RISOLVI bologna SEPARAZIONE DIVORZIO BOLOGNA avvocato ESperTO
- Lo Studio avvocato Sergio Armaroli fornisce consulenza e assistenza legale nelle seguenti aree:
- Assistenza nella gestione giudiziale e stragiudiziale delle crisi familiari;
- Regolamentazione dei rapporti patrimoniali anche della famiglia di fatto;
- Lo studio si occupa di ogni aspetto giuridico della vita familiare di coppie coniugate e di coppie di fatto nelle diverse fasi del rapporto e dei risvolti critici che possono verificarsi nel corso del tempo.
- Aree specifiche di competenza:
- separazioni e divorzi consensuali;
- separazioni e divorzi giudiziali;
- modifica delle condizioni di separazione e divorzio;
- assegnazione della casa coniugale;
- mantenimento, affidamento e collocamento dei figli;
- responsabilità genitoriale;
La fine di un matrimonio è sempre un momento particolarmente delicato per i coniugi che si accingono ad interrompere definitivamente la propria vita insieme. La scelta di separarsi e, poi, di divorziare è una decisione gravida di conseguenze sia dal punto di vista emotivo e psicologico, che da quello economico.
In caso separazioni personali dei coniugi e divorzi, l’Avv. Serio Armaroli offre assistenza legale per la risoluzione di tutte le problematiche relative alla definizione degli assegni di mantenimento, all’affidamento di eventuali figli minori, alla scelta delle modalità del procedimento a base consensuale o giudiziale e per l’introduzione della relativa domanda e di tutte le attività connesse e conseguenti.
Per affrontare una scelta così delicata è indispensabile affidarsi ad un professionista in grado di sapervi assistere al meglio, fin dall’inizio, in ogni aspetto della vicenda. L’aspetto giudiziale, giudicato residuale, viene comunque seguito con la massima determinazione e con l’obiettivo di chiudere il contenzioso nel minor tempo possibile.
L’articolo 155 bis, comma 1 cit. richiede, ben vero, che l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori debba essere disposto con “provvedimento motivato”: ma la Corte di appello si e’ certamente conformata a detta prescrizione, recando la sentenza le argomentazioni atte a giustificare la revoca dell’affidamento condiviso.
Al riguardo, occorre rilevare che nella nuova formulazione del cit. n. 5, risultante dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito in L. n. 134 del 2012, mancante ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata, con la conseguenza che e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
In materia di separazione personale, ai fini dell’affidamento dei figli la regola è l’affido esclusivo previsto dall’art. 155 c.c., il quale comporta l’esercizio della potestà da parte dei genitori ed una condivisione delle decisioni di maggiore importanza, oltre che dei compiti di cura. Costituisce eccezione a tale regola la soluzione dell’affidamentoesclusivo, il quale può avere luogo ogni qualvolta l’affidamento condiviso risulti contrario all’interesse del minore(ex art. 155 bis, primo comma, c.c.). In tal senso, in particolare, in mancanza di tipizzazione delle circostanze ostative all’affidamento condiviso, la loro individuazione è rimessa alla decisione del Giudice, da adottarsi caso per caso con provvedimento motivato. Affinché possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, pertanto, deve risultare, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa tale da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore.
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Peraltro, l’attribuzione al genitore affidatario della potestà esclusiva non impedisce affatto la regolamentazione del rapporto diretto tra il genitore non affidatario ed il minore, posto che quest’ultimo ha diritto alla bigenitorialità, con la conseguenza che anche in caso di affidamento monogenitoriale, il Giudice dovrà stabilire modi e tempi di permanenza del minore presso il genitore non affidatario. Nel caso in esame, alla luce di quanto emerso nel corso del procedimento, deve essere disposto l’affidamento esclusivo dei minori alla madre, con la quale convivono sin dalla separazione dei genitori. Tanto si rende opportuno alla luce del disinteresse manifestato del padre nei confronti della prole, che si è tradotto in particolare nella violazione sistematica degli obblighi di cura e sostegno, attuata attraverso il perdurante mancato rispetto dell’obbligo di contribuzione al mantenimento dei minori nella misura fissata dalle statuizioni giudiziali.
