RISARCIMENTO OSPEDALE’ INFEZIONI NOSOCOMIALI MORTE’ RAVENNA BOLOGNA CESENA FORLI PRATO PISA COME OTTENERLO CHIAMA
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A fronte di ciò, deve essere rammentato che l’Ospedale convenuto era gravato dell’onere probatorio di aver compiutamente adempiuto le obbligazioni cui era tenuto, dimostrando
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l’insussistenza degli esiti peggiorativi lamentati o la riconducibilità causale degli stessi ad un’autonoma serie causale o, comunque, l’inevitabilità degli esiti medesimi.
In forza di quanto sopra, occorre evidenziare che è stata disposta CTU medico legale , come da elaborato 28.1.2016 a firma del CTU Dott. C. Z., il quale, sulla base di articolate argomentazioni, ha evidenziato, in forza di dettagliata disamina dei documenti prodotti ed effettuata la visita del P.:
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– che quest’ultimo, alla data di ricovero del 13-14.7.2012 era affetto da svariate patologie, in particolare sindrome metabolica, asma, insufficienza renale cronica risalente al 2007, sindrome trombo flebitica, emocromatosi, iperparatiroidismo primitivo, calcolosi renale, sindrome bipolare atipica, encefalopatia multi lacunare, steatosi epatica non alcoolica, malattia da reflusso gastro esofageo, insufficienza venosa profonda agli arti inferiori, discopatie cervicale e lombari, neuroma di Morton piede sinistro e polineuropatia motoria;
– che l’attore , dunque, ricoverato presso la clinica urologica dell’Ospedale S. M. ,era stato sottoposto a trattamenti terapeutici invasivi a causa di coliche renali , su diagnosi di recidiva calcolosi, nell’ambito di tali trattamenti contraendo l’infezione nosocomiale da Klebsiella pneumoniae;
– che , in merito, a fronte di procedure standardizzate circa il trattamento della calcolosi di cui sopra, costituisce elemento prioritario l’igiene e la pulizia degli ambienti, la sterilizzazione degli strumenti e la messa in atto di tutte le prassi ospedaliere di prevenzione delle infezioni;
– che, con particolare riferimento all’infezione de qua, ben nota in ambito ospedaliero anche per la sua pericolosità, devesi ritenere riconosciuta come doverosa una particolare attenzione, in termini di prevenzione, diagnosi e terapia, anche per le interconnessioni esistenti fra detti profili con riferimento alla diffusione dell’infezione stessa, costituendo, inoltre, un elemento di rischio particolare la condizione dei pazienti urologici, in rapporto alle criticità connesse alle infezioni urinarie;
– che, a fronte di ciò, nel caso di specie, vi erano stati deficit diagnostici, in termini di mancanza di urinocoltura con antibiogramma, previsto, invece, come necessario ai fini dell’inquadramento diagnostico del paziente affetto dal calcolosi renale, risultando, altresì, generica la scheda infermieristica del blocco operatorio, circa la sterilità degli strumenti, così come la somministrazione, di prassi, di copertura antibiotica, in relazione alla mancata indicazione delle prassi di sterilizzazione e disinfezione generale, mancando, inoltre, linee guida della Direzione Sanitaria e del Comitato infezioni ospedaliere circa l’infezione de qua, di particolare gravità;
– che la connessione fra il ricovero e l’insorgenza dell’infezione era, d’altra parte, confortata dalla negatività dell’urinocoltura, documentata alla data del 16.5.2012;
– che i trattamenti invasivi in cui era stata contratta l’infezione erano routinari e che, peraltro, la stessa aveva origine in una carenza di standard essenziali per ogni nosocomio;
– che, inoltre, anche a fronte della presenza di sintomi dell’infezione, vi erano state carenze in termini di diagnosi tempestiva e terapia adeguata, al P. essendo stata somministrata una terapia antibiotica del tutto empirica, senza esecuzione di urinocoltura, terapia inefficace e
foriera di resistenze da parte del germe, come dimostrato dai successivi interventi, i trattamenti di cura essendo stati carenti , nel senso indicato, anche dopo financo l’esame effettuato l’8.8.2012, con diagnosi di Klebsiella pneumoniae;
– che, pertanto, evidente era la responsabilità del nosocomio convenuto, dall’infezione de qua essendo, peraltro, derivate complicanze in particolare con riferimento all’emuntorio renale ed all’apparato respiratorio;
– che la valutazione del danno conseguente alla malpractice doveva tenere conto della condizione pregressa del paziente e del fatto che alcune patologie, come tali, erano destinate ad un peggioramento progressivo a prescindere dall’infezione de qua, neppure, peraltro, potendosi omettere di considerare come l’infezione medesima si fosse ormai cronicizzata , il germe essendo sempre presente;
– che, per quanto afferente all’apparato urinario, su una preesistenza del 10%, l’infezione de qua aveva determinato un aggravamento del 15%, sì da essere pari , oggi, al 25%, mentre i danni all’apparato respiratorio erano stimabili nel 25%, a fronte dell’assenza di preesistenze apprezzabili ( emergendo, in precedenza , asma allergica).
