PROMOTORE FINANZIARIO AVVOCATO CONSOB RESPONSABILITA’ ESPERTO
Poichè, com’è noto, secondo il pensiero di questa Corte, il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., Sez. I, 18/06/2018, n. 16057), va da sè che, alla luce delle riportate motivazioni, nella specie il vizio denunciato non sussiste.
2.5. Inammissibile, quando non smentito alla radice dalle osservazioni operate in premessa, è per contro il secondo motivo, le allegazioni con esso operate dalla banca non costituendo “fatto” nell’accezione accolta dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e l’omesso esame di elementi istruttori non integrando, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054).
- Anche il terzo motivo di ricorso – con cui Fideuram si duole che il giudice d’appello, passati in rassegna i documenti da essa prodotti a tale fine, abbia ritenuto che “nessuna specifica informazione in ordine alle operazioni finanziarie poste in essere dal G. emerge dalla documentazione prodotta dalla banca, nè può essere attribuito a tal fine valore probatorio all’affermazione del cliente di aver ricevuto le informazioni necessarie” – è fulminato precocemente di inammissibilità, postulandosi per suo tramite una revisione del giudizio fattuale esperito dal giudice di merito e dell’apprezzamento in quella sede dal medesimo operato delle prove versate in causa dalle parti, compiti notoriamente estranei all’ufficio ordinamentale di questa Corte.
4.1. Privo di fondamento è poi il quarto motivo di ricorso, deducente la violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, per “omessa e/o apparente e/o incomprensibile motivazione” avendo la sentenza impugnata rigettato il proposto motivo di gravame in punto di autorizzazione delle operazioni di investimento, malgrado la CTU avesse accertato l’autenticità delle sottoscrizioni all’uopo apposte dal G..
4.2. Osservato che riguardo a detta lagnanza la Corte d’Appello si è data cura di chiarire che la frase a mezzo della quale il giudice di primo grado ha inteso rilevare nella specie il difetto di autorizzazione del G. alle singole operazioni di investimento “va inserita nel generale contesto della motivazione e deve quindi essere intesa nel senso che le operazioni non sono state autorizzate dall’attore nella piena consapevolezza della portata della stesse, consapevolezza che solo poteva sorgere da adeguate informazioni fornite dalla società di intermediazione”, ne discende la palmare infondatezza di essa una volta ricordato il già visto insegnamento di questa Corte circa la ricorrenza in concreto del vizio denunciato, giacchè se esso, come detto, si rende ravvisabile quando siano taciuti gli elementi da cui il giudice abbia tratto il proprio convincimento o questi siano illustrati in modo non idoneo a consentire il controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento, i rilievi qui sviluppati dal decidente d’appello a supporto del proprio convincimento offrono piena e puntuale rappresentazione delle ragioni della decisione e della sostanziale correttezza del processo deliberativo.
5.1. Fondato, viceversa, deve stimarsi il quinto motivo di ricorso, come il precedente denunciante la violazione degli art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, per “omessa e/o apparente e/o incomprensibile motivazione” avendo la sentenza impugnata rigettato, senza fornire “alcuna reale motivazione”, il proposto motivo di gravame in punto di riconoscimento del maggior danno da svalutazione monetaria, liquidato non sulla differenza tra la somma versata dal cliente e quella riscossa alla cessazione del rapporto, ma sulle somme di volta in volta versate durante tutta la durata del rapporto.
5.2. Il giudizio al riguardo stilato dal decidente (“è evidente, soprattutto dalla lettura del dispositivo che il tribunale abbia voluto riconoscere in favore del G. il risarcimento del danno rappresentato dalla perdita della naturale redditività del denaro, danno che è stato quantificato nella misura della rivalutazione monetaria sulle somme via via versate nel corso del rapporto”) non offre invero lucida contezza, a fronte del motivo di gravame tutt’altro che generico laddove era inteso ad evidenziare l’effetto distorsivo nella dinamica risarcitoria del criterio enunciato dal Tribunale, capace di far lievitare il relativo “costo” ad una cifra equivalente a quella del complessivo conferimento – delle ragioni che lo hanno indotto a confermare, pur dando atto che sul punto la sentenza di primo grado fosse “scarsamente motivata”, l’assunto declinato dal primo giudice, credendo di poter liquidare sotto la pretesa egida di un ragionamento a sfondo puramente ipotetico la quaestio iuris su cui, censurando il criterio tribunalizio, l’appellante aveva reclamato giustizia. Onde per questo profilo la sentenza impugnata merita di essere cassata.
