FONDO VITTIME STRADA CONDANNATO MORTALE MOTO CORTE BOLOGNA
AVVOCATO A BOLOGNA SERGIO ARMAROLI ESPERTO RISARCIMENTO INCIDENTI MORTALI
IL FATTO
convenivano in giudizio, davanti al tribunale di Ferrara, la F.S. s.p.a. nella sua qualità di Impresa territorialmente designata per la gestione del Fondo di Garanzia delle V.S., chiedendo il risarcimento dei danni da essi subiti per effetto della morte di R.T. (figlio dei coniugi M.T. e L.T., fratello di V.T.) avvenuta a seguito del sinistro stradale verificatosi verso le ore 19.00 del 22 giugno 2002, allorché il loro congiunto, alla guida del motociclo Honda tg. (…), nel percorrere in località Berra di Ferrara il tratto della provinciale nella direzione Serravalle – Berra, nell’affrontare una curva a destra, aveva perso il controllo della motocicletta, a causa dello scivolamento determinato da una notevole presenza di sostanza oleosa sul manto stradale, cadendo e collidendo violentemente a ridosso di una protezione stradale prima di finire, praticamente ormai esanime, nella zona cortiliva di un’abitazione circostante. Gli attori deducevano che l’incidente mortale era stato la conseguenza della condotta di un ignoto conducente di veicoli ammessi alla circolazione stradale con pertinenti oneri assicurativi e che, in specifico, il fatto doveva essere esclusivamente ascritto alla responsabilità colposa di un utente di macchinario agricolo poco prima transitato nella zona e che aveva sparso sulla strada abbondanti quantità di olio.
LA MOTIVAZIONE CORTE
Le appellanti principali deducono che, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, la c.t.u. non avrebbe evidenziato alcun elemento di colpa nella condotta del motociclista e che, pertanto, la responsabilità del sinistro dovrebbe essere ascritta in via esclusiva o comunque assolutamente prevalente alla presenza, sul manto stradale, dell’olio perso dal veicolo sconosciuto. Sostengono, in particolare, che la velocità tenuta dal Testi era prudenziale (in quanto non solo inferiore al limite di velocità dei 90 km/h imposto in quel tratto di strada, ma anche adeguata alle condizioni di buona visibilità diurna e di tempo sereno), sicché non vi era alcuna ragione oggettiva che richiedesse una condotta di guida più prudente del normale.
6.2 – L’appellante incidentale, per contro, deduce:
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a) che non vi è prova che la presenza della grande macchia d’olio sulla carreggiata sia riconducibile alla responsabilità del conducente di un veicolo rimasto sconosciuto e soggetto ad assicurazione obbligatoria per la R.C.A. (potendo ipotizzarsi, ad esempio, la perdita di olio trasportato su veicolo non soggetto ad assicurazione quale un veicolo a trazione animale);
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b) che il sinistro si è verificato in una intersezione stradale segnalata, con segnaletica verticale di pericolo recante doppia curva pericolosa e restringimento della carreggiata da entrambi i lati che imponeva particolare prudenza e moderazione della velocità: il sinistro si sarebbe quindi verificato per colpa esclusiva o comunque assolutamente prevalente del motociclista che, se avesse marciato a velocità moderata e avesse tenuto rigorosamente la destra, avrebbe potuto agevolmente evitare la macchia d’olio che non interessava l’intera semicarreggiata.
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– Ritiene la Corte che, in punto a responsabilità del sinistro, sia fondato, nei limiti di seguito specificati, l’appello principale e che, per contro, non possa trovare accoglimento l’impugnazione incidentale.
7.1 – Va in primo luogo rilevato che, diversamente da quanto sostenuto da F.S. s.p.a., la riconducibilità della presenza della macchia d’olio sulla carreggiata ad un veicolo a motore soggetto ad assicurazione obbligatoria può dirsi provata. Dagli atti di indagine compiuti dai Carabinieri subito dopo la verificazione dell’incidente risulta, infatti, come puntualmente evidenziato dal giudice a quo, che sulla superficie della strada era presente una estesa macchia d’olio da motore ad iniziare dalla strada laterale di immissione sul tratto viario percorso da R.B., per poi continuare a ridosso di una lunga parte di tale tragitto della strada provinciale conducente a Berra, con continue, evidenti tracce della stessa sostanza scemanti solo in prossimità di una cooperativa/consorzio agricolo (di Serravalle fraz. di Berra) risultata in sede di indagini frequentata da diversi conducenti di macchinari agricoli con e senza rimorchi (cfr. sul punto l’annotazione di P.G. del 23/6/2002 in atti).
