Penale processo penale  Bologna Reati contro il patrimonio – Circonvenzione di persona incapace Corte di Cassazione|Sezione 2|Penale|Sentenza|15 febbraio 2012| n. 6054  

Penale processo penale  Bologna Reati contro il patrimonio – Circonvenzione di persona incapace Corte di Cassazione|Sezione 2|Penale|Sentenza|15 febbraio 2012| n. 6054

Ora, in caso di circonvenzione di incapace, chi – rientrando nel novero dei successibili (come i parenti collaterali entro il sesto grado del de cuius, in assenza di suoi ascendenti o discendenti, nonche’ di fratelli o sorelle e relativi discendenti: cfr. articolo 572 c.c.) – sia stato estromesso dalla successione in forza di testamento frutto di circonvenzione di testatore incapace, indubbiamente patisce un danno patrimoniale iure proprio, per non aver potuto partecipare alla divisione dei beni ereditari; ove – invece – detto testamento sia stato invalidato e la successione a suo favore sia avvenuta o in forza di precedente valido testamento oppure ai sensi delle norme contenute nel titolo 2 del libro 2 del codice civile (v. articoli 565 e ss. c.c.), l’erede si trova ad aver sofferto un danno patrimoniale iure hereditatis che corrisponde al depauperamento del patrimonio del de cuius conseguente agli atti di disposizione frutto dell’altrui condotta di circonvenzione.

A sua volta, in linea di principio un erede (od anche solo un prossimo congiunto che non sia erede) puo’ altresi’ aver patito un danno morale iure proprio o aver ricevuto per via ereditaria il diritto al risarcimento del danno morale sofferto dal de cuius, offeso dal reato (sulla trasmissibilita’ iure hereditatis anche del diritto al risarcimento dei danni morali subiti dalla vittima del reato cfr. Cass. Sez. 5 n. 29729 del 4.5.2010, dep. 28.7.2010; Cass. Sez. 2 n. 9642 del 3.6.96, dep. 6.11.96; Cass. Sez. 1 n. 2995 del 24.6.92, dep. 15.10.92; per la giurisprudenza delle Sezioni civili di questa S.C. v. Cass. Sez. 3 n. 19133 del 20.9.2011; Cass. Sez. 3 n. 3760 del 19.2.07).

In breve, nel costituirsi parte civile una stessa persona puo’ agire, a seconda dei casi, iure proprio e/o iure hereditatis, per il ristoro di danni patrimoniali o non: ne discende che la distinzione se essa abbia agito solo in proprio o solo come erede o in entrambe le qualita’, per differenti poste di danno, rileva non gia’ ai fini della sua legittimazione, bensi’ ai fini della configurabilita’ – nell’ipotesi concreta – di tali singole poste di danno.

Tuttavia, si tratta di questione che – se del caso – verra’ in rilievo nel separato giudizio di liquidazione dei danni, non essendo tenuto il giudice penale, all’atto di emettere condanna generica al risarcimento (come avvenuto nel caso di specie), a distinguere i danni patrimoniali da quelli morali ne’ ad espletare indagini in ordine alla concreta esistenza di danni risarcibili, potendo limitare il proprio accertamento alla potenziale capacita’ lesiva del fatto dannoso e all’esistenza di un nesso di causalita’ tra questo ed il pregiudizio lamentato (giurisprudenza costante: cfr., ex plurimis, Cass. Sez. 5 n. 36657 del 5.6.08, dep. 24.9.08; Cass. Sez. 5 n. 19 del 19.10.2000, dep. 10.1.2001).

Reati contro il patrimonio – Circonvenzione di persona incapace Corte di Cassazione|Sezione 2|Penale|Sentenza|15 febbraio 2012| n. 6054

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente

Dott. FIANDANESE Franco – Consigliere

Dott. GALLO Domenico – Consigliere

Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) e (OMISSIS);

avverso la sentenza 15.3.11 della Corte d’Appello di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. MANNA Antonio;

udito il Procuratore Generale nella persona della Dott.ssa FODARONI Maria Giuseppina, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

udita la difesa dei ricorrenti – Avv. (OMISSIS) -, che ha concluso per l’annullamento dell’impugnata sentenza in virtu’ dei motivi di cui al ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza 15.3.11 la Corte d’Appello di Catania, in riforma della sentenza emessa il 22.6.09 dal Tribunale di Siracusa a carico dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiarava non doversi procedere nei loro confronti per essere il delitto di circonvenzione di incapace loro ascritto – commesso ai danni di (OMISSIS) – estinto per intervenuta prescrizione e confermava le statuizioni civili pronunciate in prime cure, con cui gli imputati erano stati condannati a risarcire i danni in favore delle costituite parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), danni da liquidarsi in separata sede.

