ROVIGO BANCAROTTA FRAUDOLENTA DOCUMENTALE
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza del 24 maggio 2012 del Tribunale di Rovigo che ha condannato (OMISSIS) per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale (capo A) e per il delitto di cui al Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 220 (capo B), da lui commessi quale amministratore della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il (OMISSIS).
In particolare, la Corte di appello ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui al capo B), riducendo la pena principale e le pene accessorie.
- Avverso detta sentenza (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso chiedendone l’annullamento ed affidandosi a due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la carenza di motivazione in ordine al motivo di appello con il quale si lamentava la insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Nel caso di specie, la sentenza della Corte di appello e del Tribunale hanno evidenziato che nel pur breve periodo in cui l’imputato ha amministrato la societa’ fallita, egli ha ritirato le scritture contabili presso il consulente della societa’ e ha poi omesso di depositarle presso il Tribunale fallimentare. In tal modo egli ha occultato dette scritture.
Quanto al dolo, nella sentenza di primo grado si segnala che il (OMISSIS) non ha in alcun modo collaborato con gli organi fallimentari per ricostruire il patrimonio ed il movimento degli affari, rendendosi irreperibile, e non ha in alcun modo risposto ai telegrammi che gli sono stati inviati dal curatore. Il (OMISSIS), quindi, ha agito allo scopo di celare alla curatela la attivita’ di gestione della societa’ ed i risultati della stessa. Il curatore, tuttavia, ha potuto accertare alcune vicende ad essa inerenti, tramite la consultazione di pubblici registri e di banche dati.
Gli elementi cosi’ acquisiti, si evidenzia nella sentenza di primo grado, hanno consentito di accertare che il (OMISSIS) ha proceduto allo “smantellamento” della societa’, licenziando i dipendenti e trasferendo la sede della societa’ all’estero e ponendo in essere operazioni prive di logica, se non finalizzate ad indebitare ulteriormente la societa’ e a distrarre il suo attivo. In particolare, si evidenzia che la societa’ ha acquistato e rivenduto in appena tre mesi sette veicoli tra semirimorchi e trattori stradali e non e’ stato possibile stabilire che destinazione abbia avuto il ricavato dalla vendita di detti veicoli, cosicche’ (vedi pag. 3 della motivazione della sentenza di primo grado e pag. 4 della motivazione della sentenza di secondo grado) deve ritenersi che i proventi di dette operazioni commerciali siano stati distratti.
L’occultamento delle scritture, si legge nella sentenza impugnata, era quindi diretto ad impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari e quindi la ricostruzione delle attivita’ distrattive poste in essere.
Il Tribunale e la Corte di appello hanno, quindi, fornito una motivazione esaustiva sia in ordine alla sussistenza del dolo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, sia in ordine alla impossibilita’ di qualificare il fatto come bancarotta semplice documentale.
Bancarotta fraudolenta documentale – Amministratore società fallita – Occultamento delle scritture – Omessa collaborazione con gli organi fallimentari – Dolo del reato – Impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari
Corte di Cassazione|Sezione 5|Penale|Sentenza|12 ottobre 2020| n. 28383
Bancarotta fraudolenta documentale – Amministratore società fallita – Occultamento delle scritture – Omessa collaborazione con gli organi fallimentari – Dolo del reato – Impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari
Bancarotta fraudolenta documentale – Amministratore società fallita – Occultamento delle scritture – Omessa collaborazione con gli organi fallimentari – Dolo del reato – Impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari
Bancarotta fraudolenta documentale – Amministratore società fallita – Occultamento delle scritture – Omessa collaborazione con gli organi fallimentari – Dolo del reato – Impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari
Bancarotta fraudolenta documentale – Amministratore società fallita – Occultamento delle scritture – Omessa collaborazione con gli organi fallimentari – Dolo del reato – Impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. ROMANO Miche – rel. Consigliere
Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/03/2019 della Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Michele Romano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Di Leo Giovanni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito il difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
- Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza del 24 maggio 2012 del Tribunale di Rovigo che ha condannato (OMISSIS) per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale (capo A) e per il delitto di cui al Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 220(capo B), da lui commessi quale amministratore della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il (OMISSIS).