7.2 – Come parimenti condivisibilmente osservato dal primo giudice, non è mai stato posto in dubbio che la sostanza sparsa sul fondo stradale, in particolare con diffusioni variabili sino al massimo della metà della corsia di pertinenza del motociclista, potesse derivare dalla conduzione di un veicolo a motore, plausibilmente agricolo o similare. Il tribunale ha altresì ipotizzato che la perdita possa essere stata originata dal maldestro trasporto di oli in quantità talmente elevate da non poter essere ricondotte a fenomeni di mera perdita dai sistemi di trazione veicolare (notoriamente lubrificati da quantitativi limitati alle esigenze meccaniche) ed ha osservato (senza specifica contestazione sul punto) che si sarebbe in ogni caso in presenza di responsabilità colposa “in rapporto agli oneri ed alle incisive cautele cui tutti i gli utenti stradali sono sottoposti, ad iniziare dal governo manutentivo dei veicoli, fino alle cure/cautele da apprestare in occasione di carichi e trasporti”.
7.3 – D’altro canto, la conformazione della macchia d’olio è sintomatica della perdita continua da parte di un veicolo in movimento che teneva una determinata direzione (che ha condotto la polizia giudiziaria ad individuare con ragionevole certezza la causa della presenza della macchia d’olio nella perdita da parte di un veicolo agricolo, anche se non è stato possibile individuare il responsabile della perdita) e che si muoveva ad una velocità incompatibile con l’ipotesi, avanzata dal Fondo di garanzia nell’atto di appello, di perdita di olio (da motore) trasportato su veicolo trainato da animale. In altre parole, gli elementi in atti sono univocamente indicativi della riconducibilità della macchia d’olio presente sulla strada a perdita da parte di veicolo a motore soggetto ad obbligo assicurativo.
7.4 – Ne consegue che, non essendo contestato che R.T. abbia perso il controllo della moto a causa dell’olio presente sulla strada (che determinò la perdita di aderenza del mezzo), correttamente il Tribunale ha affermato la responsabilità del Fondo di Garanzia.
DECISIONE CORTE
Il tribunale, secondo le eredi di M.T., avrebbe liquidato in favore del proprio dante causa un importo inferiore a quello riconosciuto alla madre e prossimo al minimo riconosciuto dalle Tabelle del Tribunale di Milano (aggiornate all’anno 2011) sull’erroneo presupposto dell’esistenza di un presunto rapporto conflittuale con il figlio. Il primo giudice non avrebbe considerato il rilevante pregiudizio di natura esistenziale comunque subito dal padre del giovane deceduto, “consistito nella mancanza per il futuro, in via permanente, del rapporto relazionale, affettivo e da consuetudine di vita quotidiana con il figlio”. Le estemporanee dichiarazioni rese da V.T. nel corso delle operazioni di c.t.u. non sarebbero idonee ad “annullare il legame giuridico affettivo di particolare intensità che lega un padre ad un figlio e il dolore che secondo l’id quod plerumque accidit, consegue ad una perdita così importante”. Né, ad avviso di parte appellante, può attribuirsi rilievo, per ritenere meno intensa la sofferenza derivante dalla perdita del figlio, la patologia di carattere psichico (sindrome ansioso depressiva in compenso farmacologico) della quale M.T. soffriva da anni, dovendosi per contro ritenere che proprio l’evento luttuoso abbia comportato un approfondimento dei sintomi depressivi
AVVOCATO A BOLOGNA SERGIO ARMAROLI ESPERTO RISARCIMENTO INCIDENTI MORTALI
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a) dichiara che il sinistro si è verificato per colpa del conducente di veicolo non identificato nella misura dell’80%;
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b) conseguentemente condanna F.S. s.p.a. quale impresa designata per il Fondo di Garanzia V.S. a pagare le seguenti ulteriori somme:
– in favore di L.M. in proprio Euro 105.116,10, oltre interessi compensativi su detta somma devalutata al giugno 2002 e rivalutata anno per anno, dal giugno 2002 alla data della presente sentenza;
– in favore di V.T. in proprio Euro 38.457,00, oltre interessi compensativi su detta somma devalutata al giugno 2002 e rivalutata anno per anno, dal giugno 2002 alla data della presente sentenza;
– in favore di L.M. e V.T., quali eredi di M.T., Euro 54.000,00 per danno non patrimoniale, oltre interessi compensativi su detta somma devalutata al giugno 2002 e rivalutata anno per anno, dal giugno 2002 alla data della presente sentenza ed Euro 1.200,76 per danno patrimoniale emergente oltre interessi legali dalla data dei pagamenti al saldo;
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c) rigetta l’appello incidentale;
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d) dichiara compensate tra le parti le spese del grado per metà e condanna F.S. quale impresa designata per il Fondo di Garanzia V.S. a rimborsare alle appellanti L.M. e V.T. la residua metà, che liquida per l’intero in Euro 683,00 per esborsi (c.u.) ed Euro 13.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso delle spese forfettarie iva e cpa;
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e) dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’ 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002nei confronti dell’appellante incidentale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
Seconda Sezione Civile
riunita in Camera di Consiglio in persona dei Magistrati:
dott. Roberto Aponte – Presidente rel.