Questi, in sintesi, i fatti come ricostruiti in sede di merito: abusando dello stato di deficienza psichica di (OMISSIS), gli imputati avevano ottenuto che l’anziana donna li nominasse eredi universali con testamento pubblico del (OMISSIS) e donasse loro un appartamento (con atto del (OMISSIS)), consentendo altresi’ che gestissero la locazione delle sue proprieta’ in (OMISSIS), frazione di (OMISSIS).

Tramite il proprio difensore ricorrevano il (OMISSIS) e la (OMISSIS) (quest’ultima anche personalmente, con separato atto) contro detta sentenza, di cui chiedevano l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti:

a) nullita’ della notifica al (OMISSIS) del verbale d’udienza del 28.12.2010: premesso che la prima notifica del decreto di citazione per il giudizio d’appello era nulla perche’ non effettuata all’indirizzo ((OMISSIS)) che l’imputato aveva dichiarato il 13.5.10, la Corte territoriale aveva disposto nuova notifica presso tale domicilio, notifica che non aveva avuto buon esito a cagione della temporanea assenza del (OMISSIS) per motivi di lavoro, come riferito dalla moglie, di guisa che non poteva ordinarsi la notifica del decreto mediante consegna al difensore ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., u.c.; invece, si sarebbero dovute disporre ricerche ai sensi degli articoli 157 e 159 c.p.p. e, solo all’esito, eventualmente si sarebbe potuto ricorrere alla notifica ex articolo 161 c.p.p., u.c.;

b) violazione e falsa applicazione dell’articolo 74 c.p.p. visto il difetto di legitimatio ad causarti delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), che non avevano dimostrato l’asserito rapporto di parentela con la (OMISSIS) ne’ il grado relativo (in tal senso coltivavano la doglianza gia’ fatta valere con l’atto d’appello); ne’ le parti civili – proseguiva il ricorso – avevano provato il danno sofferto iute successionis o iute proprio’, a sua volta l’impugnata sentenza non aveva considerato che il danno morale era strettamente legato alla vittima del reato e che le parti civili non avevano mai neppure convissuto con la (OMISSIS), con la quale non avevano mantenuto rapporti; ed ancora, deceduta la (OMISSIS) dopo la sentenza di primo grado, risultava tardiva la costituzione di parte civile dei relativi eredi avvenuta solo il 28.12.10, come immediatamente eccepito dalla difesa degli imputati, che vi si era opposta; inoltre, i danni morali in ipotesi patiti dalla (OMISSIS) non potevano essere trasmessi in via ereditaria ai figli;

c) violazione dell’articolo 495 c.p.p., comma 2 in relazione all’articolo 606 c.p.p., lettera d) per l’immotivato diniego di ammettere la testimonianza del dr. (OMISSIS) (notaio rogante la donazione e il testamento pubblico) e di disporre perizia medico-legale sullo stato di salute della (OMISSIS) all’epoca degli atti, prove decisive invano sollecitate dapprima ex articolo 507 c.p.p. in primo grado e, poi, ex articolo 603 c.p.p. in via di rinnovazione dibattimentale;

d) violazione e falsa applicazione dell’articolo 643 c.p., fatta valere ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), essendo rimasti forti dubbi circa le capacita’ di discernimento della persona offesa vista l’inaffidabilita’ della relazione del CT del PM, che aveva accertato un deterioramento cognitivo della (OMISSIS) invece di un mero stato depressivo, che al piu’ avrebbe potuto comportare un mero distacco emotivo e passionale; in proposito – proseguiva il ricorso – le prove testimoniali e le osservazioni del CT della difesa, prof. (OMISSIS), avevano escluso che all’epoca degli atti di disposizione la (OMISSIS) soffrisse d’un deficit cognitivo; infine, le sentenze di primo e secondo grado non avevano chiarito in cosa sarebbe consistita l’attivita’ di materiale di abuso od induzione da parte dei ricorrenti e, quanto all’ultima condotta contestata, relativa alla gestione delle proprieta’ site in (OMISSIS), si trattava di beni che erano gia’ nella legittima proprieta’ degli imputati.