Il Dott. Z., dunque, evidenziando la necessità di inquadrare nella complessiva valutazione dell’integrità psico-fisica del P., detti esiti , ha stimato l’invalidità attuale nel 70%, dovendo essere ricondotta all’infezione de qua la differenza esistente fra il punto 41° e quello 70°, tale quantità differenziale essendo causalmente collegabile all’infezione citata ed ai suoi postumi.
Il CTU , inoltre, ha sottolineato come l’infezione in questione avesse determinato una maggiore invalidità temporanea pari a 33 gg. al 100%, seguita da ulteriori 30gg, al 75%, il tutto con ricovero connesso all’infezione per gg.18, il peggioramento descritto sopra , , in ultimo, rispetto alla condizione generale del paziente, avendo, inoltre, inciso significativamente sull’espletamento delle attività ludico-relazionali, in rapporto alla presenza di un marcato stato astenico ed alla facile comparsa di dispnea da sforzo moderato.
Da tali ampie ed articolate conclusioni reputa lo scrivente Giudice di non doversi discostare, atteso che le osservazioni dei CC.TT.PP., risultano, ove non contraddittorie, schiettamente partigiane, frutto di una lettura acritica delle risultanze fattuali emergenti dai documenti, la pretesa, poi, di imprevedibilità dell’infezione da parte dell’Ospedale S. M., a fronte di quanto evidenziato dal Dott. Z. rispetto alle diffuse conoscenze scientifiche, consentendo , financo, di valutare , allora, la sussistenza di carenze organizzative e preventive ancor più radicali e gravi di quelle esposte dal CTU.
Devesi, pertanto, ritenere sussistente la responsabilità di parte convenuta, sia in termini contrattuali, che extracontrattuali, manifesti essendo risultati gli elementi di colpa in capo all’Ospedale S. M..
Le deduzioni di parte convenuta ( vedasi verbale 26.2.2016), reiterate in sede di difese finali, per cui , di fatto, i danni da infezioni nosocomiali non sarebbero imputabili ad errore dei Sanitari, non tiene in alcun conto , nel caso concreto, quanto ben evidenziato dal Dott. Z., circa le intrinseche carenze dell’Ospedale de quo, in termini di idonea prevenzione, all’esito ed in rapporto ai documenti prodotti, oltre che le mancanze diagnostiche e terapeutiche sottolineate nella perizia, che certo hanno, comunque, aggravato gli effetti dell’infezione e che , allo stesso tempo, anzi, confermano , ancora una volta, l’incapacità dell’Ospedale di isolare i focolai infettivi ( il che, va detto, è ben lontano da qualsivoglia pretesa di rischio zero).
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9924/2014 RG RISARCIMENTO OSPEDALE
Il Giudice designato Dott. L. F.
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI GENOVA seconda sezione civile
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
nella causa promossa da:
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F., (omissis), rappresentato e difeso dall’Avv. Luca Di Lauro, presso il cui studio in (omissis), ha eletto domicilio;
-ATTORE-
contro
IRCCS AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA “S. M.” – IST- (omissis), in persona del Direttore Generale pro tempore, Dott. M. B., con sede in (omissis), rappresentato e difeso dall’Avv. Daniela Picasso, presso il cui studio in (omissis), ha eletto domicilio;
avente ad oggetto: risarcimento danni da responsabilità medica ha pronunciato la seguente
SENTENZA
precisate all’udienza del 10.02.2017 le seguenti conclusioni:
per l’attore, come da conclusioni allegate al verbale nonché come da citazione: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale di Genova, ogni contraria istanza disattesa, per le ragioni tutte di cui alla parte espositiva, accertare, e dichiarare che l’attore Sig. F. P. ha contratto l’infezione da Klebsiella Pneumoniae Multiresistente, da cui risulta tutt’ora affetto, in occasione del ricovero dallo stesso subito nel periodo dal 13 al 20.07.2012 presso la Cinica Urologica dell’IRCSS AOU S. M. –IST di G. ovvero in occasione del successivo ricovero presso la medesima Clinica Urologica nel periodo dal 21.07 al 02.08.2012.
Accertare e dichiarare che l’infezione da Klebsiella Pneumoniae Multiresistente contratta dal Sig. F. P. in occasione del suo ricovero presso la Clinica Urologica dell’IRCSS AOU S. M. –IST di G. è stata causata dalle modalità erronee e/o negligenti e/o imprudenti e/o imperite comunque colpose con cui sono stati eseguiti i trattamenti sanitari per cui è causa presso la medesima Clinica Urologica e conseguentemente accertare e dichiarare la responsabilità del convenuto IRCSS AOU S. M. –IST di Genova nella causazione dei danni fisici permanenti e temporanei residuati all’attore F. P. in conseguenza dei trattamenti chirurgici medici e sanitari a cui lo stesso è stato sottoposto presso l’azienda ospedaliera convenuta.
