MORTE MINORE SAI COME OTTENERE  DANNO PARENTALE  RESPONSABILITA’ OSPEDALE  ?

MORTE MINORE SAI COME OTTENERE  DANNO PARENTALE  RESPONSABILITA’ OSPEDALE  ?

Avvocato a Bologna - Risarcimento Sanitario
Avvocato a Bologna – Risarcimento Sanitario

 

BOLOGNA BERGAMO MiLANO TREVISO FERMO ANCONA PESARO MACERATA VICENZA TREVISO VENEZIA PADOVA AVVOCATO ESPERTO RISARCIMENTO GRAVI CASI MALASANITA’

BOLOGNA BERGAMO MiLANO TREVISO FERMO ANCONA PESARO MACERATA VICENZA TREVISO VENEZIA PADOVA AVVOCATO ESPERTO RISARCIMENTO GRAVI CASI MALASANITA’

Avvocato a Bologna - Risarcimento Sanitario
Avvocato a Bologna – Risarcimento Sanitario

 

 

BOLOGNA BERGAMO MiLANO TREVISO FERMO ANCONA PESARO MACERATA VICENZA TREVISO VENEZIA PADOVA AVVOCATO ESPERTO RISARCIMENTO GRAVI CASI MALASANITA’

 

 

BOLOGNA BERGAMO MiLANO TREVISO FERMO ANCONA PESARO MACERATA VICENZA TREVISO VENEZIA PADOVA AVVOCATO ESPERTO RISARCIMENTO GRAVI CASI MALASANITA’

 

ART 648 CP,ART 648 BIS CP , ART 648 TER CP , ART 648 TER 1 CP ,ART 648 QUARTER CP
ART 648 CP,ART 648 BIS CP , ART 648 TER CP , ART 648 TER 1 CP ,ART 648 QUARTER CP

 

MORTE IN OSPEDALE DI UN MINORE PER MIOCARDITE

Infine, parte attrice ha contestato l’impostazione della Ctu, sostenendo che i consulenti avrebbero dovuto prendere in considerazione le linee guida che i sanitari avrebbero dovuto osservare “nella fase centrale e cruciale della diagnosi della miocardite“, anticipata al 31/05/2017, momento in cui gli stessi avrebbero potuto sospettare la presenza di miocardite (“bastando a tal fine, al bravo clinico, anche solo legare, nel discernimento clinico-diagnostico, la tipica eziologia virale di questa malattia con la mononucleosi in corso di trattamento“, v. pg. 14 di comparsa conclusionale).

IL FATTO Ferreira Enrique, Carvalho Chiara, in proprio, quali genitori di Ferreira Michael, nonché nella qualità di esercenti la responsabilità genitoriale di Ferreira Ginevra, e Da Silva Bianca, quale nonna materna di Ferreira Michael, hanno agito in giudizio nei confronti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, per farne accertare la responsabilità contrattuale nella causazione, in data 05.06.2017, del decesso di Ferreira Michael, all’epoca sedicenne, per miocardite acuta fulminante, e ottenerne la condanna al risarcimento dei danni di seguito esposti:

iure hereditatis

danni non patrimoniali, biologico e morale, subiti dalla vittima primaria, quantificati nella somma complessiva di euro 34.350,00, a favore di tutti gli attori;

iure proprio

danni non patrimoniali, morale e da perdita parentale, e così, in particolare, per euro 331.920,00, a favore di ciascun genitore, e per euro 144.130,00, a favore sia della sorella che della nonna materna, il tutto per complessivi euro 952.100,00 oltre rivalutazione e interessi;

danno non patrimoniale biologico, da quantificarsi, e danni patrimoniali, per esborsi, pari ad euro 6.608,68, nonché futuri, da quantificarsi, a favore dei genitori.

CAUSA : MORTE PER MIOCARDITE ACUTA MINORE

I Ctu, pertanto, hanno concluso che, nelle descritte circostanze, “La presentazione clinico-ecografica era tale da non rendere necessaria l’esecuzione di ulteriori accertamenti diagnostici (p.e. RMN cardiaca e/o biopsia endomiocardica) per avere la conferma della diagnosi…” (pg 37 della Ctu).

