DENUNCIA DI SUCCESSIONE- IMPOSTA DI SUCCESSIONE

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 19 febbraio 2019 n. 4843 si è espressa in materia di successione ereditaria, fissando i presupposti giuridici dell’accettazione tacita dell’eredità,

Una “denuncia di successione” è un documento ufficiale che viene presentato alle autorità fiscali per informarle di una successione, cioè del trasferimento di proprietà di beni e attività da una persona deceduta ai suoi eredi. Questa denuncia è spesso richiesta dalle autorità fiscali per calcolare e riscuotere eventuali imposte di successione dovute sulle proprietà ereditate.

L’imposta di successione è un’imposta pagata sui beni e sulle attività ricevute dagli eredi come parte di una successione. Le aliquote e le modalità di calcolo possono variare da paese a paese e spesso dipendono dal valore dell’eredità e dal grado di parentela tra il defunto e gli eredi.

La denuncia di successione è importante perché consente alle autorità fiscali di determinare correttamente l’imposta di successione dovuta e di garantire il rispetto delle normative fiscali vigenti. I dettagli specifici sulla procedura e sulle normative relative alla denuncia di successione e all’imposta di successione possono variare in base alla giurisdizione locale. È consigliabile consultare un professionista fiscale o legale competente per ricevere assistenza specifica in merito alle leggi e alle procedure relative alla successione e alle imposte di successione nel proprio paese.

SUCCESSIONI TESTAMENTO EREDE
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stabilendo che risultano essere privi di rilevanza tutti quegli atti che, attesa la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere, in modo certo, l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede.

Avvocato a Bologna - Avvocato Penalista
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Nello specifico vengono identificate alcune condotte tipiche che non configurano una accettazione tacita dell’eredità quali, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione. 

A sostegno di quanto pronunciato la Suprema Corte di Cassazione, nella predetta sentenza ha evidenziato che dette condotte sopra menzionate, hanno come unica finalità una serie di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, con la conseguenza che il chiamato all’eredità non sempre, compiendo detti atti, manifesta la volontà di accettare dell’eredità, spettando dunque al Giudice di valutare, caso per caso, se si possa desumere il proposito, da dette condotte, di accettare l’eredità, ben potendo quest’ultimo escludere detta possibilità in assenza di una specifica volontà da parte del chiamato all’eredità.  

Peraltro, siffatto accertamento non può limitarsi all’esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale, ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredità.

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La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell’art. 31 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) – 

 

la cui mancata osservanza potrà comportare solo l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e seguenti -, purché prima della notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta. In tale arco temporale è, fra l’altro, consentito al contribuente correggere la dichiarazione stessa,

per adeguarla ai criteri legali di valutazione c.d. automatica (art. 34, commi quinto e seguenti, del citato D.Lgs.), e l’Ufficio non potrà ignorare la correzione, apportata uniformandosi ai parametri legali, perché così finirebbe pr assoggettare il dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico

La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell’art. 31 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) – 

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la cui mancata osservanza potrà comportare solo l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e seguenti -, purché prima della notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta.

In tale arco temporale è, fra l’altro, consentito al contribuente correggere la dichiarazione stessa, per adeguarla ai criteri legali di valutazione c.d. automatica (art. 34, commi quinto e seguenti, del citato D.Lgs.), 

 l’Ufficio non potrà ignorare la correzione, apportata uniformandosi ai parametri legali, perché così finirebbe per assoggettare il dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo caric 

In tema di imposta di successione, ove venga presentata, ai sensi degli artt. 28, comma 6, e 33, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 346 del 1990, dichiarazione integrativa o sostitutiva, che si rende necessaria solo in presenza di un evento che abbia modificato la delazione ereditaria, incidendo quantitativamente sull’asse,

il termine di decadenza triennale del potere accertativo dell’Ufficio decorre dalla data di presentazione della stessa, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di dichiarazione meramente modificativa, che non può riguardare dati incidenti sulla devoluzione d’eredità, e nella quale detto termine di decadenza decorre dalla presentazione dell’originaria dichiarazione di successione

 il termine annuale per la dichiarazione di successione non è applicabile alla dichiarazione integrativa presentata dall’odierna ricorrente in data 13.11.2007 (la dichiarazione di successione era stata presentata in data 27.3.2006).

