PRINCIPATO MONACO REDDITI PERCEPITI
AVVOCATO ESPERTO RAPPORTI LEGISLAZIONE PRINCIPATO MONACO -ITALIA
Avvocato Esperto in Leggi Italiane nel Principato di Monaco
Il Principato di Monaco è una piccola nazione situata sulla costa mediterranea, nota per la sua eleganza, la sua ricchezza e la sua posizione privilegiata. Monaco attira persone da tutto il mondo per una serie di motivi, tra cui il suo clima mite, la sua vita notturna, le sue opportunità finanziarie e il suo sistema legale. In particolare, per coloro che hanno affari o interessi legali in Italia, l’expertise di un avvocato esperto nelle leggi italiane nel Principato di Monaco può essere di vitale importanza.
Nel corso di questo lungo articolo, esploreremo il ruolo e l’importanza di un avvocato esperto in leggi italiane a Monaco, il sistema legale monegasco, le sfide e le opportunità che possono sorgere, e come un avvocato specializzato può aiutare a navigare in questo complesso ambiente legale.
Il Principato di Monaco: Una Breve Panoramica
Monaco è uno stato sovrano di soli 2 chilometri quadrati che si trova sulla costa mediterranea tra la Francia e l’Italia. Questo piccolo principato è noto per la sua bellezza, il suo lusso e la sua ricchezza, e attrae visitatori e residenti da tutto il mondo. Monaco è famosa per il suo clima mite, la sua scena culturale vivace e le sue opportunità finanziarie.
Il sistema legale di Monaco è fortemente influenzato dal diritto francese, ma a causa della sua vicinanza all’Italia e delle numerose relazioni economiche tra i due paesi, le leggi italiane giocano un ruolo significativo nella vita commerciale e legale del Principato.
Ruolo di un Avvocato Esperto in Leggi Italiane a Monaco
Un avvocato esperto in leggi italiane a Monaco svolge un ruolo cruciale per chiunque abbia interessi legali in Italia e nel Principato. Questi professionisti sono altamente specializzati nell’ambito del diritto italiano e conoscono a fondo il sistema legale di Monaco. Ecco alcune delle principali funzioni che svolgono:
- Consulenza legale: Un avvocato esperto in leggi italiane può fornire consulenza legale ai clienti che desiderano intraprendere attività commerciali o affrontare questioni legali che coinvolgono sia l’Italia che Monaco. Possono spiegare le leggi italiane rilevanti e come si applicano nel contesto monegasco.
- Assistenza nella creazione di società: Monaco è un importante centro finanziario e un luogo attraente per le imprese. Un avvocato esperto può aiutare nella costituzione di società in conformità con le leggi italiane e monegasche, garantendo la conformità normativa.
- Risoluzione delle controversie: Quando sorgono controversie legali che coinvolgono parti italiane o interessi in Italia, un avvocato esperto può rappresentare i clienti nei procedimenti giudiziari a Monaco o in Italia. Questo è particolarmente importante dato che i sistemi giuridici possono variare notevolmente da un paese all’altro.
- Pianificazione fiscale: L’aspetto fiscale è cruciale quando si tratta di affari internazionali. Un avvocato esperto può aiutare i clienti a pianificare la loro situazione fiscale in modo efficiente, tenendo conto delle leggi italiane e monegasche.
- Successioni e pianificazione patrimoniale: Per coloro che hanno legami familiari o patrimoniali in Italia, l’assistenza di un avvocato esperto è fondamentale nella pianificazione delle successioni e nella protezione del patrimonio.
- Conformità legale: I professionisti esperti si assicurano che i clienti rispettino tutte le leggi e i regolamenti applicabili sia in Italia che a Monaco. Questo è particolarmente importante nelle transazioni commerciali e nelle operazioni finanziarie.
- Rappresentanza in negoziati e transazioni: Gli avvocati possono rappresentare i clienti in trattative commerciali e transazioni per garantire che gli accordi siano validi e rispettino le leggi di entrambi i paesi.
