RIDUZIONE DONAZIONI IN DANARO, EREDI AZIONE
CONTI CORRENTI
DEFUNTO
- E’ noto, quanto alle donazioni di denaro, che è applicabile anche alla riunione fittizia l’art. 751 c.c. relativo alla collazione del denaro (anche se non richiamato dall’art. 556 c.c.) nella parte in cui, in ossequio al principio nominalistico, prevede che la collazione abbia luogo “secondo il valore della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all’epoca dell’aperta successione”.
- E’ altrettanto noto che la giurisprudenza ha sottratto a questa regola l’ipotesi di acquisto di un immobile con danaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intende in tal modo beneficiare: in tal caso la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario e, quindi, integra donazione indiretta del bene stesso e non del danaro, con la conseguenza che si riunisce alla massa il valore del bene al tempo dell’aperta successione, quale oggetto di donazione indiretta, non il valore della somma sborsata dal donante (Cass. n. 9282/1992; n. 5310/1998; n. 13619/2017).
- In relazione a tale fattispecie la Suprema Corte ha chiarito che non è applicabile il principio della quota di legittima in natura (connaturata all’azione nell’ipotesi di donazione ordinaria di immobile ex art. 560 c.c.), poichè l’azione non mette in discussione la titolarità dei beni donati e l’acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell’imputazione (Cass. n. 11496/2010).
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Tanto chiarito sulla natura giuridica della fattispecie, il fatto che il convenuto avesse contemporaneamente parlato di donazione di denaro e di donazione indiretta dell’immobile non introduceva alcun elemento di equivocità, ma poneva solo il problema della disciplina applicabile, che spettava al giudice risolvere, indipendentemente dalle indicazioni di parte (Cass. n. 30607/2018).
L’applicazione del principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, importa la possibilità per il giudice di porre a fondamento della sua decisione le norme e i principi di diritto che ritenga pertinenti, non incontrando vincoli nelle indicazioni di parte (Cass. n. 8645/2018), che non sono neanche necessarie (Cass. n. 777/1987).
Analogamente nessuno equivoco poteva ravvisarsi nel fatto che il convenuto avesse invocato, con riferimento alla donazione che assumeva elargita dal de cuius in favore della sorella, contemporaneamente la collazione e l’imputazione ex se.
Ex art. 564 c.c., comma 2, il legittimario, il quale sia donatario o legatario, qualora assuma di essere stato leso nella legittima e pretenda la riduzione di donazioni fatte ad altri, coeredi o estranei, deve imputare nella sua quota legittima le donazioni e i legati che abbia ricevuto dal defunto.
- L’onere di imputazione importa che le disposizioni in favore degli altri saranno lesive e quindi riducibili in quanto intacchino non già la legittima che sarebbe spettata al legittimario, ma il valore costituente la differenza fra il valore della legittima e quello delle liberalità. Quando il legittimario abbia ricevuto, in donazione o legato, un valore superiore, o pari, al valore della quota legittima, l’onere di imputazione esclude qualsiasi ulteriore prelievo (Cass. n. 3013/2006; n. 1971/1964).
- Ciò posto è certo che l’istituto dell’imputazione differisce dalla collazione sotto molteplici profili, che non è qui il caso di ripercorrere. Tuttavia, pur nella indubbia diversità di natura e presupposti collazione e imputazione ex se condividono la finalità di circoscrivere i diritti del donatario in funzione delle donazioni ricevute. Nella collazione si tiene conto della donazione ai fini della formazione della parti nella divisione ereditaria, con la imputazione ex se il conteggio della donazione serve a far rispettare le liberalità fatte dal defunto e restringere l’esercizio della riduzione nei limiti del necessario.
- In presenza di un convenuto con l’azione di riduzione, il quale deduca che l’attore ha a sua volta ricevuto una liberalità, è chiaro che la finalità della deduzione è quello di difesa rispetto alla riduzione richiesta da controparte, secondo la logica dell’imputazione ex se; ed è altrettanto chiaro che il giudice di merito non può ignorare la eccezione solo perchè, invece della imputazione ex se, il convenuto abbia chiesto la collazione della donazione.
- E’ stato già chiarito che la qualificazione giuridica appropriata compete al giudice, che non è vincolato dalla qualificazione di parte.
- Pertanto la sentenza va sul punto cassata e la corte di merito dovrà vagliare la prova offerta dal convenuto ai fini della dimostrazione della donazione.
- Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 556,747 e 759 c.c.
- La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte ha ritenuto che l’attrice avesse sufficientemente identificato l’asse da considerare ai fini dell’esercizio dell’azione di riduzione, benchè essa, nel richiedere l’integrazione della legittima, non avesse indicato tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius.
- Il ricorrente ipotizza che la corte di merito sia stata ispirata dall’idea che la determinazione dell’asse di riferimento per il calcolo della quota di riserva debba avvenire sulle sole donazioni oggetto della domanda di riduzione.
- Al contrario l’art. 556 c.c. impone di conteggiare tutte le donazioni effettuate in vita da de cuius.
- Si ricorda che l’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario, nè dal lato attivo, nè dal lato passivo (Cass. n. 8529/1996; n. 2174/1998 n. 2714/2005; 27770/2011).
- L’azione può quindi essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario e spiegare effetto solamente nei suoi confronti in caso di accoglimento (Cass. n. 2006/1967). Ma appunto l’azione, esperita contro solo alcuni dei potenziali legittimati passivi, va mantenuta nei limiti in cui i convenuti siano tenuti a contribuire all’integrazione della legittima, secondo i principi stabiliti negli artt. 558-559 c.c.
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Le norme sul modo di integrazioni della legittima e sull’ordine di riduzioni delle disposizioni lesive sono certamente inderogabili (Cass. n. 4721/2016), ma la inderogabilità va intesa nel senso che il legittimario non può far ricadere il peso della riduzione in modo difforme da quanto dispongono gli artt. 555,558 e 559 c.c.
Il legittimario che non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive non potrà recuperare, a scapito degli altri, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia potuto o voluto convenire in riduzione. Analogamente, se abbia proposto l’azione contro un donatario anteriore, la misura della riduzione si determina comunque al netto di quanto il legittimario avrebbe potuto recuperare dal donatario posteriore.
Consegue da tali considerazioni che l’azione proposta contro il donatario anteriore non è in quanta tale inammissibile, ma si tratterà di stabilire, in esito al calcolo generale della legittima imposto dall’art. 556 c.c., la misura della lesione eventualmente imputabile a questa in modo da contenere la riduzione nei limiti imposti dalla regola della riduzione cronologica stabilita dall’art. 559 c.c.