Famiglia – Potestà dei genitori – Minori – Illecita sottrazione internazionale da parte di uno dei genitori – Convenzione dell’aja del 25 ottobre 1989

Famiglia – sottrazione internazionale minori dei genitori – Minori – Illecita sottrazione internazionale da parte di uno dei genitori – Convenzione dell’aja del 25 ottobre 1989 – Applicabilità – Presupposti – Violazione dei diritti di custodia spettanti in base alla legislazione dello stato di residenza abituale del minore – Effettivo esercizio di tali diritti – Genitori del minore regolarmente coniugati e conviventi – Diritto di custodia – Sussistenza in capo ad entrambi congiuntamente – Conseguenze – Conduzione del figlio da parte di uno di essi fuori dello stato di sua residenza abituale – Violazione del diritto di custodia dell’altro genitore – Configurabilità – Condizioni – Rimedi ripristinatori – Obbligatorietà – Deroghe – Comune cittadinanza dei genitori – Elemento ostativo al rientro del minore – Configurabilità – Esclusione sottrazione internazionale minori
sottrazione internazionale minori  tema di illecita sottrazione internazionale di minore da parte di uno dei genitori, ove sia invocata la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, resa esecutiva in Italia con legge n. 64 del 1994 compito del giudice di merito è quello di accertare la sussistenza dei requisiti per ritenere illecito il trasferimento o il mancato rientro del minore alla stregua di quanto previsto dall’art. 3 di detta Convenzione, a tenore del quale, a tale scopo, occorre che questi siano avvenuti in violazione dei diritti di custodia spettanti in base alla legislazione dello Stato in cui il minore ha la residenza abituale, ed inoltre che detti diritti siano effettivamente esercitati. Pertanto, nel caso di genitori regolarmente coniugati e conviventi, in cui il diritto di custodia sussiste in capo ad entrambi congiuntamente, esso viene conculcato allorché uno dei genitori, contro la volontà dell’altro, conduca il figlio, minore, fuori dello Stato di residenza dello stesso – intendendosi per tale il luogo in cui il minore normalmente grazie ad una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, trova e riconosce il centro dei suoi legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgimento della sua quotidiana vita di relazione – per un periodo di tempo significativo, e comunque idoneo a disvelare l’intento di sottrarre lo stesso all’affidamento dell’altro genitore. Tale presupposto legittima la misura della immediato rientro del minore, che viene esclusa solo in presenza della specifica circostanza ostativa a detto rientro, individuata dall’art. 13, primo comma, lettera b), della citata Convenzione, nella sussistenza di un rischio per il minore di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile. Deve, pertanto, escludersi che la cittadinanza comune dei genitori sia annoverabile tra gli elementi ostativi al rientro del minore illecitamente sottratto.
Famiglia – Potestà dei genitori – Minori – Illecita sottrazione internazionale da parte di uno dei genitori – Convenzione dell’aja del 25 ottobre 1989 – Applicabilità – Presupposti – Violazione dei diritti di custodia spettanti in base alla legislazione dello stato di residenza abituale del minore – Effettivo esercizio di tali diritti – Genitori del minore regolarmente coniugati e conviventi – Diritto di custodia – Sussistenza in capo ad entrambi congiuntamente – Conseguenze – Conduzione del figlio da parte di uno di essi fuori dello stato di sua residenza abituale – Violazione del diritto di custodia dell’altro genitore – Configurabilità – Condizioni – Rimedi ripristinatori – Obbligatorietà – Deroghe – Comune cittadinanza dei genitori – Elemento ostativo al rientro del minore – Configurabilità – Esclusione.