dott. Diego Di Marco – Consigliere
dott. Mariapia Parisi – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1302 del ruolo generale dell’anno 2013
promossa da
L.M. e V.T., in proprio e quali eredi di M.T. rappresentate e difese, in forza di procura a margine dell’atto di appello, dagli avv.ti Milena Catozzi e Sauro Frignani, elettivamente domiciliati in Bologna, via San Felice 57 presso lo studio dell’avv. Lorenzo Alberti (appellanti)
contro
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– S. S.P.A. quale Impresa territorialmente designata per la gestione del Fondo di Garanzia V.S., in persona del Legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall’avv. Marco Colombo elettivamente domiciliata in Bologna, via De Gombruti 16 presso l’avv. M. Rigoni (appellata – appellante in via incidentale)
Svolgimento del processo
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– L.M., M.T. e V.T., convenivano in giudizio, davanti al tribunale di Ferrara, la F.S. s.p.a. nella sua qualità di Impresa territorialmente designata per la gestione del Fondo di Garanzia delle V.S., chiedendo il risarcimento dei danni da essi subiti per effetto della morte di R.T. (figlio dei coniugi M.T. e L.T., fratello di V.T.) avvenuta a seguito del sinistro stradale verificatosi verso le ore 19.00 del 22 giugno 2002, allorché il loro congiunto, alla guida del motociclo Honda tg. (…), nel percorrere in località Berra di Ferrara il tratto della provinciale nella direzione Serravalle – Berra, nell’affrontare una curva a destra, aveva perso il controllo della motocicletta, a causa dello scivolamento determinato da una notevole presenza di sostanza oleosa sul manto stradale, cadendo e collidendo violentemente a ridosso di una protezione stradale prima di finire, praticamente ormai esanime, nella zona cortiliva di un’abitazione circostante. Gli attori deducevano che l’incidente mortale era stato la conseguenza della condotta di un ignoto conducente di veicoli ammessi alla circolazione stradale con pertinenti oneri assicurativi e che, in specifico, il fatto doveva essere esclusivamente ascritto alla responsabilità colposa di un utente di macchinario agricolo poco prima transitato nella zona e che aveva sparso sulla strada abbondanti quantità di olio.
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– All’esito dell’istruttoria, nel corso della quale venivano prodotti documenti, assunte prove testimoniali ed espletate c.t.u. cinematica e c.t.u. medico-legale, il Tribunale, con sentenza n. 198 del 12-14/1/2013, dichiarava che il sinistro si era verificato per pari colpa del conducente di veicolo sconosciuto che aveva perso olio rendendo scivolosa la superficie della strada e del conducente della motocicletta che aveva affrontato la curva senza tenere rigorosamente la destra e a velocità non prudenziale; condannava quindi il Fondo di Garanzia a risarcire agli attori i danni subiti a seguito della perdita del congiunto nella misura del 50%.
2.1 – Con decreto 12-14/1/2013 il tribunale provvedeva poi alla correzione di errori materiali contenuti nel dispositivo della sentenza riguardanti il computo degli interessi compensativi, da effettuarsi sulle somme devalutate ed annualmente rivalutate, e la mancata decurtazione del danno biologico da morte e delle spese funerarie in ragione della percentuale di responsabilità riconosciuta in capo al de cuius.
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– Avverso tale sentenza proponevano appello L.M. e V.T., in proprio e nella qualità di eredi di M.T. (deceduto ab intestato il 28/4/2012) deducendo che la responsabilità del sinistro doveva essere ascritta in via esclusiva o comunque prevalente al conducente del veicolo sconosciuto e che il danno subito dal padre di R.T. per la perdita del rapporto parentale era stato liquidato in misura insufficiente.