-CONVENUTO-
Accertare e dichiarare che il Sig. F. P. ha residuato, in conseguenza delle modalità erronee e/o negligenti e/o imprudenti e/o imperite e comunque colpose con cui sono stati eseguiti i trattamenti sanitari per cui è causa, un’invalidità temporanea totale in ragione del 100% per giorni 33, un’invalidità temporanea parziale in ragione del 75% per giorni 30, un’invalidità temporanea parziale in ragione del 50% ulteriori giorni 60 ed un’invalidità permanente in misura pari al 40% della totale o nella diversa misura meglio vista in corso di causa e conseguentemente dichiarare tenuto a condannare l’IRCSS AOU S. M. –IST di G., in persona del suo legale rappresentante in carica pro-tempore, a corrispondere all’attore la somma di euro 3.168,00 o quella diversa maggiore o minore meglio vista in corso di causa a titolo di risarcimento del danno da invalidità temporanea totale in ragione del 100% prolungatesi per 33 giorni, la somma di euro 2.160,00 o quella diversa maggiore o minore meglio vista in corso di causa a titolo di risarcimento del danno da invalidità temporanea parziale in ragione del 75% prolungatasi per 30 giorni, la somma di euro 2.880,00 o quella maggiore o minore meglio vista in corsa di causa a titolo di risarcimento del danno da invalidità temporanea parziale in ragione del 50%, la somma di euro 86.122,00 o quella maggiore o minora meglio vista in corso di causa a titolo di danno morale da invalidità permanente e/o personalizzazione del danno e così per complessivi euro 430.609,00 o per quella diversa somma maggiore o minore meglio vista in corso di causa, importo in ogni caso da maggiorarsi di rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme rivalutate dalla data dell’evento e fino al saldo.
Dichiarare tenuta e condannare l’IRCSS AOU S. M. – IST di G., in persona del suo legale rappresentante in carica pro-tempore a rimborsare al Sig. P. F. la somma di euro 48,80 dallo stesso corrisposta all’Organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Genova a titolo di costo per l’attivazione della procedura di mediazione obbligatoria.
Dichiarare tenuto e conseguentemente condannare il convenuto l’IRCSS AOU S. M. – IST di G., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a corrispondere al Sig. P. F. la somma di euro 7.447,86 o quella diversa maggiore o minore meglio vista in corso di causa, a titolo di rimborso per diritti ed onorari di avvocato in relazione all’attività di difesa tecnica obbligatoria prestata in proprio favore nella fase di mediazione obbligatoria promossa nanti l’Organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di G.
Vinte le spese, diritti ed onorari della presente procedura e della fase di mediazione obbligatoria.” per il convenuto, come da conclusioni allegate a verbale nonché come da comparsa: “Piaccia all’Ill.mo Giudice adito, contrariis rejectis,
– Respingere tutte le domande svolte nei confronti dell’IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria “S. M.” – IST (omissis), in quanto inammissibili e/o infondate in fatto e in diritto e comunque indimostrate e inaccoglibili;
– Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa”.
MOTIVAZIONE IN FATTO ED IN DIRITTO
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F. adiva il Tribunale di Genova, con atto di citazione del 12.06.2014, deducendo, in particolare:
– che, in data 13.07.2012, essendo affetto da diversi anni da insufficienza renale cronica e calcolosi urinaria, accedeva al Pronto Soccorso dell’Ospedale S. M. di G. per una colica renale;
– che, data la gravità delle condizioni, il P. veniva ricoverato presso la Clinica Urologica dove veniva sottoposto, a seguito di TC dell’addome, a numerosi interventi chirurgici tra i quali quello di ureterorenoscopia;
– che, esso attore, veniva successivamente dimesso in data 20.07.2012 con diagnosi di “colica renale destra”;
– che, in data 21.07.2012, esso esponente veniva nuovamente ricoverato presso la Clinica Urologica dell’Ospedale S. M. di G. e veniva sottoposto ad una massiccia terapia antibiotica a largo spettro, senza che fossero stati effettuati specifici esami diagnostici;
– che, in data 08.08.2012, il P., a causa del perdurante malessere, si rivolgeva all’Ospedale E., Presidio di V., per effettuare degli esami di laboratorio dai quali si accertava l’esistenza di infezione da Klebsiella Pneumoniae Multiresistente;
– che, dal 10.08.2012 al 14.08.2012, esso attore veniva ricoverato d’urgenza presso la clinica Nefrologica del DIMI di G. per pielonefrite acuta;
– che, nei successivi mesi, l’infezione causava all’esponente frequenti episodi di febbre urinaria in concomitanza a stati di estrema debolezza e di malessere generale;
– che esso P. si sottoponeva a visita medico-legale presso il Dott. F. M. M. il quale, con relazione del 31.07.2013, attestava che l’esponente era affetto da infezione urinaria cronica da Klebsiella Pneumoniae Multiresistente contratta nel corso del ricovero ospedaliero presso l’Ospedale S. M. di G. e che detta infezione era stata causata dei comportamenti negligenti, imprudenti ed imperiti, posti in essere dai Sanitari;
– che l’esponente, ritenendo la responsabilità dell’Ospedale S. M. di G. nella causazione del sinistro a quo, formulava la richiesta di risarcimento e azionava la procedura di mediazione obbligatoria, conclusasi con esito negativo per la decisione dell’Ente convenuto di non prendere parte all’incontro;
– che, a seguito di quanto esposto, in capo all’Azienda convenuta si configurava oltre alla responsabilità contrattuale – instauratasi tra il paziente e la struttura incaricata a fornire prestazioni di tipo sanitario- anche una diversa ed ulteriore responsabilità avente natura extracontrattuale;
– che, nel caso in esame, l’inadempimento contrattuale di controparte risultava evidente dato che, a seguito di interventi medici di facile e routinaria esecuzione, si giungeva ad un risultato peggiorativo delle condizioni iniziali del paziente;
– che le manovre di tipo urologico operate nel corso del primo ricovero dal 14.07.2012 al 20.07.2012, esaminate in concomitanza della successione dei fatti, la natura e la localizzazione dell’infezione, consentivano di ritenere che l’infezione medesima fosse insorta proprio in tale occasione durante la quale, peraltro, le operazioni mediche erano state attuate senza le richieste e prescritte misure di prevenzione;
– che l’imperizia del personale sanitario si riscontrava anche in occasione del ricovero dal 21.07.2012 al 02.08.2012 in occasione del quale, a fronte di un’evidente stato di infezione acuta, venivano omesse una serie di condotte dovute mentre venivano colpevolmente tenute altre senza effettuare, in ogni caso, un’idonea valutazione diagnostica;
– che esso esponente, aveva quindi subito lesioni fisiche e psichiche tali da determinare l’insorgenza di un danno biologico permanente in misura pari al 40%,al quale bisognava aggiungere la consapevolezza del P. di essere affetto da una patologia – potenzialmente letale- che gli induceva quindi uno stato ansioso-depressivo;
– che esso attore risultava inoltre affetto da episodi ripetuti di gonartrite recidivante imputabile all’infezione summenzionata.
