La caparra (sia confirmatoria che penitenziale) è dunque, come è noto, una clausola
- ‘se contrattualmente pattuito il versamento di una somma a titolo di caparra confirmatoria, si producano gli effetti di cui all’art. 1385 comma 2 c.c. anche in mancanza di materiale versamento della relativa somma’;
- ‘se in relazione al disposto di cui all’art. 1655 ult comma c.c. e nel rispetto dell’autonomia contrattuale previsto dall’art. 1322 c.c., possa ritenersi valida ed efficace la pattuizione che pone a carico della parte committente l’onere del versamento di una somma di danaro a titolo di caparra confirmatoria, prima della realizzazione dell’opera da parte dell’appaltatore’. La doglianza è infondata.[wpforms id=”21592″ title=”true” description=”true”]
Occorre premettere che, la caparra confirmatoria, o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale).
La caparra (sia confirmatoria che penitenziale) è dunque, come è noto, una clausola
che ha lo scopo di rafforzare il vincolo contrattuale; il relativo patto contrattuale ha natura reale, e, come tale, è improduttivo di effetti giuridici ove non si perfezioni con la consegna della relativa somma (Cass. n. 2870 del 07/06/1978).
Ciò tuttavia non esclude che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, possano differire la dazione della caparra in tutto o in parte ad un momento successivo alla conclusione del contratto, come previsto dall’art. 1385, primo comma c.c., purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite (Cass. n. 5424 del 14.4.2002; Cass. 3071 del 13.02.2006; Cass. n. 17127 del 9.8.2011). Tale possibilità non comporta tuttavia anche quella di escludere la natura reale del contratto e ad attribuire all’obbligazione della sua prestazione gli effetti che l’art. 1385, 2 comma c.c. ricollega alla sua consegna, che nel caso di specie non è avvenuta. Con tale conclusione resta assorbito l’esame delle ulteriori censure contenute nel motivo.
Deve, in proposito, osservarsi che, in tema di caparra confirmatoria, il principio di cui al comma 2 dell’art. 1385 c.c. (in virtù del quale la parte non inadempiente ha facoltà di recedere dal contratto ritenendo la caparra ricevuta od esigendone il doppio rispetto a quella versata)
non è applicabile (come, in effetti, dedotto dai ricorrenti) tutte le volte in cui la parte non inadempiente, anziché recedere dal contratto, si avvalga del rimedio ordinario della risoluzione del negozio, perdendo, in tal caso, la funzione di liquidazione convenzionale anticipata del danno; tuttavia, deve affermarsi (cfr, ad es., Cass. n. 11356 del 2006) che, qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio (come verificatosi nella specie), la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi essa perde la suindicata funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 ss. c.c., salvo che non ne sia stata convenzionalmente predeterminata la misura sotto forma di clausola penale.
In altri termini, qualora la parte non inadempiente,
invece di recedere dal contratto, manifesti la volontà di optare per l’esercizio del rimedio ordinario della risoluzione del negozio, la restituzione di quanto versato a titolo di caparra è dovuta dalla parte adempiente quale effetto della risoluzione stessa in conseguenza della caducazione della sua causa giustificativa, senza alcuna necessità di specifica prova del danno, essendo il danno stesso (consistente nella perdita della somma capitale versata alla controparte maggiorata degli interessi) “in re ipsa”, mentre la prova richiesta alla parte che abbia scelto il rimedio ordinario della risoluzione del preliminare riguarderà esclusivamente l’eventuale maggior danno subito in conseguenza dell’inadempimento dell’altra parte. Tuttavia, per il caso di previsione cumulativa di caparra e penale nello stesso contratto, tale ulteriore danno sarà automaticamente determinato nel “quantum” previsto a titolo di clausola penale che ha la funzione di limitare il risarcimento del danno nel caso in cui la parte che non è inadempiente preferisca, anziché recedere dal contratto, domandarne la risoluzione (in termini, v. Cass. 28 giugno 2012 n. 10953