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– F.S., quale impresa designata, proponeva appello in via incidentale, affidato a sette motivi, riguardanti sia l’an che il quantum delle pretese risarcitorie. In particolare l’appellante incidentale deduceva: con i primi due motivi che non vi era prova della riconducibilità del sinistro alla condotta del conducente di veicolo rimasto non identificato soggetto all’obbligo di assicurazione R.C.A. e che, in ogni caso, la responsabilità dell’incidente mortale doveva essere ascritta in via esclusiva o prevalente alla condotta del motociclista; con il terzo motivo che la somma liquidata in favore di M.T. a titolo di danno per la perdita parentale era eccessiva; con il quarto motivo che anche le somme liquidate (in misura corrispondente ai massimi tabellari) in favore della madre e della sorella del de cuius a titolo di danno da perdita parentale erano eccessive; con il quinto motivo che, in considerazione della natura unitaria del danno non patrimoniale affermata dalle “sentenze gemelle” delle sezioni unite del S.C. del 2008, il riconoscimento, in favore della madre della sorella di un danno biologico jure proprio in aggiunta al danno morale da morte del congiunto, aveva comportato una duplicazione risarcitoria; con il sesto e il settimo motivo riproponeva in via cautelativa l’istanza di correzione degli errori materiali contenuti nel dispositivo della sentenza e già corretti dal primo giudice.
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– All’udienza del 17/6/2014 le parti precisavano le conclusioni trascritte in epigrafe e la Corte tratteneva la causa in decisione assegnando i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
Motivi della decisione
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– Devono essere esaminati congiuntamente i primi due motivi di appello principale e i primi due motivi di appello incidentale con i quali viene rimessa in discussione la responsabilità del sinistro.
6.1 – Le appellanti principali deducono che, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, la c.t.u. non avrebbe evidenziato alcun elemento di colpa nella condotta del motociclista e che, pertanto, la responsabilità del sinistro dovrebbe essere ascritta in via esclusiva o comunque assolutamente prevalente alla presenza, sul manto stradale, dell’olio perso dal veicolo sconosciuto. Sostengono, in particolare, che la velocità tenuta dal Testi era prudenziale (in quanto non solo inferiore al limite di velocità dei 90 km/h imposto in quel tratto di strada, ma anche adeguata alle condizioni di buona visibilità diurna e di tempo sereno), sicché non vi era alcuna ragione oggettiva che richiedesse una condotta di guida più prudente del normale.
6.2 – L’appellante incidentale, per contro, deduce:
-
a) che non vi è prova che la presenza della grande macchia d’olio sulla carreggiata sia riconducibile alla responsabilità del conducente di un veicolo rimasto sconosciuto e soggetto ad assicurazione obbligatoria per la R.C.A. (potendo ipotizzarsi, ad esempio, la perdita di olio trasportato su veicolo non soggetto ad assicurazione quale un veicolo a trazione animale);
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b) che il sinistro si è verificato in una intersezione stradale segnalata, con segnaletica verticale di pericolo recante doppia curva pericolosa e restringimento della carreggiata da entrambi i lati che imponeva particolare prudenza e moderazione della velocità: il sinistro si sarebbe quindi verificato per colpa esclusiva o comunque assolutamente prevalente del motociclista che, se avesse marciato a velocità moderata e avesse tenuto rigorosamente la destra, avrebbe potuto agevolmente evitare la macchia d’olio che non interessava l’intera semicarreggiata.
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– Ritiene la Corte che, in punto a responsabilità del sinistro, sia fondato, nei limiti di seguito specificati, l’appello principale e che, per contro, non possa trovare accoglimento l’impugnazione incidentale.
7.1 – Va in primo luogo rilevato che, diversamente da quanto sostenuto da F.S. s.p.a., la riconducibilità della presenza della macchia d’olio sulla carreggiata ad un veicolo a motore soggetto ad assicurazione obbligatoria può dirsi provata. Dagli atti di indagine compiuti dai Carabinieri subito dopo la verificazione dell’incidente risulta, infatti, come puntualmente evidenziato dal giudice a quo, che sulla superficie della strada era presente una estesa macchia d’olio da motore ad iniziare dalla strada laterale di immissione sul tratto viario percorso da R.B., per poi continuare a ridosso di una lunga parte di tale tragitto della strada provinciale conducente a Berra, con continue, evidenti tracce della stessa sostanza scemanti solo in prossimità di una cooperativa/consorzio agricolo (di Serravalle fraz. di Berra) risultata in sede di indagini frequentata da diversi conducenti di macchinari agricoli con e senza rimorchi (cfr. sul punto l’annotazione di P.G. del 23/6/2002 in atti).
7.2 – Come parimenti condivisibilmente osservato dal primo giudice, non è mai stato posto in dubbio che la sostanza sparsa sul fondo stradale, in particolare con diffusioni variabili sino al massimo della metà della corsia di pertinenza del motociclista, potesse derivare dalla conduzione di un veicolo a motore, plausibilmente agricolo o similare. Il tribunale ha altresì ipotizzato che la perdita possa essere stata originata dal maldestro trasporto di oli in quantità talmente elevate da non poter essere ricondotte a fenomeni di mera perdita dai sistemi di trazione veicolare (notoriamente lubrificati da quantitativi limitati alle esigenze meccaniche) ed ha osservato (senza specifica contestazione sul punto) che si sarebbe in ogni caso in presenza di responsabilità colposa “in rapporto agli oneri ed alle incisive cautele cui tutti i gli utenti stradali sono sottoposti, ad iniziare dal governo manutentivo dei veicoli, fino alle cure/cautele da apprestare in occasione di carichi e trasporti”.