 

 

Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, dunque, che gli esami svolti sul paziente, in occasione dell’accesso al P.S. del 05/06/2017, fossero idonei e sufficienti a consentire il corretto inquadramento del caso, ovvero la diagnosi di miocardite acuta fulminante, che avrebbe reso doveroso il ricovero immediato del paziente per la sottoposizione “a monitoraggio clinico-strumentale intensivo, continuo, in ambiente cardiologico” (v. Osservazioni depositate in data 26/03/2022) od il suo trasferimento nel centro più attrezzato dell’AOU di Bologna (“in previsione del possibile mancato recupero della funzione ventricolare con successiva ipotetica candidabilità all’impianto di VAD intracorporeo/trapianto cardiaco il caso clinico necessitava per complessità intrinseca del tempestivo coinvolgimento del Centro di riferimento regionale di III livello -presidio ospedaliero abilitato ad impianto di supporto circolatori a lungo termine e trapianto di cuore-, nel caso Bologna, per concordare la gestione diagnostico-terapeutica, i tempi e le modalità dell’eventuale trasferimento del paziente“, pg.65).

RIGETTO DOMANDE

Tuttavia, come osservato dal collegio di Ctu, “si evidenzia che un quadro francamente patologico è stato documentato esclusivamente al momento dell’ultimo accesso in pronto soccorso, non essendoci stati in occasione del ricovero dell’aprile 2017 e delle visite di controllo effettuate successivamente alla dimissione a domicilio, elementi sospetti per una patologia cardiovascolare, tra l’altro indagata con approfondimenti cardiologici risultati negativi” e ancora, a tale epoca: “…la miocardite risultava un evento non concretamente prevenibile né nel caso di specie concretamente diagnosticabile. Non era prevenibile dal punto di vista fisiopatologico nella misura in cui, come già ampiamente discusso, non esistono presidi diagnostico-terapeutici noti in letteratura a tale scopo. Non era diagnosticabile in quanto non vi era alcun segno o sintomo clinico suggestivo per porre una diagnosi in tempi antecedenti all’accesso del 5 giugno 2017” (v. Osservazioni depositate dai Ctu in data 26/03/2022).

Alla luce di quanto sopra, le domande attoree devono essere rigettate.

 

 

 

  1. 2286/2020 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Parma in persona del Giudice Istruttore Dott. Antonella Ioffredi, in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nella causa civile promossa da:

ENRIQUE FERREIRA (C.F. ***), CHIARA CARVALHO (C.F. ***), in proprio e nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale di GINEVRA FERREIRA (C.F. ***) e BIANCA DA SILVA (C.F. ***)

con il patrocinio dell’avv. OREFICI PAOLO, elettivamente domiciliato in B.GO XX MARZO 7 PARMA, presso il difensore avv. OREFICI PAOLO

– ATTORI –

C o n t r o

AZIENDA OSPEDALIERO – UNIVERSITARIA DI PARMA (C.F. ***), con il patrocinio dell’avv. RUSSO VALENTINI MARIA ROSARIA domiciliata in CANCELLERIA

– CONVENUTO –

Causa Civile iscritta al 2286 2020 del Ruolo Generale ed assegnata a sentenza sulle conclusioni di seguito rassegnate.

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da note scritte in sostituzione dell’udienza di precisazione delle conclusioni.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Ferreira Enrique, Carvalho Chiara, in proprio, quali genitori di Ferreira Michael, nonché nella qualità di esercenti la responsabilità genitoriale di Ferreira Ginevra, e Da Silva Bianca, quale nonna materna di Ferreira Michael, hanno agito in giudizio nei confronti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, per farne accertare la responsabilità contrattuale nella causazione, in data 05.06.2017, del decesso di Ferreira Michael, all’epoca sedicenne, per miocardite acuta fulminante, e ottenerne la condanna al risarcimento dei danni di seguito esposti:

iure hereditatis

danni non patrimoniali, biologico e morale, subiti dalla vittima primaria, quantificati nella somma complessiva di euro 34.350,00, a favore di tutti gli attori;

iure proprio

danni non patrimoniali, morale e da perdita parentale, e così, in particolare, per euro 331.920,00, a favore di ciascun genitore, e per euro 144.130,00, a favore sia della sorella che della nonna materna, il tutto per complessivi euro 952.100,00 oltre rivalutazione e interessi;

danno non patrimoniale biologico, da quantificarsi, e danni patrimoniali, per esborsi, pari ad euro 6.608,68, nonché futuri, da quantificarsi, a favore dei genitori.