Nel ricorso da lei personalmente proposto la (OMISSIS) lamentava;

e) violazione dell’articolo 74 c.p.p. e articolo 100 c.p.c.: contrariamente a quanto statuito dall’impugnata sentenza, gli imputati si erano opposti alla costituzione di parte civile della (OMISSIS) e della (OMISSIS) sin dal momento della loro costituzione innanzi al GUP del Tribunale di Siracusa all’udienza del 24.11.06, vista l’omessa dimostrazione (il che doveva essere controllato anche d’ufficio) del vantato rapporto di parentela con la (OMISSIS) e/o del loro esserne eredi, il che impediva che potessero agire iure proprio o iure hereditatis;

f) violazione dell’articolo 74 c.p.p. per avere la Corte territoriale ammesso – nel corso del giudizio di secondo grado, all’udienza del 28.12.2010, dopo la costituzione delle parti – la costituzione di parte civile degli eredi della (OMISSIS); inoltre, anche in tal caso la Corte d’appello aveva ammesso la costituzione dei sedicenti eredi della (OMISSIS) senza verificarne il titolo legittimante;

g) violazione dell’articolo 74 c.p.p. e articolo 2043 c.c. per avere l’impugnata sentenza confermato la condanna degli imputati al risarcimento del danno pur in assenza di prova a riguardo, non essendo emerso alcun patimento delle parti civili a cagione del reato in questione, dal momento che esse frequentavano pochissimo la (OMISSIS), come riferito dalla teste (OMISSIS);

h) violazione dell’articolo 643 c.p. e mancata assunzione di prova decisiva: da un lato non erano emersi lo stato di minorita’ psichica della persona offesa (contestato dal CTP prof. (OMISSIS)) e il relativo abuso da parte dei ricorrenti ne’ l’esistenza di atti pregiudizievoli per la vittima; dall’altro, sarebbe stata decisiva la deposizione del notaio dr. (OMISSIS), che nel rogare nel giro di pochi giorni due atti nell’interesse della (OMISSIS) si era giovato anche del certificato redatto dal medico curante dell’anziana signora; l’invocata assunzione di tale prova era stata immotivatamente negata dalla Corte territoriale, che aveva altresi’ omesso di approfondire un altro argomento difensivo speso dalla difesa dei ricorrenti, vale a dire la non dannosita’ degli atti negoziali posti in essere dalla (OMISSIS), essendo la donazione dell’immobile in favore dei coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) una donazione modale in cambio dell’assistenza che costoro avrebbero dovuto offrirle, assistenza che in concreto essi le avevano apprestato sia in prima persona sia attraverso il ricovero presso la Casa di riposo “(OMISSIS)”, come riferito dalla teste (OMISSIS); quanto al testamento, si trattava di atto che per sua natura non poteva pregiudicarne l’autore, avendo ad oggetto la sorte di beni per il tempo successivo alla sua morte. Il difensore della parte civile (OMISSIS) ha depositato memoria con cui ha chiesto dichiararsi inammissibili o rigettarsi le impugnazioni, con condanna dei ricorrenti alle spese.

1- Il motivo che precede sub a) e’ infondato, atteso che – come chiaramente evidenziato anche dalla Corte territoriale (v. verbale d’udienza del 15.3.11) nel pronunciarsi sull’eccezione sollevata dalla difesa – dopo “diversi tentativi” non era risultato possibile effettuare la notifica al (OMISSIS).

Si tratta di situazione processuale ben diversa da quella prospettata in ricorso, in quanto la stessa moglie separata del ricorrente aveva riferito di non convivere piu’ con lui e di ignorare dove si trovasse, il che integrava caso paradigmatico di quella impossibilita’ di notifica presso il domicilio dichiarato che – ex articolo 161 c.p.p., u.c., primo periodo, – consente la notifica mediante consegna dell’atto al difensore.

Ne’ al caso di specie erano applicabili gli articoli 157 e 159 c.p.p., invocati nell’atto di impugnazione: si tratta di disposizioni cui si ricorre – ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., u.c., ultimo periodo, – solo se, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, evenienza che non e’ stata neppure oggetto di allegazione, tale non potendosi considerare un non meglio chiarito motivo di lavoro, che di per se’ non impedisce di comunicare alla A.G. eventuale nuovo domicilio.

2- I motivi che precedono sub b), e), f) e g) – da esaminarsi congiuntamente perche’ propongono analoghe censure circa l’ammissibilita’ della costituzione delle parti civili e la disposta condanna generica al risarcimento dei danni in loro favore – sono infondati.

