DIVORZIO BOLOGNA NEGOZIAZIONE ASSISTITA CONDIZIONI
Cassazione civile sez. I, 15/07/2024, (ud. 01/02/2024, dep
Ma.Va. e Pr.Lo. proponevano separati ricorsi ex art. 9 L. n. 898 del 1970 davanti al Tribunale di Bologna, chiedendo entrambi che venissero modificate le condizioni di divorzio concordate in sede di negoziazione assistita il 17/06/2019.
Dal matrimonio erano nate due figlie, Ve. (…) e Vi. (…), per le quali i genitori, nel divorzio, avevano concordato in sede di negoziazione assistita l’affido condiviso con collocazione prevalente presso la madre. Le parti avevano, inoltre, stabilito il diritto del padre di tenere con sé le figlie a fine settimana alterni, oltre a un giorno infrasettimanale con pernottamento (dalle 19.00 o dalla fine dell’attività sportiva) nella settimana con il week-end di spettanza paterna, due giorni infrasettimanali, nella settimana con il week-end di spettanza della madre, tre giorni durante le vacanze pasquali e venti giorni durante le vacanze estive. Avevano, infine, previsto un contributo mensile a carico del padre di Euro 500,00 per ciascuna figlia, oltre al pagamento del 67% delle spese straordinarie, con la previsione di un ulteriore contributo di Euro 400,00 mensili per lo stipendio versato dalla madre alla babysitter, che svolgeva attività in favore di entrambi i genitori. Relativamente alla casa familiare, in comproprietà, le parti avevano confermato l’assegnazione alla madre, convivente con le minori, con obbligo di versamento della rata del mutuo nella misura di 1/3 da parte di quest’ultima e di 2/3 a carico del padre, con la precisazione, già concordata in sede di separazione, che gli ex coniugi continuassero l’uso in comune delle pertinenze della casa familiare.
I procedimenti venivano riuniti e, nel corso degli stessi, entrambe le parti chiedevano l’adozione di provvedimenti ex art. 709 ter c.p.c., proponendo anche istanze urgenti in ordine alle visite e alle frequentazioni delle minori da parte del padre.
Il Tribunale disponeva CTU psicodiagnostica sulle capacità genitoriali delle parti, cui seguiva un periodo di sperimentazione monitorata dai servizi sociali che redigevano una relazione datata 03/09/2020.
Con decreto del 17/11/2021, il Tribunale, in parziale riforma delle condizioni di scioglimento del matrimonio, disponeva la regolamentazione della frequentazione dei genitori con le figlie minori Ve. e Vi. a settimana alterne, secondo il calendario proposto dalla CTU; ammoniva Ma.Va. ai sensi dell’articolo 709 ter c.p.c.; respingeva le ulteriori domande. Disponeva, inoltre, che il servizio sociale competente prendesse in carico il nucleo familiare per un periodo di due anni, al fine di predisporre un percorso di sostegno alla genitorialità, anche prevedendo un supporto di natura psicologica alle figlie minori. Compensava le spese di lite tra le parti.
