AVVOCATO IMPRESA Tribunale|Treviso|Sezione 2 |Civile|Decreto|28 luglio 2017
Data udienza 28 luglio 2017 Stato – Insolvenza – Accertamento – Iniziativa – Ufficio – Tribunale – Inammissibilità – Violazione – Imparzialità – Giudice
Stato – Insolvenza – Accertamento – Iniziativa – Ufficio – Tribunale – Inammissibilità – Violazione – Imparzialità – Giudice
L’art. 4 del D.Lgs. 5/06, nell’introdurre una radicale riforma della legge fallimentare, ha modificato l’art. 6 segnando la scomparsa della dichiarazione di fallimento d’ufficio nel rispetto di un sistema processuale caratterizzato dal principio ne procedat judex ex officio.
Pertanto, in coerenza con tale sistema volto ad escludere l’attribuzione al Giudice di poteri di impulso processuale, deve ritenersi che le ipotesi normative che si contrappongono a tale principio devono trovare il loro fondamento su finalità specifiche ed inequivoche che giustifichino il permanere dell’esigenza di riconoscere eccezionalmente il potere di provvedere in assenza di un’istanza proveniente da un soggetto diverso dall’organo decidente (cfr. Corte Cost. 184/13).
In realtà, il permanere della previsione della declaratoria d’ufficio dello stato di insolvenza ex art. 82, secondo comma, Tub, non trova altra spiegazione se non nel fatto che quella norma è entrata in visore con il D.Lgs 385/93, ossia ben prima della riforma introdotta con il D.Lgs. 5/06 con la conseguenza della necessità di un coordinamento sulla base della norma di cui all’art. 194 l.f. secondo comma, sopra riportata.
3) Ragioni di ordine interpretativo alla luce di fondamentali principi costituzionali.
Una lettura costituzionalmente orientata del rapporto tra la disciplina di cui al testo unico bancario e quella di cui alla legge fallimentare porta a ritenere l’attualità della abrogazione prevista dall’art. 194 lf. secondo comma.
Infatti, la coincidenza tra l’organo che assume l’iniziativa volta ad accertare lo stato di insolvenza e l’organo che pronuncia la sentenza dichiarativa di quello stato, si traduce in una violazione del principio di imparzialità e terzietà del giudice, principi sanciti dall’art. 111 Cost., dal momento che l’avvio del procedimento da parte del Tribunale rivela l’esito di una valutazione preventiva che determina il venir meno della necessaria equidistanza rispetto agli interessi sottesi in un regolare contraddittorio tra le parti.
UNA SENTENZA ESEMPLARE E CHIARA:
TRIBUNALE DI TREVISO
SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, riunito in camera di consiglio e composto da
– dott. Antonello Fabbro Presidente
– dott. Caterina Passarelli Giudice rel.
– dott. Elena Rossi Giudice
In relazione alla istanza ex art. 80, secondo comma, Tub per la dichiarazione di insolvenza d’ufficio di (…)
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Premesso che in data 10/7/17 è pervenuta istanza, sottoscritta da 50 persone, rivolta al Presidente del Tribunale di Treviso al fine di sollecitare l’esercizio del potere d’ufficio del Tribunale per la dichiarazione dello stato di insolvenza di (…) evidenziando l’incapacità di quest’ultima ad effettuare il rimborso del (…), la cui proroga era stata disposta con DL 16/6/17 n. 89. richiamando, altresì, la situazione di dissesto o a rischio di dissesto della medesima banca così come accertato dalla BCE con provvedimento del 23/6/17 ed infine, dando atto della apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa disposta con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze; sentito il giudice relatore, nominato in data 20/7/17;
osserva
I firmatari dell’istanza in esame – i quali, peraltro, nemmeno si qualificano creditori di (…) – hanno inteso sollecitare l’accertamento giudiziale officioso dello stato di insolvenza di (…);a invocando l’art. 82, secondo comma, Tub. Il quale così dispone: “Se una banca, anche avente natura pubblica, si trova in stato di insolvenza al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa e di insolvenza non è stata dichiarala a norma del comma 1, il tribunale del luogo in cui la banca ha la sede legale, su ricorso dei commissari liquidatori, su istanza del pubblico ministero o d’ufficio, sentiti la Banca d’Italia e i cessali rappresentanti legali della banca, accerta tale stato con sentenza in camera di consiglio.
In realtà, secondo questo Collegio, la norma appena riportata, entrata in vigore con D.Lgs. 385/93. nella parte in cui attribuisce al tribunale il potere d’ufficio di dichiarare lo stato di insolvenza della banca, e incompatibile con la riforma della legge fallimentare e delle procedure concorsuali introdotta con il D.lgs. 5/06. laddove ha determinato la scomparsa dell’iniziativa d’ufficio, con la conseguenza che tale incompatibilità determina l’effetto abrogativo previsto dall’art. 15 preleggi.
