Risarcimento danni da sinistro stradale PAVIA TRIBUNALE- Decesso del congiunto – Danno parentale – Liquidazione – Tabelle Milano – Applicazione – Valutazione giudiziale Tribunale |Pavia|Sezione 3|Civile|Sentenza|26 gennaio 2017| n. 11
Anche il cd. danno da perdita del rapporto parentale (danno parentale), quale danno-conseguenza, va allegato e provato, pur potendo essere riconosciuto anche in base a presunzione semplice, iuris tantum, a favore dei familiari della vittima, ma sempre previa allegazione dei pregiudizi lamentati. Si tratta di un danno non patrimoniale va oltre il solo dolore per la morte in sé di una persona cara, tanto più se preceduta da un periodo di agonia: esso provoca nei familiari un senso di vuoto costituito dall’impossibilità di continuare a godere della presenza e del rapporto con il defunto e perciò nella definitiva distruzione di una relazione di vita basata sull’affettività, sulla condivisione, sulla quotidianità di tutti i rapporti familiari. In ordine alla richiesta di liquidazione del danno non patrimoniale terminale, si richiama l’orientamento giurisprudenziale ormai prevalente, in forza del quale, esclusa la risarcibilità del danno da morte, nel “caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione della integrità psicofisica patita dal danneggiato per il periodo di tempo indicato, e il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento del danno è trasmissibile agli eredi “iure hereditatis”; in questo caso, l’ammontare del danno biologico terminale sarà commisurato soltanto all’inabilità temporanea, e tuttavia la sua liquidazione dovrà tenere conto, nell’adeguare l’ammontare del danno alle circostanze del caso concreto, del fatto che, se pure temporaneo, tale danno è massimo nella sua entità e intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero ed esitare nella morte” (Cass. civ., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549, Cass. 9959/2006).
Ebbene, nel caso in cui la morte sia conseguenza delle lesioni, come nel caso di specie, l’unico danno biologico risarcibile è quello correlato all’inabilità temporanea, in quanto, per definizione, non è possibile liquidare un danno da invalidità permanente, qualora i postumi non si siano ancora consolidati, se non nell’evento morte successivo. È, tuttavia, necessario procedere ad un’adeguata personalizzazione dell’importo relativo all’inabilità temporanea, che tenga conto dell’estrema intensità che il danno da inabilità assoluta presenta durante l’agonia che precede il decesso (v. Cass. n. 18173/2007). Di recente si è pronunciata la Suprema Corte Cass. 15395/2016, ribadendo che “nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte da esse determinata, “è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso”, che è trasmissibile iure hereditatis e che va commisurato “soltanto alla inabilità temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte” (Cass. 15491/2014); tale danno biologico-terminale, che è sempre presente a prescindere dallo stato di coscienza del leso, va liquidato -quanto meno- negli importi previsti dalle tabelle relative alla invalidità temporanea assoluta, salvo il riconoscimento di un maggior risarcimento (da apprezzarsi con criterio equitativo puro) nel caso in cui alla gravità delle lesioni si accompagni la sofferenza psichica (danno catastrofico) determinata dalla coscienza della gravità delle infermità e dalla consapevolezza della propria fine imminente (cfr. Cass. n. 23183/2014)”.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Pavia
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Laura Cortellaro ha pronunciato la seguente
SENTENZA
ex art. 281quinquies c.p.c. nella causa civile di I Grado iscritta al N. 1818/2011 R.G. promossa da:
TI.CU., LE.BA., LU.BA., con il patrocinio degli avv. MU.LA.MA., elettivamente domiciliato in VOGHERA, presso il difensore avv. MU.LA.MA.
ATTORI
contro:
AL., con il patrocinio dell’avv. MO.MA. e elettivamente domiciliato in MILANO presso lo studio dell’avv. MO.MA.
CONVENUTO
eredi RE.MA.