Al contempo, la fattispecie di cui dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, per come riformulata, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053).
INFEDELTA’
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di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedelta’ coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilita’ della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreche’ non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedelta’ e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi gia’ irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (tra le tante: Cass. 14 agosto 2015, n. 16859; Cass. 17 giugno 2013, n. 16270,
non massimata in termini; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059, pure non massimata con riferimento al principio secondo cui l’inosservanza dell’obbligo di fedelta’ coniugale fa presumere la non tollerabilita’ dell’ulteriore convivenza; Cass. 14 ottobre 2010, n. 21245, parimenti non massimata al riguardo; Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618, Cass. 19 settembre 2006, n. 20256).
INFEDELTA’ DEL MARITO
Con riguardo all’esercizio della responsabilità genitoriale, in via preliminare, occorre prendere atto dell’accordo raggiunto dai genitori, dando atto dell’impegno profuso dai difensori, senza la cui attività di mediazione, il patto stesso non sarebbe stato possibile. Il patto stabilisce l’affidamento condiviso dei figli e il loro collocamento prevalente presso la casa familiare, assegnata alla madre. Si tratta di accordo che si stima conforme all’interesse dei bambini. Sul punto, giova ricordare, infatti, come anche ha affermato la Suprema Corte (Cass. Civ., sez. I, 4 giugno 2010 n. 13619), che allorché sussista conflitto genitoriale e il giudice sia chiamato a stabilire il luogo in cui i minori debbano fissare la propria residenza, deve in particolare tenersi conto del tempo trascorso dall’eventuale avvenuto trasferimento, dell’acquisito delle nuove abitudini di vita, di cui è sconsigliabile il repentino mutamento, a maggior ragione se questo debba comportare un distacco dall’uno dei genitori con cui sia pregressa la convivenza stabile (Corte App. Catania, sez. famiglia, persona, minori, decreto n. 16 agosto 2013, Pres. Qu. est. Ru.). Incollerente è invece il richiamo della parte convenuta alla decisione n. 4537 del 2014. Infatti, la decisione citata (Cass. Civ., sez. VM, ordinanza 26 febbraio 2014 n. 4537, Pres. Di., est. Do.) si limita ad affermare: “è bensì vero che la casa coniugale viene assegnata di preferenza al genitore collocatario di figli minori, ma è necessario comunque che convivenza vi sia, nella casa, al momento della separazione”.
Quindi, si occupa di un argomento diverso dal collocamento e non afferma il principio di diritto per cui un allontanamento dalla casa coniugale comporti una (inammissibile) decadenza dal diritto ad ottenere il preminente collocamento dei figli, ove ciò rispondente al loro preminente interesse. Nel caso di specie, dunque, dovendo assumere una decisione provvisoria e interlocutoria, privilegiandosi lo “stato di fatto” esistente al momento della pronuncia e, soprattutto, l’accordo dei genitori, si provvede come da dispositivo. Non sussistono, allo stato, ragioni per derogare alla regola dell’affidamento condiviso. Al riguardo, è opportuno allontanare la decisione da due sillogismi non condivisibili: il primo, che la madre con problemi psicologici non possa essere una madre adeguata. Come ha già osservato questo Ufficio (v. Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 27 novembre 2013), non è ammissibile ipotizzare una inadeguatezza del genitore solo perché “malato”. Il fatto che un paziente sia “malato” a causa di un disturbo psichiatrico non é elemento sufficiente per escluderlo dalla responsabilità genitoriale. Ancora oggi, il malato psichiatrico accusa le conseguenze negative che derivano dallo “stigma” ovvero l’insieme di pregiudizi sociali e preconcetti che circondano la malattia mentale, specie nei rapporti interpersonali e relazionali, e creano una sorta di “marchio” invisibile attorno al paziente, visto – sovente e senza ragione – come socialmente pericoloso, aggressivo o non curabile. Lo stigma tende a creare un impoverimento dei rapporti personali del malato e, soprattutto, la sua alienazione dal contesto sociale, cosicché i danni alla persona derivano non dalla patologia ma, paradossalmente, dal modo in cui la società la ripudia, la stigmatizza. Da ciò consegue che la misura dell’affidamento monogenitoriale dei minori – se giustificata per la sola patologia del genitore – costituirebbe non espressione dell’art. 337-quater c.c., bensì applicazione mera dello “stigma”. Il secondo rilievo riguarda il rapporto tra il legame orizzontale di coniugio e quello verticale di filiazione. Non è sostenibile che un marito eventualmente fedifrago sia consequenzialmente un padre inadatto: la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio è certamente sanzionabile con l’addebito e finanche con l’azione risarcitoria; ma non giustifica affatto un affido monogenitoriale o una limitazione del diritto di visita del padre.