E’ pur vero che all’udienza preliminare del 24.11.06 la difesa degli imputati si oppose tempestivamente alla costituzione di parte civile della (OMISSIS) e della (OMISSIS) (v. relativo verbale allegato al ricorso proposto personalmente dalla (OMISSIS)); ma la tempestivita’ dell’opposizione non ne elide l’infondatezza.

Si cominci con il dire che l’impugnata sentenza non ha affatto negato in punto di diritto che l’onere probatorio del rapporto di parentela ricada sulla parte civile che l’affermi: in questa sede va solo osservato che l’apprezzamento della prova involge una questione di merito e che, per altro, lo stesso tenore del ricorso – nella parte in cui piu’ volte definisce la (OMISSIS) e la (OMISSIS) come cugine della (OMISSIS) – contrasta con la censura in discorso.

E’ appena il caso di ricordare che nel processo penale l’azione civile puo’ essere esercitata, oltre che dalla persona offesa e dai suoi eredi, da chiunque abbia patito un danno (sia patrimoniale che non patrimoniale, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 74 c.p.p. e articolo 185 c.p.), come conseguenza diretta ed immediata del reato, soggetto che puo’ coincidere o non con l’erede (o uno degli eredi) della persona offesa e/o un suo prossimo congiunto (cfr. Cass. Sez. 2, n. 4816 del 15.1.2010).

Ora, in caso di circonvenzione di incapace, chi – rientrando nel novero dei successibili (come i parenti collaterali entro il sesto grado del de cuius, in assenza di suoi ascendenti o discendenti, nonche’ di fratelli o sorelle e relativi discendenti: cfr. articolo 572 c.c.) – sia stato estromesso dalla successione in forza di testamento frutto di circonvenzione di testatore incapace, indubbiamente patisce un danno patrimoniale iure proprio, per non aver potuto partecipare alla divisione dei beni ereditari; ove – invece – detto testamento sia stato invalidato e la successione a suo favore sia avvenuta o in forza di precedente valido testamento oppure ai sensi delle norme contenute nel titolo 2 del libro 2 del codice civile (v. articoli 565 e ss. c.c.), l’erede si trova ad aver sofferto un danno patrimoniale iure hereditatis che corrisponde al depauperamento del patrimonio del de cuius conseguente agli atti di disposizione frutto dell’altrui condotta di circonvenzione.

A sua volta, in linea di principio un erede (od anche solo un prossimo congiunto che non sia erede) puo’ altresi’ aver patito un danno morale iure proprio o aver ricevuto per via ereditaria il diritto al risarcimento del danno morale sofferto dal de cuius, offeso dal reato (sulla trasmissibilita’ iure hereditatis anche del diritto al risarcimento dei danni morali subiti dalla vittima del reato cfr. Cass. Sez. 5 n. 29729 del 4.5.2010, dep. 28.7.2010; Cass. Sez. 2 n. 9642 del 3.6.96, dep. 6.11.96; Cass. Sez. 1 n. 2995 del 24.6.92, dep. 15.10.92; per la giurisprudenza delle Sezioni civili di questa S.C. v. Cass. Sez. 3 n. 19133 del 20.9.2011; Cass. Sez. 3 n. 3760 del 19.2.07).

In breve, nel costituirsi parte civile una stessa persona puo’ agire, a seconda dei casi, iure proprio e/o iure hereditatis, per il ristoro di danni patrimoniali o non: ne discende che la distinzione se essa abbia agito solo in proprio o solo come erede o in entrambe le qualita’, per differenti poste di danno, rileva non gia’ ai fini della sua legittimazione, bensi’ ai fini della configurabilita’ – nell’ipotesi concreta – di tali singole poste di danno.

Tuttavia, si tratta di questione che – se del caso – verra’ in rilievo nel separato giudizio di liquidazione dei danni, non essendo tenuto il giudice penale, all’atto di emettere condanna generica al risarcimento (come avvenuto nel caso di specie), a distinguere i danni patrimoniali da quelli morali ne’ ad espletare indagini in ordine alla concreta esistenza di danni risarcibili, potendo limitare il proprio accertamento alla potenziale capacita’ lesiva del fatto dannoso e all’esistenza di un nesso di causalita’ tra questo ed il pregiudizio lamentato (giurisprudenza costante: cfr., ex plurimis, Cass. Sez. 5 n. 36657 del 5.6.08, dep. 24.9.08; Cass. Sez. 5 n. 19 del 19.10.2000, dep. 10.1.2001).