CONVENUTI CONTUMACI
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli depositati telematicamente di seguito riportati
PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI nell’interesse di CU.TI., BA.LE. e BA.LU.
Voglia il Tribunale di Pavia, ogni contraria e/o diversa istanza e deduzione reietta,
NEL MERITO: considerato l’esito della CTU tecnico dinamica e l’esito dell’istruttoria orale, accertare e dichiarare il signor Re.Ma. responsabile della causazione dell’incidente stradale di cui è causa nella misura del 70%;
– preso atto che l’Al. Spa ha corrisposto Euro 165.000,00 a favore di Ti.Cu. (di cui Euro. 50.000,00 ante causa ed Euro. 115.000,00 il 20/11/2013), Euro 165.000,00 a favore di Le.Ba. (di cui Euro. 50.000,00 ante causa ed Euro. 115.000,00 il 20/11/2013) ed Euro 52.800,00 a favore di Ba.Lu. (di cui Euro. 30.000,00 ante causa ed Euro. 22.800,00 in data 20/11/2013), per l’effetto condannare i convenuti, in via fra loro solidale, al risarcimento così riformulato:
a favore della signora Ti.Cu., in proprio,
– l’importo di Euro 2.310,00 (al netto del concorso di colpa) quale danno emergente;
– l’importo di Euro 114.004,80 (al netto del concorso di colpa) quale danno da lucro cessante;
– l’importo residuo di Euro 51.090,00 (Euro 308.700,00 – 30% – Euro 165.000,00) quale danno morale e danno da perdita di rapporto parentale;
a favore della signora Le.Ba., in proprio,
– l’importo residuo di Euro 51.090,00 (Euro 308.700,00 – 30% – Euro 165.000,00) quale danno morale e danno da perdita del rapporto parentale;
a favore del signor Lu.Ba., in proprio,
– l’importo residuo di Euro 41.028,00 (Euro 134.040,00 – 30% – Euro 52.800,00) quale danno morale e da perdita del rapporto parentale;
nonché a favore della moglie signora Ti.Cu. e della figlia signora Le.Ba., “iure hereditatis”, l’importo di Euro 60.928,00 (al netto del concorso di colpa) da intendersi come danno biologico di natura temporanea sofferto dal decuius.
Gli importi di cui sopra, e/o quelli maggiori o minori che il Giudicante riterrà dovuti, dovranno essere addizionati di interessi e rivalutazione come previsto dalla sentenza di Cassazione n. 1712 del 17/02/1995.
– Spese e compensi di avvocato rifusi.
Nella denegata ipotesi questo Giudice dovesse ritenere satisfattive le somme versate in corso di causa e dopo la CTU tecnico dinamica dalla Al. Spa, comunque riconoscere a favore degli attori le spese legali per l’attività resasi necessaria a fronte dell’inerzia risarcitoria di controparte.
– Salve in ogni caso le competenze di CTU e del CTP. Si allega:
– copia della fattura n. 671 del 26/06/2013 emessa dal CTP signor En.La..
Foglio di precisazione delle conclusioni per la convenuta Al. s.p.a. Voglia il Tribunale di Pavia, contrariis reiectis, così
GIUDICARE
Nel merito in via principale: Per i motivi tutti meglio illustrati e documentati in narrativa e accertati in istruttoria, respingere in quanto infondate in fatto e diritto le domande tutte formulate con l’atto introduttivo del presente giudizio nei confronti della convenuta Al. S.p.a.
In via subordinata: Nella mera e denegata eventualità in cui avessero a non essere accolte le prima domande, liquidare negli stretti limiti di giustizia il danno come accertato al termine dell’istruttoria nella misura percentuale in cui avesse ad essere eventualmente accertata una corresponsabilità del Signor Ma. nella determinazione del sinistro di cui è causa. E ciò tenuto conto e dunque al netto della somma di complessivi E. 480.380,24 ad oggi corrisposta dalla Compagnia agli attori con i pagamenti meglio esplicati e documentati in atti.