6.1. Il sesto motivo di ricorso – con cui la banca, contestando il deliberato d’appello in punto al decretato rigetto della chiamata a manleva del S., assume il difetto del nesso di causalità tra i fatti posti in essere dal medesimo in danno del G. e la propria condotta omissiva, ancorchè i primi risalissero al periodo 1995-1998, mentre la seconda, a prestar fede alle dichiarazioni dei testi, sarebbe maturata tra il 2002 ed il 2003 – introduce nel giudizio un questione non oggetto di vaglio nei precedenti gradi di merito e, quindi, sconta la doverosa sanzione dell’inammissibilità, discendente dal principio che “non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito” (Cass., Sez. I, 25/10/2017 n. 25319), in quanto il giudizio di cassazione “ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte” (Cass., Sez. I, 26/03/2012, n. 4787).
Cassazione civile sez. I, 08/05/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 08/05/2019), n.12050
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- Banca Fideuram ricorre a questa Corte onde sentir cassare sulla base di sette motivi di ricorso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Ancona, rigettandone l’appello avverso la decisione di primo grado, ha confermato la condanna della stessa a risarcire il danno arrecato a G.S. in relazione alle operazioni di intermediazione finanziaria poste in essere da questo per il tramite del promotore finanziario di S.S. ed ha nuovamente rigettato la domanda della stessa Fideuram di vedersi malevata dal S. degli effetti della condanna in favore del G..
Al proposto ricorso, illustrato pure con memoria, replica il G. con controricorso, mentre il S. deposita controricorso e con ricorso incidentale condizionato, resiste, per l’ipotesi del suo accoglimento, alla domanda di Fideuram, che a sua volta replica con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo di ricorso Fideuram censura il capo dell’impugnata decisione che ne ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di appello – con cui essa ricorrente aveva lamentato che il Tribunale avesse omesso di statuire in ordine al proprio difetto di legittimazione passiva – assumendone la contrarietà all’art. 111 Cost. e all’art. 132 c.p.c., n. 4, la predetta declaratoria essendo stata infatti formalizzata a mezzo di una motivazione “solamente apparente”, le cui argomentazioni, riflettenti quelle impiegate dalla decisione di primo grado, “sono del tutto slegate dal contesto dell’eccezione di cui si discute”.
2.2. Sempre il medesimo capo della sentenza impugnata è fatto oggetto di censura, con il secondo motivo di ricorso, anche sotto l’aspetto motivazionale, avendo la Corte d’Appello omesso di considerare a riprova dell’eccepito difetto di legittimazione incorrendo in tal modo nel vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la lettera di conferimento dell’incarico di gestione del portafoglio, nonchè le condizioni generali di contratto che individuavano in Fideuram Gestioni Patrimoniali Sim s.p.a. “l’effettiva controparte contrattuale”.
2.3. A fronte di queste e delle ulteriori doglianze che la banca ha condensato nei successivi motivi di ricorso non è forse inutile rammentare inizialmente che tanto il Tribunale che la Corte d’Appello hanno inteso ravvisare la responsabilità negoziale dell’intermediario in ragione della violazione da parte sua degli obblighi nascenti dal rapporto di intermediazione intercorso con il G., e ciò sia per la condotta del promotore finaziario S., che ne aveva raccolto l’iniziale adesione alla sottoscrizione delle quote del fondo di investimento denominato Fonditalia ed aveva dato seguito agli ulteriori ordini di investimento, sia per il contegno della banca che aveva tollerato la condotta infedele del promotore, consistente segnatamente nella falsa rendicontazione degli investimenti, quantunque più volte informata dai clienti che ne avevano patite le conseguenze.
2.4. Ferma questa premessa, va detto che il primo motivo – quando in nome del principio di effettività della tutela giurisdizionale se ne possa ritenere colmato il difetto di autosufficienza per effetto della capitolazione che della doglianza dell’appello ha compiuto il controricorrente G. – non ha nessun fondamento.
La Corte d’Appello, in chiosa alla dichiarata inammissibilità del motivo di gravame proposto avanti a sè, ha infatti ritenuto di rafforzare il proprio deliberato considerando in particolare “che emerge dalla stessa documentazione prodotta dalla società appellante che i moduli relativi all’apertura del conto corrente erano diretti alla Banca Fideuram s.p.a. così come il conferimento dell’incarico di negoziazione dei valori mobiliari, la lettera di mandato per la sottoscrizione di quote (OMISSIS), la distinta di versamento, la scheda di censimento anagrafico, il modello relativo ai versamenti aggiuntivi nel fondo (OMISSIS), documenti questi che sono tutti attinenti alla diretta gestione del rapporto da parte della banca appellante. Addirittura nella informativa prevista dalla Delib. Consob n. 10629 del 1997… veniva specificato che S.S. si presentava quale promotore finanziario per conto di Banca Fideuram s.p.a.; è quindi difficile sostenere che in realtà l’attività di promotore finanziario non era in alcun modo inserita nella struttura operativa della banca stessa”.