Sulla base di tali premesse, il P. concludeva domandando di accertare la responsabilità del convenuto IRCSS AOU S. M.- IST di G. nella causazione dei danni fisici permanenti e temporanei a suo carico e per l’effetto di condannare tale Ente alla corresponsione della somma come dedotta segnatamente in citazione, vinte le spese, diritti ed onorari.
Si costituiva IRCSS AOU S. M.- IST di G., con comparsa depositata il 25.11.2014, contestando la domanda attorea ed evidenziando:
– che l’intera prospettazione avversaria si fondava su valutazioni del tutto semplicistiche, sfornite di supporti probatori;
– che tanto la diagnosi iniziale, quanto i trattamenti sanitari risultavano correttamente eseguiti nel rispetto delle linee guida e delle prassi accreditate;
– che, pertanto, le condizioni lamentate dal P. derivavano dallo stato del paziente precedente al ricovero oppure dai numerosi ricoveri presso altre strutture sanitarie;
– che, in ogni caso, era da escludere la responsabilità dell’IRCCS S. M. IST posto che l’obbligazione medica non è un’obbligazione di risultato;
– che contestata era la perizia medico legale di parte attrice e la rilevanza e la valenza probatoria degli articoli prodotti;
– che la quantificazione dell’asserito danno risultava, comunque, evidentemente eccessiva e sproporzionata;
– che il danno biologico permanente non prendeva in considerazione, né l’invalidità base del P. riferita alle preesistenze – in relazione alle quali i trattamenti sanitari erano stati effettuati- né l’invalidità indipendente concernente le numerose ed autonome patologie dell’attore;
– che esso Ente convenuto contestava tanto il danno biologico temporaneo, quanto il rimborso delle spese legali, sottolineando che la somma che la parte attrice asseriva di aver corrisposto al proprio difensore era esclusivamente frutto di una negoziazione privata e pertanto risultava assurda la pretesa di addebito a carico di esso esponente.
Chiedeva dunque parte convenuta il rigetto delle pretese attoree, con vittoria di spese, diritti e onorari.
Concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. alla prima udienza del 16.12.2014, non ammesse le prove orali, questo Giudice disponeva consulenza medico-legale con fissazione delle operazioni peritali in data 18.06.2015.
Esitata la perizia, il Giudice , dopo aver invitato le Parti a valutare l’opportunità di una conciliazione, non essendo possibile addivenire ad un accordo , fissava udienza di precisazione delle conclusioni per il 10.2.2017, allorquando le Parti concludevano come in epigrafe e la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione di termini ex art. 190 c.p.c.
Ciò detto, va osservato che, per ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, la responsabilità della struttura sanitaria verso il paziente, a prescindere dalla natura pubblica o privata della struttura medesima, va ricondotta a un rapporto contrattuale atipico o “da contatto sociale”, in forza del quale insorgono, a carico del soggetto presso cui viene effettuato il
trattamento, sia in termini di ricovero, che di visita ambulatoriale, obblighi non solo “alberghieri”, ma anche di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, rispondendo, altresì, il luogo di cura, in forza di tale vincolo, anche ex art.1228 c.c., rispetto all’inadempimento della prestazione, sia essa medico-professionale, o tecnico-infermieristica, svolta direttamente da un Sanitario ivi operante, qualora sussista comunque un collegamento tra la prestazione de qua e l’organizzazione aziendale della struttura (vedasi ex plurimis Trib. Milano, sez. V, 5.3.2009, n.3047; Cass. sez. III, 28.11.2008, n.24742, Cass. , sez. III, 26.1.2006, n. 1698; vedasi anche Cass. SS.UU. 11.1.2008, n. 577 e, in ultimo, Corte di Cass., sez.III, 3.2.2012, n. 1620, Cass., sez. III, 30.9.2014 n. 20547, Trib.Monza , sez. I, 23.6.2015).