Il Sistema Legale Monegasco
Il sistema legale di Monaco è basato in gran parte sul diritto francese, ma presenta alcune specificità legate alla sua posizione e alla sua storia. Ecco alcune caratteristiche chiave del sistema legale monegasco:
- Indipendenza giudiziaria: Monaco ha un sistema giudiziario indipendente con una Corte Suprema come massimo organo giudiziario. Le sentenze monegasche sono eseguite senza interferenze esterne.
- Leggi e regolamenti: Monaco ha un codice civile e un codice penale che sono stati influenzati dal diritto francese ma adattati alle esigenze del Principato. Questi codici costituiscono il fondamento del sistema legale monegasco.
- Tribunali: Monaco ha una serie di tribunali specializzati che trattano diverse questioni legali, tra cui il Tribunale Civile, il Tribunale Penale e il Tribunale di Famiglia. Ogni tribunale ha giurisdizione su specifiche questioni legali.
- Leggi italiane a Monaco: A causa della vicinanza geografica e delle relazioni commerciali tra Monaco e l’Italia, le leggi italiane sono spesso rilevanti e possono influenzare i casi legali nel Principato.
- Sistema di appello: Le decisioni dei tribunali monegaschi possono essere oggetto di appello presso la Corte Suprema. L’assistenza di un avvocato esperto è fondamentale in questa fase.
Sfide e Opportunità
Affrontare questioni legali che coinvolgono entrambi i paesi, Italia e Monaco, può comportare sfide uniche. Alcune delle sfide comuni includono:
- Differenze nel sistema legale: Anche se il sistema legale monegasco è fortemente influenzato dal diritto francese, ci sono ancora notevoli differenze tra il sistema legale italiano e monegasco. Un avvocato esperto può aiutare a navigare in queste differenze.
- Lingua: La lingua ufficiale di Monaco è il francese, mentre in Italia è l’italiano. La lingua può essere una barriera, e avere un avvocato esperto che parla entrambe le lingue può semplificare la comunicazione e la comprensione.
- Conformità fiscale: La pianificazione fiscale in un contesto internazionale può essere complessa. L’assicurarsi di rispettare tutte le leggi fiscali sia in Italia che a Monaco è cruciale per evitare problemi legali e finanziari.
- Comprensione delle leggi italiane: La conoscenza approfondita del sistema legale italiano è essenziale per affrontare questioni legali che coinvolgono l’Italia. Un avvocato esperto in leggi italiane può essere un prezioso alleato in questo senso.
D’altra parte, ci sono anche molte opportunità per coloro che investono o fanno affari in entrambi i paesi. Monaco offre un ambiente favorevole agli affari, ed è un centro finanziario internazionale di prima classe. La sua posizione geografica è strategica, con un facile accesso all’Italia e ad altri mercati europei. Con la giusta assistenza legale, è possibile sfruttare queste opportunità in modo efficiente.
Conclusioni
In un mondo sempre più globalizzato, le questioni legali che coinvolgono più paesi sono diventate sempre più comuni. Monaco, con le sue forti relazioni con l’Italia e il suo ambiente legale basato sul diritto francese, è un luogo chiave in cui queste questioni possono emergere. Per affrontare tali sfide e opportunità, un avvocato esperto in leggi italiane a Monaco è un alleato indispensabile.
Questi professionisti sono in grado di offrire consulenza legale, assistenza nella creazione di società, rappresentanza legale, pianificazione fiscale e molto altro, garantendo che i clienti siano in regola con le leggi di entrambi i paesi. Con la giusta assistenza legale, è possibile navigare con successo in questo complesso ambiente legale e sfruttare appieno le opportunità che Monaco ha da offrire.
il giudice di appello sarebbe incorso nel vizio di omessa motivazione, o motivazione apparente, non avendo esplicitato gli elementi da cui ha tratto il convincimento che il contribuente, a seguito del rogito notarile, avrebbe ricevuto, con due successivi bonifici, gli importi relativi alla vendita dell’immobile, nonostante tale circostanza fosse stata oggetto di specifiche contestazioni da parte dell’ufficio.
