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è valido il patto stipulato tra i coniugi per la disciplina della modalità di corresponsione dell’assegno di mantenimento, che preveda il versamento da parte del genitore obbligato direttamente al figlio di una quota del contributo complessivo di cui risulta beneficiario l’altro genitore.
Suprema Corte ha confermato l’orientamento tradizionale che riteneva gli accordi assunti prima del matrimonio, ovvero in sede di separazione consensuale in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità sia degli status sia dello stesso assegno di divorzio. Più recentemente, la giurisprudenza ha affermato che tali accordi hanno natura negoziale e non sono – di per sé – contrari all’ordine pubblico.
Cassazione civile, sez. III, sentenza 21 febbraio 2023 n. 5353 conferma il proprio più recente orientamento e ammette la validità in generale delle scritture a latere degli accordi di separazione anche dopo il divorzio. Rimane, a tutela delle parti deboli, il limite dei diritti inderogabili, che devono comunque essere verificati dal Giudice, e l’impossibilità di riconoscere a tali scritture autonomo valore di titolo esecutivo.
l Collegio di piazza Cavour, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso. Secondo la Suprema Corte, deve sottolinearsi che la c.d. side letter non può integrare un titolo esecutivo giudiziale (come è invece l’ordinanza presidenziale emessa nel giudizio divorzile) in quanto non riveste la forma dell’atto pubblico, né tantomeno di scrittura privata.
Ciò puntualizzato, ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 1, c.p.c., occorre tuttavia sottolineare che il titolo esecutivo giudiziale non si identifica, né si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l’obbligo di eseguire, essendo consentita l’interpretazione extra testuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, da valutarsi, eventualmente, anche ex officio da parte del giudice dell’opposizione esecutiva (Cass. sez. unite n. 11066/2012), ma a condizione che non sovrapponga la propria valutazione in diritto a quella del giudice di merito (Cass. sez. III n. 10806/2020) e sempre che l’esito non sia tale da attribuire al titolo una portata contrastante con quanto risultante dalla lettura congiunta di dispositivo e motivazione (Cass. sez. lav. n. 5019/2020). In tal senso, dunque, la Corte capitolina ha errato nell’escludere la generalizzata possibilità per gli accordi intervenuti a latere della separazione di mantenere la propria efficacia anche dopo la sentenza di divorzio. Da tempo, giurisprudenza e dottrina si interrogano sulla validità di questi accordi una volta sopraggiunto il divorzio: mantengono la medesima efficacia della fase di separazione oppure sono da considerarsi definitivamente “superati”? Quindi, quanto in essi previsto, continua a vincolare il coniuge obbligato al rispetto delle intese precedentemente raggiunte?
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AFFERMA LA SUPREMA CORTE “E’ noto, infatti, come questa Corte – nella sua massima sede nomofilattica abbia affermato che il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 1), c.p.c., non si identifica, nè si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l’obbligo da eseguire, essendo consentita l’interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, da valutarsi, eventualmente, anche “ex officio”, da parte del giudice dell’opposizione esecutiva (Cass., Sez. Un., sent. 2 luglio 2012, n. 11066, Rv. 622929-01), ma “a condizione che non sovrapponga la propria valutazione in diritto a quella del giudice del merito” (Cass. Sez. 3, sent. 5 giugno 2020, n. 10806, Rv. 658033-02), e sempre che “l’esito non sia tale da attribuire al titolo una portata contrastante con quanto risultante dalla lettura congiunta di dispositivo e motivazione” (Cass. Sez. Lav., ord. 25 particolare, che “le relative questioni” – nella specie, la possibile persistenza dell’accordo, WOLTERS KLUWER ONE LEGALE © Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. 15 Marzo 2023 pag. 3 concluso “a latere” del ricorso per separazione, pur dopo l’adozione dei provvedimenti presidenziali adottati nel giudizio di separazione, “siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo” (Cass. Sez. 3, sent. 31 ottobre 2014, n. 23159, Rv. 633259-01). 8. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, ricorrendo “giusti motivi”, ex art. 92, comma 2, c.p.c., nel testo modificato dall’art. 58, comma 1 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (applicabile “ratione temporis” alla presente fattispecie, essendo stato il giudizio di primo grado instaurato con citazione notificata il 12 agosto 2014)
La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 5353/2023 del 21.02.2023 ha ritenuto che gli accordi integrativi raggiunti dai coniugi in via stragiudiziale in occasione della separazione consensuale mantengono immutata la propria efficacia e validità, anche dopo il divorzio, purché richiamati nel relativo provvedimento.
i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, affermandosi anche che, in tema di accordi conclusi in vista del divorzio, è valido il patto stipulato tra i coniugi per la disciplina della modalità di corresponsione dell’assegno di mantenimento, che preveda il versamento da parte del genitore obbligato direttamente al figlio di una quota del contributo complessivo di cui risulta beneficiario l’altro genitore.
Ad escludere la possibilità che la c.d. “side letter” possa integrare un titolo esecutivo giudiziale (qual è l’ordinanza presidenziale, adottata nell’ambito del giudizio divorzile) è sufficiente la constatazione che essa – come invece necessario, ai sensi dell’art. 474 c.p.c. – non risulta rivestire la forma né di atto pubblico, né di scrittura privata autenticata. D’altra parte, qualora si fosse preteso di attribuire a tale documento efficacia “integrativa” del suddetto titolo giudiziale, sarebbe occorso che tale circostanza risultasse dal titolo stesso.
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La separazione non pone fine al matrimonio, né fa venir meno lo status giuridico di coniuge. Incide invece su alcuni effetti propri del matrimonio (si scioglie la comunione legale dei beni, cessano gli obblighi di fedeltà e di coabitazione). Residuano inoltre altri effetti del matrimonio, ma sono limitati o disciplinati in modo specifico (dovere di contribuire nell’interesse della famiglia, dovere di mantenere il coniuge più debole e dovere di mantenere, educare ed istruire la prole).
Diversamente dal passato, oggi la separazione può essere dichiarata per cause oggettive, cioè indipendentemente dalla colpa di uno dei due coniugi. È possibile quindi che i coniugi si separino perché avvenimenti esterni si frappongono alla coppia, perché sopraggiungono circostanze non previste, né prevedibili, al momento della celebrazione del matrimonio, perché ci si rende conto dell’esistenza di un’incompatibilità caratteriale insuperabile e, in generale, per tutti quei fatti che, usando l’espressione del legislatore, “rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o recano grave pregiudizio all’educazione della prole” (art. 151, 1°co. c.c.).
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Parliamo di eredi legittimi solo in quei casi in cui il defunto non abbia lasciato alcuna disposizione testamentaria, così che la ripartizione dei beni avverrà secondo i criteri stabiliti dal codice civile. Si parla in questo caso di successione legittima, e in questo contesto, sono, quindi, indicati come eredi legittimi coloro i quali sono designati destinatari dei beni, per espressa previsione della leggeProprio per rispondere alle tante differenti situazioni possibili, la legge prevede una fitta rete di criteri a cui dover fare riferimento, per poter individuare in ogni situazione chi siano gli eredi legittimi.
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Vediamo alcuni esempi. Superstiti al defunto:
– Solo il coniuge: beneficia di tutto il patrimonio ereditario;
– Il coniuge ed un solo figlio: beneficiano ciascuno di metà del patrimonio ereditario;
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– Il coniuge e più di due figli: il coniuge beneficia di un terzo e i restanti due terzi saranno divisi tra i figli in parti uguali;
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