Ma.Va. proponeva reclamo avverso tale provvedimento per i seguenti motivi: 1 – Nullità e comunque erroneità ed illegittimità del decreto reclamato, per violazione delle prescrizioni normative e dei principi giurisprudenziali in tema di audizione di minori, finalizzata all’assunzione di provvedimenti nel loro supremo interesse, insistendo per l’audizione delle minori. 2 – illegittimo rigetto della domanda di aumento del contributo paterno al mantenimento delle figlie, poiché a fronte dell’inadempimento del Pr.Lo. all’obbligo di contribuzione della somma di Euro 400,00, assunto in sede di divorzio, il giudice adito avrebbe dovuto prevedere un assegno mensile ordinario di importo più alto, quantificato in Euro 900,00, tenuto, inoltre, conto che, comunque, il dato reddituale riferibile al Pr.Lo. era di cinque volte superiore rispetto a quelli dell’ex coniuge e giustificava, di per sé, l’aumento degli obblighi contributivi ordinari; 3 – illegittimo rigetto dell’istanza di assegnazione in via esclusiva, in favore di Ma.Va., già genitore collocatario della prole ed assegnatario della ex casa coniugale, delle pertinenze di tale immobile (cantina e garage), poiché, sebbene la clausola n. 4 di cui agli accordi di divorzio prevedesse che il garage e le due cantine di pertinenza della casa familiare (assegnata alla Ma.Va.) restassero in uso condiviso agli ex coniugi, tuttavia, non essendovi più alcuna intesa fra le parti rispetto all’utilizzo condiviso delle pertinenze, e constatata l’attuale carenza di interesse del Pr.Lo. – che nel frattempo aveva acquistato un proprio appartamento dotato di pertinenze – il Tribunale avrebbe dovuto assegnare anche le pertinenze alla reclamante, assegnataria della casa familiare. Chiedeva anche una modifica delle modalità di frequentazione e visita delle figlie da parte del padre e delle misure di sostegno previste.
Si costituiva in giudizio il reclamato, chiedendo il rigetto di tutti i motivi di impugnazione.
Con istanza depositata l’11/04/2O22, definita “Istanza di urgente anticipazione dell’udienza”, Ma.Va., rappresentando fatti nuovi sopravvenuti, chiedeva alla Corte l’emissione di provvedimento ex art. 709 ter c.p.c. per ottenere l’ammonimento dell’Evangelista, la condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni nei confronti delle minori e della reclamante “anche per ogni successiva violazione ex art. 614 bis c.p.c.“, nonché la condanna dello stesso al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria in favore della cassa delle ammende. Nella stessa “istanza” la reclamante chiedeva l’adozione di provvedimenti a tutela delle minori ai sensi degli articoli 330 e 333 c.c..
Con ulteriore ricorso depositato in data 08/07/2022, la stessa parte -sempre ai sensi dell’articolo 709 ter c.p.c. – chiedeva alla Corte d’Appello di dirimere il conflitto insorto tra i genitori in merito alla scelta del nominativo di un odontoiatra per effettuare cure in favore delle minori e per consentire alle due figlie di ricevere il Sacramento del Battesimo, conformemente a quanto dalle stesse liberamente espresso.
La Corte disponeva che tutte le domande formulate, ivi comprese quelle contenute nei ricorsi ex articolo 709 ter c.p.c., venissero discusse all’udienza del 23/09/2022.
Acquisito il parere del Pubblico Ministero, che chiedeva il rigetto del reclamo, all’esito della menzionata udienza, la Corte d’Appello dichiarava inammissibili i due ricorsi ex art. 709 ter c.p.c. della reclamante, respingeva nel merito il reclamo e condannava la Ma.Va. al pagamento delle spese di lite.
La Corte di merito rilevava che le domande formulate nei due ricorsi ex art. 709 ter c.p.c. erano state proposte per la prima volta in sede di reclamo, in violazione del principio del doppio grado di giurisdizione di merito.
Passando ad esaminare il merito della vertenza, la medesima Corte riteneva che correttamente il giudice di primo grado avesse rifiutato di sentire nuovamente le minori, il cui ascolto era stato espletato nel corso della CTU, in assenza di motivi che potessero giustificare la reiterazione di tale incombente, condividendo, anzi, l’assunto del Tribunale secondo cui, in questo caso, l’ascolto sarebbe stato dannoso per le minori, ponendole nella difficile situazione di schierarsi e scegliere tra i genitori. Richiamava, sul punto, gli argomenti spesi dal CTU.