Priva di pregio e’ – poi – l’eccepita tardivita’ della costituzione di parte civile degli eredi della (OMISSIS) avvenuta all’udienza del 28.12.10 innanzi alla Corte territoriale.

In realta’, premesso il principio di immanenza della costituzione di parte civile, il sopravvenire della morte della parte medesima nel corso del giudizio di primo o secondo grado non implica revoca tacita ne’ necessita’ alcuna di nuova costituzione degli eredi, trattandosi di evento disciplinato dall’articolo 111 c.p.c. in mancanza di specifica disciplina nel codice di rito penale, cui pero’ non conseguono anche gli effetti interruttivi del rapporto processuale previsti dall’articolo 300 c.p.c., inapplicabili al processo penale, che e’ ispirato all’impulso di ufficio.

Di conseguenza, la costituzione resta valida ex tunc e gli eredi del defunto titolare del diritto possono intervenire nel processo senza effettuare una nuova costituzione (giurisprudenza costante: cfr., ex aliis, Cass. Sez. 5 n. 15308 del 21.1.09, dep. 9.4.09; Cass. Sez. 5 n. 23676 del 19.5.05, dep. 23.6.05; Cass. Sez. 5 n. 46200 del 7.10.03, dep. 2.12.03; Cass. Sez. 4 n. 460 del 9.2.98, dep. 31.3.98).

In tal senso si corregge ex articolo 619 c.p.p., comma 1 la motivazione in proposito esposta dall’impugnata sentenza (che, invece, aveva fatto riferimento al rilievo che il contraddittorio si era regolarmente costituito solo all’udienza del 15.3.11, sicche’ la costituzione degli eredi della (OMISSIS) avvenuta il 28.12.2010 era da reputarsi tempestiva).

3- Del pari infondati sono i motivi che precedono sub c) e sub h), quest’ultimo ora esaminato nella parte in cui denuncia la mancata ammissione di prova decisiva (per le restanti doglianze in esso contenute v. meglio infra).

Si premetta che prova decisiva la cui mancata acquisizione e’ deducibile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) e’ solo quella relativa ad un elemento probatorio suscettibile di determinare una risoluzione del tutto diversa da quella assunta: cio’ va escluso quando i risultati che la parte si propone di ottenere possono condurre – confrontati con le altre ragioni poste a sostegno della decisione – solo ad una diversa valutazione degli elementi legittimamente acquisiti nell’ambito dell’istruttoria dibattimentale (cfr. ad es. Cass. Sez. 6 n. 37173 dell’11.6.08, dep. 30.9.08, rv. 241009; conf. Cass. n. 2827/06, rv. 233328; Cass. n. 46954/04, rv. 230589; Cass. n. 17844/03, rv. 224800; Cass. n. 3148/98, rv. 210191 e numerose altre).

Cio’ detto, quanto all’invocata perizia medico-legale sullo stato di salute della (OMISSIS) all’epoca degli atti pregiudizievoli da lei posti essere, basti ricordare che – per antica e costante giurisprudenza di questa Corte Suprema – la perizia, proprio per il suo carattere neutro sottratto alla disponibilita’ delle parti e rimesso alla discrezionalita’ del giudice, non puo’ farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non e’ sanzionarle ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) (Cass. Sez. 4, n. 14130 del 22.1.2007, dep. 5.4.2007; conf. Cass. n. 4981/2004; Cass. n. 37033/2003; Cass. n. 17629/2003; Cass. n. 9279/2003; Cass. n. 12027/99; Cass. n. 13086/98; Cass. n. 6074/97; Cass. n. 275/97; Cass. n. 9788/94; Cass. n. 6881/93), cosi’ come non e’ censurabile in sede di legittimita’, se correttamente motivato (come avvenuto nel caso di specie) il mancato esercizio del potere di cui all’articolo 603 c.p.p., che e’ meramente discrezionale (cfr. Cass. Sez. 5 n. 26085 del 16.6.2005, dep. 14.7.2005; Cass. Sez. 1 n. 4177 del 27.10.2003, dep. 4.2.2004; Cass. Sez. 4 n. 45998 del 29.9.2003, dep. 28.11.2003; Cass. Sez. 6 n. 33105 dell’8.7.2003, dep. 5.8.2003; Cass. Sez. 6 n. 12539 del 12.10.2000, dep. 1.12.2000), del che l’impugnata sentenza ha dato adeguatamente conto nel momento in cui ha definito “granitico” e ha analiticamente descritto il quadro probatorio a carico degli odierni ricorrenti.