In subordine, gli attori hanno chiesto la condanna della convenuta al risarcimento del danno per morte anticipata, ipotesi nella quale la stima del danno non patrimoniale in favore della vittima dovrebbe tenere conto: a) della vita residua del paziente secondo gli indici statistici pari, per un sedicenne, sulla base delle tavole di mortalità della popolazione italiana dell’anno 2017, a una speranza di vita di 66,668 anni; b) del tempo di anticipazione della morte.

In ulteriore subordine, gli attori hanno chiesto la condanna della convenuta al risarcimento dei danni per perdita di chance, che, in considerazione della giovane età della vittima primaria, hanno quantificato nella misura dell’80% dei danni prospettati in via principale.

L’Azienda Ospedaliero-Universitaria, con l’atto di costituzione ha contestato la fondatezza delle domande attoree, sia nell’an che nel quantum debeatur, chiedendone il rigetto.

In particolare, con riguardo all’an debeatur, parte convenuta ha eccepito, in primo luogo, la natura aquiliana delle domande risarcitorie proposte dagli attori, con conseguente onere probatorio interamente a carico dei medesimi, esistendo un contratto di spedalità solo con il paziente.

In secondo luogo, parte convenuta ha eccepito l’insussistenza del nesso causale tra il comportamento dei medici e l’intervenuto decesso di Ferreira Michael.

In ogni caso, secondo la convenuta, il ricovero immediato del paziente, nella tarda mattinata in cui faceva accesso presso la struttura sanitaria, non avrebbe consentito di evitarne la morte o non gli avrebbe comunque offerto maggiori probabilità di sopravvivenza, in quanto casistiche sull’arresto cardiaco intraospedaliero evidenzierebbero elevate percentuali di decesso anche nel caso di procedure rianimatorie iniziate tempestivamente e nell’immediatezza dei sintomi, e la prima causa di morte improvvisa di soggetti di età inferiore di 40 anni sarebbe, proprio, la miocardite virale.

A parere di questo giudicante, le domande attoree non sono fondate per le ragioni che seguono.

Preliminarmente, in rito, va respinta l’eccezione di nullità della Ctu, sollevata da parte attrice con riguardo al provvedimento di nomina, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla stessa, si è provveduto alla nomina di un collegio peritale, composto dal medico legale e dallo specialista della materia, nel rispetto dell’art. 15 della L. 24/2017 (come risulta dall’ordinanza del 20/05/2021 della quale si riporta il testo di interesse: “Il Giudice assegna ai Ctu, dott. Enrica Calabrese e Dr. Gabriele Vignati, che nomina in affiancamento della prima, il quesito di cui all’ordinanza emessa in data 20.4.2021“).

Con riguardo alla prima eccezione sollevata da parte convenuta, si osserva che non vi è dubbio che un rapporto contrattuale di spedalità possa essere riconosciuto solamente nei confronti del paziente, anche nell’ipotesi in cui i genitori abbiano stipulato il contratto in rappresentanza del figlio minore, e che, al contrario, i congiunti, ove chiedano il risarcimento di danni iure proprio, possano far valere esclusivamente la responsabilità extracontrattuale della struttura sanitaria, ex art. 2043 c.c.