In particolare, la Corte di appello ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui al capo B), riducendo la pena principale e le pene accessorie.
- Avverso detta sentenza (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso chiedendone l’annullamento ed affidandosi a due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la carenza di motivazione in ordine al motivo di appello con il quale si lamentava la insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale.
A tale proposito la Corte di appello si era limitata ad elencare le attivita’ svolte dall’imputato quale amministratore, senza spiegare perche’ esse avrebbero arrecato danno alla societa’. Era, invece, necessario che il soggetto fosse consapevole di arrecare danno al patrimonio della societa’ con la propria condotta.
La mancata consegna delle scritture contabili, secondo la Corte di appello, era volta ad occultare detta documentazione in quanto compromettente, ma non si spiegavano le ragioni per le quali le scritture avrebbero avuto carattere compromettente e quindi non si chiarivano i motivi per i quali era stato ritenuto sussistente l’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta.
2.2. Con il secondo motivo deduce che, non risultando esplicitate le ragioni per le quali era stato ritenuto sussistente il dolo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, la Corte di appello neppure aveva dato risposta al motivo di appello con il quale era stata chiesta la riqualificazione del fatto come bancarotta semplice documentale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso e’ inammissibile.
- Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati unitariamente in quanto strettamente connessi, sono manifestamente infondati.
Il giudice di legittimita’, ai fini della valutazione della congruita’ della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).
Nel caso di specie, la sentenza della Corte di appello e del Tribunale hanno evidenziato che nel pur breve periodo in cui l’imputato ha amministrato la societa’ fallita, egli ha ritirato le scritture contabili presso il consulente della societa’ e ha poi omesso di depositarle presso il Tribunale fallimentare. In tal modo egli ha occultato dette scritture.
Quanto al dolo, nella sentenza di primo grado si segnala che il (OMISSIS) non ha in alcun modo collaborato con gli organi fallimentari per ricostruire il patrimonio ed il movimento degli affari, rendendosi irreperibile, e non ha in alcun modo risposto ai telegrammi che gli sono stati inviati dal curatore. Il (OMISSIS), quindi, ha agito allo scopo di celare alla curatela la attivita’ di gestione della societa’ ed i risultati della stessa. Il curatore, tuttavia, ha potuto accertare alcune vicende ad essa inerenti, tramite la consultazione di pubblici registri e di banche dati.
Gli elementi cosi’ acquisiti, si evidenzia nella sentenza di primo grado, hanno consentito di accertare che il (OMISSIS) ha proceduto allo “smantellamento” della societa’, licenziando i dipendenti e trasferendo la sede della societa’ all’estero e ponendo in essere operazioni prive di logica, se non finalizzate ad indebitare ulteriormente la societa’ e a distrarre il suo attivo. In particolare, si evidenzia che la societa’ ha acquistato e rivenduto in appena tre mesi sette veicoli tra semirimorchi e trattori stradali e non e’ stato possibile stabilire che destinazione abbia avuto il ricavato dalla vendita di detti veicoli, cosicche’ (vedi pag. 3 della motivazione della sentenza di primo grado e pag. 4 della motivazione della sentenza di secondo grado) deve ritenersi che i proventi di dette operazioni commerciali siano stati distratti.
L’occultamento delle scritture, si legge nella sentenza impugnata, era quindi diretto ad impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari e quindi la ricostruzione delle attivita’ distrattive poste in essere.
Il Tribunale e la Corte di appello hanno, quindi, fornito una motivazione esaustiva sia in ordine alla sussistenza del dolo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, sia in ordine alla impossibilita’ di qualificare il fatto come bancarotta semplice documentale.
- All’inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1, al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.