Con riferimento al secondo motivo di reclamo, la Corte rilevava che le parti avevano liberamente concordato la misura e le modalità del mantenimento della prole, aggiungendo che l’eventuale inadempimento poteva essere sanzionato accedendo a procedure esecutive, e non con la richiesta di aumento del contributo. Riteneva, inoltre che la reclamante non aveva dedotto significative modifiche reddituali della controparte, allegando, piuttosto, la netta sproporzione delle rispettive condizioni economiche, circostanza, questa, già nota e ampiamente considerata al momento in cui queste ultime avevano concordato gli oneri di mantenimento ordinario e straordinario (a carico del padre per i 2/3) della prole.
Con riguardo alla richiesta di modifica del regime di visita, la Corte riteneva che le situazioni sopravvenute rappresentate costituivano – allo stato e in attesa degli approfondimenti in corso in sede penale – motivi sufficienti per modificare il regime di visita, come stabilito all’esito di approfondite indagini peritali, aggiungendo che, in ogni caso, la delega conferita al servizio sociale competente per predisporre il progetto di sostegno alla genitorialità e un supporto, anche di natura psicologica, alle minori, assicurava già la necessaria elasticità nella messa in pratica del calendario di visita per assicurare il pieno benessere delle figlie.
La medesima Corte territoriale ha respinto anche il terzo motivo di impugnazione, riferito all’assegnazione delle pertinenze della casa familiare, posto che le parti ne avevano, in piena autonomia, disposto negli accordi divorzili ed esulava dalla competenza dell’autorità giurisdizionale l’assegnazione di ciò che, essendo al di fuori dell’abitazione familiare in senso stretto, non costituiva – o quanto meno non costituiva più – l’habitat della prole minore, esclusivamente a tutela della quale è prevista la pronuncia di assegnazione.
Avverso tale pronuncia Ma.Va. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
L’intimato si è difeso con controricorso.
Con memoria datata 09/03/2023, depositata il 13/03/2023, la ricorrente ha rinunciato al primo motivo di ricorso.
Con successiva memoria, depositata il 12/10/2023, la medesima parte ha rinunciato ad un altro motivo di ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.DIVORZIO- DIVORZIO -DIVORZIO
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo di ricorso è dedotta la nullità del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360, coma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 709 ter c.p.c., avendo la Corte di appello ritenuto inammissibile la proposizione dei ricorsi ex art. 709 ter c.p.c.in sede di reclamo.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la nullità del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo omesso la Corte di appello di pronunciarsi sulla richiesta, formulata in corso di giudizio da Ma.Va., volta all’adozione di provvedimenti ex artt. 330-333 c.c. nei confronti dell’ex marito.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la nullità del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per la violazione degli art. 78 e art. 80 c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis), avendo il giudice di seconde cure omesso la nomina del curatore speciale delle minori a fronte della richiesta di provvedimenti da parte di Ma.Va. ex artt. 330-333 c.c. nei confronti del padre e della situazione di pregiudizio per le minori concretizzatasi in corso di causa tale da precluderne l’adeguata rappresentanza processuale.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la nullità del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per motivazione inesistente o insufficiente, per mancata indicazione della ratio decidendi, avendo il giudice affermato di non dover provvedere alla modifica dei provvedimenti relativi al diritto di visita, in ragione dell’attività svolta sul nucleo dai servizi sociali, senza richiamare i risultati delle indagini da questi svolte, attestanti la conformità dei provvedimenti vigenti all’interesse delle minori, non avendo mai acquisito le relazioni depositate dai servizi.
Con il quinto motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione dell’art. 337 ter c.c., avendo il giudice di seconde cure non modificato la determinazione del contributo al mantenimento, pur in presenza dell’accertata netta sproporzione reddituale fra i genitori, in ragione degli accordi fra questi raggiunti in merito in seno agli accordi divorzili.
Con il sesto motivo di ricorso è dedotto il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per avere il giudice di seconde cure escluso la possibilità di assegnare le pertinenze a Ma.Va., ritenute non più costituenti habitat della prole, avendo omesso di valutare un fatto deciso e oggetto di contraddittorio fra le parti ovvero che, in forza degli accordi divorzili, dette pertinenze avevano continuato a essere utilizzate da tutta la famiglia, genitori e figlie, tanto da conservare la natura di habitat familiare.