Infatti, come afferma la giurisprudenza di legittimità, “con riferimento alla figura dei cd. “terzi protetti dal contratto…è stato, difatti, sottolineato che il suo campo di applicazione deve essere circoscritto – nell’ambito della responsabilità medica – al solo sottosistema in cui vengono in rilievo quelli che, nel modo di lingua inglese, vengono definiti come “wrongful birth damages”” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 8 luglio 2020, n. 14258, …), sicché al di fuori di queste ipotesi l’azione per perdita (o lesione) del rapporto parentale è di natura solo aquiliana (in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 6 marzo 2020, n. 14615 …)…impostazione – che circoscrive, in ambito sanitario, l’operatività della figura dei “terzi protetti dal contratto” ai componenti della famiglia nucleare in relazione ai danni cagionati in occasione di prestazioni espletate nel corso della gestazione o del parto” (Cass. ord. n. 21404/2021).

Ne consegue che, mentre, nei confronti del titolare del contratto di spedalità, opera la presunzione di cui all’art. 1218 c.c., l’onere probatorio è interamente addossato ai congiunti che agiscano in giudizio iure proprio.

Con riguardo alla domanda svolta iure hereditatis, si osserva che la giurisprudenza di legittimità, anche di recente, ha riaffermato il principio secondo il quale, “laddove la condotta dell’agente sia stata ritenuta idonea alla determinazione anche solo parziale dell’evento di danno lamentato, e si fosse prospettata una questione circa l’incidenza di una causa naturale, le due possibili alternative, sul piano della causalità materiale, risulteranno quelle per cui: -l’accertamento processuale della rilevanza esclusiva del fattore naturale escluda tout court il nesso di causa tra condotta ed evento: in tal caso la domanda sarà rigettata;- la causa naturale rivesta efficacia eziologica non esclusiva, ma soltanto concorrente rispetto all’evento: in assenza di prova, da parte del danneggiante/debitore, dell’esistenza di altra e diversa causa a lui non imputabile, la responsabilità dell’evento gli sarà ascritta per intero, e la domanda sarà accolta nell’an debeatur” (Cass. n. 26851/2023).

Sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, con riguardo all’accertamento del rapporto di causalità tra la condotta colposa del convenuto e l’evento dannoso, cioè la morte della vittima primaria, l’indagine va compiuta sulla base del principio civilistico del “più probabile che non“, dovendosi verificare se la diligente condotta colposamente omessa dal medico avrebbe, con ragionevole probabilità, superiore alla probabilità dell’evento contrario, determinato la sopravvivenza e quindi evitato il decesso del paziente (v. Cass. n. 26852/2022).

Pertanto, ove si discuta di responsabilità contrattuale, opererà la presunzione di cui all’art. 1218 c.c., qualora la condotta dell’agente sia ritenuta idonea alla determinazione solo parziale dell’evento di danno lamentato, in quanto si sia prospettata una questione circa l’incidenza di una causa naturale, ed il convenuto non fornisca prova che, secondo il principio del “più probabile che non“, le probabilità di evitare l’evento morte, attraverso la condotta professionale prescritta, sarebbero ragionevolmente inferiori a quelle sfavorevoli.

Nel merito, la vicenda da cui origina la presente causa, come ricostruito dal collegio di Ctu nominato, sulla base della documentazione prodotta in giudizio, è la seguente.

Ferreira Michael, di anni 16, già preso in carico in regime di Day Hospital nel gennaio 2017 presso l’Oncoematologia Pediatrica dell’AOU di Parma per eseguire approfondimenti clinico-strumentali del quadro sindromico di cui risultava portatore dall’età di sei anni (“alterazioni dermatologiche, alterazioni scheletriche, calcificazioni dei tessuti molli sottocuranei, splenomegalia, piastrinopenia, anemia, linfoadenomegalie multiple, riscontro di mosaicismo del gene PTPN11 – mutazione de novo in fase di approfondimento all’epoca dei fatti“), in data 21/04/2017 accedeva al Day Hospital dell’Oncoematologia Pediatrica dell’AOU di Parma a seguito dell’insorgenza di “iperpiressia associata ad episodi di vomito biliare, inappetenza, peggioramento delle linfoadenomegalie del collo, comparsa di petecchie al volto e emorragie congiuntivali dal 19 aprile precedente“; quindi, veniva ricoverato e sottoposto ad approfondimenti clinico-strumentali-laboratoristici, a seguito dei quali “veniva posta diagnosi di mononucleosi infettiva ed impostata terapia di supporto con somministrazione di corticosteroidi e immunoglobuline per via endovenosa“.