Con riferimento a tale ricostruzione del rapporto paziente/medico/struttura sanitaria, la giurisprudenza ha, altresì, riaffermato l’applicazione dei noti principi in tema di onere della prova di cui alla sentenza n.13533/01 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, principi che, calati nella specifica fattispecie negoziale che occupa, hanno consentito di pervenire, del tutto condivisibilmente, a precisare che il paziente/creditore ha l’onere di provare l’esistenza del rapporto fonte delle obbligazioni e l’aggravamento o l’insorgenza di una patologia, allegando, poi, l’inadempimento oggetto di doglianza, inadempimento che deve essere qualificato eziologicamente, nel senso di essere potenzialmente idoneo a procurare il danno lamentato (così la citata Cass. SS.UU.n.577/08, oltre che Trib. Varese 10.2.2010, n.16, Trib. Bologna, sez. III, 6.10.2010 e, ancora, Cass., sez. III, 3.2.2012, n. 1620 che richiama la citata pronuncia del 2008 ed ancora, ex plurimis, Cass., sez. III, 12.12.2013, n. 27855 e le recenti Cass., sez. III, 20.2.2015, n. 3390, Cass., sez.III, 30.6.2015, n. 13328, Cass., sez.III, 20.10.2015, n.21177).
Va sottolineato, in merito, che tali considerazioni non vengono in alcun modo poste in discussione dal cosiddetto decreto Balduzzi, come da D.L. 158/2012, convertito con legge 189/2012, l’art.3 di tale testo normativo non riguardando affatto, in primo luogo, il rapporto fra ospedale e paziente, ciò a prescindere da ogni altra considerazione circa l’epoca del fatto che occupa e del perfezionamento della fattispecie, in termini di “an”, in rapporto all’irretroattività della novella (vedasi a riguardo Cass., sez. III, 19.2.2013, n.4030; vedasi, ancora, sulla portata di tale normativa Cass., sez.6, ord. 8940 del 17.4.2014, oltre che Trib. Milano, sez. V, 18.11.2014 n. 13574; , Trib. Brindisi 18.7.2014).
- Parimenti la novella di cui alla legge 24/2017 nulla rileva ai fini de quibus, dovendo, inoltre, porre in evidenza che, per quanto occorrente, l’attore ha, comunque, inteso agire anche ex art. 2043 c.c., con riferimento alla condotta colposa del personale dell’ospedale, rispetto all’ insorgenza ed alla prevenzione e cura dell’infezione nosocomiale dedotta.
- Muovendo, dunque, da tali premesse, deve essere posto in risalto che sine dubio acquisito al processo è il rapporto di spedalità e, più specificatamente, di cura e diagnosi, sorto in occasione degli interventi, visite e ricoveri di cui alla citazione, nonché il collegamento, necessario ed imprescindibile, esistente fra l’attività dell’Ente convenuto e l’attività del personale che ebbe ad effettuare tali prestazioni sanitarie, in termini fattuali non contestate da parte convenuta, oltre che , peraltro, documentate; analogamente parte attrice ha dedotto gli esiti , in termini peggiorativi , dei trattamenti e cure ricevute , frutto di inadeguata attività preventiva , oltre che di ritardata diagnosi e cura specifica, il tutto prospettando, pertanto, un inadempimento , di tipo essenzialmente omissivo, a fronte della produzione di ampia documentazione medica circa l’evolversi della situazione di esso P..
- A fronte di ciò, deve essere rammentato che l’Ospedale convenuto era gravato dell’onere probatorio di aver compiutamente adempiuto le obbligazioni cui era tenuto, dimostrando
- l’insussistenza degli esiti peggiorativi lamentati o la riconducibilità causale degli stessi ad un’autonoma serie causale o, comunque, l’inevitabilità degli esiti medesimi.
In forza di quanto sopra, occorre evidenziare che è stata disposta CTU medico legale , come da elaborato 28.1.2016 a firma del CTU Dott. C. Z., il quale, sulla base di articolate argomentazioni, ha evidenziato, in forza di dettagliata disamina dei documenti prodotti ed effettuata la visita del P.: - – che quest’ultimo, alla data di ricovero del 13-14.7.2012 era affetto da svariate patologie, in particolare sindrome metabolica, asma, insufficienza renale cronica risalente al 2007, sindrome trombo flebitica, emocromatosi, iperparatiroidismo primitivo, calcolosi renale, sindrome bipolare atipica, encefalopatia multi lacunare, steatosi epatica non alcoolica, malattia da reflusso gastro esofageo, insufficienza venosa profonda agli arti inferiori, discopatie cervicale e lombari, neuroma di Morton piede sinistro e polineuropatia motoria;
- – che l’attore , dunque, ricoverato presso la clinica urologica dell’Ospedale S. M. ,era stato sottoposto a trattamenti terapeutici invasivi a causa di coliche renali , su diagnosi di recidiva calcolosi, nell’ambito di tali trattamenti contraendo l’infezione nosocomiale da Klebsiella pneumoniae;
- – che , in merito, a fronte di procedure standardizzate circa il trattamento della calcolosi di cui sopra, costituisce elemento prioritario l’igiene e la pulizia degli ambienti, la sterilizzazione degli strumenti e la messa in atto di tutte le prassi ospedaliere di prevenzione delle infezioni;