In ogni caso: Con vittoria dei costi tutti di causa da liquidarmi ex D.M. 54/15
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Il contenuto della presente sentenza si adeguerà al canone normativo dettato dal n. 4) del secondo comma dell’art. 132 c.p.c. (e dalla norma attuativa contenuta nell’art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice processuale), le quali oggi – a seguito dell’immediata entrata in vigore anche per i giudizi pendenti dell’art. 45 co. 17° della legge 18/6/2009 n. 69 – dispongono in generale che la motivazione debba limitarsi ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; e specificano in particolare che tale esposizione, da riferirsi ai fatti rilevanti della causa ed alle ragioni giuridiche della decisione, debba altresì essere succinta e possa fondarsi su precedenti conformi.
Ritiene questo giudice che le domande avanzate dagli attori siano fondate, nei limiti di seguito indicati.
Preliminarmente, deve osservarsi come le parti abbiano riconosciuto, nei propri atti conclusivi, un concorso di colpa nella causazione del sinistro oggetto di causa, aderendo al riparto proposto dal CTU nominato, pari al 30% a carico di Ba.Ma. e al 70% a carico di Ma.Re..
Pacifici sono anche gli acconti corrisposti da Al. agli attori, in fase ante causam, migliorati in corso di causa, nonché il versamento da parte di INAIL a titolo di rendita dell’importo di Euro 163.070,44.
Alla luce del concorde riparto di responsabilità, questo giudice ritiene superfluo soffermarsi sugli esiti della perizia cinematica esperita in corso di causa, nonché dell’istruttoria orale in ordine al riparto di responsabilità nella causazione del sinistro, in quanto assorbiti dal “tacito” accordo delle parti sul punto.
Non resta che determinare se, quanto già corrisposto, sia satisfattivo delle pretese risarcitorie avanzate dagli attori.
Quanto al danno iure proprio degli attori
Dall’istruttoria orale esperita, nonché dalle circostanze dedotte in causa, è emerso lo stretto legame che legava Ma.Ba. con la moglie, la figlia ed il fratello.
In particolare, i testi escussi – fra cui si ricordano Ge.Ch., Pa.Ch., Cl.Cu. – hanno tutti confermato tali rapporti (con il fratello: “abitavano sullo stesso pianerottolo”, “erano in ottimi rapporti” e ancora: “lui adorava sua figlia, l’ha educata benissimo” “era la base per tutti i famigliari, che ha sempre aiutato sia economicamente che moralmente”).
Di rilievo anche la testimonianza di Br.No., parroco, laddove conferma i rapporti famigliari come indicati dagli attori (“era innamoratissimo di sua figlia, tra lui e i membri della famiglia c’era uno stretto rapporto e una comunanza di idee e intenti”).
Da quanto esposto, emerge la prova del cd danno da perdita del rapporto parentale, che “va al di là del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara, tanto più se preceduta da agonia, provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti” (Cass. 9 maggio 2011, n. 10107).
Come noto, anche il danno parentale, quale danno conseguenza, va allegato e provato, pur potendo essere riconosciuto anche in base a presunzione semplice, iuris tantum, a favore dei familiari della vittima, ma sempre previa allegazione dei pregiudizi lamentati. Ebbene, gli attori hanno fornito la prova dell’intimo e stretto rapporto stabilito con il marito, padre e fratello.
In ordine alla liquidazione del danno, occorre far riferimento ai parametri indicati dalle Tabelle del Tribunale di Milano, privilegiando, per la quantificazione in concreto, il legame familiare tra la vittima primaria e la vittima secondaria e tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, la convivenza, l’intensità del vincolo familiare, la sopravvivenza o meno di altri congiunti.