A seguito del progressivo miglioramento del quadro clinico generale, documentato il 07/05/2017, in data 08/05/2017 il paziente veniva dimesso a domicilio con programmazione di accesso in regime di Day Hospital per controllo clinico-laboratoristico in data 11/05/2017.

Eseguite valutazioni di controllo in regime di Day Hospital programmati (12/05-19/05- 31/05/2017), il 31.05.2017 veniva programmata successiva valutazione clinicolaboratoristico-strumentale compreso esame ecocardiografico per il 20/06/2017.

Tuttavia, nella mattinata del 05/06/2017, il paziente accedeva presso il Day Hospital Pediatrico “a seguito del riscontro occasionale di tachicardia (FC 140 bpm) a riposo” (“veniva riferito risveglio notturno per sensazione di “peso” a livello addominale la notte precedente (3- 4.06.2017) con successivo miglioramento di tale sensazione durante la giornata del 4.06; riferito inoltre sonno disturbato la notte precedente (04-05.06.2017); veniva annotata all’EO tachicardia 130 bpm, apiretico, PA 100/80 mmHg; veniva richiesta consulenza cardiologicaDagli orari ricavati dalle indagini strumentali risulta documentalmente tracciabile che: alle ore 8:24 veniva sottoposto ad esame elettrocardiografico refertato ritmo sinusale, ipertrofia ventricolare sx ad orario non ricavabile dalla documentazione sanitaria; alle 9:30 veniva eseguiti prelievi ematici e richiesti esami laboratoristici tra cui emogasanalisi, marcatori cardici (CK-MB e Troponina I) e PCR in urgenza – questi esami laboratoristici risultano refertate alle ore 12:38 del 05.06.2017; alle ore 11:32 ad esame ecocardiografico che evidenziava …insufficienza valvolare tricuspidale da cui si ricava una pressione di VD di circa 45-50 mmHg, insufficienza valvolare mitralica di grado lieve-moderato…contrattilità ridotta: FE 45%, FS 23%…versamento pericardico di grado lieve…“).

Al termine della consulenza cardiologica veniva annotato: “Al controllo odierno si evidenzia una ipertrofia concentrica del miocardio associata ad un versamento pericardico di grado lieve con una disfunzione Sisto-diastolica del ventricolo sinistro ed una lieve ipertensione polmonare. il quadro clinico di base è compatibile con una pericardite cronica in fase di riacutizzazione“; quindi, veniva impostata terapia farmacologica (“acido acetilsalicilico 1g x 3/die, colchicina ½ cp al di per una settimana poi 1 cp al dì, atenololo 50mg/die, lasoprazolo 30mg/die“), programmato controllo clinico-strumentale a 15 giorni; il paziente veniva dimesso a domicilio.

Tuttavia, alle ore 15:30 del 05/06/2017 personale medico del Servizio 118 interveniva presso il domicilio del Ferreira ( “rinvenuto a terra in bagno dalla madre cianotico inizialmente cosciente con successiva perdita di coscienza“), dove documentava “arresto cardiocircolatorio PEA e GASPING, cianosi diffusa…con ROSC dopo circa 3’“; il ragazzo veniva intubato e trasportato presso la Rianimazione dell’AOU di Parma; giunto alle ore 16:05 veniva documentato nuovo arresto (PEA) prima di salire in reparto. Nel corso delle manovre rianimatorie venivano eseguiti ecocardio transtoracico ed esofageo che documentavano la mancata ripresa di attività contrattile. Le manovre rianimatorie venivano interrotte alle ore 17:25 e constatato il decesso.

In data 09/06/2017, il Ferreira veniva sottoposto ad esame autoptico; alla luce dei risultati dei rilievi microscopici e biologico molecolari ivi effettuati il decesso risultava ascrivibile ad “insufficienza miocardica acuta conseguente a processo infiammatorio perimiocardico di natura virale (da virus Epstein-Barr) nell’ambito di un quadro patologico cronico caratterizzato da epatosplenomegalia con pancitopenia ed alterazioni cutanee multiformi“.