REPUBBLICA ITALIANA sottrazione internazionale minori 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI – Presidente –
Dott. Mario Rosario MORELLI – Consigliere –
Dott. Massimo BONOMO – Consigliere –
Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO – Rel. Consigliere –
Dott. Alberto GIUSTI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Al.Sa., elettivamente domiciliato in Ro. vi.Ma.(…), presso l’avvocato Pe.Fr., che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale Consolato Generale d’Italia a Londra El.Ug. N. (…) del 05.07.05;
– ricorrente –
contro
St.De., elettivamente domiciliata in Ro. Via S.M.Pi.(…) presso l’avvocato Na.Bo., che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Procuratore Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Roma; Procuratore Generale presso La CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati –
e sul 2° ricorso n° 21244/05 proposto da:
PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE DEI MINORI di Roma;
– ricorrente –
contro
Al.Sa. e St.De.;
– intimati –
avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Roma, depositato il 18/05/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/05/2006 dal Consigliere Dott. Maria Rosaria San Giorgio;
udito per il ricorrente l’Avvocato Mi., per delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso 18830/05;
udito per il resistente St. l’Avvocato Bo., che ha chiesto il rigetto del ricorso 18830/05;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio UCCELLA che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
sottrazione internazionale minori
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Svolgimento del processo
1. – Con ricorso in data 29 marzo 2005, il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni di Roma, attivato dall’Autorità centrale presso il Ministero della giustizia, chiese l’applicazione della Convenzione di L’Aja del 25 ottobre 1980 relativamente ai minori An. e Al.Ch.Al., nati a Su., in Gr.Br., rispettivamente il 29 giugno 1998 e il 13 novembre 2000, figli di Sa.Al., cittadino italiano in possesso anche di cittadinanza britannica, e di De.St., cittadina italiana, i quali, subito dopo aver contratto matrimonio in Italia, il 30 agosto 1997, si erano trasferiti in Gran Bretagna.
Secondo quanto esposto dall’Al. all’Autorità centrale, il 16 novembre 2004 la St. si era recata in Italia con i due figli, asseritamente allo scopo di trattenervisi per circa un mese, e cioè per il periodo di pausa dagli impegni scolastici dei bambini. Durante tale periodo l’Al. aveva ripetutamente visitato la famiglia, con la quale aveva altresì intrattenuto regolari rapporti telefonici, senza che, peraltro, la moglie assumesse precisi impegni circa la data del ritorno in Gran Bretagna.
Infine, in data 27 dicembre 2004, durante una delle visite in Italia del marito, la donna gli aveva comunicato che riteneva fallito il loro matrimonio, pur rassicurandolo sul suo imminente rientro insieme con i figli. Invece, intorno al 3 febbraio 2005, l’Al. aveva ricevuto una lettera con la quale un legale italiano gli comunicava che la St. aveva presentato istanza di separazione legale. A seguito di tale comunicazione, egli si era nuovamente recato in Italia, ove la moglie gli aveva nuovamente garantito il rientro in Gran Bretagna, rifiutando, però, di precisarne la data. Tuttavia, al momento del ricorso, detto ritorno non si era ancora verificato.
Nel procedimento, si costituì il sig. Al., che si associò alla richiesta del Pubblico Ministero.
2. – Il Tribunale per i minorenni di Roma, con decreto depositato in data 18 maggio 2005, dichiarò inammissibile il ricorso, ritenendo inapplicabile nella specie la Convenzione di L’Aja per essere entrambi i genitori dei minori cittadini italiani, laddove detta Convenzione, alla stregua della sentenza di questa Corte n. 17647 del 2002, verrebbe in rilievo solo in presenza di questioni vertenti tra genitori appartenenti a Stati diversi, e non già tra cittadini dello stesso Paese nel quale viene trattenuto il minore, del quale si impedisca il rientro in un diverso Stato.
3. – Per la cassazione di detto decreto ricorrono l’Al., sulla base di un unico motivo, illustrato anche da successiva memoria, e il Pubblico Ministero. Resiste con controricorso la St., che ha, a sua volta, depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. – Deve preliminarmente disporsi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi siccome proposti nei confronti del medesimo decreto.
2. – Con l’unico motivo di ricorso, l’Al. deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 1, 3, 4 e 13 della Convenzione di L’Aja del 25 ottobre 1980”. Erroneamente il Tribunale per i minorenni di Roma avrebbe escluso l’applicabilità della invocata Convenzione al caso di specie sulla base della circostanza della comune nazionalità italiana dei genitori dei minori, del tutto irrilevante, invece, ai fini della tutela dei minori dal pregiudizio dei trasferimenti indebiti.