Tenuto conto dell’età di Ma.Ba. all’epoca del decesso, nonché degli attori, del grado di parentela, delle allegazioni di parte in ordine all’intensit à delle relazioni che legavano gli attori al de cuius, della convivenza e delle testimonianze sopra richiamate sul punto, il Tribunale stima equo liquidare per il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale la somma massima riportata nelle note Tabelle milanesi, già rivalutata, di Euro 327.999,00 per Cu.Ti. e Ba.Le., nonché Euro 142.420,00 in favore di Ba.Lu..
Quanto al danno patrimoniale si osserva che le eredi – Cu. e Ba.Le. – chiedono il risarcimento delle spese funerarie – Euro 2.130,00 – ed Euro 114.004,80 a titolo di lucro cessante.
Ebbene, ritiene questo giudice di non poter accogliere quest’ultima voce di danno, in considerazione del fatto che le superstiti hanno già ottenuto una rendita da INAIL pari ad Euro 163.070,44, come documentato dalla convenuta Al. (doc. 1) e non contestato dalle attrici.
Ergo, in caso di ulteriore liquidazione a titolo di danno patrimoniale vi sarebbe un’indebita locupletazione in capo alle stesse.
Tuttavia, poiché non è specificamente indicato il titolo in forza del quale INAIL ha corrisposto l’importo di cui sopra, né tale Istituto è intervenuto in causa per far valere le proprie ragioni in manleva, questo giudice si limita a non liquidare alcuna somma a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante.
Diversamente, devono essere liquidate le spese funerarie, come documentate, per Euro 2.691,15 pari ad Euro 2.310,00 rivalutati ad oggi. In ordine alla domanda di danno iure hereditatis.
Dalla documentazione prodotta è emerso che il Ba. sia sopravvissuto 64 giorni dopo il sinistro e sia deceduto a causa dello stesso.
Anche alla luce delle pronunce emesse in sede penale, ormai passate in giudicato, risulta pacifico che la causa esclusiva del decesso sia il sinistro e non anche, come prospettato inizialmente dai convenuti nelle proprie difese, la condotta omissiva dei medici o della moglie.
In merito, si osserva come la stessa difesa della convenuta non abbia insistito sul punto in sede di precisazione delle conclusioni e di comparsa conclusionale, ergo non si ritiene di soffermarsi ulteriormente.
In ordine alla richiesta di liquidazione del danno non patrimoniale terminale, si richiama l’orientamento giurisprudenziale ormai prevalente, in forza del quale, esclusa la risarcibilità del danno da morte, nel “caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione della integrità psicofisica patita dal danneggiato per il periodo di tempo indicato, e il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento del danno è trasmissibile agli eredi “iure hereditatis”; in questo caso, l’ammontare del danno biologico terminale sarà commisurato soltanto all’inabilità temporanea, e tuttavia la sua liquidazione dovrà tenere conto, nell’adeguare l’ammontare del danno alle circostanze del caso concreto, del fatto che, se pure temporaneo, tale danno è massimo nella sua entità e intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero ed esitare nella morte” (Cass. civ., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549, Cass. 9959/2006). Ebbene, nel caso in cui la morte sia conseguenza delle lesioni, come nel caso di specie, l’unico danno biologico risarcibile è quello correlato all’inabilità temporanea, in quanto, per definizione, non è possibile liquidare un danno da invalidità permanente, qualora i postumi non si siano ancora consolidati, se non nell’evento morte successivo. È, tuttavia, necessario procedere ad un’adeguata personalizzazione dell’importo relativo all’inabilità temporanea, che tenga conto dell’estrema intensità che il danno da inabilità assoluta presenta durante l’agonia che precede il decesso (v. Cass. n. 18173/2007). Di recente si è pronunciata la Suprema Corte Cass. 15395/2016, ribadendo che “nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte da esse determinata, “è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso”, che è trasmissibile iure hereditatis e che va commisurato “soltanto alla inabilità temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte” (Cass. 15491/2014); tale danno biologico-terminale, che è sempre presente a prescindere dallo stato di coscienza del leso, va liquidato -quanto meno- negli importi previsti dalle tabelle relative alla invalidità temporanea assoluta, salvo il riconoscimento di un maggior risarcimento (da apprezzarsi con criterio equitativo puro) nel caso in cui alla gravità delle lesioni si accompagni la sofferenza psichica (danno catastrofico) determinata dalla coscienza della gravità delle infermità e dalla consapevolezza della propria fine imminente (cfr. Cass. n. 23183/2014)”.
