CONTRATTI IMMOBILIARI volontà contrattuale – Obbligo informativo

CONTRATTI IMMOBILIARI volontà contrattuale – Obbligo informativo

Il contraente non ha diritto di occultare i fatti la cui conoscenza è indispensabile alla controparte per una corretta formazione della propria volontà contrattuale, ma l’obbligo informativo non può essere esteso fino al punto di imporre al contraente di manifestare i motivi (nella specie il trasferimento dell’edificabilità) per i quali stipula il contratto, così da consentire all’altra parte di trarre vantaggio non dall’oggetto della trattativa, ma dalle altrui motivazioni e dalle altrui risorse.

Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza 16-04-2012, n. 5965

ossia che ha violato l'obbligo di buona fede di cui all'art. 1337 c.c.) è responsabile dei danni provocati dal suo comportamento illecito ed i danni vanno commisurati al "minor vantaggio", ovvero al "maggior aggravio economico" prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell'obbligo di buona fede (Cass. 29/9/2005 n. 19024; Cass. 8/9/1999 n. 9523).
ossia che ha violato l’obbligo di buona fede di cui all’art. 1337 c.c.) è responsabile dei danni provocati dal suo comportamento illecito ed i danni vanno commisurati al “minor vantaggio”, ovvero al “maggior aggravio economico” prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligo di buona fede (Cass. 29/9/2005 n. 19024; Cass. 8/9/1999 n. 9523).

PRINCIPI DELLA SUPREMA CORTE:

  • Occorre premettere che nella fattispecie non viene in discussione il principio secondo il quale un suolo non edificabile, ma per il quale sia prevista, da strumenti urbanistici non ancora approvati, l’edificabilità costituisce un bene non omogeneo rispetto ad altri terreni non edificabili e che l’ignoranza su tale qualità possa integrare errore su una qualità essenziale (cfr. Cass. Cass. S.U. 1/7/1997 n. 5900, Cass. 11/9/2000 n. 11927).

  • Anzi, non essendo stata proposta domanda di annullamento, ma solo domanda risarcitoria per dolo incidente ed essendo stato richiesto il risarcimento di un danno che deriva da un contratto valido ed efficace ma “sconveniente”, neppure è necessario indagare se l’inganno abbia riguardato una qualità essenziale del bene o se sia stato determinante per il consenso, in quanto l’attività ingannatrice, in questo caso, ha una minore incidenza minore influendo solo su modalità del negozio che la parte non avrebbe accettato se non fosse stata fuorviata dal raggiro. Questa figura di dolo attiene dunque alla formazione del contratto e la sua eventuale esistenza non incide sulla possibilità di far valere i diritti sorti dal medesimo, ma comporta soltanto che il contraente in inala fede (ossia che ha violato l’obbligo di buona fede di cui all’art. 1337 c.c.) è responsabile dei danni provocati dal suo comportamento illecito ed i danni vanno commisurati al “minor vantaggio”, ovvero al “maggior aggravio economico” prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligo di buona fede (Cass. 29/9/2005 n. 19024; Cass. 8/9/1999 n. 9523).

  • Non è neppure posto in discussione il principio per il quale quando debba giudicarsi del requisito di volontà, cioè di libertà nella formazione di un negozio giuridico (o della buona fede di un comportamento) rileva anche l’errore di diritto perchè, dovendosi valutare un atto di un soggetto responsabile, si ha riguardo al fatto in sè dell’ignoranza o della deviata conoscenza, indipendentemente dalla ragione dell’errore.

  • Occorre infine precisare che l’affermazione (del tutto apodittica e indimostrata) dei ricorrenti secondo la quale la destinazione urbanistica del terreno al momento del rogito notarile (14/1/1999)non era più quella (a verde e parcheggi) indicata nel certificato di destinazione urbanistica presentato dalla società acquirente trova smentita nella sentenza impugnata laddove si rileva che alla data del 14 Gennaio 1999 il terreno risultava sempre classificato come zona destinata a verde e parcheggi e che l’area divenne edificabile solo due anni dopo il rogito, a seguito di variante al P.R.G., come accertato dal CTU e non contestato dalle parti (v. pag. 12 della sentenza). La Corte di Appello, come già riferito nella parte in fatto, ha ritenuto insussistente il dolo incidente perchè:

– nessun inganno o raggiro era ravvisabile nella condotta della società acquirente;

Nè potrebbe invocarsi il principio per il quale l’ambito di rilevanza della regola posta dall’art. 1337 c.c., va oltre l’ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative e assume il valore di una clausola generale che implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto(Cass. 29/9/2005 n. 19024).

E’ pur corretto affermare che il contraente non ha diritto di occultare i fatti la cui conoscenza è indispensabile alla controparte per una corretta formazione della propria volontà contrattuale (Cass. 5/2/2007 n. 2479), ma l’obbligo informativo non può essere esteso fino al punto di imporre al contraente di manifestare i motivi (nella specie il trasferimento dell’edificabilità) per i quali stipula il contratto, così da consentire all’altra parte di trarre vantaggio non dall’oggetto della trattativa, ma dalle altrui motivazioni e dalle altrui risorse.