Statuizioni economiche nello scioglimento delle Unioni Civili: Tribunale di Pordenone, ordinanza 13.3.2019.
Il fatto.
Una donna che era unita civilmente a un’altra donna depositava ricorso dinanzi al Tribunale di Pordenone per ottenere il divorzio da quest’ultima.
Protagoniste della vicenda due donne – le chiameremo Clara e Nadia , utilizzando nomi di fantasia – che, legate sentimentalmente da tempo, decidono alla fine del 2016 di ufficializzare il loro legame e di “unirsi civilmente” – come previsto dalla ‘legge Cirinnà’ – con «atto trascritto nel registro degli atti di matrimonio» del loro Comune di residenza. Qualche tempo dopo, però, il rapporto tra Clara e Nadiia comincia a subire qualche incrinatura, che non riesce ad essere sanata e si trasforma in una rottura non più rimediabile. Obbligata, quindi, la decisione di chiedere ai Giudici di ufficializzare lo scioglimento del loro legame
La Ordinanza rende applicabile alle Unioni civili la noram e le regole del divorzio,
In punto di diritto: lo scioglimento delle unioni civili.
Nel disciplinare lo scioglimento delle unioni civili, la legge 20 maggio 2016, n. 76 prevede significativi elementi di omologia e altrettanto notevoli differenze rispetto al matrimonio disciplinato all’interno del codice civile.
art. 3, comma 3, lett. b), l. n. 898/1970,
NELLE UNIONI CIVILI A DIFFERENZA DEL MATRIMONIO :
non risulta contemplata la separazione personale di cui all’art. 3, comma 3, lett. b), l. n. 898/1970, la cui ininterrotta durata per il tempo minimo previsto per legge (in oggi ridotto a seguito della l. n. 55/2015, a sei o dodici mesi), costituisce la prevalente causa di divorzio. In altri termini, nell’unione civile si procede allo scioglimento «diretto» del vincolo”, avendo il Legislatore previsto una disciplina molto più simile a quella, ad esempio, di molti Paesi anglosassoni rispondendo a sentite “esigenze di snellezza delle relazioni giuridiche”
L’ordinanza in commento (Tribunale di Pordenone, 13 marzo 2019) è degna di nota per il fatto di avere, per la prima volta, applicato allo scioglimento dell’unione civile di una coppia omosessuale, non tanto la l. 898/1970 (che, lo si ricorda, è espressamente richiamata dalla l. 76/2016), quanto i medesimi principi interpretativi affermati dalla giurisprudenza in tema di riconoscimento e di quantificazione dell’assegno divorzile per le coppie eterosessuali.
“All’esito, ritenuto che le parti allo stato non intendono pervenire ad un accordo, ritenuto del tutto improprio e non applicabile, neppure per analogia, un provvedimento che autorizzi le
parti a vivere separate e sciolga la comunione delle unioniste (manca nella legge istitutiva delle unioni civili il richiamo all’art. 2 L. 55/15), pur riservandosi eventuali approfondimenti in sede istruttoria, rileva il giudicante: – che appare opportuno applicare, anche per ragioni di pari trattamento, costituzionalmente orientato, all’assegno a seguito dello scioglimento dell’unione civile le medesime argomentazioni interpretative espresse dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 18287/2018 in tema di assegno divorzile;
– che nel caso di specie è assolutamente pacifico lo squilibrio tra le condizioni economico- patrimoniali delle parti. Sul punto basti richiamare le dichiarazioni dei redditi depositate e la ricostruzione dei rispettivi patrimoni come lealmente tratteggiati dalle parti nel corso dell’udienza;
– che tale squilibrio, per quanto in misura marginale, appare, allo stato, riconducibile a scelte di vita assunte nel corso della relazione delle parti. A tale scopo ritiene il giudicante valorizzare anche la fase di convivenza “di fatto” prima della celebrazione dell’unione civile. Invero, detta fase pregressa non solo nei suoi connotati costituitivi è assolutamente identica alle modalità di gestione dell’unione civile post celebrazione; quanto poi è opportuno sottolineare che la coppia solo con la promulgazione della legge Cirinnà ha potuto “legalizzare” il proprio rapporto, non essendo possibile in epoca precedente contrarre in Italia tra loro una qualsiasi forma di “matrimonio”. Appare pertanto altamente verosimile che nel corso della stabile convivenza delle parti in causa, con inizio già nell’autunno del 2013, siano state adottate dalla signora X decisioni in ordine al trasferimento della propria residenza ed alla attività lavorativa dettate non solo dalla maggior comodità del posto di lavoro rispetto ai luoghi di convivenza (Pordenone piuttosto che Mira), ma anche dalla necessità di coltivare al meglio la relazione e trascorrere quanto più tempo possibile con la propria compagna, non comprimendo il tempo libero con le ore necessarie per il trasferimento da Pordenone a Venezia per almeno due volte al giorno. Deve, quindi, ritenersi, in relazione a scelte riconducibili alla vita comune, che la signora X abbia costituito un nuovo proprio centro di interessi in Pordenone ed abbia rinunciato, per le ragioni sopra esposte, ad una attività lavorativa leggermente meglio remunerata rispetto a quella attuale;