A cio’ si aggiunga che ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) puo’ farsi valere la mancata ammissione di prova decisiva solo “limitatamente ai casi previsti dall’articolo 495, comma 2”, vale a dire soltanto riguardo alle prove tempestivamente richieste ex articolo 493 c.p.p. nella fase degli atti introduttivi, non gia’ alle prove sollecitate ex articolo 507 o 603 c.p.p..

Analoghe considerazioni (salvo quelle relative al carattere neutro della prova) valgano in ordine alla richiesta deposizione del teste (OMISSIS).

4- Ancora da disattendersi sono i motivi che precedono sub d) e sub h), nella parte in cui, in sostanza, sollecitano un nuovo apprezzamento delle risultanze processuali mediante approccio diretto agli atti, operazione non consentita in questa sede.

Lo stesso dicasi riguardo alle modalita’ della condotta materiale di abuso od induzione da parte dei ricorrenti: premesso che l’impugnata sentenza ha espressamente motivato sul punto ricordando le pressioni psicologiche sulla (OMISSIS) poste in essere dagli imputati e l’acceso litigio tra la persona offesa e costoro perche’ volevano portarla dal notaio per ottenere le disposizioni patrimoniali a proprio vantaggio poi effettivamente lucrate (come desunto dalle testimonianze menzionate dalla Corte territoriale), per il resto ogni altra considerazione svolta nei ricorsi in esame si risolve, ancora una volta, in mera censura sulla ricostruzione in punto di fatto accolta dai giudici del merito.

In ordine, poi, alla condotta relativa alla gestione delle proprieta’ site in (OMISSIS), l’impugnata sentenza ha gia’ adeguatamente risposto ricordando che essa era avvenuta ancor prima del trasferimento dei beni – da parte della (OMISSIS) – ai coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS): eventuali ulteriori obiezioni a riguardo implicano nuovi apprezzamenti in punto di fatto dei documenti e delle altre prove in atti, il che e’ precluso in sede di legittimita’.

Circa il contestato carattere pregiudizievole di una donazione o di un testamento, basti rammentare che, ai sensi del tenore letterale dell’articolo 643 c.p., il pregiudizio dell’atto puo’ attingerne tanto l’autore (colpito dalla menomazione inferta alla propria liberta’ di testare) quanto altri ed e’ innegabile l’idoneita’ pregiudizievole, verso i successibili legittimi, del testamento che istituiva come eredi universali gli odierni ricorrenti, cosi’ come e’ indiscutibile il pregiudizio sofferto da chi, attraverso una donazione, si spogli di beni propri.

Infine, che la donazione posta in essere dalla (OMISSIS) avesse carattere modale e’ censura non solo preclusa ex articolo 606 c.p.p., u.c. perche’ non fatta valere nei motivi d’appello, ma altresi’ inaccoglibile sotto un duplice profilo: sotto il primo, si tenga presente che il modus nelle donazioni deve rivestire ad substantiam la medesima forma (atto pubblico, ex articolo 782 c.c.) dell’atto cui accede; sotto il secondo, il ricorso della (OMISSIS) scambia la donazione modale con quella remuneratoria, giacche’ solo per la seconda (caratterizzata dall’essere effettuata l’attribuzione patrimoniale come segno tangibile di apprezzamento di servizi in precedenza ricevuti) potrebbe teoricamente porsi una questione di accertamento in concreto della prevalenza, sullo spirito di liberalita’, di una sostanziale funzione di corrispettivo.

5- In conclusione, i ricorsi vanno rigettati. Ex articolo 616 c.p.p. consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, ma non anche di quelle di parte civile, liquidabili unicamente se il relativo difensore – in ipotesi di celebrazione del processo in pubblica udienza, come avvenuto nella specie – compare in udienza e in quella sede deposita le proprie conclusioni scritte, a tal fine non bastando quanto da lui chiesto in precedente memoria.

Invero, nel giudizio di legittimita’ non puo’ tenersi conto delle conclusioni precedentemente depositate in cancelleria dal difensore di parte civile, dovendo egli, in virtu’ dell’espresso richiamo effettuato dall’articolo 614 c.p.p., comma 1 alle norme regolanti lo svolgimento della discussione nei giudizi di merito di primo e secondo grado, formulare e illustrare oralmente le proprie conclusioni in udienza, facendo seguire alle stesse la presentazione di una sintesi scritta a norma dell’articolo 523 c.p.p., comma 2 (cfr. Cass. Sez. 6 n. 22209 del 7.1.2010, dep. 10.6.2010).

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.