7.3 – D’altro canto, la conformazione della macchia d’olio è sintomatica della perdita continua da parte di un veicolo in movimento che teneva una determinata direzione (che ha condotto la polizia giudiziaria ad individuare con ragionevole certezza la causa della presenza della macchia d’olio nella perdita da parte di un veicolo agricolo, anche se non è stato possibile individuare il responsabile della perdita) e che si muoveva ad una velocità incompatibile con l’ipotesi, avanzata dal Fondo di garanzia nell’atto di appello, di perdita di olio (da motore) trasportato su veicolo trainato da animale. In altre parole, gli elementi in atti sono univocamente indicativi della riconducibilità della macchia d’olio presente sulla strada a perdita da parte di veicolo a motore soggetto ad obbligo assicurativo.
7.4 – Ne consegue che, non essendo contestato che R.T. abbia perso il controllo della moto a causa dell’olio presente sulla strada (che determinò la perdita di aderenza del mezzo), correttamente il Tribunale ha affermato la responsabilità del Fondo di Garanzia.
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– Ciò posto, osserva la Corte che dalla c.t.u. espletata – che ha preso analiticamente in considerazione tutte le risultanze di carattere obiettivo e le cui conclusioni sono sorrette da motivazione ampia, logica e priva di lacune o contraddizioni – è emerso:
– che R.T., in sella ad una motocicletta potente e dall’impronta nettamente sportiva, giunse a ridosso della curva destrorsa ad una velocità di circa 78 km/h nell’ambito di un percorso extraurbano connotato, all’epoca, dal limite di 90 km/h;
– che il motociclista perse aderenza e il motoveicolo scivolò all’imbocco della curva destrorsa, in corrispondenza della porzione della corsia di marcia di sua pertinenza – pari a un terzo/un mezzo massimo dalla linea di mezzeria – su cui vi era il liquido (che, come emerge dai rilievi effettuati dai carabinieri, in quel punto interessava per gran parte la corsia di sinistra).
8.1 – Sulla base di tali dati il Tribunale ha ritenuto sussistente un concorso di colpa del 50% del motociclista sul rilievo che, se il Testi avesse tenuto un’andatura più ridotta (al di sotto dei settanta chilometri orari), non solo sarebbe stata più agevole la visione di quello che aveva, in realtà, mutato l’uniformità cromatica del manto stradale, ma una più lenta marcia avrebbe senza dubbio attenuato i dinamismi del fatto e le stesse conseguenze, sino al punto di poter elidere l’esito fatale prodottosi. Ha in particolare ritenuto, il primo giudice, che, pur essendo la velocità del motoveicolo inferiore di circa 12 km/h al limite dei 90 Km/h prescritto in quel tratto di strada, la limitata larghezza della strada, la presenza di intersezione con una strada laterale sinistra, la presenza della curva posta in prossimità di un piccolo abitato con la delimitazione inoltre del guard rail conformato in pericolosa struttura metallica, imponevano una velocità particolarmente prudenziale (come evidenziato anche dal fatto che quattro anni dopo il fatto il limite di velocità era stato abbassato in quella zona a settanta chilometri orari); velocità prudenziale che, anche in considerazione le caratteristiche del mezzo (che consente spazi visuali superiori a quelli di altri veicoli per il fatto che il conducente si trova in una posizione abbastanza rialzata e con una postura che consente possibilità ispettive maggiori rispetto ad altri veicoli in quanto il conducente ha direttamente, senza ostacoli ad anche in senso ravvicinato, il quadro del percorso che gli si presenta particolarmente nella prospettiva anteriore potendo, molto meglio di altri utenti, se non affetto da limitazioni visive, cogliere, in stato di attenta concentrazione, tutte le particolarità dello stato del manto stradale), avrebbe potuto consentire al conducente di arrestare in tempo il veicolo o di impostare una traiettoria più in prossimità del margine destro della corsia (anziché più spostata verso il centro se non oltre, proprio dove si trovava la distesa di olio) dove l’asfalto era pulito.