Con il settimo motivo è dedotta la nullità del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies c.c., per avere la Corte di Appello assunto un provvedimento riguardante la vita della figlia Ve., di anni 13, non provvedendo direttamente al suo ascolto.
- Il primo motivo di ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse alla statuizione.
Con memoria datata 09/03/2023, depositata il 13/03/2023, parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare espressamente a tale motivo, sviluppato a pp. 11-14 del ricorso per cassazione (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 22269 del 03/11/2016; Sez. 6-3, Ordinanza n. 414 del 13/01/2021).
- Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse alla statuizione.
Con memoria datata e depositata il 12/10/2023, parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare al motivo con il quale “…come precisato nella sintesi dei motivi (pagg. 2 e 3) e come sviluppato a pagg. 14-16 del ricorso, la sig.ra Ma.Va. ha impugnato ex art. 360, n. 4, c.p.c., il citato decreto, per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo omesso la Corte di
Appello di Bologna di pronunciarsi sulla richiesta formulata, in corso di giudizio, dall’Avv. Ma.Va. di adozione di provvedimenti ex artt. 330-333 c.c. nei confronti del Sig. Pr.Lo.”.
Nell’individuare il numero con il quale tale motivo è stato elencato, la parte, nella menzionata memoria, è, tuttavia, incorsa in un mero errore materiale, evincibile e superabile dalla semplice lettura degli atti, deducendo che tale motivo è contraddistinto dal numero quattro, e non dal numero due.
In effetti, il motivo numero quattro del ricorso per cassazione prospetta un vizio del tutto diverso da quello descritto nella memoria, che invece attiene al secondo motivo, illustrato alle pagine 14-16 del ricorso, proprio come la memoria stessa ha indicato.
- Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
4.1. Parte ricorrente ha dedotto la nullità del decreto impugnato, per mancata nomina di un curatore speciale alle figlie minori delle parti, non solo perché, in corso di causa, la madre aveva richiesto l’adozione di provvedimenti ex artt. 330-333 c.c. con l’istanza descritta con l’illustrazione del primo e del secondo motivo di ricorso per cassazione (poi rinunciati), ma anche perché erano state comunque dedotte circostanze che la parte riteneva idonee a imporre la nomina del curatore ai minori coinvolti, al fine di garantire una adeguata rappresentazione in giudizio degli interessi degli stessi, come pure richiesto dalla ricorrente all’udienza del 23/09/2022, quando la causa era stata trattenuta in decisione.
Come già anticipato, la Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 709 ter c.p.c., con il quale era stata richiesta l’adozione di misure ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., con statuizione che è stata oggetto di impugnazione in questa sede, che, poi, è stata rinunciata (primo e secondo motivo di ricorso per cassazione).
La denuncia della mancata nomina del curatore speciale ai minori, quale vizio che inficia la decisione finale, è, ora, limitata alla verifica delle doverosità della stessa nel procedimento ex art. 336 bis c.c. pendente tra le parti.
4.2. Occorre precisare che alla presente controversia non si applica l’art. 1, comma 30, L. n. 206 del 2021, che ha modificato gli art. 78 e 80 c.p.c., proprio disciplinando le ipotesi in cui il giudice provvede anche d’ufficio alla nomina del curatore speciale dei minori (gli artt. 78 e 80 c.p.c. sono stati, poi, nuovamente modificati dal D.Lgs. n. 149 del 2022, che ha introdotto l’art. 473 bis.8 c.p.c.), riconducibili ai casi in cui viene alla luce una situazione di pregiudizio per i figli, tale da precluderne l’adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i genitori, ovvero ai casi in cui il giudice ritiene che i genitori, per gravi ragioni, siano temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi dei minori.