E che si tratti di una incompatibilità dovuta ad un mancato coordinamento tra il lesto unico bancario e la legge fallimentare, nonostante i plurimi interventi legislativi succedutisi nel tempo che hanno riguardato entrambi, è desumibile da più ordini di ragioni.
1) Ragioni di ordine testuale.
È pur vero che l’art. 80, sesto comma, Tub enuncia il criterio della prevalenza delle regole contenute nel testo unico bancario rispetto alla legge fallimentare, applicabile solo per quanto non espressamente previsto e previa valutazione di compatibilità, tuttavia, l’art. 194 l.f. dopo aver fatta salva la disciplina delle disposizioni speciali, al secondo comma, elenca alcune norme della legge fallimentare a cui restituisce prevalenza rispetto alle corrispondenti disposizioni delle leggi speciali, tra cui. per quanto qui interessa, l’art. 202 l.f.
Tale norma prevede che l’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza possa avvenire su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero, senza alcuna menzione della dichiarazione giudiziale officiosa di cui alla corrispondente norma del testo unico bancario, il sopra riportato art. 82, secondo comma, D.Lgs. 385/93.
Al riguardo, va osservato che le varie riforme della legge fallimentare non hanno mai modificato l’art. 202 sul punto, con il conseguente permanere della prevalenza di tale norma sulla disciplina speciale ex art. 194 lf. secondo comma che così recita: “Sono abrogate le disposizioni delle leggi speciali, incompatibili con quelle degli artt. 195, 196, 200, 201, 202, 203, 209, 211 e 213”.
2) Ragioni di ordine sistematico.
L’art. 4 del D.Lgs. 5/06, nell’introdurre una radicale riforma della legge fallimentare, ha modificato l’art. 6 segnando la scomparsa della dichiarazione di fallimento d’ufficio nel rispetto di un sistema processuale caratterizzato dal principio ne procedat judex ex officio.
Pertanto, in coerenza con tale sistema volto ad escludere l’attribuzione al Giudice di poteri di impulso processuale, deve ritenersi che le ipotesi normative che si contrappongono a tale principio devono trovare il loro fondamento su finalità specifiche ed inequivoche che giustifichino il permanere dell’esigenza di riconoscere eccezionalmente il potere di provvedere in assenza di un’istanza proveniente da un soggetto diverso dall’organo decidente (cfr. Corte Cost. 184/13).
In realtà, il permanere della previsione della declaratoria d’ufficio dello stato di insolvenza ex art. 82, secondo comma, Tub, non trova altra spiegazione se non nel fatto che quella norma è entrata in visore con il D.Lgs 385/93, ossia ben prima della riforma introdotta con il D.Lgs. 5/06 con la conseguenza della necessità di un coordinamento sulla base della norma di cui all’art. 194 l.f. secondo comma, sopra riportata.
3) Ragioni di ordine interpretativo alla luce di fondamentali principi costituzionali.
Una lettura costituzionalmente orientata del rapporto tra la disciplina di cui al testo unico bancario e quella di cui alla legge fallimentare porta a ritenere l’attualità della abrogazione prevista dall’art. 194 lf. secondo comma.
Infatti, la coincidenza tra l’organo che assume l’iniziativa volta ad accertare lo stato di insolvenza e l’organo che pronuncia la sentenza dichiarativa di quello stato, si traduce in una violazione del principio di imparzialità e terzietà del giudice, principi sanciti dall’art. 111 Cost., dal momento che l’avvio del procedimento da parte del Tribunale rivela l’esito di una valutazione preventiva che determina il venir meno della necessaria equidistanza rispetto agli interessi sottesi in un regolare contraddittorio tra le parti.
Del resto, va considerato come le norme vigenti non prevedano alcuna disciplina per un eventuale procedimento avviato su iniziativa d’ufficio.
Ne consegue che l’istanza di cui si discute non è idonea a promuovere il procedimento per l’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza sia in quanto i firmatari non sono a ciò legittimati ex art. 82 Tub, secondo comma, e sia in quanto non è riconoscibile alcun potere d’ufficio in capo al Tribunale.
In ogni caso, gli atti vanno trasmessi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso, nel cui circondario ha la sede legale (…), per le opportune valutazioni ex art. 82, secondo comma, Tub.
P.Q.M.
dichiara non luogo a provvedere.
Ordina la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso per le opportune valutazioni ex art. 82, secondo comma, Tub.
Così deciso in Treviso il 28 luglio 2017.
Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2017.