8.2 – Tali considerazioni sono condivisibili quanto alla sussistenza di un concorso di colpa del conducente della motocicletta: il motociclista doveva invero affrontare un tratto di strada caratterizzato da una doppia curva, un restringimento di carreggiata e una intersezione con una laterale sinistra. In tale situazione un conducente prudente avrebbe dovuto affrontare la curva a velocità particolarmente moderata e ciò tanto più che la anomalia del fondo stradale, per il diverso colore della sostanza oleosa, era visibile. La macchia d’olio, inoltre, come si è già avuto modo di osservare, anche se di consistente estensione, non occupava tutta la carreggiata. È vero, pertanto, che il M., con maggiore attenzione e prudenza avrebbe potuto transitare sulla parte di carreggiata, posta sulla destra, non interessata dalla presenza della sostanza scivolosa; tuttavia la situazione di grave pericolo determinata dall’ignoto conducente del veicolo ha avuto di certo maggiore efficienza causale nella determinazione del sinistro. Ritiene la Corte, in ultima analisi, che la responsabilità dell’incidente mortale debba essere ascritta al conducente del veicolo non identificato nella misura dell’80% e nella misura del 20% a R.M..
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– Tanto premesso quanto alla responsabilità, devono essere esaminati congiuntamente, perché riguardanti il medesimo danno, il terzo motivo di appello principale, con il quale le appellanti si dolgono della “errata valutazione e conseguente determinazione dell’entità del danno da perdita del rapporto parentale” subito dal padre di R.T. (danno, in tesi, liquidato in misura insufficiente), ed il terzo motivo di appello incidentale, con il quale F.S. lamenta la liquidazione in misura eccessiva del medesimo pregiudizio.
9.1 – Il tribunale, secondo le eredi di M.T., avrebbe liquidato in favore del proprio dante causa un importo inferiore a quello riconosciuto alla madre e prossimo al minimo riconosciuto dalle Tabelle del Tribunale di Milano (aggiornate all’anno 2011) sull’erroneo presupposto dell’esistenza di un presunto rapporto conflittuale con il figlio. Il primo giudice non avrebbe considerato il rilevante pregiudizio di natura esistenziale comunque subito dal padre del giovane deceduto, “consistito nella mancanza per il futuro, in via permanente, del rapporto relazionale, affettivo e da consuetudine di vita quotidiana con il figlio”. Le estemporanee dichiarazioni rese da V.T. nel corso delle operazioni di c.t.u. non sarebbero idonee ad “annullare il legame giuridico affettivo di particolare intensità che lega un padre ad un figlio e il dolore che secondo l’id quod plerumque accidit, consegue ad una perdita così importante”. Né, ad avviso di parte appellante, può attribuirsi rilievo, per ritenere meno intensa la sofferenza derivante dalla perdita del figlio, la patologia di carattere psichico (sindrome ansioso depressiva in compenso farmacologico) della quale M.T. soffriva da anni, dovendosi per contro ritenere che proprio l’evento luttuoso abbia comportato un approfondimento dei sintomi depressivi.
9.2 – A fronte di tali doglianze, l’appellante in via incidentale sostiene invece che l’importo liquidato dal primo giudice in favore del padre sia eccessivo (e dovrebbe essere ridotto ad una somma compresa tra Euro 100.000,00 ed Euro 150.000,00) proprio in ragione delle circostanze evidenziate dallo stesso Tribunale.
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– Tutte le predette censure sono prive di fondamento.
10.1 – Va premesso che la tabella elaborata dal Tribunale di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla perdita di un congiunto ha valore orientativo e prevede uno scarto tra un minimo ed un massimo proprio perché nella liquidazione si deve tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto (la Tabella 2011, utilizzata dal giudice a quo, fissa una forbice da 154.350,00 a 308.700,00 in favore di ciascun genitore per l’ipotesi di morte di un figlio).
10.2 – Nella fattispecie il Tribunale, mentre ha liquidato in favore della madre di R.T., un importo (Euro 300.000,00) prossimo al massimo tabellare, ha determinato il danno subito dal padre in misura inferiore, compresa tra il valore minimo e quello medio (Euro 180.000,00), in ragione della diversa qualità del rapporto che legava M.T. al figlio.
10.3 – Dagli accertamenti compiuti per verificare la sussistenza di un eventuale danno biologico da morte, è emerso, infatti, un quadro delle relazioni familiari che restituisce l’immagine di un rapporto padre-figlio connotato da particolari (e inusuali) elementi di contrasto e conflittualità, dei quali correttamente il tribunale ha tenuto conto ai fini della liquidazione. V.T. ha riferito infatti della elevata conflittualità del rapporto tra il fratello e il padre, caratterizzato da frustrazione delle aspirazioni del figlio, da episodi di violenza (“si sono presi a botte due volte”), dall’allontanamento del figlio dall’abitazione familiare avvenuto quando Riccardo aveva l’età di ventuno anni. Anche la M., che ha riferito come in realtà fosse di fatto separata dal coniuge essendo il rapporto di convivenza dovuto a necessità abitative, ha narrato una storia intessuta di incomprensioni e atteggiamenti ostili tra il padre ed i figli.