Né varrebbe, come ha fatto il predetto Tribunale nel decreto impugnato, invocare il precedente costituito dalla sentenza di questa Corte n. 17647 del 2002, secondo la quale “la Convenzione di l’Aja del 25 ottobre 1980 vuole assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti (art. 1, lett. b), così escludendo la sua applicabilità ad ipotesi nelle quali non abbiano rilievo rapporti interstatali o sovrastatali, potendo applicarsi solo in guanto vi sia un potenziale conflitto tra gli Stati, per assicurare l’immediato rientro nello Stato di residenza ai minori, illecitamente trasferiti o trattenuti in altro degli Stati contraenti”. Detta sentenza era riferita, infatti, ad una fattispecie ben diversa da quella oggetto del decreto impugnato, nella quale l’illecito trasferimento violava un provvedimento di affidamento emesso da giudici italiani nei confronti di cittadini italiani, e relativo ad un minore che aveva sempre risieduto nella città di Ro., nella quale era statò poi trattenuto dal resistente, laddove la Convenzione di L’Aja sanziona solo l’allontanamento del minore dalla residenza abituale e dal mondo affettivo, relazionale e culturale in cui lo stesso è cresciuto.
Nel caso di specie, invece, sussistevano tutti i presupposti soggettivi ed oggettivi per l’applicazione della invocata Convenzione, per essere stata l’illecita sottrazione di minori posta in essere dalla madre in costanza di matrimonio, contro la volontà del padre, contitolare della potestà genitoriale sugli stessi, da sempre residenti in Gran Bretagna
3. – Anche il primo motivo del ricorso del Pubblico Ministero si fonda sulla circostanza che i minori di cui si tratta sono nati e vissuti in Gran Bretagna, ove avevano la loro residenza abituale prima del loro illecito allontanamento, che li aveva ex abrupto sradicati dalla loro realtà; oltre che sulla considerazione che il padre degli stessi è anche cittadino inglese, circostanza non tenuta presente dal Tribunale per i minorenni di Ro. nell’escludere quel carattere di internazionalità dallo stesso ritenuto requisito essenziale ai fini dell’applicazione della Convenzione di L’Aja
4. – Nel ricorso del Pubblico Ministero si deduce poi il contrasto del decreto impugnato con gli attuali orientamenti comunitari in materia, quali risultanti dal dettato dell’art. 11 del Regolamento CE n. 2201/2003, del 27 novembre 2003, entrato in vigore in data 1 marzo 2005.
5. – Infine, si rileva, “ad abundantiam”, il contrasto del decreto impugnato con l’art. 36 della legge 31 maggio 1995, n. 218.
6. – I ricorsi risultano meritevoli di accoglimento.
6.1. La Convenzione di L’Aja – resa esecutiva in Italia con la legge 15 gennaio 1994, n. 64 – contiene, all’art. 1, la enunciazione della propria finalità, che è quella di assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente e l’effettivo rispetto dei diritti di affidamento e di visita, previsti in uno Stato contraente, negli altri Stati contraenti.
Ciò posto, la giurisprudenza di questa Corte ha già posto in evidenza la irrilevanza, ai fini del perseguimento di detta finalità, di un titolo giuridico di affidamento (e, a più forte ragione, di una eventuale pronuncia di un provvedimento giurisdizionale straniero), in considerazione dello scopo esclusivo di tutela dell’affidamento quale situazione di mero fatto, da reintegrare con l’immediato ritorno del minore nel proprio Stato di residenza abituale. Ne consegue che, ove sia invocata la Convenzione dell’Aja, compito del giudice di merito è quello di accertare la sussistenza dei requisiti per ritenere illecito il trasferimento, o il mancato rientro del minore alla stregua di quanto previsto dall’art. 3 di detta Convenzione, a tenore del quale, a tale scopo, occorre che questi siano avvenuti in violazione dei diritti di custodia spettanti in base alla legislazione dello Stato in cui il minore ha la residenza abituale, ed inoltre che detti diritti siano effettivamente esercitati (v., sul punto, tra le altre, Cass., sent. n. 3701 del 2000).