Quanto agli accertamenti svolti con riguardo alla lamentata colpa medica, si osserva che, come già accertato nella consulenza medico legale disposta in sede penale (doc. 14 di parte attrice), la Ctu svolta in questa sede ha confermato che il personale medico, in occasione dell’accesso del paziente al Pronto Soccorso nella mattinata del 05.06.2017, ha commesso un grave errore diagnostico, conseguentemente errando nel dimetterlo per le cure a domicilio.

Si legge, infatti, nella Ctu collegiale, alla quale si fa rinvio: “…Alla luce delle osservazioni che precedono, dall’analisi della documentazione sanitaria, sempre da una rigorosa prospettazione analitica ex ante, emergono elementi di criticità tali da ritenere l’iter clinico-assistenziale erogato nella mattinata del 05.06.2017 presso il nosocomio parmigiano non conforme all’operatività richiesta e non adeguato alle esigenze del caso concreto“.

Infatti, secondo la suddetta Ctu collegiale “Più nel dettaglio i rilievi clinicoanamnestici integrati con le risultanze elettrocardiografiche (ECG effettuato alle ore 8:26 con evidenza di sopraslivellamento del tratto ST), ecocardiografiche (ecocardio effettuato alle ore 11:30 caratterizzato da depressione contrattile (FE 48%) associata ad aumento degli spessori parietali del ventricolo sinistro, a incremento delle pressioni in arteria polmonare ed a piccolo versamento pericardico) ed in subordine laboratoristiche (dismissione degli enzimi di necrosi miocardica e incremento della PCR – esami richiesti in urgenza, i cui risultati risultano validati nella tarda mattinata alle ore 12:38) risultavano suggestivi di un quadro di miocardite acuta a potenziale rapida evoluzione peggiorativa, inquadrabile in una forma fulminante. In tale direzione sussistevano evidenze di gravità e di acuzie tali da necessitare un’osservazione clinica in ambiente ospedaliero ovvero la programmazione del trasferimento del paziente in una Struttura Sanitaria di terzo livello dotata di specifici presidi terapeutici nonché dei supporti di circolazione extracorporea (p.e. l’ECMO) finalizzati al trattamento della miocardite acuta-fulminante“.

I Ctu, pertanto, hanno concluso che, nelle descritte circostanze, “La presentazione clinico-ecografica era tale da non rendere necessaria l’esecuzione di ulteriori accertamenti diagnostici (p.e. RMN cardiaca e/o biopsia endomiocardica) per avere la conferma della diagnosi…” (pg 37 della Ctu).

Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, dunque, che gli esami svolti sul paziente, in occasione dell’accesso al P.S. del 05/06/2017, fossero idonei e sufficienti a consentire il corretto inquadramento del caso, ovvero la diagnosi di miocardite acuta fulminante, che avrebbe reso doveroso il ricovero immediato del paziente per la sottoposizione “a monitoraggio clinico-strumentale intensivo, continuo, in ambiente cardiologico” (v. Osservazioni depositate in data 26/03/2022) od il suo trasferimento nel centro più attrezzato dell’AOU di Bologna (“in previsione del possibile mancato recupero della funzione ventricolare con successiva ipotetica candidabilità all’impianto di VAD intracorporeo/trapianto cardiaco il caso clinico necessitava per complessità intrinseca del tempestivo coinvolgimento del Centro di riferimento regionale di III livello -presidio ospedaliero abilitato ad impianto di supporto circolatori a lungo termine e trapianto di cuore-, nel caso Bologna, per concordare la gestione diagnostico-terapeutica, i tempi e le modalità dell’eventuale trasferimento del paziente“, pg.65).