Corte di Cassazione|Sezione TRI|Civile|Ordinanza|22 giugno 2021| n. 17748 Data udienza 15 aprile 2021 Integrale Tributi – Avviso di accertamento sintetico – Irpef – Reddito – Residenza fiscale – Mero dato formale dell’iscrizione all’anagrafe estera – Insufficienza – Centro dei propri interessi in Italia – Necessità
- : L’Agenzia delle Entrate ricorre con sette motivi contro (OMISSIS) per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 398/31/14, pronunciata in data 14 novembre 2013, depositata in data 3 marzo 2014 e non notificata, che ha accolto l’appello del contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento sintetico del reddito ai fini Irpef per l’anno 2004. Con avviso di accertamento n. (OMISSIS), l’ufficio di Bra dell’Agenzia delle Entrate accertava, ai sensi e peri gli effetti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, commi 4, 5 e 6 (in ragione dell’omessa presentazione della dichiarazione annuale), un reddito non dichiarato da parte del Sig. (OMISSIS), per l’anno 2004, pari ad Euro 255.453,00,
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIRILLO Ettore – Presidente Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere Dott. MAISANO Giulio – Consigliere ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso n. 23128/2014 R.G proposto da: Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, e’ domiciliata; – ricorrente – contro (OMISSIS); – intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 398/31/14, pronunciata in data 14 novembre 2013, depositata in data 3 marzo 2014 e non notificata. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2021 dal consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina. RILEVATO CHE: L’Agenzia delle Entrate ricorre con sette motivi contro (OMISSIS) per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 398/31/14, pronunciata in data 14 novembre 2013, depositata in data 3 marzo 2014 e non notificata, che ha accolto l’appello del contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento sintetico del reddito ai fini Irpef per l’anno 2004. Con avviso di accertamento n. (OMISSIS), l’ufficio di Bra dell’Agenzia delle Entrate accertava, ai sensi e peri gli effetti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, commi 4, 5 e 6 (in ragione dell’omessa presentazione della dichiarazione annuale), un reddito non dichiarato da parte del Sig. (OMISSIS), per l’anno 2004, pari ad Euro 255.453,00, con una conseguente evasione d’imposta pari ad Euro 106.666,00, oltre sanzioni ed interessi. In particolare, l’Ufficio evidenziava: a) di aver inviato al contribuente (formalmente residente nel Principato di Monaco) l’invito n. (OMISSIS), con il quale gli veniva richiesto di fornire chiarimenti in relazione ai redditi percepiti nell’anno 2004; b) che, successivamente alla notifica del predetto invito (rimasto senza riscontro), si era proceduto alla raccolta di informazioni inerenti la situazione economica e patrimoniale del contribuente e del suo nucleo familiare; e) che, in base agli elementi raccolti, era emerso che il coniuge (Sig.ra (OMISSIS)) ed i figli del contribuente erano residenti in Italia; negli anni 2003 e 2004 il contribuente aveva stipulato un contratto di locazione relativo ad un immobile ubicato in Italia; nel periodo 2003/2008 il (OMISSIS) aveva intrattenuto diversi rapporti con istituti di credito in Italia (stipulando numerosi mutui) e con compagnie assicurative (mediante la sottoscrizione di polizze assicurative per malattia ed infortuni); nel 2007, aveva acquistato un immobile con terreno annesso sito in Borgo Vercelli per il prezzo di 105.000,00, stipulando un mutuo dell’importo di Euro 183.400,00; infine, nel 2008, aveva costituito due societa’ di capitali a responsabilita’ limita; d) che, sulla base degli elementi fattuali suddetti, la residenza estera doveva ritenersi meramente fittizia; e) di avere, conseguentemente, proceduto a determinare in via sintetica il reddito non dichiarato dal contribuente sulla base dei seguenti beni – indice di capacita’ contributiva: – immobile in locazione di mq 80, canone annuo di Euro 3.600,00; – spese per incrementi patrimoniali, sostenute nel periodo 2003/2008, pari ad Euro 1.185.265,00; – quote di partecipazione nel capitale delle societa’ (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. (rispettivamente, di Euro 6.000,00 e di Euro 6.500,00), nonche’ dei versamenti in conto capitale pari ad Euro 149.500,00 ed Euro 2.100,00. Avverso il sopra menzionato avviso di accertamento, il Sig. (OMISSIS) proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cuneo, deducendo: 1) l’effettivo trasferimento della