la madre che utilizzi l’infedeltà del marito come argomento per incidere sul rapporto genitoriale tra padre e figli,
pone in essere una condotta scorretta e non allineata ai doveri genitoriali, come tale valutabile anche ai fini degli artt. 337 – quater c.c. e 709 – ter c.p.c. Per le ragioni sin qui esposte, è del tutto inammissibile la richiesta della madre di far vedere i bambini, allo X, solo nella casa coniugale. In regime di affidamento condiviso, con la scelta in ordine ai tempi di permanenza dei figli presso l’uno e l’altro genitore, il giudice si limita a fissare la “cornice minima” dei tempi di permanenza. Tuttavia la cornice minima data dal giudice deve essere pienamente adeguata alle esigenze delle famiglia e all’interesse dei minori, poiché deve potersi consentire ai figli di trascorrere con il genitore non col locatario dei tempi adeguati e segnatamente dei fine settimana interi, e tempi infrasettimanali, garantendo una certa continuità di vita in questi periodi, nei limiti in cui ciò non interferisca con una normale organizzazione di vita domestica e consenta la conservazione dell’habitat principale dei minori presso il genitore domiciliatario (così: Corte App. Catania, Sez. Famiglia e Persona, decreto n. 16 ottobre 2013. Pres. Fr. est. Ru.; conforme: Trib. Milano, sez. IX, 3 giugno 2014). Vi è invero una sensibile differenza tra regolare i tempi di permanenza e limitarli significativamente: e per adottare limitazioni al diritto e dovere dei genitori di intrattenere con i figli un rapporto continuativo, è necessario dimostrare che da ciò può derivare pregiudizio al minore. Il preminente interesse del minore, infatti, cui deve essere conformato il provvedimento del giudice, può considerarsi composto essenzialmente da due elementi: mantenere i legami con la famiglia, a meno che non sia dimostrato che tali legami siano particolarmente inadatti, e potersi sviluppare in un ambiente sano (CEDU: Ne. c. Svizzera. 6.7.2010; CEDU: Sn. e Ka. c. Italia, 12.7.2011). Nel caso di specie, non si rintracciano, invero, clementi sufficienti per una restrizione del diritto di visita dei padre. Tutto ciò conferma la adeguatezza dell’accordo concluso dai genitori, dopo l’attenta e seria attività di mediazione degli Avvocati. In merito ai presunti nuovi partners, in particolare per quanto riguarda il padre, va invece precisato che, nell’imminenza della separazione, è bene che il papà dedichi ai figli dei tempi esclusivi, gradualmente introducendo le figure affettive nella loro vita, altrimenti essendo possibile (se non probabile) il fatto che essi possano associare proprio a queste terze figure la fine del matrimonio e quindi iniziare a maturare rancori o risentimento verso il genitore. Non valga qui il Diritto o la psicologia: è sufficiente il buon senso. Si recepisce, dunque, anche l’impegno del padre a trascorrere con i figli le vacanze, da solo, senza persone che non siano i parenti stretti.