COMUNIONE E DIVISIONE EREDITARIA RISOLVI ORA AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA
- Separazione consensuale La separazione di tipo consensuale si basa essenzialmente sull’accordo dei coniugi inserito in un apposito atto contenente la regolamentazione dei rapporti patrimoniali, l’assegnazione della casa coniugale e dei beni comuni (immobili automezzi, titoli e conti correnti ecc.), gli accordi inerenti l’affidamento ed il mantenimento dei figli, l’eventuale assegno di mantenimento ed ogni altro aspetto della loro vita futura. Tale atto viene depositato in Tribunale per ottenerne l’omologazione. Il diritto di famiglia è finalizzato a tutelare l’interesse dei coniugi ma soprattutto della prole, che rappresenta la parte più debole e sensibile di un divorzio. In seguito alle ultime normative i tempi di attesa per un divorzio si sono notevolmente ridotti, soprattutto se la separazione è consensuale. In tal caso è possibile ottenere il divorzio dopo appena 6 mesi, mentre prima della riforma erano necessari ben 3 anni. Separazione giudiziale. Qualora le posizioni si rivelino inconciliabili, uno solo o entrambi i coniugi congiuntamente possono proporre ricorso per la separazione giudiziale che comporta, invece, l’instaurazione di un vero e proprio contenzioso giudiziario diretto all’esame di tutti i punti controversi con l’assistenza di un avvocato divorzista.
L’avvocato Sergio Armaroli avvocato divorzista RISOLVE le controversie nell’ambito della separazione personale e del divorzio, nonché procedimenti connessi di modifica delle relative condizioni economiche e di affidamento di minori, controversie per alimenti e riconoscimenti della paternità costituiscono questioni molto delicate, le quali necessitano di una grande disponibilità e capacità di comprensione, nonché della forza di persuasione nei confronti di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, necessarie per indirizzare verso soluzioni utili ad evitare che la crisi familiare si trasformi in un dramma per i coniugi ed i figli.
Perché rivolgersi ad un avvocato familiarista
Uno dei principali aspetti che vale la pena considerare da parte di chi vuole affidarsi ad un avvocato familiarista è che si tratta di un avvocato giuridicamente preparato per far ottenere i diritti scaturenti dal matrimonio a chi a lui si affida .
Alla fine del matrimonio il primo passo che attende i due coniugi è quello della separazione, consensuale o giudiziale, secondo che si trovi un accordo o meno tra i coniugi per la spartizione dei beni, l’affidamento dei figli e la corresponsione dell’assegno di mantenimento.
Per raggiungere un valido accordo, in presenza di patrimoni e prole, non è possibile fare a meno dell’assistenza di un avvocato divorzista/matrimonialista/famigliarista .
Solo con un avvocato esperto in separazioni e divorzi si può evitare di arrivare ad una separazione giudiziale lunga e costosa.
Spesso, oltre la semplice determinazione di un mantenimento o quantificazione di alimenti, occorre valutare la divisione di somme di danaro, di immobili , di auto o perché non di animali oltre che fondamentale il collocamento dei figli .
In particolare lo studio si occupa di casi di:
– Separazione, regolata dagli articoli 150 e seguenti del codice civile italiano, che può essere giudiziale, consensuale o di fatto, come avviene nel caso di abbandono del tetto coniugale;
– Divorzio, introdotto nella legislazione italiana con la legge 898 del 1970 e oggetto anche di recenti modifiche;
– Definizione del regime patrimoniale e comunione dei beni;
– Filiazione legittima e naturale;
– Adozione, requisiti e procedura;
– Affidamento e mantenimento dei figli minori naturali o dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti;
– Determinazione dell’assegno di mantenimento (o divorzile) del coniuge e dei figli;
– Diritto successorio, che regolamenta tutto quanto riguarda la morte di una persona, con conseguente osservanza delle disposizioni testamentarie e delle disposizioni in tema di divisioni ereditarie;
– Tutela Giuridica delle convivenze di fatto e dei rapporti more uxorio;
– Interdizione, Inabilitazione e Amministrazione di sostegno;
– Mobbing familiare.