famiglia nel Principato di Monaco, a partire dalla fine dell’anno 1999 e fino al marzo 2005, comprovata da apposita dichiarazione della Divisione amministrativa del Principato di Monaco (contenente l’attestazione della residenza nel Principato della coniuge del Sig. (OMISSIS), Sig.ra (OMISSIS), dall’1 febbraio 2000 all’1 marzo 2005), dall’iscrizione della figlia primogenita presso la scuola materna Cours Saint Moure di Montecarlo, nonche’ dalla nascita della figlia secondogenita nel 2001 nel territorio del Principato di Monaco; 2) l’inesistenza dei redditi accertati in via sintetica, in considerazione della natura meramente finanziaria delle movimentazioni di capitale prese in considerazione dall’amministrazione finanziaria, che non derivavano ne’ da produzione di reddito in Italia, ne’ da produzione di reddito nel Principato di Monaco, bensi’ dalla “restituzione del finanziamento che il sig. (OMISSIS) ha ricevuto dalla signora (OMISSIS)… per Euro 430.000,00”, nonche’ da “vendite di immobili facenti parte del patrimonio familiare”. La C.t.p. di Cuneo rigettava il ricorso, ritenendo che il contribuente non avesse provato che la sua residenza effettiva nell’anno 2004, oggetto di contestazione, fosse nel Principato di Monaco, ne’ che le movimentazioni bancarie rilevate dall’ufficio corrispondessero alla restituzione di un finanziamento da parte della moglie avvenuto nell’anno 1999, ne’ che le disponibilita’ provenissero dal ricavato di vendite di immobili del patrimonio familiare. In particolare, la C.t.p. riteneva che gli elementi di prova forniti dal contribuente facevano riferimento tutti ad anni precedenti al 2004, per il quale vi sarebbe solo una dichiarazione della Direction de la Surete’ Publique che attesterebbe che il cambio di residenza dal Principato di Monaco a Torino sarebbe avvenuto solo in data 01/03/2005. Tuttavia, secondo la C.t.p., si sarebbe trattato unicamente di un riconoscimento formale, che non riguardava altro che l’iscrizione anagrafica e che nulla attestava circa la residenza effettiva dei familiari del signor (OMISSIS). Il giudice di primo grado valorizzava le circostanze evidenziate dall’ufficio (l’ufficio aveva constatato che nell’alloggio in (OMISSIS), gia’ residenza della signora (OMISSIS) del 1999 e tornata ad esserlo dopo il ritorno in Italia, i consumi di energia elettrica erano stati nell’anno 2004 tali da attestare chiaramente che la famiglia era ivi residente in modo abituale per quasi tutti il periodo; lo stesso contribuente aveva rivelato che negli anni 2004/2008 si era dedicato allo studio di un vero progetto industriale a livello globale… alla base dello sviluppo di acquisizione delle (OMISSIS) S.p.A.; nel 2004 il contribuente aveva posto in essere numerose operazioni finanziarie in Italia e la stipula di svariati contratti di assicurazione, oltre ad avere la disponibilita’ di abitazioni), che permettevano di dichiarare che il Sig. (OMISSIS) aveva nel 2004, ai fini fiscali, la sua residenza effettiva in Italia. La C.t.r., dopo aver richiesto al contribuente di depositare ulteriore documentazione, accoglieva, invece, l’appello del (OMISSIS) rilevando quanto segue: “tre sono essenzialmente i motivi con cui il giudice di primo grado ha ritenuto infondato il ricorso del contribuente: 1) mancata prova dell’effettiva residenza nel Principato di Monaco; 2) la disponibilita’ di abitazioni, la stipula di contratti di assicurazione lo studio di progetti industriali, visti tutti come fattori comprovanti che (OMISSIS) aveva, nell’anno 2004, ai fini fiscali, la sua residenza effettiva in Italia; 3) mancata prova della provenienza dei fondi bancari (riscontrati dall’accertamento) dalla vendita di immobili di sua proprieta’”. Secondo la C.t.r. la motivazione della sentenza appellata appariva del tutto carente essendosi limitata a confermare acriticamente l’argomentazione dell’ufficio secondo cui, nel 2004, i consumi di energia elettrica dell’alloggio di (OMISSIS), erano stati tali da provare una residenza abituale di (OMISSIS) e famiglia nell’appartamento torinese. A parere della C.t.r., invece, la prova addotta dall’ufficio non era sufficiente a ribaltare quanto asserito e documentato dall’appellante in tema di residenza, risultando prodotti sia il certificato del Comune di Torino, attestante che la signora (OMISSIS), moglie del contribuente, aveva chiesto la residenza in Italia in data 18/01/2005 proveniente da Monaco, sia il certificato del Comune di Monaco confermante il trasferimento in Italia dopo una residenza a Monaco dall’1/2/2000 all’1/3/2005. In merito ai consumi, la C.t.r. riteneva che tale indicatore non poteva