MARITO SI RISPOSA? DEVE VERSARE COMUNQUE MANTENIMENTO PRIMA MOGLIE
“nel caso di specie, la sentenza di divorzio ha accertato che il F. , nel 2013, ha dichiarato un reddito superiore ai 24.000 Euro, che non risulta essere diminuito; mentre la P. è proprietaria di un appartamento, per la locazione del quale riceve, oggi come allora, un canone di Euro 400; ed oggi, a 60 anni, difficilmente potrà trovare un lavoro. Quanto alle maggiori spese che il reclamante deduce di dover sostenere per effetto della nuova convivenza, occorre considerare che si tratta di una sua libera scelta, le cui conseguenze in tanto possono coinvolgere l’assegno dovuto al primo coniuge, in quanto incidano in maniera pregnante, e decisiva, sul suo menage. Ma il ricorso, cosi come il reclamo, fa riferimento alle sole maggiori spese necessarie per la vita quotidiana che, seppure sicuramente sussistenti, paiono inidonee ad alterare in maniera significativa il menage di un soggetto il cui reddito è prossimo ai 2.000 Euro al mese”.
Inutile il richiamo dato dall’uomo ai sopravvenuti oneri familiari a suo carico, dovuti al suo nuovo matrimonio
Nuovo matrimonio per l’ex marito: confermato per lui l’obbligo di versare l’assegno divorzile all’ex moglie
Il nuovo matrimonio non salva automaticamente l’uomo dall’obbligo di versare l’assegno divorzile all’ex moglie. I giudici chiariscono che in tema di assegno divorzile, qualora a supporto della richiesta di sua diminuzione siano allegati sopravvenuti oneri familiari del coniuge obbligato, è necessario comunque verificare se essi abbiano determinato un effettivo depauperamento delle sue sostanze, tale da postulare una rinnovata valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, o se, viceversa, la complessiva, mutata condizione del coniuge obbligato – che si è rifatto una famiglia – non sia comunque di consistenza tale da rendere irrilevanti i nuovi oneri assunti col nuovo matrimonio. Respinta, nella vicenda presa in esame dai giudici, la tesi, proposta dall’uomo, secondo cui si è legittimata una posizione di rendita dell’ex moglie, imponendo a lui di rincorrere i risultati reddituali raggiunti in passato grazie allo svolgimento di lavoro straordinario e festivo. (Ordinanza 14162 del 4 maggio 2022 della Corte di Cassazione)
Cass. civ., sez. I, ord., 4 maggio 2022, n. 14162
Presidente Genovese – Relatore Di Marzio
Rilevato in fatto che:
1. – F.N. ricorre per due mezzi, nei confronti di P.M.G. , contro il decreto dell’8 gennaio 2018, con cui la Corte d’appello dell’Aquila ha respinto il suo reclamo avverso decreto del Tribunale di Teramo volto ad ottenere l’eliminazione o riduzione del suo obbligo di assegno divorzile quantificato in Euro 400,00 mensili.
2. – P.M.G. non spiega difese.
Considerato in diritto che:
3. – Il primo mezzo denuncia: “Violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5 – 9, artt. 132 e 115 c.p.c., art. 111 Cost., e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – art. 360 c.p.c., n. 3”. Sostiene in breve il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe motivato in ordine al rilievo del nuovo matrimonio che egli aveva contratto, per di più attribuendogli un reddito annuale di circa 20.000 Euro, che in effetti realizzava solo attraverso l’espletamento di lavoro straordinario e notturno.
Il secondo mezzo denuncia: “Violazione art. 5 – 9,1 comma Legge divorzio – violazione principio di equità – violazione art. 111 Cost., art. 360 c.p.c., n. 2”. Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe legittimato una posizione di rendita della P. , imponendo ad esso F. di rincorrere i risultati reddituali raggiunti, attraverso lo svolgimento di lavoro straordinario e festivo.
Ritenuto che:
4. – Il ricorso è inammissibile.
4.1. – È inammissibile il primo motivo.
A parte la formulazione della censura in relazione ad una previsione normativa abrogata dal 2012 (“omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”); a parte il richiamo all’art. 115 c.p.c., che può dirsi violato solo se il giudice ponga a fondamento della domanda prove introdotte d’ufficio o fatti contestati; a parte la formulazione delle censure riguardanti aspetti processuali in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3; a parte la formulazione della censura di violazione dell’art. 5 della legge sul divorzio, censura che neppure sfiora il significato e la portata applicativa della norma richiamata in rubrica; a parte tutto ciò, il fatto è che il motivo tende a capovolgere la motivazione addotta dal giudice di merito, il quale ha osservato che “nel caso di specie, la sentenza di divorzio ha accertato che il F. , nel 2013, ha dichiarato un reddito superiore ai 24.000 Euro, che non risulta essere diminuito; mentre la P. è proprietaria di un appartamento, per la locazione del quale riceve, oggi come allora, un canone di Euro 400; ed oggi, a 60 anni, difficilmente potrà trovare un lavoro. Quanto alle maggiori spese che il reclamante deduce di dover sostenere per effetto della nuova convivenza, occorre considerare che si tratta di una sua libera scelta, le cui conseguenze in tanto possono coinvolgere l’assegno dovuto al primo coniuge, in quanto incidano in maniera pregnante, e decisiva, sul suo menage. Ma il ricorso, cosi come il reclamo, fa riferimento alle sole maggiori spese necessarie per la vita quotidiana che, seppure sicuramente sussistenti, paiono inidonee ad alterare in maniera significativa il menage di un soggetto il cui reddito è prossimo ai 2.000 Euro al mese”.
Trattasi di valutazione di merito conforme al principio secondo cui: “In tema di assegno divorzile, qualora a supporto della richiesta di sua diminuzione siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato, il giudice deve verificare se si gli stessi abbiano determinato un effettivo depauperamento delle sostanze di quest’ultimo, tale da postulare una rinnovata valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti o se, viceversa, la complessiva, mutata condizione dell’obbligato non sia comunque di consistenza tale da rendere irrilevanti i nuovi oneri” (Cass. 29 luglio 2021, n. 21818; v. pure Cass. 19 marzo 2014, n. 6289; Cass. 12 luglio 2016, n. 14175).
Valutazione di merito come tale insindacabile in sede di legittimità.
4.2. – Anche il secondo mezzo è inammissibile per analoghe ragioni.
Trattasi difatti di censura versata in fatto, e cioè volta a sollecitare un riesame dell’accertamento di merito svolto dal Tribunale prima dalla Corte d’appello poi, essendo per di più il motivo fondato su circostanze fattuali – lo svolgimento di lavoro straordinario e festivo – che non risultano menzionate nella sentenza impugnata e riguardo alle quali il ricorso difetto del requisito dell’autosufficienza di cui al numero 6 dell’art. 366 c.p.c..
5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto. Si dispone l’oscuramento dei dati.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Si dispone l’oscuramento dei dati.