L’art. 1 L. cit. opera, infatti, solo per i giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore, intervenuta il 22 giugno 2022, mentre il presente giudizio, a tale data, era già pendente.
La giurisprudenza di legittimità, comunque, già prima dell’entrata in vigore delle disposizioni in esame aveva ritenuto doverosa la nomina di un curatore speciale ai minori, per conflitto di interessi dei genitori, nel corso dei giudizi disciplinati dall’art. 336 bis c.c., in presenza di comportamenti dei genitori pregiudizievoli ai figli (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 2829 del 31/01/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7734 del 09/03/2022; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11554 del 11/05/2018).
4.3. Occorre altresì tenere presente che l’onere dell’indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., qualunque sia il tipo di censura formulata, non può essere assolto per relationem con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto, essendovi il preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11984 del 31/05/2011; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 342 del 13/01/2021).
L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per assicurare il rispetto del principio di autosufficienza di esso (cfr. tra le tante Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 29495 del 23/12/2020; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019).
4.4. Nel caso di specie, la ricorrente non ha specificamente descritto i fatti che avrebbero dovuto imporre alla Corte d’Appello di provvedere alla nomina di un curatore speciale.
Ma.Va. si è limitata a richiamare la presentazione dell’istanza di anticipazione dell’udienza, contenente anche la richiesta di adozione di provvedimenti ex art. 330-333 c.c., le cui conclusioni, riportate nel secondo motivo di ricorso per cassazione, non contengono una richiesta di pronuncia della decadenza dalla responsabilità genitoriale dell’ex marito, leggendosi esclusivamente quanto segue: ” Ex artt. 330-333 c.c., 1) adottare i provvedimenti opportuni a tutela delle minori anche alla luce della relazione dei Servizi Sociali che hanno in carico il nucleo, della relazione della dott.ssa Lu.Lu., responsabile dell’equipe territoriale per i minori che sta incontrando Ve. e Vi. a fronte dell’incarico ricevuto dalla Procura minorile, dei verbali della polizia intervenuta il 25 febbraio 2022 presso l’abitazione del sig. Pr.Lo. e di ogni diversa ulteriore indagine che l’ecc.ma Corte riterrà di svolgere” (p. 15 del ricorso per cassazione).
La stessa parte, nell’illustrare il secondo motivo di ricorso per cassazione, ha ricordato che, con tale istanza, ha portato all’attenzione della Corte di Appello i fatti accaduti in data 25/02/2022 (dopo l’introduzione del reclamo), presso la casa paterna, che hanno riguardato la minore Ve., cui è conseguito l’intervento delle forze dell’ordine e l’apertura di un fascicolo (n. 1079/22) presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni (affari civili).
Tali fatti non sono, tuttavia, descritti, nel ricorso stesso, limitandosi la parte a rinviare all’istanza appena ricordata, allegata al ricorso per cassazione (DOC E6).
In sintesi, dalla lettura del ricorso non si evincono le concrete ragioni per le quali la Corte d’Appello avrebbe dovuto nominare un curatore speciale alle minori, sicché il motivo si rivela inammissibile, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
- Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
5.1. Come più volte affermato da questa Corte, la decisione del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la statuizione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, né contiene un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta statuizione, invece, configura una pronuncia basata su
due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17182 del 14/08/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10815 del 18/04/2019; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21490 del 07/11/2005).
5.2. Sulla richiesta di revisione delle modalità di visita e di frequentazione delle figlie da parte del padre, la Corte di appello risulta avere statuito come segue: “Per quanto riguarda la richiesta di modifica del regime di visita delle figlie minori, non pare alla Corte che le situazioni sopravvenute rappresentate costituiscano – allo stato e in attesa degli approfondimenti in corso in sede penale – motivi sufficienti per modificare il regime di visita per come stabilito all’esito di approfondite indagini peritali. In ogni caso, la delega conferita al servizio sociale competente per predisporre un progetto di sostegno alla genitorialità e un supporto, anche di natura psicologica, alle minori, assicura già la necessaria elasticità nella messa in pratica del calendario di visita per assicurare il pieno benessere delle figlie.”