essere letto in modo univoco ed esclusivo come effetto di una permanenza abituale dei (OMISSIS) in Italia, essendo ben possibili altre cause quali la ristrutturazione dell’alloggio (utilizzo di energia da parte dei vari operatori) addotta dall’appellante; anche sul possesso di beni immobili sul territorio italiano (nella fattispecie la locazione di un appartamento a Bardonecchia), secondo la C.t.r., risultava evidente la fragilita’ probatoria di tale requisito essendone del tutto plausibile l’uso a scopo di residenza turistica. Per il giudice di appello era quindi ragionevolmente provato quanto asserito dal contribuente e cioe’ di essersi effettivamente (e non solo formalmente come ritenuto nella decisione impugnata) trasferito alla fine del 1999 nel Principato di Monaco con la famiglia (vedasi con valore conclusivo i certificati attestanti la frequenza della prima figlia alla scuola materna “Cours” e la nascita della secondogenita nel luglio 2001 a Monaco) per ragioni esistenziali e di lavoro. Per quanto riguardava, poi, le “movimentazioni finanziarie”, secondo la C.t.r. il (OMISSIS) aveva provato la provenienza dei fondi da “vendite di immobili facenti parte del patrimonio familiare”, in quanto la documentazione depositata in sede di appello (in particolare l’atto di vendita immobiliare a rogito 12/07/04 dal notaio Henry Rey di Monaco) aveva consentito di appurare che prezzo di vendita di 1.670.000 Euro venne, come d’uso in Francia, incassato dal notaio che, dedotte le spese (estinzione mutuo e tasse), verso’ sul c.c. n 11000 85/001, intestato a (OMISSIS), acceso presso la B.P. di Sondrio (Suisse), la somma ripartita in due bonifici: in data 21/7/2004 Euro 300.000,00 e, in data 30/7/04, Euro 882.622,35. Secondo la C.t.r. sarebbe priva di pregio la considerazione dell’Ufficio, secondo cui la documentazione prodotta sarebbe priva di valore avendo come causa un documento, il rogito notarile, non tradotto in lingua italiana e quindi non valido, poiche’ la stessa Commissione era in grado di comprenderne il contenuto, anche se redatto in lingua francese. Il ricorso avverso la decisione del giudice di appello e’ stato fissato per la camera di consiglio del 15 aprile 2021, ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., u.c., e 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197. CONSIDERATO CHE: 1. Con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727, 2728 e 2729 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 2, comma 2 e comma 2 bis, Decreto Ministeriale 4 maggio 1999, articolo 1 e Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 38, commi 4, 5 e 6, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente, la C.t.r. avrebbe erroneamente ritenuto elemento determinante l’iscrizione del cittadino all’anagrafe dei residenti all’estero, mentre andava data la prevalenza al luogo ove il soggetto ha il centro principale degli interessi vitali, cioe’ dove la gestione di detti interessi viene esercitata in modo riconoscibile da terzi. A cio’ si aggiunga che l’articolo 2 bis T.u.i.r, comma 2, vigente ratione temporis, prevedeva che, salva la prova contraria, dovevano considerarsi residenti i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato, individuati con apposito decreto ministeriale. Rileva la ricorrente che il Decreto Ministeriale 4 maggio 1999 prevedeva, appunto, tra i paesi fiscalmente privilegiati il Principato di Monaco, dove risultava formalmente residente il contribuente, che aveva, quindi, l’onere di dimostrare l’effettivita’ della residenza estera; dunque, secondo la ricorrente la C.t.r. aveva errato nell’aver ritenuto onere dell’ufficio dimostrare la fittizieta’ della residenza estera del contribuente, nell’aver attribuito rilevanza decisiva alle mere certificazioni anagrafiche e nell’aver valutato singolarmente, e non nel loro complesso, gli indizi posti a base dell’accertamento. Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione degli articoli 115, 116 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, articolo 118 disp. att. al c.p.c., Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 36, comma 2, n. 4, e articolo 61, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. In subordine, la ricorrente deduce che la C.t.r. sarebbe incorsa in error in procedendo, avendo adottato una motivazione semplicemente apparente, considerando solo due (consumi energetici e locazione dell’appartamento a Bardonecchia) tra i molteplici indici evidenziati dall’amministrazione finanziaria, escludendo l’idoneita’ probatoria dei due elementi considerati, attribuendo rilevanza decisiva a circostanze fattuali meramente allegate dal contribuente ed indimostrate, senza chiarire i motivi per cui sarebbero elementi privi di decisivita’ il possesso di beni immobili sul territorio italiano. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo la ricorrente, invero, la C.t.r. avrebbe considerato solo due (consumi energetici e locazione dell’appartamento a Bardonecchia) tra i molteplici indici evidenziati dall’amministrazione finanziaria, escludendone immotivatamente l’idoneita’ probatoria ed attribuendo rilevanza decisiva a circostanze fattuali meramente allegate dal contribuente ed indimostrate; avrebbe, inoltre, ritenuto privo di decisivita’ il possesso di beni immobili sul territorio italiano, attribuendo efficacia dirimente all’asserita frequenza della figlia ad una scuola materna monegasca. 1.2. Il primo motivo e’ fondato, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo. L’articolo 2 T.u.i.r., nella formulazione vigente ratione temporis, ai commi 2 e 2 bis, prevedeva: “2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. 2- bis. Si considerano altresi’ residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale”. In primo luogo, deve rilevarsi che l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non e’ elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorche’ il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonche’ delle proprie relazioni personali. Il carattere soggettivo ed elettivo della “scelta” dell’interessato rileva solo quanto alla liberta’ dell’effettuazione della stessa, dovendosi contemperare la volonta’ individuale con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi, sicche’ il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi (cfr. Cass. n. 14434 del 15/06/2010; n. 12259 del 19/05/2010; n. 24246 del 18.11.2011; n. 20285 del 4.9.2013). Anche di recente, questa Corte ha avuto modo di affermare che “in tema d’imposte sui redditi, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2 T.U.I.R. e articolo 43 c.c., deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all’estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonche’ delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi ed a prescindere dalla sua iscrizione nell’AIRE” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 678 del 16/01/2015; conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21694 del 08/10/2020). Come rilevato dalla ricorrente, tale interpretazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 2 e’ in armonia con l’affermazione della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui “ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l’articolo 7, n. 1, comma 2, della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali; nell’ambito della valutazione dei legami personali e professionali dell’interessato, tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione, vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest’ultimo nonche’ quella dei suoi familiari, la disponibilita’ di un’abitazione, il luogo di esercizio delle attivita’ professionali e quello in cui vi siano interessi patrimoniali” (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2001 in causa C262/99, Louloudakis, punti 52, 53 e 55, i cui principi sono stati ribaditi da Corte giust. 7 giugno 2007, in causa C-156/04, Commissione c. Grecia. Da ultimo, in termini, Corte giust. 27 aprile 2016, causa C528/14, X). Inoltre, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 2, comma 2-bis, in tema di imposte dirette ” si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, sicche’ l’Amministrazione finanziaria e’ legittimata all’emissione dell’atto impositivo senza necessita’ di attivare un contraddittorio preventivo, in se’ non previsto, mentre incombe sul contribuente dimostrare di avere reciso ogni rapporto significativo con il territorio dello Stato, trovando applicazione il principio dell’unicita’ del domicilio ex articolo 43 c.c.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 961 del 21/01/2015). Pertanto, nel caso di specie il contribuente aveva l’onere di dimostrare, per l’anno di imposta 2004, di non essere residente in Italia, ma di avere la residenza effettiva nel Principato di Monaco, inserito dal Decreto Ministeriale 4 maggio 1999 tra i Paesi fiscalmente privilegiati. Tale dimostrazione, come si e’ visto, non poteva fermarsi al dato formale, dovendo estendersi alla prova del luogo in cui il contribuente aveva la sede principale degli affari ed interessi economici nonche’ delle relazioni personali. La decisione impugnata non fa corretta applicazione di tali principi, in quanto il giudice di appello ha ritenuto che la prova addotta