dichiarazione di successione Bologna tassa di successione Bologna successione legittima

 

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PEDONE RiSaRCiMeNtO CoMe FarE Tempi, modalita’ avvocato esperto

Per Successione ereditaria si intende la devoluzione dei rapporti giuridici dal De Cuius (il defunto) agli eredi.

Le successioni sono regolate nel Libro Secondo del Codice Civile. La Successione ereditaria non comporta il solo trasferimento dei beni immobili, mobili ed altri diritti reali ma anche il trasferimento di obblighi che il de Cuius assunse in vita quali debiti, imposte arretrate ai quali devono far fronte tutti gli eredi in proporzione ai loro diritti.

La Dichiarazione di successione deve essere presentata da uno dei seguenti soggetti:

gli eredi, i chiamati all’eredità, i legatari (soggetti che sono stati inseriti nel testamento per ottenere uno specifico bene e non una quota dell’intero asse ereditario) o i loro rappresentanti legali. Difatti, questi soggetti, potrebbero nominare un rappresentante che segua queste incombenze burocratiche. 

Il tutto, purché tali soggetti non abbiano espressamente rinunziato all’eredità, a questo punto decade l’obbligo di presentazione da parte loro;

gli amministratori dell’eredità;

i curatori delle eredità giacenti;

l’esecutore testamentario: persona di fiducia del defunto al quale viene dato l’incarico di curare che siano esattamente seguite le ultime volontà scritte nel testamento.

La Successione si dice legittima quando gli eredi succedono al defunto in forza di legge, si dice testamentaria quando i beni sono devoluti conformemente alla volontà scritta (testamento) del de Cuius.

La dichiarazione di successione quando va  presentata?

 entro un anno dalla data del decesso, ma sono esonerati esonerati dalla presentazione della dichiarazione di successione il coniuge o i parenti in linea retta se la successione non comprende beni immobili e diritti reali immobiliari e  il valore globale dell’asse ereditario lordo (cioè il valore complessivo dei beni e dei diritti caduti in successione) non supera i 100.000 euro

In proposito, è sufficiente richiamare quanto affermato da Cass. n. 2326 del 1990: “per i figli naturali, il termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità del loro genitore, ai sensi dell’art. 480 cod. civ. – secondo i principi fissati, dalla Corte costituzionale con la sentenza ‘interpretativa di rigetto’ n. 191 del 1983 – decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di accertamento del loro status, trovandosi essi fino a tale accertamento nella impossibilità giuridica, e non di mero fatto, di accettare l’eredità” (in senso conforme, Cass. 10333 del 1993).

Nella motivazione di tale sentenza, si è rilevato che l’ordinamento giuridico colloca il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della paternità in un momento che precede l’esercizio delle posizioni giuridiche soggettive derivanti dall’apertura della successione, attribuendo al riconoscimento e alla sentenza dichiarativa il valore di elemento costitutivo necessario della complessa fattispecie acquisitiva dell’eredità e non già di semplice presupposto di fatto del diritto potestativo di accettazione e di petizione ereditaria, come tale inidoneo ad impedire il decorso della prescrizione ex art. 480 cod. civ.. In proposito, si è osservato come tale conclusione trovi precisa conferma nelle disposizioni dell’art. 573 cod. civ., secondo cui la successione dei figli naturali si apre quando la filiazione è stata riconosciuta o dichiarata giudizialmente, e dell’art. 715, secondo comma, cod. civ., che considera impedimento alla divisione ereditaria la pendenza di un giudizio sulla legittimità o sulla filiazione naturale di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere.

Si è quindi ricordato che anche nell’ormai costante indirizzo interpretativo di questa Corte il termine decennale di prescrizione ex art. 480 citato decorre, per il figlio naturale, soltanto dalla data della dichiarazione giudiziale, se successiva all’apertura della successione e non già da quest’ultima, poiché, pur retroagendo gli effetti della dichiarazione giudiziale fino al momento della apertura della successione, il figlio naturale versa nella impossibilità, giuridica e non di mero fatto, di accettare l’eredità del genitore fino a quando tale dichiarazione non sia pronunciata (Cass. n. 5075 del 1987; Cass. n. 1648 del 1986; Cass. n. 3709 del 1984; Cass. n. 191 del 1983).

 il principio della presunzione di buona fede di cui all’art. 1147 cod. civ. ha portata generale e non limitata all’istituto del possesso in relazione al quale è enunciato (Cass. n. 5901 del 2010) e il possessore di buona fede è tenuto alla restituzione dei frutti a far tempo dalla domanda giudiziale con la quale il titolare del diritto ha chiesto la restituzione della cosa. Ne consegue che, non essendo contestato che gli originari convenuti fossero in buona fede al momento di apertura di entrambe le successioni, il mutamento della loro condizione soggettiva da buona fede a mala fede non poteva essere riferito ad una evenienza esterna alla sfera soggettiva dei convenuti, richiedendosi invece una manifestazione di volontà del titolare del diritto volta ad ottenere la restituzione dei beni; manifestazione che, nella specie, si è avuta solo con la proposizione dell’azione di petizione ereditaria.

In tal senso, deve ricordarsi Cass. n. 32 81 del 1981, che ha affermato il seguente principio: “Nel caso di indebita ricezione di una cosa, l’alienazione del bene ricevuto in buona fede effettuata dopo la conoscenza dell’obbligo di restituirlo è giuridicamente equiparata all’alienazione della cosa ricevuta in mala fede, con la conseguenza che in entrambi i casi l’alienante è obbligato a restituire non il corrispettivo della alienazione – come nell’ipotesi di alienazione di cose, ricevute in buona fede, effettuata prima di conoscere l’obbligo della restituzione – bensì il valore del bene alienato, fatto sempre salvo, peraltro, nonostante trattisi di debito di valore, il divieto per il giudice del merito – al momento della decisione (anche di appello) – di liquidarne l’importo in una cifra superiore a quella espressamente domandata; né la richiesta della differenza tra lo importo indicato dall’attore e il maggior valore del bene può ritenersi compresa nella domanda degli interessi, giacche questi, spettando sul valore da attribuire, non ne costituiscono una componente, ma si aggiungono ad esso”.