Poichè, com’è noto, secondo il pensiero di questa Corte, il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., Sez. I, 18/06/2018, n. 16057), va da sè che, alla luce delle riportate motivazioni, nella specie il vizio denunciato non sussiste.
2.5. Inammissibile, quando non smentito alla radice dalle osservazioni operate in premessa, è per contro il secondo motivo, le allegazioni con esso operate dalla banca non costituendo “fatto” nell’accezione accolta dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e l’omesso esame di elementi istruttori non integrando, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054).
- Anche il terzo motivo di ricorso – con cui Fideuram si duole che il giudice d’appello, passati in rassegna i documenti da essa prodotti a tale fine, abbia ritenuto che “nessuna specifica informazione in ordine alle operazioni finanziarie poste in essere dal G. emerge dalla documentazione prodotta dalla banca, nè può essere attribuito a tal fine valore probatorio all’affermazione del cliente di aver ricevuto le informazioni necessarie” – è fulminato precocemente di inammissibilità, postulandosi per suo tramite una revisione del giudizio fattuale esperito dal giudice di merito e dell’apprezzamento in quella sede dal medesimo operato delle prove versate in causa dalle parti, compiti notoriamente estranei all’ufficio ordinamentale di questa Corte.
4.1. Privo di fondamento è poi il quarto motivo di ricorso, deducente la violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, per “omessa e/o apparente e/o incomprensibile motivazione” avendo la sentenza impugnata rigettato il proposto motivo di gravame in punto di autorizzazione delle operazioni di investimento, malgrado la CTU avesse accertato l’autenticità delle sottoscrizioni all’uopo apposte dal G..
4.2. Osservato che riguardo a detta lagnanza la Corte d’Appello si è data cura di chiarire che la frase a mezzo della quale il giudice di primo grado ha inteso rilevare nella specie il difetto di autorizzazione del G. alle singole operazioni di investimento “va inserita nel generale contesto della motivazione e deve quindi essere intesa nel senso che le operazioni non sono state autorizzate dall’attore nella piena consapevolezza della portata della stesse, consapevolezza che solo poteva sorgere da adeguate informazioni fornite dalla società di intermediazione”, ne discende la palmare infondatezza di essa una volta ricordato il già visto insegnamento di questa Corte circa la ricorrenza in concreto del vizio denunciato, giacchè se esso, come detto, si rende ravvisabile quando siano taciuti gli elementi da cui il giudice abbia tratto il proprio convincimento o questi siano illustrati in modo non idoneo a consentire il controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento, i rilievi qui sviluppati dal decidente d’appello a supporto del proprio convincimento offrono piena e puntuale rappresentazione delle ragioni della decisione e della sostanziale correttezza del processo deliberativo.
5.1. Fondato, viceversa, deve stimarsi il quinto motivo di ricorso, come il precedente denunciante la violazione degli art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, per “omessa e/o apparente e/o incomprensibile motivazione” avendo la sentenza impugnata rigettato, senza fornire “alcuna reale motivazione”, il proposto motivo di gravame in punto di riconoscimento del maggior danno da svalutazione monetaria, liquidato non sulla differenza tra la somma versata dal cliente e quella riscossa alla cessazione del rapporto, ma sulle somme di volta in volta versate durante tutta la durata del rapporto.
5.2. Il giudizio al riguardo stilato dal decidente (“è evidente, soprattutto dalla lettura del dispositivo che il tribunale abbia voluto riconoscere in favore del G. il risarcimento del danno rappresentato dalla perdita della naturale redditività del denaro, danno che è stato quantificato nella misura della rivalutazione monetaria sulle somme via via versate nel corso del rapporto”) non offre invero lucida contezza, a fronte del motivo di gravame tutt’altro che generico laddove era inteso ad evidenziare l’effetto distorsivo nella dinamica risarcitoria del criterio enunciato dal Tribunale, capace di far lievitare il relativo “costo” ad una cifra equivalente a quella del complessivo conferimento – delle ragioni che lo hanno indotto a confermare, pur dando atto che sul punto la sentenza di primo grado fosse “scarsamente motivata”, l’assunto declinato dal primo giudice, credendo di poter liquidare sotto la pretesa egida di un ragionamento a sfondo puramente ipotetico la quaestio iuris su cui, censurando il criterio tribunalizio, l’appellante aveva reclamato giustizia. Onde per questo profilo la sentenza impugnata merita di essere cassata.
