BOLOGNA SEPARAZIONE CONSENSUALE, SEPARAZIONE CONSENSUALE BOLOGNA AVVOCATO ESPERTO ,E LA CASA CONIUGALE?
Casa dolce casa.a quando ci si separa a chi va?
Famiglia – Matrimonio – Separazione personale dei coniugi – Giudiziale – Con addebito
Parlando del Diritto di famiglia occore considerare che il diritto di famiglia è uno degli ambiti che maggiormente influisce sulla qualità di vita dei nostri assistiti. In questo campo è più che mai necessaria la capacità di mediazione dell’avvocato.
Quando si hanno delle soluzioni che soddisfano le esigenze dei separandi spesso si riesce ad attenuare il trauma di una famiglia che si divide.
- I principali servizi che offre l’avvocato Sergio Armaroli nel settore sono i seguenti:
- Negoziazione assistita per la separazione personale dei coniugi;
- Separazione personale dei coniugi giudiziale (consensuale e non);
- Divorzio giudiziario;
- Divorzio breve;
- Modifica della condizioni di separazione;
- Modifica delle condizioni di divorzio;
- Modifica delle condizioni di affidamento di figli minori;
- Determinazione delle condizioni di affidamento e mantenimento di figli nati da coppie di fatto;
- Accordi di convivenza;
- Dichiarazioni di successione;
- Rivendicazioni ereditarie;
- Riconoscimento giudiziale della paternità o maternità;
- Cambio sesso: rettificazione di attribuzione di sesso;
- Modifica del cognome.
- Ci si può separare o si può divorziare in modo consensuale se i coniugi raggiungono un accordo riguardo le condizioni relative all’affidamento dei figli e gli aspetti economici, altrimenti occorre che uno di essi presenti autonomamente un ricorso al Tribunale di competenza instaurando un Giudizio.
MA PERCHE’ SI CHIAMA SEPARAZIONE CONSENSUALE
Il termine consensuale deriva proprio dal fatto perché prevede il consenso espresso di entrambi i coniugi che giungono ad un accordo sulla spartizione dei loro beni in comunione e sull’affidamento dei figli nonché su tutte le possibili questioni connesse alla vita matrimoniale.
allontanamento del coniuge dalla casa coniugale – Mancanza di giusta causa – Violazione dell’obbligo di convivenza – Configurabilità – Ripartizione dell’onere della prova. FAMIGLIA – MATRIMONIO – SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI – EFFETTI – ASSEGNO DI MANTENIMENTO – IN GENERE – Assegnazione della casa coniugale – Successiva revoca dell’assegnazione – Svantaggio economico conseguente – Rideterminazione della misura dell’assegno di mantenimento – Criteri – Fattispecie.
In tema di separazione personale,
allorché il giudice del merito abbia revocato il diritto di abitazione nella casa coniugale (nella specie, per raggiunta autosufficienza economica del figlio della coppia), la modifica dell’ammontare dell’assegno di mantenimento originariamente disposto a favore del coniuge economicamente più debole, rimasto privo di casa, pur dovendo considerare lo svantaggio economico conseguente, non deve essere, sempre e comunque, direttamente proporzionale al canone di mercato dell’immobile che il coniuge deve lasciare, potendo ipotizzarsi una diversa sistemazione, in abitazione eventualmente più modesta, ancorché decorosa.
L’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare
costituisce, in difetto di giusta causa, violazione dell’obbligo di convivenza e la parte che, conseguentemente, richieda la pronuncia di addebito della separazione ha l’onere di provare il rapporto di causalità tra la violazione e l’intollerabilità della convivenza, gravando, invece, sulla controparte la prova della giusta causa.
La casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicchè è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico, e ciò sia ai sensi del previgente articolo 155 quater c.c., che dell’attuale art. 337 sexies c.c.
ome il previdente articolo 155 c.c., comma 4 (e, per il divorzio, la L. n. 898 del 1970, articolo 6), l’articolo 155 quater (introdotto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54) e l’articolo 337 sexies c.c. (introdotto dal Decreto Legislativo n. 154 del 2013, in vigore dal 7 febbraio 2014), nella parte in cui prevedeva (l’articolo 155 quater) e prevede (l’attuale articolo 337 sexies) che “il godimento della casa familiare e’ attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”, hanno una ratio di protezione nei confronti di questi ultimi, tutelandone l’interesse a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per mantenere le consuetudini di vita e le relazioni sociali che in esso si radicano (Cass. 6979/2007, 16398/2007, 14553/2011, 21334/2013).
L’assegnazione della casa coniugale non rappresenta, infatti, una componente delle obbligazioni patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio o un modo per realizzare il mantenimento del coniuge piu’ debole e, nel nuovo regime, introdotto gia’ con la 1.54/2006, e’ espressamente condizionata soltanto all’interesse dei figli, essendo scomparso il “criterio preferenziale” costituito dall’affidamento della prole, a fronte del superamento, in linea di principio, dell’affidamento monogenitoriale in favore della scelta, di regola, dell’affido condiviso (C. Cost. 308/2008).
Questa Corte (Cass. 23591/2010) ha infatti ribadito che “la scelta cui il giudice e’ chiamato non puo’ prescindere dall’affidamento dei figli minori o dalla convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti che funge da presupposto inderogabile dell’assegnazione” e che “suddetta scelta, inoltre, neppure puo’ essere condizionata dalla ponderazione tra gli interessi di natura solo economica dei coniugi o tanto meno degli stessi figli, in cui non entrino in gioco le esigenze della permanenza di questi ultimi nel quotidiano loro habitat domestico”; l’assegnazione della casa familiare in conclusione e’ “uno strumento di protezione della prole e non puo’ conseguire altre e diverse finalita’” (conf. Cass., da ultimo, l’articolo 6 15367/2015).