Secondo la ricorrente, il giudice del reclamo, nel provvedimento impugnato, ha individuato “in ogni caso” la ragione della non necessità di modifica dei provvedimenti in essere nell’attività di supporto/monitoraggio svolta dai servizi sociali sul nucleo familiare in esame, senza fondare la propria decisione sui risultati di detta attività, non avendoli però mai acquisiti, così rendendo una decisione incomprensibile.
5.3. È, tuttavia, è evidente che, nella specie, la decisione si fonda su due distinte rationes decidendi.
La prima ratio attiene alla ritenuta inidoneità, allo stato (e in attesa dell’esito degli accertamenti in corso in sede penale), delle sopravvenienze prospettate a giustificare il mutamento del regime di visita. E tale argomentazione non è stata censurata.
La seconda ratio, quella che è stata oggetto di censura, attiene al rilievo dato, ai fini del rigetto della richiesta, alla presenza di una delega conferita al servizio sociale competente per predisporre un progetto di sostegno alla genitorialità e un supporto, anche di natura psicologica, alle minori, che assicura la necessaria elasticità nella messa in pratica del calendario di visita per assicurare il pieno benessere delle figlie.
La mancata formulazione di censure alla prima delle rationes poste a fondamento della decisione comporta, dunque, l’inammissibilità del motivo di ricorso, poiché non potrebbe mai portare alla cassazione del capo della decisione impugnato, che resta sorretto dall’ulteriore ratio non censurata.
- Il quinto motivo di ricorso è infondato.
6.1. Sulla richiesta di revisione del contributo al mantenimento delle figlie, poste a carico del padre, la Corte di appello risulta avere statuito come segue: “Le parti hanno liberamente concordato la misura e le modalità del mantenimento della prole e l’eventuale inadempimento di una parte può essere sanzionato accedendo a procedure esecutive. D’altro canto, non pare che la reclamante abbia dedotto significative modifiche reddituali della controparte, allegando, piuttosto, la netta sproporzione delle condizioni economiche delle parti, circostanza, questa, già nota e ampiamente considerata al momento in cui sono stati concordati gli oneri di mantenimento ordinario e straordinario (a carico del padre per i 2/3) della prole.”
Nell’illustrare il motivo di censura, la ricorrente ha precisato di non aver voluto denunciare la mancata applicazione della regola di proporzionalità del contributo al mantenimento dei figli al momento della determinazione dello stesso, ma l’omesso intervento del giudice di seconde cure, che si è attenuto sic et simpliciter all’accordo raggiunto fra i genitori, pur riconoscendo la netta sproporzione dei redditi, e quindi la non conformità all’interesse dei minori coinvolti.
Secondo la ricorrente, in sintesi, la Corte d’Appello avrebbe dovuto adottare d’ufficio i provvedimenti modificativi delle suddette regolamentazioni, a prescindere dagli accordi raggiunti dalla coppia genitoriale, essendo chiamato a tutelare esigenze e soddisfare finalità pubblicistiche sottratte all’iniziativa e alla disponibilità delle parti.
6.2. Occorre, tuttavia, tenere conto che il contributo al mantenimento delle figlie è stato concordemente determinato dai coniugi in sede di negoziazione assistita.
Com’è noto, analogamente a quanto avvenuto in numerosi Paesi europei, il D.L. n. 132 del 2014, conv. con modif. in L. n. 162 del 2014, ha introdotto nel nostro ordinamento la “negoziazione assistita”, dedicando all’art. 6 una particolare disciplina in materia di separazione e divorzio (applicabile, per espressa previsione normativa, anche alle unioni civili), che deroga alle disposizioni generali, per quanto ivi espressamente previsto.