10.4 – Il tribunale ha dunque correttamente valutato tutte le circostanze del caso concreto laddove ha condivisibilmente osservato che, sulla base degli elementi emersi dalle approfondite ed argomentate indagini compiute in sede di c.t.u. medico-legale, è risultata provata “l’esistenza di una relazione affettivo familiare tra padre e figlio, quasi ventisettenne al momento della morte, consolidatasi da tempo secondo critici indici di contrasto ed assai scarsa compartecipazione nelle attività riconducibili tutti i profili della vita familiare, nel quadro di rapporti deteriorati per via di incompatibilità caratteriali che avevano progressivamente determinato effettive forme di distacco, anche abitative, di R.T. del padre, sofferente quest’ultimo peraltro di marcati e perduranti disturbi psichici clinicamente accertati”.
10.5 – Deve concludersi, allora, che, pur essendo ovvia l’impossibilità, sottolineata dal Tribunale, di sondare le più profonde pulsioni affettive, il dato che emerge dalla accurata indagine compiuta dal c.t.u. è quello, puntualmente evidenziato nella sentenza oggetto di gravame, di una “relazione assolutamente non connotata, sotto più profili, da intensi vincoli e reciproci affidamenti”, che, mentre non giustificherebbe una liquidazione inferiore ai minimi (richiesta dall’appellante in via incidentale), consente di ritenere adeguata al caso concreto la quantificazione del danno operata con la sentenza oggetto di gravame.
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– È parimenti infondato il quarto motivo di appello incidentale, con il quale il FGVS contesta la eccessività della liquidazione del danno non patrimoniale alla madre ed alla sorella del de cuius. In considerazione, infatti, dell’età di R.T., del rapporto di convivenza, del fatto che proprio in considerazione degli aspetti problematici relativi alla figura di M.T., il giovane costituiva punto di riferimento nell’ambito del nucleo familiare per la madre e la sorella, si giustifica la liquidazione del danno perdita parentale in misura prossima al massimo della “forbice” tabellare.
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– Con il quinto motivo di appello incidentale la compagnia assicuratrice lamenta che sia stato autonomamente liquidato, in favore della madre e della sorella di R.T., il danno biologico subito jure proprio a seguito del decesso del congiunto. Il riconoscimento di tale danno, tanto più allorché si tratti, come nel caso della M., di un danno di natura psichica permanente, comporterebbe, ad avviso dell’appellante, una duplicazione risarcitoria rispetto a quella connessa al danno non patrimoniale nel suo complesso, trattandosi pur sempre di sofferenza morale e quindi di pregiudizio di identica natura che, secondo l’orientamento che ha preso avvio con le “sentenze gemelle” delle sezioni unite della S.C. del 2008, deve essere liquidato unitariamente, posto che rientra nel danno biologico ogni sofferenza fisica o psichica provata dalla vittima, che di quel danno per sua natura costituisce componente.
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– Anche tale censura non può essere condivisa.
13.1 – La morte di un prossimo congiunto può causare nei superstiti sia una sofferenza morale per la perdita del rapporto parentale, sia un danno consistente nella compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca del quale va tenuto debito conto ai fini risarcitori. Come ritenuto dalla S.C. (anche dopo le sentenze richiamate dall’appellante), invero, il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno subito in conseguenza della uccisione di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l’incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, del quale è titolare (la cui tutela ex art. 32 Cost., ove risulti intaccata l’integrità psicofisica, si esprime mediante il risarcimento del danno biologico), sia dall’interesse all’integrità morale (la cui tutela, ricollegabile all’art. 2 Cost., ove sia determinata una ingiusta sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale soggettivo), e ciò in quanto l’interesse fatto valere è quello alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli arti. 2, 29 e 30 Cost. (Cass. 3/2/2011 n. 2557).
13.2 – Con tale ultimo arresto la S.C., in particolare, pur muovendosi nell’ambito della riconosciuta “categoria unitaria” del danno non patrimoniale – risarcibile ex art. 2059 c.c., fra l’altro, in tutti i casi in cui il fatto illecito abbia leso un interesse o un valore della persona non suscettibile di valutazione economica di rilievo costituzionale – afferma la possibilità di distinguere “diverse sottocategorie di danno” , le quali, proprio in quanto diverse, vengono diversamente considerate, sia sotto il profilo delle modalità di accertamento del pregiudizio prodotto sia ai fini della liquidazione del risarcimento dovuto.
13.3 – Ancora più recentemente, del resto, la S.C. (Cass. 20/11/2012, n. 20292) ha osservato che il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile “esistenziale”, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili; né tale conclusione contrasta col principio di unitarietà del danno non patrimoniale, sancito dalla sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti (in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, in un caso di danno da uccisione del prossimo congiunto, aveva liquidato ai congiunti due doversi danni, definiti l’uno morale e l’altro esistenziale).