dall’ufficio non fosse sufficiente a dimostrare la residenza in Italia del contribuente, laddove era quest’ultimo a dover dimostrare la propria residenza all’estero, senza che, a tal fine, fosse sufficiente la mera attestazione formale. Dovendosi considerare che il requisito della residenza e’ mutevole e va esaminato con riferimento ai singoli periodi di imposta, la decisione impugnata e’ errata laddove ritiene che, per l’anno di imposta 2004, sia determinante il luogo di nascita della secondogenita del contribuente, avvenuta nel 2001; inoltre, la C.t.r. neanche chiarisce perche’ attribuire rilevanza decisiva all’iscrizione della prima figlia del contribuente ad una scuola materna monegasca, senza confrontare tale circostanza con l’intero complesso indiziario evidepziato dall’ufficio. 2. Con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727 e 2728 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 38, commi 4, 5 e 6, Decreto Ministeriale 10 settembre 1992 e Decreto Ministeriale 19 novembre 1992, articoli 122 e 123 c.p.c., Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articoli 7 e 58, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente, la C.t.r. avrebbe errato nel richiedere il deposito di nuovi documenti (in particolare la documentazione bancaria relativa all’atto di vendita immobiliare a rogito 12/07/04 dal notaio (OMISSIS) di Monaco), sollevando la parte dall’onere della prova, nell’aver ritenuto ammissibile un documento redatto in lingua straniera, sebbene non vi fosse accordo delle parti in ordine al suo corretto significato, nel non aver considerato che, in caso di accertamento con il redditometro, il contribuente avrebbe dovuto provare che la spesa per gli incrementi patrimoniali contestati era avvenuta con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte. Con il quinto motivo, la ricorrente denunzia la violazione degli articoli 122 e 123 c.p.c., Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articoli 7 e 58, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo la ricorrente, la C.t.r. sarebbe incorsa in error in procedendo nel richiedere il deposito di nuovi documenti (in particolare la documentazione bancaria relativa all’atto di vendita immobiliare a rogito 12/07/04 dal notaio (OMISSIS) di Monaco), dopo l’abrogazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 7, comma 3, sollevando inammissibilmente la parte dall’onere della prova, e nell’aver ritenuto ammissibile un documento redatto in lingua straniera, sebbene non vi fosse accordo delle parti in ordine al suo corretto significato. 2.2. I motivi, da esaminare congiuntamente perche’ connessi, sono fondati e vanno accolti. In primo luogo occorre premettere che, come gia’ rilevato da questa Corte, “in tema di accertamento cd. sintetico, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto e’ onerato della prova contraria sulla loro disponibilita’, sull’entita’ degli stessi e sulla durata del possesso, sicche’, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, e’ tenuto a produrre i documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che cio’ sia accaduto o sia potuto accadere” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29067 del 13/11/2018). Si e’ anche precisato che “la prova contraria a carico del contribuente ha ad oggetto, non soltanto la disponibilita’ di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto esenti o soggetti a ritenute alla fonte, ma anche la documentazione di circostanze sintomatiche, che ne denotano l’utilizzo per effettuare le spese contestate e non altre, dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova della entita’ di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso” (Cass. Sez. 6 5, Ordinanza n. 7389 del 23/03/2018). Nel caso di specie, dunque, il contribuente era onerato della prova contraria, consistente nella dimostrazione della permanente disponibilita’, all’epoca degli incrementi patrimoniali contestati dal fisco, di redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte. Come chiarito da questa Corte, “nel processo tributario, il potere del giudice di disporre d’ufficio l’acquisizione di mezzi di prova non puo’ essere utilizzato per supplire a carenze delle parti nell’assolvimento dell’onere probatorio a proprio carico, ma solo, in situazioni di oggettiva incertezza, in funzione integrativa degli elementi istruttori in atti” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16171 del 19/06/2018). Con orientamento ormai costante, invero, questa corte ha affermato che il processo tributario ha natura dispositiva e che l’ordine di produzione dei