In questa materia, la negoziazione è solo facoltativa e può essere utilizzata dai coniugi come utile strumento per raggiungere una soluzione consensuale in un settore del diritto dominato da situazioni giuridiche tradizionalmente sottratte all’autonomia privata, rientranti nella sfera dell’indisponibilità a tutela del coniuge economicamente più debole e dei figli minori o maggiorenni ma incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.
L’equilibrio tra autonomia privata e tutela delle situazioni soggettive meritevoli di protezione è garantito dalla previsione dell’intervento del Procuratore della Repubblica, al quale deve essere trasmesso l’accordo e che dovrà – a seconda che vi siano o meno figli minori (o maggiorenni, ma nelle condizioni sopra indicate) – rilasciare un’autorizzazione o un nulla osta (v. art. 6 D.L. cit.).
Ai fini della decisione, è di fondamentale rilievo il disposto dell’art. 6, comma 3, D.L. cit., ove è stabilito che l’accordo raggiunto a seguito della convenzione (redatto in forma scritta) produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, con la precisazione che l’avvocato è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile competente copia, autenticata dall’accordo, munito delle certificazioni di cui al precedente articolo 5 stesso D.L.
Assume rilievo considerare che, come evidenziato da attenta dottrina, gli interessi superiori dei figli sono comunque tutelati anche in caso di negoziazione assistita, posto che, come sopra evidenziato, la procedura prevede l’intervento del Procuratore della Repubblica, al quale deve essere trasmesso l’accordo e che, in presenza di figli minori (o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti), deve rilasciare la propria autorizzazione.
Anche alla determinazione del contributo al mantenimento dei figli, concordato in sede di negoziazione assistita, si applica, dunque, il disposto dell’art. 337 quinquies c.c., secondo il quale “I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.”
Questa Corte, in fattispecie in cui ha esaminato la richiesta di revisione del contributo al mantenimento dei figli, stabilito in sede giudiziale, in ragione del mutamento delle condizioni economiche dei genitori, ha espressamente stabilito che il relativo provvedimento presuppone non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle menzionate condizioni, ma anche l’idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo del predetto assegno. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova autonoma valutazione dei presupposti dell’entità dell’assegno ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione originaria dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto, adeguando l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione all’eventuale nuova situazione patrimoniale (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 18608 del 30/06/2021; v. già Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 214 del 11/01/2016).
Ciò avviene perché i provvedimenti in tema di mantenimento dei figli minori di genitori divorziati passano in giudicato, ma essendo sempre rivedibili, divengono definitivi solo rebus sic stantibus, sicché il giudice, in sede di revisione, non può procedere ad una diversa ponderazione delle pregresse condizioni economiche delle parti, né può prendere in esame fatti anteriori alla definitività del titolo stesso o che comunque avrebbero potuto essere fatti valere con gli strumenti concessi per impedirne la definitività (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 6639 del 06/03/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 283 del 09/01/2020).
Tenuto pertanto conto che, come sopra evidenziato, gli accordi raggiunti in sede di negoziazione assistita sono ex lege equiparati ai corrispondenti provvedimenti adottati in sede giurisdizionale, ad essi è applicabile il disposto dell’art. 337 quinquies c.c., come sopra interpretato dalla giurisprudenza sopra richiamata, con la conseguenza che la modifica dell’accordo che determina la misura del contributo è consentita solo in presenza di sopravvenienze come sopra rilevanti.
6.3. Nel caso di specie è la stessa ricorrente ad avere prospettato che, nella specie, non vi sono neppure sopravvenienze, sicché, per i motivi sopra evidenziati, il motivo di ricorso deve essere respinto, dovendo darsi applicazione del seguente principio:
“In tema di regime economico in favore della prole, in conseguenza della crisi familiare, la misura del contributo per il mantenimento dei figli minorenni, determinata in seno alla convenzione di negoziazione assistita per la soluzione consensuale del divorzio, ai sensi dell’art. D.L. n. 132 del 2014, conv. con modif. in L. n. 162 del 2014, è suscettibile di essere modificata, ai sensi dell’art. 337-quinquies c.c., in presenza degli stessi presupposti previsti per il caso in cui l’assegno sia stato determinato in sede giurisdizionale, poiché l’accordo produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. È, dunque, necessario l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori e anche dell’idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale, realizzato con la convenzione attributiva del menzionato assegno.”