Nel caso di specie, è pacifico che il Ba., in seguito al sinistro del 22.11.2005, sia rimasto lucido e presente sino al ricovero del 23.11.2005, ore 15.00 circa e successivo intervento.
Dalla lettura della cartella clinica e della perizia depositata in sede penale (doc. 3-4 attori) è emerso che, in seguito all’intervento e sino al decesso (26.1.2006), il Ba. è rimasto in stato di coma, nonostante nel gennaio si siano registrati segnali di risposta alla chiamata (occhi, facciali e stretta della mano sinistra).
La recente pronuncia richiamata ha stabilito che in fattispecie analoghe a quella oggetto di causa, debba essere liquidato un importo parametrato sulla Tabella Milanese relativa all’inabilità temporanea, “a prescindere dallo stato di coscienza”. Ebbene, è pacifico che il Ba. sia rimasto per un intero giorno lucido e vigile, mentre per i successivi 63 giorni le attrici – su cui incombeva la relativa prova – non hanno fornito elementi per desumere una lucida agonia in capo alla vittima. Tuttavia, alla luce della recente sentenza richiamata (Cass. 15395/2016), ove si legge che il danno è presente a prescindere dallo stato di coscienza del soggetto leso, nonché delle risultanze che si evincono dalla documentazione medica in atti (cartella clinica e della perizia depositata in sede penale), ritiene questo giudice che sussista una prova prudenziale della sussistenza di una – seppur debolissima – coscienza in capo al Ba., anche nel periodo di coma.
Pare, pertanto, equo liquidare i successivi 63 giorni applicando il valore massimo previsto dalle note tabelle milanesi per l’inabilità temporanea.
Invero, considerato che nel gennaio 2006 sono stati registrati segnali di risposta – benché minimi – alle sollecitazioni esterne (con tentativi di apertura degli occhi, stretta della mano e mimica facciale), non può escludersi che il Ba. potesse, in qualche modo, percepire lo stato terminale in cui verteva.
Al fine di procedere con una liquidazione del danno richiesto iure hereditatis avulsa da criteri meramente discrezionali, ritiene questo giudice di poter fare un breve cenno ai recenti studi effettuati dall’Osservatorio sulla Giustizia Tribunale di Milano, pervenuti all’elaborazione di una proposta tabellare per il danno terminale. In particolare, sebbene tale proposta attualmente non sia stata ancora definitivamente approvata, la stessa può essere utilmente richiamata quale parametro equitativo per la liquidazione del danno terminale.
Si richiamano, sinteticamente, i principi su cui si fonda la liquidazione del danno terminale: unitarietà ed omnicomprensivi del danno terminale – da intendersi comprensiva dei pregiudizi altrove definiti come danno biologico terminale, da lucida agonia o morale catastrofale – (Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972-3-4-5, Cass. n. 15350/2015); della temporaneità del danno – convenzionalmente limitata ad un periodo inferiore ai 100 giorni, ricadendo per i periodi superiori nel danno biologico “ordinario”; della coscienza del danno, ovvero della prova – anche presuntiva – della percezione in capo all’interessato della fine imminente, che deve essere fornita dall’attore; dall’intensità decrescente del danno, parametrata al passare del tempo -considerato che nel periodo immediatamente successivo all’evento lesivo, la sofferenza è massima e tende a diminuire nella fase successiva, intervenendo eventualmente anche una rinnovata speranza di sopravvivere. Tutto ciò salvo diversa prova contraria.