L’art. 28 comma 6 del d.lgs 346/1990 non richiama l’art. 31 con riferimento al termine per la presentazione della dichiarazione di successione non essendo prevista alcuna comminatoria di decadenza e tenuto conto che la emendabilità e la retrattabilità della dichiarazione sono sottratte al termine fissato per la presentazione della denuncia medesima (Cass. 26080/2016).

Si consideri inoltre che, secondo l’orientamento conforme di questa Corte, in tema d’imposta di successione, gli errori commessi dal contribuente nella dichiarazione sono in ogni caso emendabili, sia in virtù del principio generale secondo cui la dichiarazione non ha valore confessorio e non è fonte dell’obbligazione tributaria, sia in virtù dei principi costituzionali di capacità contributiva e buona amministrazione, nonché di collaborazione e buona fede che devono improntare i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente.

 Alla correzione non osta né l’intervenuta scadenza del termine per la presentazione della denunzia di successione, che non ha natura decadenziale, né l’art. 31, comma 3, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, che concerne le modifiche da apportare agli elementi oggettivi e soggettivi della dichiarazione, né l’eventuale notifica di un avviso di liquidazione, riflettendosi tale circostanza solo sul regime dell’onere della prova in giudizio, (da ultimo Cass. 2229/2015).

  • La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell’art. 31 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) – la cui mancata osservanza potrà comportare solo l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e seguenti -, purché prima della notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta. In tale arco temporale è, fra l’altro, consentito al contribuente correggere la dichiarazione stessa, per adeguarla ai criteri legali di valutazione c.d. automatica (art. 34, commi quinto e seguenti, del citato D.Lgs.), e l’Ufficio non potrà ignorare la correzione, apportata uniformandosi ai parametri legali, perché così finirebbe pr assoggettare il dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico».

     

    • La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell’art. 31 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) – la cui mancata osservanza potrà comportare solo l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e seguenti -, purché prima della notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta. In tale arco temporale è, fra l’altro, consentito al contribuente correggere la dichiarazione stessa, per adeguarla ai criteri legali di valutazione c.d. automatica (art. 34, commi quinto e seguenti, del citato D.Lgs.), e l’Ufficio non potrà ignorare la correzione, apportata uniformandosi ai parametri legali, perché così finirebbe per assoggettare il dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico».
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  • In tema di imposta di successione, ove venga presentata, ai sensi degli artt. 28, comma 6, e 33, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 346 del 1990, dichiarazione integrativa o sostitutiva, che si rende necessaria solo in presenza di un evento che abbia modificato la delazione ereditaria, incidendo quantitativamente sull’asse, il termine di decadenza triennale del potere accertativo dell’Ufficio decorre dalla data di presentazione della stessa, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di dichiarazione meramente modificativa, che non può riguardare dati incidenti sulla devoluzione d’eredità, e nella quale detto termine di decadenza decorre dalla presentazione dell’originaria dichiarazione di successione.
     
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Le ragioni dei legittimari possono essere soddisfatte anche mediante atti di disposizione a titolo particolare. La successione cosiddetta necessaria non implica né l’acquisto ipso iure da parte dei legittimari della qualità di eredi né, di conseguenza, l’investitura della titolarità dei beni ereditari.

Il principio dell’intangibilità della quota di legittima deve intendersi soltanto in senso quantitativo e non anche in senso qualitativo, potendo il testatore soddisfare le ragioni dei legittimari con beni — di qualunque natura — purché compresi nell’asse ereditario; ne consegue che non viola il disposto degli artt. 536 e 540 c.c. il testatore che abbia lasciato al coniuge l’usufrutto generale sui beni mobili e immobili nonché la prima proprietà di eredità, contanti, depositi bancari e postali, sempre che il valore di detti beni copra la quota riservata al coniuge, atteso che l’attribuzione dell’usufrutto generale non costituisce assegnazione di legato ma istituzione di erede e che l’attribuzione della proprietà prima di alcune categorie di beni vale come istituzioni di erede se essi sono intesi come quota dei beni del testatore.

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  • Responsabilità dell’erede per i debiti ereditari
  • La limitazione della responsabilità dell’erede per i debiti ereditari, derivante dall’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l’erario, che, di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell’avviso di liquidazione nei confronti dell’erede, non può esigere il pagamento dell’imposta di successione, sino a quando non venga chiusa la procedura di liquidazione dell’eredità e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato l’illegittimità della cartella di pagamento, notificata quando la procedura di liquidazione dei debiti ereditari non era ancora conclusa).[wpforms id=”21592″]