalla signora XX (datati 22 ottobre 2018 e 18 maggio 2019) risulta che:
– ella è affetta da cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva medio-apicale a iniziale evoluzione dilatativa;
– i fattori di rischio ulteriore sono rappresentati dal fatto che la stessa è una fumatrice (circa un pacchetto al giorno) e che vi è familiarità per morte improvvisa (un fratello è deceduto a 21 anni per edema polmonare in cardiopatia congenita, sorella defunta a 7 anni per stenosi mitralica e madre morta improvvisamente a 28 anni) e per patologie cardiache (sorella affetta da cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva medio-apicale e due zii materni affetti da cardiopatia dilatativa);
– la paziente è attualmente paucisintomatica: presenta dispnea per sforzi intensi, sporadici episodi di dolore toracico puntoreo con caratteristiche atipiche (indipendente dallo sforzo, della durata di circa due ore), saltuario cardiopalmo; dopo il compimento dei 18 anni non si sono più verificate sincopi;
– la signora XX è in una situazione di buon compenso cardiovascolare e la funzione sistolica del ventricolo sinistro è ancora nei limiti della norma.
Pertanto, deve ritenersi dimostrato che la convenuta è affetta da una patologia cardiaca.
Tuttavia, ella non ha provato di avere avviato l’iter per ottenere il riconoscimento della pensione di invalidità.
Del resto, a tale riguardo non può non rilevarsi che la signora XX ha riferito nell’udienza presidenziale di essersi informata anni fa e di avere appreso che non sussistevano le condizioni per conseguirla. Dunque, non essendo le sue condizioni significativamente peggiorate nell’ultimo decennio, deve ritenersi verosimile che la sua patologia non sia a oggi di gravità tale da consentire l’erogazione della pensione. Se così fosse, ne discenderebbe che la convenuta è in uno stato di salute tale da potere lavorare.
Inoltre, la signora XX non ha dimostrato (né allegato) di essersi attivata per reperire un impiego compatibile con le sue condizioni di salute e con l’impossibilità di compiere sforzi intensi e neppure di essersi iscritta a un centro per l’impiego.
Allo stesso modo, non ha provato di essersi attivata per avere il reddito di cittadinanza.
Si deve dunque ritenere che l’assenza di redditi in capo alla signora XX sia dovuta a una sua inerzia colpevole della stessa e non a una situazione di impossibilità o comunque di estrema difficoltà di procurarseli.
Alla luce delle sopra esposte considerazioni, e in virtù del principio di auto-responsabilità, ormai generalmente riconosciuto e accettato, si deve concludere che la convenuta non ha diritto a un assegno divorzile, che in questo caso comporterebbe una sostanziale rendita di posizione.
Il contributo di mantenimento riconosciuto in sede di separazione va dunque revocato con decorso dalla data di pubblicazione della presente sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio tra le parti.
4. Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.
In particolare, i compensi vanno determinati valutando il procedimento in esame di valore indeterminabile (Cass. 610/99) con riferimento allo scaglione da € 26.000 a € 52.000 ex art.5 Co.6 D.M. cit. e quantificando il dovuto nel valore medio per le prime due fasi e in quello medio ridotto della metà per la terza, data la modesta complessità della controversia, l’estrema brevità e semplicità dell’istruttoria; nulla può essere riconosciuto per la quarta fase, dato il deposito tardivo della comparsa conclusionale.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bologna, definitivamente decidendo, ogni altra domanda o eccezione respinta,
– dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra YY, nato a Bologna il (omissis) 1963, e XX, nata a Bologna il (omissis) 1964, matrimonio contratto a (omissis), (Bologna), il (omissis) (omissis) 1990, trascritto nel Registro degli atti di matrimonio del Comune di Bologna dell’anno 1990, al n. (omissis), parte 2, Serie A;
– ordina all’ufficiale dello Stato Civile del predetto Comune di procedere all’annotazione della presente sentenza;
– con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza, revoca l’obbligo a carico del signor YY di versare alla signora XX l’assegno di € 250,00 mensili annualmente rivalutato sulla base degli indici ISTAT, stabilito in sede di separazione;
– condanna la convenuta a rifondere integralmente a controparte le spese di lite, che liquida in complessivi € 3.627,00, oltre a rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% e a i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile del Tribunale tenuta il 2 febbraio 2021
Il Presidente est.
dr.ssa Silvia Migliori