documenti, Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 7, stante l’abrogazione del comma 3 (che consentiva un vero e proprio potere officioso in supplenza), non allarga l’oggetto del giudizio, ma resta sempre nel perimetro delimitato dalle parti, sicche’ il potere del giudice di disporre d’ufficio l’acquisizione di mezzi di prova non puo’ essere utilizzato per supplire a carenze delle parti nell’assolvimento del rispettivo onere probatorio, ma solo in situazioni di oggettiva incertezza, in funzione integrativa degli elementi istruttori in atti, e sempre che la parte su cui ricade l’onus probandi non abbia essa stessa la possibilita’ di integrare la prova gia’ fornita (vedi Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16476 del 31/07/2020; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4762 del 24/02/2020). Dunque, il giudice non puo’ fare ricorso ai suoi poteri di integrazione se il materiale probatorio acquisito agli atti sia insufficiente o imponga una determinata soluzione della controversia. Nel caso di specie, quindi, legittimamente il contribuente in appello ha prodotto documenti nuovi (il contratto di vendita), ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 58, entro il termine previsto dall’articolo 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza delle formalita’ di cui all’articolo 24, comma 1, stante il richiamo operato dal citato Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 61 alle norme relative al giudizio di primo grado; il giudice, invece, non avrebbe dovuto fare ricorso ad i propri poteri di acquisizione ufficiosa, per ottenere il deposito di ulteriore documentazione (la documentazione bancaria) che sarebbe stato onere della parte produrre; pertanto i documenti cosi’ acquisiti al processo, in violazione delle norme citate, non erano utilizzabili ai fini della decisione. Non ha, invece, fondamento la doglianza relativa alla mancata traduzione del contratto di compravendita dell’immobile sito nel Principato di Monaco, in quanto la ricorrente, al di la’ del rilievo meramente formale, non contesta il contenuto del contratto, ne’ la traduzione data dal giudice, bensi’ la sua valenza probatoria, in relazione agli ulteriori elementi istruttori. Invero, il giudice ha solo la facolta’, e non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore e di siffatta nomina puo’ farsi a meno allorche’ le parti siano concordi sul significato delle espressioni contenute nel documento prodotto. Come e’ stato detto, “nel processo tributario, come in quello civile, la lingua italiana e’ obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche per i documenti prodotti dalle parti, relativamente ai quali il giudice ha, pertanto, la facolta’, e non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore ex articolo 123 c.p.c., di cui si puo’ fare a meno allorche’ non vi siano contestazioni sul contenuto del documento o sulla traduzione giurata allegata dalla parte e ritenuta idonea dal giudice, mentre, al di fuori di queste ipotesi, e’ necessario procedere alla nomina di un traduttore, non potendosi ritenere non acquisiti i documenti prodotti in lingua straniera” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12525 del 17/06/2015; in senso conforme, Cass. 27593/2006; 13249/2011; 4416/201; 6093/2013). 3. Con il sesto motivo, avanzato in subordine, la ricorrente denunzia la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, articolo 118 disp. att. al c.p.c., articolo 36, comma 2, n. 4, e Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 61, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo la ricorrente, il giudice di appello sarebbe incorso nel vizio di omessa motivazione, o motivazione apparente, non avendo esplicitato gli elementi da cui ha tratto il convincimento che il contribuente, a seguito del rogito notarile, avrebbe ricevuto, con due successivi bonifici, gli importi relativi alla vendita dell’immobile, nonostante tale circostanza fosse stata oggetto di specifiche contestazioni da parte dell’ufficio. Con il settimo motivo, la ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nell’utilizzazione di redditi esenti ovvero gia’ assoggettati a tassazione ai fini del finanziamento delle spese per gli incrementi patrimoniali considerati dall’ufficio. Il sesto e settimo motivo rimangono assorbiti dall’accoglimento delle precedenti doglianze (quarto e quinto motivo). In conclusione, il primo, quarto e quinto motivo di ricorso vanno accolti, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.t.r. del Piemonte, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.t.r. del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.