- – che, con particolare riferimento all’infezione de qua, ben nota in ambito ospedaliero anche per la sua pericolosità, devesi ritenere riconosciuta come doverosa una particolare attenzione, in termini di prevenzione, diagnosi e terapia, anche per le interconnessioni esistenti fra detti profili con riferimento alla diffusione dell’infezione stessa, costituendo, inoltre, un elemento di rischio particolare la condizione dei pazienti urologici, in rapporto alle criticità connesse alle infezioni urinarie;
- – che, a fronte di ciò, nel caso di specie, vi erano stati deficit diagnostici, in termini di mancanza di urinocoltura con antibiogramma, previsto, invece, come necessario ai fini dell’inquadramento diagnostico del paziente affetto dal calcolosi renale, risultando, altresì, generica la scheda infermieristica del blocco operatorio, circa la sterilità degli strumenti, così come la somministrazione, di prassi, di copertura antibiotica, in relazione alla mancata indicazione delle prassi di sterilizzazione e disinfezione generale, mancando, inoltre, linee guida della Direzione Sanitaria e del Comitato infezioni ospedaliere circa l’infezione de qua, di particolare gravità;
– che la connessione fra il ricovero e l’insorgenza dell’infezione era, d’altra parte, confortata dalla negatività dell’urinocoltura, documentata alla data del 16.5.2012;
– che i trattamenti invasivi in cui era stata contratta l’infezione erano routinari e che, peraltro, la stessa aveva origine in una carenza di standard essenziali per ogni nosocomio;
– che, inoltre, anche a fronte della presenza di sintomi dell’infezione, vi erano state carenze in termini di diagnosi tempestiva e terapia adeguata, al P. essendo stata somministrata una terapia antibiotica del tutto empirica, senza esecuzione di urinocoltura, terapia inefficace e
- foriera di resistenze da parte del germe, come dimostrato dai successivi interventi, i trattamenti di cura essendo stati carenti , nel senso indicato, anche dopo financo l’esame effettuato l’8.8.2012, con diagnosi di Klebsiella pneumoniae;
- – che, pertanto, evidente era la responsabilità del nosocomio convenuto, dall’infezione de qua essendo, peraltro, derivate complicanze in particolare con riferimento all’emuntorio renale ed all’apparato respiratorio;
- – che la valutazione del danno conseguente alla malpractice doveva tenere conto della condizione pregressa del paziente e del fatto che alcune patologie, come tali, erano destinate ad un peggioramento progressivo a prescindere dall’infezione de qua, neppure, peraltro, potendosi omettere di considerare come l’infezione medesima si fosse ormai cronicizzata , il germe essendo sempre presente;
- – che, per quanto afferente all’apparato urinario, su una preesistenza del 10%, l’infezione de qua aveva determinato un aggravamento del 15%, sì da essere pari , oggi, al 25%, mentre i danni all’apparato respiratorio erano stimabili nel 25%, a fronte dell’assenza di preesistenze apprezzabili ( emergendo, in precedenza , asma allergica).
- Il Dott. Z., dunque, evidenziando la necessità di inquadrare nella complessiva valutazione dell’integrità psico-fisica del P., detti esiti , ha stimato l’invalidità attuale nel 70%, dovendo essere ricondotta all’infezione de qua la differenza esistente fra il punto 41° e quello 70°, tale quantità differenziale essendo causalmente collegabile all’infezione citata ed ai suoi postumi.
- Il CTU , inoltre, ha sottolineato come l’infezione in questione avesse determinato una maggiore invalidità temporanea pari a 33 gg. al 100%, seguita da ulteriori 30gg, al 75%, il tutto con ricovero connesso all’infezione per gg.18, il peggioramento descritto sopra , , in ultimo, rispetto alla condizione generale del paziente, avendo, inoltre, inciso significativamente sull’espletamento delle attività ludico-relazionali, in rapporto alla presenza di un marcato stato astenico ed alla facile comparsa di dispnea da sforzo moderato.
- Da tali ampie ed articolate conclusioni reputa lo scrivente Giudice di non doversi discostare, atteso che le osservazioni dei CC.TT.PP., risultano, ove non contraddittorie, schiettamente partigiane, frutto di una lettura acritica delle risultanze fattuali emergenti dai documenti, la pretesa, poi, di imprevedibilità dell’infezione da parte dell’Ospedale S. M., a fronte di quanto evidenziato dal Dott. Z. rispetto alle diffuse conoscenze scientifiche, consentendo , financo, di valutare , allora, la sussistenza di carenze organizzative e preventive ancor più radicali e gravi di quelle esposte dal CTU.
- Devesi, pertanto, ritenere sussistente la responsabilità di parte convenuta, sia in termini contrattuali, che extracontrattuali, manifesti essendo risultati gli elementi di colpa in capo all’Ospedale S. M..