- Il sesto motivo di ricorso è inammissibile.
7.1. La Corte di appello, sulla richiesta di assegnazione alla ricorrente, oltre alla casa familiare, anche le pertinenze di quest’ultima (garage e cantina), risulta avere statuito quanto segue: “Certamente è da rigettare anche il terzo motivo di impugnazione, riferito all’assegnazione delle pertinenze della casa familiare, posto che le parti ne hanno, in piena autonomia, disposto negli accordi divorzili ed esula dalla competenza dell’autorità giurisdizionale l’assegnazione di ciò che, essendo al di fuori dell’abitazione familiare in senso stretto, non costituisce – o quanto meno non costituisce più – l’habitat della prole minore, esclusivamente a tutela della quale è prevista la pronuncia di assegnazione.”
Parte ricorrente, ha ritenuto che la Corte di appello abbia omesso l’esame di un fatto storico, che era stato oggetto di discussione tra le parti, e che aveva carattere decisivo, riconducibile alla considerazione che, in forza degli accordi divorzili (e prima ancora degli accordi di separazione) dette pertinenze erano state escluse dall’assegnazione proprio in quanto era stato deciso un uso condiviso delle stesse da parte dei genitori delle minori.
7.2. Come sopra evidenziato, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto decisivo, che è stato offerto al contraddittorio delle parti, da intendersi come un vero e proprio fatto storico, come un accadimento naturalistico.
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una questione o un punto controverso, ma un vero e proprio evento, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. 61, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; v. anche Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022).
Può trattarsi di un fatto principale ex art. 2697 c.c. (un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche di un fatto secondario (un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché sia controverso e decisivo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016), nel senso che il mancato esame, evincibile dal tenore della motivazione, vizia la decisione perché influenza l’esito del giudizio.
Non integrano, dunque, fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, o le mere ipotesi alternative, e neppure le singole risultanze istruttorie, qualora il fatto storico rilevante sia, comunque, stato preso in considerazione (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018). Per gli stessi motivi, non costituisce omesso esame, nei termini appena indicati, la mancata valutazione di domande o eccezioni, ovvero dei motivi di appello (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 29952 del 13/10/2022).
7.3. Nel caso di specie, parte ricorrente non ha lamentato che il giudice non avesse considerato l’esistenza della convenzione con la quale, in sede di negoziazione assistita, le parti avevano previsto l’assegnazione della casa familiare, escludendo le pertinenze (rimaste comunque in proprietà comune ai coniugi), ma la diversa valenza attribuita a tale pattuizione.
Con il motivo in esame, in sintesi, non è prospettato l’omesso esame di un fatto, inteso nel senso sopra indicato, ma la mancata adesione alle valutazioni che, in ordine a tale fatto, aveva operato la parte.
- Anche il settimo motivo è inammissibile.
Com’è noto, ai sensi dell’art. 336 bis c.c., “Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato”.
Il giudice del reclamo ha illustrato le ragioni del mancato ascolto, che parte ricorrente non ha condiviso, con censure che attengono al merito della decisione, come tale insindacabile.
- In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
- La statuizione sulle spese di lite, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza.
- Non è dovuto il pagamento di un’ulteriore somma, a titolo di contributo unificato, posto che, ai sensi dell’art. 10, comma 2, D.P.R. n. 115 del 2002, non è soggetto al contributo unificato il processo comunque riguardante la prole.
- In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.
PQM
P.Q.M.
la Corte
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controricorrente, che liquida in Euro 5.000,00 per compenso, oltre Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge;
dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati, a norma dell‘art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2024.
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