6.1. Il sesto motivo di ricorso – con cui la banca, contestando il deliberato d’appello in punto al decretato rigetto della chiamata a manleva del S., assume il difetto del nesso di causalità tra i fatti posti in essere dal medesimo in danno del G. e la propria condotta omissiva, ancorchè i primi risalissero al periodo 1995-1998, mentre la seconda, a prestar fede alle dichiarazioni dei testi, sarebbe maturata tra il 2002 ed il 2003 – introduce nel giudizio un questione non oggetto di vaglio nei precedenti gradi di merito e, quindi, sconta la doverosa sanzione dell’inammissibilità, discendente dal principio che “non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito” (Cass., Sez. I, 25/10/2017 n. 25319), in quanto il giudizio di cassazione “ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte” (Cass., Sez. I, 26/03/2012, n. 4787).
6.2. Ancorchè debba pure osservarsi che, in ragione della rilevata novità della questione, il motivo risulta anche privo di autosufficienza dal momento che la parte non ne riproduce il tenore nè indica il luogo processuale in cui ne sia avvenuta la deduzione (Cass., Sez. I, 18/10/2013, n. 23675), non rende inoperante la preclusione qui rilevata il fatto che la banca, come riferisce la sentenza impugnata, nella pregressa fase di merito avesse rivendicato la propria totale estraneità alle condotte illecite realizzate del S.. Ed invero l’obiezione così sollevata era intesa ad escludere la sussistenza in capo alla deducente non solo di una responsabilità solidale con il S. – e qui la sentenza impugnata diligentemente annota che “la banca appellante non ha esercitato azione di regresso nei confronti di un debitore solidale ex art. 2055 c.c.” – ma la sussistenza di ogni e qualsivoglia altra responsabilità rispetto all’operato del medesimo, posto che questo avrebbe agito in modo del tutto autonomo. E’ allora evidente che, allorchè la banca si duole, come fa ora, del fatto che la propria responsabilità sarebbe stata affermata in spregio ad ogni vincolo di causalità, e per di più lo faccia allegando l’inconciliabilità temporale tra i fatti commessi dal S. e la propria condotta omissiva, la prospettazione iniziale viene ad essere arricchita di un nuovo tema decisionale, dato che non si tratterà più di stabilire se il S. abbia agito all’insaputa del suo preponente, tanto che, in disparte dalla sua sostenibilità in diritto, si possa poi sostenere che ogni conseguenza illecita debba ricadere sul medesimo e non sulla banca estranea al suo operato; ma si tratterà, in tutt’altra cornice, che non nega che la banca debba rispondere per culpa in vigilando dell’operato del proprio collaboratore, di indagare se, rispetto agli illeciti perpetrati dal S. in danno dei propri clienti e, segnatamente, del G., la condotta omissiva della banca costituisca un antecedente causale in difetto del quale l’evento lesivo non si sarebbe realizzato. E dunque evidente, per gli effetti preclusivi che ne derivano alla sua disamina in questa sede, la novità della questione così introdotta.
7.1. Privo di fondatezza è il settimo motivo di ricorso che argomenta la violazione dell’art. 92 c.p.c. perchè la Corte decidente, “nonostante il sostanziale rigetto” delle domande del G., non aveva proceduto a compensare le spese di lite tra la banca ed il G..
7.2. Va qui ribadito, di contro al preteso errore in cui sarebbe in tal modo incorso il giudice territoriale, il convincimento più volte esternato da questa Corte secondo cui “in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (Cass., Sez. VI-I, 17/10/2017, n. 24502).
- Il ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del sesto motivo del ricorso principale resta assorbito dall’inammissibilità dichiarata riguardo ad esso.
- Va conclusivamente accolto il quinto motivo del ricorso principale e la causa, cassata l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto, va rinviata al giudice a quo per il necessario prosieguo.
PQM
P.Q.M.
Accoglie il quinto motivo del ricorso principale, dichiara infondati il primo, il quarto ed il settimo motivo, inammissibili il secondo, il terzo ed il sesto motivo del medesimo ricorso ed assorbito il ricorso incidentale condizionato; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Ancona che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019