Le deduzioni di parte convenuta ( vedasi verbale 26.2.2016), reiterate in sede di difese finali, per cui , di fatto, i danni da infezioni nosocomiali non sarebbero imputabili ad errore dei Sanitari, non tiene in alcun conto , nel caso concreto, quanto ben evidenziato dal Dott. Z., circa le intrinseche carenze dell’Ospedale de quo, in termini di idonea prevenzione, all’esito ed in rapporto ai documenti prodotti, oltre che le mancanze diagnostiche e terapeutiche sottolineate nella perizia, che certo hanno, comunque, aggravato gli effetti dell’infezione e che , allo stesso tempo, anzi, confermano , ancora una volta, l’incapacità dell’Ospedale di isolare i focolai infettivi ( il che, va detto, è ben lontano da qualsivoglia pretesa di rischio zero). - Non è, d’altra parte, affatto condivisibile la volontà dell’Ospedale S. M. di affermare, di fatto, che sugli utenti di una struttura ospedaliera deve ricadere il rischio di infezioni, dagli effetti gravissimi, infezioni strettamente connesse alla gestione della struttura e dei pazienti, oltre che, peraltro, evitabili e prevenibili, così da prospettare , in concreto, una sorta di “roulette russa” cui dovrebbe andrebbe incontro chiunque si rechi in ospedale ( va ,forse rammentato ancora, per curarsi e non per ammalarsi più di prima).
- Le argomentazioni difensive del nosocomio, inoltre, in punto determinazione del danno sono inconsistenti, poiché artificiosamente mirano a smentire quanto il Dott. Z. ha valutato e stimato, sul presupposto di un preteso concetto diverso di danno differenziale, diversità che, al contrario, non si riscontra affatto, al di là del tendenzioso, quanto fumoso tenore delle deduzioni, in relazione a pretesi paradossi ad effetto privi di concreto significato rispetto alla fattispecie.
- Il richiamo, ancora, dell’ospedale convenuto ,in sede di conclusionale, alla legge 24/2017, oltre ad essere del tutto non pertinente, come tale, non tiene in considerazione che nessuna richiesta di nomina di specialista infettivologo l’Ospedale ha formulato, prima dell’esito della CTU, fino a quel momento, guarda caso, il Dott. Z., noto consulente del Tribunale, essendo stato ritenuto pienamente competente.
- La fattispecie, d’altra parte, a fronte delle stesse argomentazioni del CTP dott. R., ben consente di apprezzare come il contributo di uno specialista , a prescindere dai sopravvenuti obblighi legali, sarebbe stato superfluo, atteso che qualsivoglia impossibilità teorica di rischio zero, in ordine all’infezione de qua, non avrebbe comunque mandato esente, nel caso di specie, l’Ospedale dalla responsabilità come sopra accertata in concreto.
- La reiterazione degli argomenti difensivi di parte convenuta , come da note di replica, non rende gli stessi più convincenti.
Passando, allora, alla liquidazione del danno non patrimoniale, dovendo individuare un idoneo criterio di liquidazione del danno in questione, correlato , in primo luogo, alla lesione dell’integrità psico-fisica, reputa lo scrivente Giudice , nell’ambito di una stima comunque necessariamente equitativa, di dover fare riferimento alle tabelle vigenti in uso presso il Tribunale di Milano , aggiornate ,in ultimo, al 2014, sia perché i criteri di liquidazione contenuti nelle elaborazioni dell’A.G. meneghina sono stati costantemente ritenuti presso questo Tribunale coerenti con l’obiettivo di meglio soddisfare le esigenze di integrale risarcimento dei danneggiati, sia perché i parametri de quibus sono stati, altresì, adattati e resi pienamente compatibili , in termini quantitativi, con i principi desumibili dalle note sentenze dalla Corte di Cass. a SS.UU., nn. 11.11.08, nn. 26972 e 26973 (con modificazione del valore del cosiddetto “punto” , così da ricomprendere nello stesso una percentuale ponderata per il danno non patrimoniale relativo alla sofferenza soggettiva, sia in relazione all’invalidità permanente, che temporanea), individuando, comunque, ambiti di personalizzazione che consentono , al di fuori di rigidi automatismi, di tenere in considerazione le peculiarità delle singole fattispecie ( ciò ancor più alla luce del fatto che il “danno morale” ha comunque mantenuto una specifica rilevanza – vedasi Cass. , sez. III, 20.5.2009, n. 11701; Cass. sez. III, n.16448, 15.7.09; Cass., sez.III, 12.9.2011, n. 18641; vedasi anche Cass. sez.III, 8.5.2012, n.6930, in tema di danno esistenziale, sempre, peraltro, al di fuori della configurabilità di un’ autonoma voce di danno, come da Cass. , sez.III, n.23778, 7.11.2014 ed ancora Cass.. sez.III, n.336 ,13.1.2016). - Il fatto, in ultimo, che detti criteri siano stati condivisi dalla stessa Suprema Corte, per essere apparsi i più idonei ad uniformare la quantificazione del danno a livello nazionale, ferme le personalizzazioni del caso, anche oltre i limiti previsti , qualora ricorrano specifiche e comprovate ragioni, induce ancor più all’applicazione degli stessi ( vedasi Cass. sez.III,
- 7.6.2011, n.12408, e , più recentemente, Cass., sez.VI, 14.1.2013, n. 134, Cass. , sez.III, 6.3.2014, n. 5243, Cass., sez.III, n.20895, 15.10.2015 e Cass. sez.III , n. 3505, 23.2.2016).