L’Osservatorio ha, pertanto proposto una liquidazione equitativa del danno terminale limitata ai primi tre giorni, entro il tetto convenzionalmente stabilito in 30.000 euro, non ulteriormente personalizzabile.
A partire dal quarto giorno, in considerazione delle circostanze del caso concreto, dovrà operarsi una personalizzazione del danno e, convenzionalmente, l’Osservatorio ha individuato come valore del danno subito dal quarto l’importo di 1.000 euro, con progressiva diminuzione giornaliera fino al centesimo giorno.
Ebbene, richiamati ed applicati alla fattispecie oggetto di causa tali criteri, ritenuti utili al fine di scongiurare un’arbitraria e disomogenea liquidazione del danno cd terminale in ipotesi omogenee, tenuto conto di tutto quanto sopra esposto, dell’età della vittima (61 anni), questo giudice ritiene congruo liquidare, per il danno terminale in capo al Ba.Ma., avuto riguardo alle Tabelle di Milano, aggiornate al 2014, l’importo di Euro 10.000,00 per il primo giorno di lucida agonia ed Euro 9.135,00 per i 63 giorni successivi in stato di coma (calcolati moltiplicando il valore di inabilità massima giornaliera 145 X 63), per complessivi Euro 19.135,00.
Il valore massimo di Euro 145, previsto dalla Tabella milanese, pare satisfattivo della pretesa risarcitoria, considerato che gli attori non hanno fornito ulteriori elementi – oltre alle circostanze, anche presuntive, sopra richiamate, fra cui assume rilievo la flebile capacità percettiva della vittima – da cui desumere un danno maggiore in capo al Ba..
Tale importo, liquidato a titolo di danno terminale, trasmissibile jure hereditario, va riconosciuto alla moglie e alla figlia, in parti uguali.
Ergo il danno liquidato in favore delle eredi ammonta a complessivi Euro 677.824,15 (così calcolati: 327.999 X 2, + 19.135,00 + 2691,15).
Tale importo deve essere ridotto in ragione del concorso di colpa di Ma.Ba., riconosciuto dalle parti nella misura del 30% a suo carico. Trova applicazione la disposizione normativa prevista dall’art. 1227 del codice civile, nella parte in cui regolamenta le conseguenze per l’ipotesi in cui la condotta colposa del danneggiato abbia spiegato efficacia causale concorrente ovvero esclusiva nella produzione del danno che il medesimo lamenti. A tal fine, la norma dedica la previsione del primo comma all’ipotesi in cui il soggetto che si assuma creditore abbia concorso a produrre il danno, sanzionandolo con una riduzione dell’eventuale risarcimento che viene determinata alla luce di due parametri, quali la gravità di tale colposa concorrente, nonché la entità delle conseguenze dannose lamentate. In tal modo, viene cristallizzato un rapporto di proporzionalità inversa tra il risarcimento eventualmente riconosciuto e tali elementi, di guisa che tanto più rilevanti risulteranno questi ultimi, tanto minore dovrà essere il risarcimento, in quanto in una simile ipotesi il danno de quo agitur risulterà essere conseguenza prevalente della condotta colposa concorrente del preteso creditore, ed in parte minore e/o meno rilevante del debitore-danneggiante. L’esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è infatti idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento, ai sensi dell’art. 1227, co. 1 c.c., e, a livello costituzionale, risponde al principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all’ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti (cfr ex multis Cass. n. 11698/2014).
Ergo, l’importo complessivo liquidato in favore di Ti.Cu. e Le.Ba. ammonta ad Euro 474.476,90, mentre l’importo in favore di Lu.Ba. ad Euro 99.694,00, pari al 70% delle somme sopra liquidate.