È evidente che, nel caso di genitori regolarmente coniugati e conviventi, tale diritto di custodia – che, nella ipotesi considerata, deve riconoscersi sussistente in capo ad entrambi congiuntamente – viene ad essere conculcato allorché uno di essi, contro la volontà dell’altro, conduca il figlio minore fuori dello Stato di residenza dello stesso -intendendosi per tale il luogo in cui lo stesso, normalmente grazie ad una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, trova e riconosce il centro dei suoi legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua quotidiana vita di relazione – per un periodo di tempo significativo, e comunque idoneo a disvelare l’intento di sottrarre lo stesso all’affidamento dell’altro genitore.
6.2. – La sussistenza di detto presupposto è, di per sé, sufficiente a determinare la reazione apprestata dall’ordinamento attraverso la misura della immediata restituzione del minore. Questa trova applicazione secondo le modalità specificate dalla stessa Convenzione, salvo che ricorra la specifica circostanza ostativa al rientro, individuata, alla stregua del dettato dell’art. 13, primo comma, lettera b), del medesimo testo, nella sussistenza di un rischio per il minore di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile (essendo, nella ipotesi, qui esaminata, di genitori conviventi in costanza di matrimonio, necessariamente da escludere la sussistenza dell’altra ipotesi di deroga all’applicazione della Convenzione, prevista dalla lettera a) dello stesso art. 13, primo comma, e consistente nel mancato effettivo esercizio del diritto di affidamento sul minore da parte della persona, o istituzione od ente, cui lo stesso era affidato al momento del trasferimento o del mancato rientro).
E dunque, deve escludersi che, tra gli elementi ostativi al rientro del minore illecitamente sottratto, sia da annoverare la comune cittadinanza dei genitori dello stesso.
6.3. – Né una tale conclusione può farsi derivare dal dictum della sentenza di questa Corte n. 17647 del 2002.
È bensì vero che, con la richiamata pronuncia, si è inteso affermare che la Convenzione di L’Aja presuppone, ai fini della sua applicabilità, la rilevanza internazionale, cioè relativa a rapporti tra Stati contraenti, delle questioni trattate, sotto il profilo della mancata assicurazione, determinata dalla sottrazione del minore, che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti; ma ciò prescinde dalla comune o disomogenea cittadinanza dei genitori. Diversamente opinando, si finirebbe per vanificare, in detta ipotesi, la finalità stessa, sopra evidenziata, della normativa convenzionale.
6.4. – Senza considerare che, nella specie, il padre dei minori è in possesso di doppia cittadinanza; e, come sottolineato dal Pubblico Ministero nel suo ricorso, il predetto sembra aver agito proprio in veste di cittadino britannico, e non già italiano, nel rivendicare la residenza inglese dei bambini e nel chiederne, pertanto, il rientro in Gran Bretagna, laddove il Tribunale per i minorenni ha inopinatamente obliterato la circostanza, privilegiando la cittadinanza italiana dell’Al., ed escludendo ogni valenza di quella britannica, per giungere così, nell’ottica – per quanto si è rilevato, non corretta – di una subordinazione dell’applicabilità della Convenzione di L’Aja alla differente cittadinanza dei genitori del minore sottratto – alla conclusione di escludere, nella specie, detta applicabilità.
7. – Conclusivamente, i ricorsi vanno accolti, e il decreto impugnato va, conseguentemente, cassato, con rinvio della causa al Tribunale per i minorenni di Roma, in diversa composizione, che, ritenuto ammissibile il ricorso promosso dal Pubblico Ministero presso lo stesso Tribunale per l’immediato rientro in Gran Bretagna dei minori in questione, dovrà valutarne nel merito la fondatezza, ed al quale è altresì demandato il regolamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li accoglie. Cassa il decreto impugnato, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale per i minorenni di Roma, in diversa composizione.
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