Tuttavia, con riguardo all’aggravamento delle condizioni del paziente al proprio domicilio, nell’arco di poche ore successive, ed al decesso intervenuto nella medesima giornata, il Collegio peritale ha osservato quanto segue:

…permane la concreta incertezza rispetto all’efficacia risolutiva di un tempestivo approccio diagnostico-terapeutico quale il rapido riconoscimento dell’aritmia e l’altrettanta rapida defibrillazione, possibili in un ambiente protetto. A tal riguardo si evidenzia che nel contesto di una miocardite acuta in cui vi è uno stato infiammatorio generalizzato – così come documentato dai reperti microscopici allegati alla CTPM allegata agli atti – che, con criterio di probabilità qualificata, altera sia l’attività elettrica che contrattile miocardica, la fibrillazione ventricolare è tale da non essere efficacemente responsiva alla procedura di defibrillazione, al punto di necessitare anche il ricorso a un supporto del circolo con ECMO, se disponibile nel contesto organizzativo ospedaliero ove sia preso in carico il paziente…“.

Pertanto, il collegio peritale, tenuto conto della “sussistenza di manchevolezze operative nel management del paziente, circa l’effetto determinato dal percorso di cure (‘manchevole’ in ragione di condotte decifrabili come omissive) attuato presso il nosocomio parmigiano, avuto riguardo al caso specifico – ed in particolare all’età, al contesto clinico-anamnestico documentalmente tracciabile preesistente al ricovero dell’aprile 2017, alle condizioni cliniche del paziente al momento dell’accesso nella mattinata del 05.06.2017 e alla caratteristiche della patologia di base (miocardite acuta fulminante, a decorso clinico rapidamente ingravescente, di per sé correlata ad una prognosi quoad vitam severa indipendentemente dai profili di gestione sanitaria concretamente attuati)“, applicando un ragionamento “di tipo controfattuale“, è pervenuto alla conclusione che “le criticità sanitarie gestionali evidenziate rispetto al management del giovane Ferreira determinarono una perdita totalizzante di chances di sopravvivenza rispetto ad aspettative di vita ridotte nella misura di 1/4 (25%); ciò in ragione della prognosi intrinsecamente infausta correlata alla patologia di base nelle caratteristiche con cui si manifestò nel caso oggetto di trattazione e della sussistente concreta incertezza sull’esito di un management ed un approccio diagnostico-terapeutico differente ed alternativo rispetto a quanto nel concreto attuato” (pg. 39).

Tuttavia, alla luce di quanto accertato dai Ctu ed applicando i principi giurisprudenziali sopra esposti in relazione all’accertamento del nesso eziologico, deve ritenersi che, riconosciuto l’errore diagnostico del personale medico, intervenuto nella cura del paziente in data 05/06/2017, il decesso di quest’ultimo, secondo il principio del “più probabile che non“, non sia addebitabile allo stesso, stante la gravità della patologia dalla quale lo Ferreira era affetto, che, in ipotesi di approccio diagnostico e terapeutico corretto, avrebbe lasciato al paziente una possibilità di sopravvivenza limitata alla ridotta percentuale del 25%.

Infatti, il collegio peritale ha evidenziato che “nel contesto di una miocardite acuta in cui vi è uno stato infiammatorio generalizzato – così come documentato dai reperti microscopici allegati alla CTPM allegata agli atti – che, con criterio di probabilità qualificata, altera sia l’attività elettrica che contrattile miocardica, la fibrillazione ventricolare è tale da non essere efficacemente responsiva alla procedura di defibrillazione, al punto di necessitare anche il ricorso a un supporto del circolo con ECMO, se disponibile nel contesto organizzativo ospedaliero ove sia preso in carico il paziente” (pgg.38-39).

Inoltre, premesso che l’ECMO “consiste in una metodica invasiva, non rappresenta un intervento terapeutico di per sé, ma costituisce qualora applicabile al caso concreto esclusivamente un supporto alle funzioni vitali con l’obiettivo di vicariare la funzione circolatoria di pazienti con un cuore ormai insufficiente per un periodo tale da permetterne il recupero funzionale (bridge to recovery), oppure da poter candidare o inviare il paziente a trapianto cardiaco (bridge to candidacy, bridge to transplantation) o da poter valutare la possibilità di altre strategie terapeutiche o di impianto di dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) (bridge to decision, bridge to bridge)” (pg.64), il collegio peritale ha, altresì, concluso che “anche gli stessi sistemi di supporto del circolo (ECMO) sono gravati da complicanze molto gravi che divengono via via più frequenti man mano che si prolunga il loro impiego; in particolare secondo una review pubblicata nel 2013 la mortalità complessiva correlata all’ECMO è risultata pari al 54% (A Zangrillo et al: A meta-analysis of complications and mortality of extracorporeal membrane oxygenation. Crit Care Resusc 2013;15:172-178)” (pg. 37).