Poiché è pacifico che le attrici abbiano ricevuto ante causam e in corso di causa acconti da Al., gli stessi, rivalutati ad oggi, devono essere dedotti dalle somme dovute:
– Euro 50.000,00 a Cu.Ti. e 50.000,00 a Ba.Le., in data 10.6.2008 (rivalutato ad oggi: 54.700,00 x 2);
– Euro 115.000,00 Cu.Ti. e 115.000,00 a Ba.Le., in data 18.11.2013 (rivalutato ad oggi: 115.690,00 x 2);
– Euro 30.000,00 in data 10.6.2008 ed Euro 22.800,00 in data 18.11.2013 in favore del fratello Lu.Ba. (rivalutati ad oggi in 32.820,00 + 22.936,80, pari a Euro 55.756,80)
totale ricevuto da Cu.Ti. e Ba.Le. Euro 340.780,00 (somma rivalutata ad oggi). Pertanto il residuo credito delle attrici è pari ad Euro 133.696,90 ovvero Euro 66.848,45 in favore di ciascuna e di Euro 43.937,20 in favore di Lu.Ba..
Su tali importi devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell’equivalente pecuniario del bene perduto. Gli interessi compensativi – secondo l’ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) – decorrono dalla produzione dell’evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato sul danno rivalutato.
Tale tasso di interesse è ottenuto “ponderando” l’interesse legale sulla somma sopra liquidata, che – “devalutata” alla data del fatto illecito, in base agli indici I.S.T.A.T. costo vita – si incrementa mese per mese, mediante gli stessi indici di rivalutazione, sino alla data della presente sentenza.
Da oggi, giorno della liquidazione, all’effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata.
Pertanto, alla luce degli esposti criteri, i convenuti, in solido, devono essere condannati al pagamento, in favore degli attori, delle somme di Euro 133.696,90 in favore di Cu.Ti. e Ba.Le., nonché di Euro 43.937,20 in favore di Lu.Ba. liquidata in moneta attuale, oltre:
– interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 1%, su detti importi dalla data del 18.11.2013 ad oggi;
– interessi, al tasso legale, sempre su dette somme dalla data della presente sentenza al saldo effettivo.
Quanto alle spese di lite, consegue alla soccombenza dei convenuti condanna degli stessi a rifondere a parte attrice le spese processuali, liquidate con i nuovi parametri ministeriali ex DM Ministero Giustizia 55/2014 sulla base del valore della domanda effettivamente accolta per la fase decisoria, maggiorata degli acconti versati in corso di causa per le prime tre fasi, per complessivi Euro 19.567,00 per compensi, Euro 1.796,46 per esborsi, il tutto oltre 15 % rimborso forfettario e accessori di legge.
Le spese di CTU precedentemente liquidate, seguono la soccombenza, così come le spese per il CTP documentate per Euro 2.516,80.
La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege.
– P.Q.M. –
Il Tribunale di Pavia, definitivamente pronunciando, così provvede:
– Accerta la responsabilità concorsuale di Ma.Ba. nella causazione del sinistro oggetto di causa, nella quota del 30% e in capo a Re.Ma. del 70%;
– condanna i convenuti in via solidale fra loro a corrispondere agli attori gli importi di Euro 133.696,90 (Euro 66.848,45 in favore di ciascuna) in favore di Cu.Ti. e Ba.Le., nonché di Euro 43.937,20 in favore di Lu.Ba. liquidata in moneta attuale, oltre interessi come indicati in parte motiva;
– condanna i convenuti in via solidale a corrispondere all’attore le spese di lite liquidate in Euro 19.567,00 per compensi, Euro 1.796,46 per esborsi, il tutto oltre 15% rimborso forfettario e accessori di legge;
– Pone definitivamente a carico delle parti convenute le spese di Consulenza tecnica già liquidate con precedente decreto nonché le spese del CTP di parte attrice, per Euro 2.516,80;
– dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.
Così deciso in Pavia, il 20 gennaio 2017.
Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2017.