A fronte di ciò, tenuto conto dell’età dell’attore al momento del fatto (di anni 53), deve essere determinato un danno da invalidità permanente pari ad € 356.807,00 ( € 587.816,00 – 231.009,00). - Tale importo deve essere personalizzato, in termini di particolare incidenza sull’ attività ed abitudini di vita di un uomo già precocemente affetto da varie patologie, che , a fronte di coliche renali, vede irrimediabilmente aggravato, in modo rilevante l’apparato urinario e, soprattutto, a fronte della pregressa assenza di apprezzabili patologie, quello respiratorio, con una specifica incidenza in termini di autonomia oggettiva e di percezione della stessa, il tutto, ai fini del patimento, per la sostanziale incuria nella gestione ordinaria dei pazienti e degli ambienti nosocomiali, sì da cagionare , con evidenza, un aggravato , oltre che permanente, senso di rabbia e di sfiducia.
- Dette considerazioni, valutato il range previsto nelle tabelle de quibus, induce ad un aumento pari al 10%, così da determinare l’importo di € 392.487,70, a titolo di invalidità permanente.
In ordine , poi , ai danni da invalidità temporanea, a fronte di un parametro compreso fra € 96,00 ed € 145,00 , tenuto conto, anche in questo caso, delle considerazioni di cui sopra, ancor più valide nella fase acuta della malattia, con prolungato ricovero, ritiene chi scrive di dover applicare l’importo prossimo al massimo , pari ad € 130,00 al giorno, ferma la gradualità di cui alla relazione del CTU, con l’effetto di determinare un credito ,a tale titolo, pari ad € 7.215,00 - Discende , pertanto, in favore della P. un importo complessivo per danno non patrimoniale pari ad € 399.702,70.
Trattandosi di debito di valore, tale importo va aumentato degli interessi legali, di tipo compensativo, dalla data del fatto, calcolati, previa devalutazione del citato importo, secondo l’indice ISTAT FOI, alla data del fatto stesso ( al 18.7.2012, data del trattamento punto 4 della citazione, € 390.334,67), anno per anno, sulla somma via via rivalutata annualmente, come da noto orientamento della Suprema Corte di cui alla sentenza a SS.UU. n.1712/95, idoneo, nel caso di specie, a garantire il pieno ristoro, senza indebite locupletazioni. - Il calcolo così effettuato porta ad un importo complessivo finale alla data odierna di € 420.955,56, importo che, integrante la liquidazione totale del danno, dovrà essere maggiorato di interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo.
Passando alle spese di lite , va osservato che le stesse devono seguire la soccombenza, l’offerta effettuata dall’Ospedale S. M., peraltro, all’esito sostanziale della causa, come da verbale 15.6.2016, risultando ampiamente insufficiente, anche in un’ottica transattiva. - Devono essere, altresì, rimborsate le spese afferenti alla mediazione obbligatoria , quanto richiesto, a tale titolo, dal P., essendo, peraltro, ingiustificato ed esorbitante, occorrendo tenere conto , comunque, dell’immediato fallimento della mediazione e del fatto che è seguita una causa, ciò con riferimento alla fase di studio in parte sovrapponibile.
- Valutato, dunque, l’impegno richiesto, in ragione del DM 55/2014, vanno liquidate, vista la nota attorea. le spese giudiziali in complessivi € 19.251,97 di cui € 19.000,00 per compenso ( considerata la limitata attività di tipo istruttorio e ritenuta l’attività ulteriore non necessitante di alcun aumento rispetto alla media) ed € 251,97 per esborsi, oltre a quelle afferenti alla necessaria mediazione, in complessivi € 2.048,80 , di cui € 2000,00 per compenso, oltre ad € 48,80 per esborsi ( vedasi docc.ti 19,20, 21 e 22 attorei).
- L’Ospedale convenuto, pertanto, deve essere condannato, a tale titolo, al pagamento di complessivi € 21.300,77 , di cui € 21.000,00 per compensi ed € 300,77 per esborsi, oltre al 15% ex art.2 citato DM sui compensi, CPA ed IVA come per legge.
Le spese di CTU devono, certamente, seguire la soccombenza, sì da dover essere poste a carico esclusivo di parte convenuta, con condanna al rimborso delle somme eventualmente anticipate a tale titolo. - Con riferimento, in ultimo, al fatto, documentato ( vedasi l’allegato 21 attoreo), che parte convenuta non ha inteso partecipare alla mediazione ex D.L.vo 28/2010 senza motivo alcuno, nulla emergendo a riguardo dal verbale, discende , necessariamente, la condanna dell’Ospedale convenuto al pagamento di quanto previsto dall’art.8, comma 4bis, del citato D.L.vo, come modificato dal D.L. 69/2013, convertito con L.98/2013.
- Va chiarito che non elide la condotta sanzionata come sopra il fatto che , preso in carico il sinistro da parte di terzo incaricato dal nosocomio, come da doc. 20 attoreo, il nosocomio medesimo abbia deciso di sottrarsi ad ogni confronto di mediazione, come da verbale 6.5.2014, sul presupposto di essere esente da addebiti, assunto ,implicito, in modo diverso, in ogni controversia e che l’obbligatorietà della mediazione ha inteso cercare, comunque, di far superare alle Parti , attraverso l’attività del mediatore ( il che risulta ancor più convincente in rapporto al rifiuto di partecipazione , financo, al primo incontro su presupposti apodittici, oltre che connotati da imprudenza rispetto, ancor più, alla gestione di un Ente ospedaliero pubblico).
- P.Q.M.