Alla luce di quanto sopra, ancora, deve escludersi che possa riconoscersi, in concreto, una perdita di chance di sopravvivenza.

Tale concetto, infatti, presuppone, sempre, che sia accertata positivamente la sussistenza del nesso causale tra la condotta medica colposa ed un evento, che deve consistere nella perdita (certa) della possibilità di conseguire un diverso risultato (incerto). Così, in particolare, a proposito della perdita di chance di vivere più a lungo (chance di sopravvivenza), la giurisprudenza di legittimità più recente ha affermato che tale danno “…sarà invece risarcito, equitativamente, una volta che, da un lato, vi sia incertezza sull’efficienza causale della condotta illecita quoad mortem, ma, al contempo, vi sia certezza eziologica che la condotta colpevole abbia cagionato la perdita della possibilità di vivere più a lungo (possibilità non concretamente accertabile nel quantum…)” (Cass. n. 26851/2023 cit.).

Nell’ipotesi concreta, invece, il decesso del paziente è evento che si è già verificato (non può, dunque, parlarsi, almeno in questo caso, di perdita di chance di vivere più a lungo) e la bassa percentuale, accertata dai Ctu (25%), di possibilità di evitarlo con un adeguato trattamento medico, dovendo essere valutata in rapporto con la ben più elevata percentuale di probabilità infausta, in applicazione del principio del “più probabile che non“, che regola l’accertamento del nesso causale, ne comporta l’ esclusione.

Infine, parte attrice ha contestato l’impostazione della Ctu, sostenendo che i consulenti avrebbero dovuto prendere in considerazione le linee guida che i sanitari avrebbero dovuto osservare “nella fase centrale e cruciale della diagnosi della miocardite“, anticipata al 31/05/2017, momento in cui gli stessi avrebbero potuto sospettare la presenza di miocardite (“bastando a tal fine, al bravo clinico, anche solo legare, nel discernimento clinico-diagnostico, la tipica eziologia virale di questa malattia con la mononucleosi in corso di trattamento“, v. pg. 14 di comparsa conclusionale).

Tuttavia, come osservato dal collegio di Ctu, “si evidenzia che un quadro francamente patologico è stato documentato esclusivamente al momento dell’ultimo accesso in pronto soccorso, non essendoci stati in occasione del ricovero dell’aprile 2017 e delle visite di controllo effettuate successivamente alla dimissione a domicilio, elementi sospetti per una patologia cardiovascolare, tra l’altro indagata con approfondimenti cardiologici risultati negativi” e ancora, a tale epoca: “…la miocardite risultava un evento non concretamente prevenibile né nel caso di specie concretamente diagnosticabile. Non era prevenibile dal punto di vista fisiopatologico nella misura in cui, come già ampiamente discusso, non esistono presidi diagnostico-terapeutici noti in letteratura a tale scopo. Non era diagnosticabile in quanto non vi era alcun segno o sintomo clinico suggestivo per porre una diagnosi in tempi antecedenti all’accesso del 5 giugno 2017” (v. Osservazioni depositate dai Ctu in data 26/03/2022).

Alla luce di quanto sopra, le domande attoree devono essere rigettate.

Le spese di Ctu vanno poste definitivamente a carico di parte attrice.

Le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Giudice Unico, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide:

respinge le domande proposte da Ferreira Enrique, Carvalho Chiara, in proprio nonché in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale di Ferreira Ginevra, e da Da Silva Bianca nei confronti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.

Pone le spese di Ctu, come liquidate in atti, definitivamente a carico di parte attrice.

Condanna parte attrice al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 29.000,00, per onorari, oltre rimborso forfettario del 15 % sul compenso, per spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Parma, 13/03/2024

Il Giudice Unico

Dott. Antonella Ioffredi

Pubblicazione il 18/03/2024