– che circa la quantificazione dell’assegno, non può ignorarsi che il rapporto tra le due partner sia durato un quinquennio e che allo stato non sembrano emergere convincenti elementi da giustificare una componente compensativa dell’assegno dovuto alla signora X. Sussiste senz’altro un effetto perequativo per perdita di chance. Se a tale elemento si
aggiungono anche gli effetti fiscali favorevoli per colei che sarà tenuta al versamento di un assegno e sfavorevoli per chi lo riceve;
ritiene
il giudicante equo e proporzionale fissare in € 350,00 mensili l’importo provvisorio dell’assegno posto a carico della signora Y ed in favore della signora X. L’assegno sarà versato con decorrenza marzo 2019, il giorno 27 di ogni mese ed in forma tracciabile, con rivalutazione annuale automatica in base alle variazioni degli indici ISTAT se in aumento (primo aggiornamento automatico marzo 2020).
Si segnala che il presente provvedimento provvisorio “
Alla parte dell’unione civile economicamente più debole, è stato riconosciutoriconosciuto un assegno periodico. La decisione considera che il «pacifico» squilibrio tra le condizioni economiche delle due donne è riconducibile a scelte di vita fatte nel corso della relazione: il giudice considera non solo il periodo successivo all’unione civile, ma anche quello di convivenza che lo ha preceduto. In particolare, la donna economicamente più debole ha cambiato città per vivere con la compagna e ha anche lasciato il lavoro, optando per uno meno retribuito. Il Tribunale rileva quindi (richiamando la sentenza a Sezioni unite della Cassazione 18287/2018) una perdita di chance.
All’art. 1, comma 24 della legge 76/2016 è infatti previsto che l’unione civile si sciolga “quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile”. E’ perciò necessario che le Parti, congiuntamente o disgiuntamente, manifestino la propria volontà di interrompere il vincolo.
All’art. 1, comma 24 della legge 76/2016 è infatti previsto che l’unione civile si sciolga “quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile”. E’ perciò necessario che le Parti, congiuntamente o disgiuntamente, manifestino la propria volontà di interrompere il vincolo. A far data dal momento della manifestazione della volontà delle Parti, decorre un termine trimestraledopo il quale “potrà essere presentata la domanda «diretta» di scioglimento dell’unione civile… Il termine di tre mesi rappresenta uno spatium deliberandi, finalizzato a verificare la serietà dell’intendimento di sciogliere l’unione, piuttosto che di tentare una riconciliazione; esso è, per molti aspetti assimilabile, alla prolungata ed ininterrotta separazione legale” (2). L’inammissibilità dell’addebito non svuota, in ogni caso, di significato il progetto condiviso di vita di coppia: la violazione dei doveri derivanti dall’impegno sancito dall’unione civile, come è facile intuire, può rilevare ai fini di un eventuale diverso procedimento volto ad ottenere il risarcimento del c.d. “danno endofamiliare”, consistente nella violazione dei diritti di rango costituzionale della persona, come la reputazione, la libertà personale, finanche la salute.
All’art. 1, comma 24 della legge 76/2016 è infatti previsto che l’unione civile si sciolga “quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile”. E’ perciò necessario che le Parti, congiuntamente o disgiuntamente, manifestino la propria volontà di interrompere il vincolo.
Nell’attribuire il contributo economico alla partner Resistente, il Giudice ha utilizzato gli argomenti esplicitati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel luglio 2018, nella sentenza n. 18287.
Come ormai noto, gli ermellini erano stati chiamati a pronunciarsi sulle condizioni di attribuibilità dell’assegno di divorzio, in particolare dopo la sentenza di legittimità n. 11504/2017 che aveva defalcato il granitico parametro del tenore di vita in favore del diverso indice, di natura squisitamente assistenziale, rappresentato dalla mancanza di autonomia economica.
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