RICETTAZIONE ? ACQUISTO PER SE DI ANABOLIZZANTI
Secondo un primo orientamento, il dolo specifico del fine di profitto, ex art. 648 c.p., per integrare la condotta di reato, non può consistere in una mera utilità negativa, che si verifica ogni volta in cui l’agente agisca allo scopo di commettere un’azione in danno esclusivamente di se stesso, sia pure perseguendo un’utilità meramente immaginaria o fantastica (Cass. pen. 843/2013 e Cass. pen. 28410/2013).
Tale impostazione non è ritenuta corretta dagli ermellini, secondo i quali la ratio della ricettazione consiste, sostanzialmente, nell’intento di bloccare a valle la circolazione di beni che siano provento di reato, come dimostrato dal fatto che spesso il ricettatore è punito più gravemente di chi abbia commesso il reato presupposto.
La giurisprudenza ritiene che incorra nel reato di ricettazione chi fa acquisto per se di anabolizzanti anche per uso personale consapevole
Quanto al profilo dell’elemento soggettivo, la formula della norma non determina dubbi sul fatto che non sia richiesto, a differenza delle ipotesi di cui al primo ed al secondo comma, il dolo specifico (cass 2640 del 2017):
La giurisprudenza della Suprema Corte ha già avuto modo di rilevare sia l’autonomia dell’ipotesi di reato di cui alla L. n. 376 del 2000, art. 9, comma 7, sia la sua natura di reato di pericolo che non necessita di dolo specifico, come emerge dallo stesso dettato del comma, che non fa menzione di un fine di alterazione dei risultati agonistici, limitandosi a sanzionare il commercio di determinate sostanze ‘attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente’. In particolare nelle sentenze n. 17322 del 2003 Rv. 224957 e n. 46246 del 2013 Rv. 257857, condivise da questo Collegio, è stato osservato:
‘Quanto al profilo dell’elemento soggettivo, la formula della norma non determina dubbi sul fatto che non sia richiesto, a differenza delle ipotesi di cui al primo ed al secondo comma, il dolo specifico.
Non è operazione ermeneutica corretta e conforme al principio di legalità, la individuazione degli elementi costitutivi di una fattispecie penale mediante il ricorso alla ratio della legge prescindendo dal suo testo.
Dal significato o delle parole usate e dalla connessione di esse risulta che la norma non richiede per la configurazione del delitto di commercio di tali sostanze il dolo specifico che è, invece, richiesto per i delitti previsti nei commi 1 e 2 dello stesso art. 9. Nel diritto penale sostanziale, più che in ogni altro settore, va applicata la regola, generale del ubi voluit dixit e ubi tacuit, noluit, e, dunque, il dato letterale è decisivo ai fini della corretta applicazione della norma penale.
Del resto, appare evidente che la ratio legis risponde all’esigenza di sanzionare il commercio clandestino di ‘… sostanze biologicamente o farmacologicamente attive…’ ricomprese nelle classi di farmaci il cui uso è considerato doping, indipendentemente dal fine specifico del soggetto agente.
In altri termini, il commercio delle predette sostanze è, comunque, vietato attraverso canali diversi dalle farmacie e da altri dispensari autorizzati, allo scopo di evitare che esse siano messe in circolazione, al di fuori delle rigorose prescrizioni stabilite nell’art. 7 della stessa legge e di prevenire, in tal modo, il pericolo che possano essere usate, somministrate e procurate ad altri come farmaci dopanti. Si tratta, dunque, di reato di pericolo, nel senso che la norma è diretta a prevenire il pericolo che la condotta delittuosa di commercio clandestino di farmaci anabolizzanti possa determinare per la tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping’.
Deve preliminarmente rilevarsi che il dolo specifico e ciò che distingue la ricettazione dal favoreggiamento reale, sussiste infatti favoreggiamento reale qualora l’agente riceva cose provenienti dal reato in modo disinteressato, solo per giovare all’autore del delitto presupposto e che il legislatore, diversamente da altre fattispecie di reato (rapina, sequestro di persona, appropriazione indebita) non qualifica il profitto perseguito dall’agente come ingiusto.
La giurisprudenza della Suprema Corte ha in più occasioni affermato che, ai fini della configurabilità del dolo specifico del reato di ricettazione, non è necessaria l’ingiustizia del profitto (in tal senso, cfr. Sez. 1, n. 6695 del 1979, Rv. 142633, Sez. 2, n. 17718 del 2011 Rv. 250156 e da ultimo Sez. III n. 21596 del 2016 Rv 267165). Così come nella lettura comunemente accettata ed in linea con la definizione di questo elemento negli altri illeciti patrimoniali, il concetto di profitto viene inteso come qualunque vantaggio, utilità, non necessariamente materiale o di carattere economico, derivante dalla cosa.
La Cassazione ha in più occasione affermato (Cass 1987 Rv. 122111; 1987 Rv. 17639; 1993 Rv. 195331; si veda anche giurisprudenza in materia di ricettazione di arma clandestina) che la ricettazione è configurabile anche quando abbia ad oggetto cose provenienti da un delitto che non sia contro il patrimonio, perché anche in tal caso, dall’acquisizione di beni di provenienza illegittima, che il legislatore ha inteso scoraggiare e punire, deriva un incremento patrimoniale.
La norma incriminatrice d’altra parte
indica come caratteristica della res la provenienza da ‘qualsiasi’ delitto, dovendosi peraltro intendere il concetto di ‘provenienza’ nel suo ampio senso proprio, che comprende qualsiasi forma di derivazione della cosa da una condotta illecita della quale può dunque costituire tanto il ‘profitto’ che il ‘prodotto’ (cioè il materiale risultato della trasformazione vietata). In sintesi l’interesse tutelato dall’articolo 648 attraverso l’incriminazione delle condotte che comportano la circolazione di cose provenienti da delitto, è inteso sia in via immediata ad evitare che una qualsiasi attività delittuosa diventi fonte di successivi vantaggi, sia in via mediata a limitare all’origine la spinta al compimento dei reati.
È evidente quindi che l’acquisto consapevole di beni provenienti da delitto (nel caso in esame sostanze dopanti attraverso canali diversi dalle farmacie e dai dispensari autorizzati) effettuato con il fine specifico, non disconosciuto, di procurarsi il vantaggio di un miglioramento del proprio aspetto estetico realizza il reato di ricettazione nelle sue componenti: oggettiva e soggettiva. (in tal senso si è espressa anche Cass. Sez. II n. 15680 del 2016 Rv. 266516).