13.4 – D’altro canto, anche qualora si volesse accedere alla tesi dell’impossibilità di una liquidazione separata delle due voci di danno considerate quali mere voci descrittive di diverse conseguenze dannose, la compromissione dell’integrità psicofisica subita dal superstite a seguito della morte del congiunto (sia in relazione al danno temporaneo che a quello permanente) dovrebbe pur sempre essere considerata nella determinazione complessiva del danno non patrimoniale (con adeguata personalizzazione del danno), sicché si giungerebbe, sotto il profilo della liquidazione, al medesimo risultato.
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– Con il sesto ed il settimo motivo di appello incidentale, infine, F.S. denuncia errori (riguardanti il computo degli interessi compensativi, da effettuarsi sulle somme devalutate ed annualmente rivalutate e la mancata decurtazione del danno biologico da morte e delle spese funerarie in ragione della percentuale di responsabilità riconosciuta in capo al de cuius) che sono state corretti, come dato atto dalla stessa appellante nelle difese conclusive, con decreto pronunciato dal Tribunale in data 12-14/1/2013.
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– In conclusione, rigettati tutti i rimanenti motivi di appello, per effetto della diversa statuizione riguardante la responsabilità del sinistro (supra sub. 8.2.) il credito delle appellanti, per risarcimento danni, deve essere rideterminato in Euro 280.309,60 quanto a L.M., Euro 102.552,00 quanto a V.T. ed Euro 144.00,00 per danno non patrimoniale ed Euro 3.201,76 per danno patrimoniale emergente quanto a M.T. (nella cui posizione sono subentrate le eredi). L’appellata deve conseguentemente essere condannata a pagare alle appellanti le ulteriori somme di seguito specificate:
– in favore di L.M. in proprio Euro 105.116,10;
– in favore di V.T. in proprio Euro 38.457,00;
– in favore di L.M. e V.T. quali eredi di M.B. Euro 54.000,00 per danno non patrimoniale ed Euro 1.200,76 per danno patrimoniale emergente.
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– A titolo di lucro cessante l’appellata deve inoltre corrispondere gli interessi compensativi a titolo di lucro cessante, come statuito, senza impugnazione sul punto, dalla sentenza di primo grado, sulle somme dovute a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali devalutate alla data del giugno 2002 e rivalutate anno per anno fino alla data della presente sentenza nonché gli interessi legali sulla somma di Euro 1.200,76 (dovuta per danno patrimoniale emergente) dalle date degli esborsi al saldo.
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– In considerazione del solo parziale accoglimento dell’appello principale ricorrono giusti motivi per compensare anche le spese del grado (liquidate per l’intero in dispositivo) per un mezzo, con condanna dell’appellata alla rifusione, in favore degli appellanti, della residua metà. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002nei confronti dell’appellante incidentale.
P.Q.M.
LA CORTE
in parziale accoglimento dell’appello principale e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ferrara n. 198 del 25/1-13/2/2012 (come corretta con provvedimento dello stesso Tribunale in data 12-1/1/2013), che nel resto conferma, così provvede:
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a) dichiara che il sinistro si è verificato per colpa del conducente di veicolo non identificato nella misura dell’80%;
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b) conseguentemente condanna F.S. s.p.a. quale impresa designata per il Fondo di Garanzia V.S. a pagare le seguenti ulteriori somme:
– in favore di L.M. in proprio Euro 105.116,10, oltre interessi compensativi su detta somma devalutata al giugno 2002 e rivalutata anno per anno, dal giugno 2002 alla data della presente sentenza;
– in favore di V.T. in proprio Euro 38.457,00, oltre interessi compensativi su detta somma devalutata al giugno 2002 e rivalutata anno per anno, dal giugno 2002 alla data della presente sentenza;
– in favore di L.M. e V.T., quali eredi di M.T., Euro 54.000,00 per danno non patrimoniale, oltre interessi compensativi su detta somma devalutata al giugno 2002 e rivalutata anno per anno, dal giugno 2002 alla data della presente sentenza ed Euro 1.200,76 per danno patrimoniale emergente oltre interessi legali dalla data dei pagamenti al saldo;
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c) rigetta l’appello incidentale;
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d) dichiara compensate tra le parti le spese del grado per metà e condanna F.S. quale impresa designata per il Fondo di Garanzia V.S. a rimborsare alle appellanti L.M. e V.T. la residua metà, che liquida per l’intero in Euro 683,00 per esborsi (c.u.) ed Euro 13.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso delle spese forfettarie iva e cpa;
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e) dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’ 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002nei confronti dell’appellante incidentale.