- L’avvocato Divorzista Bologna Sergio Armaroli ha infatti maturato pratica ed esperienza professionale umana e giuridica con tutte le problematiche legate alla fine o alla prosecuzione di un’unione matrimoniale e, grazie ad un’adeguata formazione e ad un aggiornamento costante (necessari in un settore in continua evoluzione come questo, basti pensare alla recente introduzione del divorzio breve anche nell’ordinamento italiano), sono in grado di fornire una consulenza qualificata non solo nei casi in cui si voglia porre fine a un matrimonio, ma anche qualora si vogliano conoscere e applicare i diritti e doveri derivanti da tale rapporto affettivo.
- L’avvocato Sergio Armaroli divorzista Bologna spiegherà in modo chiaro ai propri assistiti la differenza tra separazione di tipo giudiziale e separazione consensuale, oltre che tra divorzio congiunto e divorzio contenzioso, e consiglieranno la strada più opportuna da percorrere.
MATRIMONIO DURATO POCHI ANNI: NIENTE ASSEGNO DIVORZILE PER L’EX MOGLIE
I giudici precisano che, anche ammesso che la moglie avesse sacrificato le proprie aspettative di lavoro in conseguenza di scelte di vita familiare, ciò avrebbe al più riguardato un’attività interrotta per pochi anni
Niente assegno divorzile per l’ex moglie se il matrimonio è durato pochi anni e se il vincolo tra lui e lei è stato celebrato quando entrambi erano consapevoli di aver superato il tempo della vita destinato a porre le basi e a sviluppare una dimensione di realizzazione professionale. Nel caso specifico, i giudici, dopo avere dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, respingono la domanda di assegno divorzile proposta donna. Questa decisione poggia su alcuni dati. Innanzitutto, il matrimonio è durato solo sei anni, osservano i giudici, non potendosi computare, ai fini della decisione sull’assegno, l’eventuale precedente convivenza more uxorio. Peraltro, la donna nulla ha provato in ordine a un suo concreto apporto alla vita familiare, in termini di rinunce ad aspettative professionali ed economiche collegate alle comuni scelte dei coniugi. Comunque, anche ammesso che la moglie avesse sacrificato le proprie aspettative di lavoro in conseguenza di scelte di vita familiare, ciò avrebbe al più riguardato un’attività interrotta per pochi anni, attività che, quindi, ben poteva essere ripresa. (Ordinanza 16604 del 23 maggio 2022 della Corte di Cassazione)
COLLOCAZIONE E AFFIDO FIGLI
Nella normalità delle separazioni sia consensuali che giudiziali alla separazione dei coniugi consegue l’affidamento della prole minore ad entrambi i genitori, nel rispetto del principio di bigenitorialità, che assicura la partecipazione paritaria di entrambi i genitori alla vita dei figli ed all’esplicazione dei doveri di mantenimento, accudimento ed educazione della prole.
- La Legge sull’Affidamento Condiviso (legge 8 febbraio 2006, n. 54) , ha ritrascritto totalmente la normativa dell’affidamento dei figli, sia nei procedimenti di separazione e divorzio e sia nei procedimenti relativi ai figli naturali.
Difatti questa legge, oltre al recepire il principio giuridico di alta civiltà del “diritto alla bigenitorialità” (Regolamento CE n.2210/2003), enfatizzando la parificazione delle responsabilità genitoriali, contrappone alla cultura del conflitto quella della mediazione, e realizza il diritto-dovere costituzionale (art. 30 Cost. – art. 147 c.c.) di mantenere, istruire ed educare i figli. - La regola generale è rappresentata dall’affido congiunto con residenza della prole presso uno dei genitori indicato dal giudice, secondo criteri informati al principio per cui la vita del figlio deve essere modificata il meno possibile, scegliendosi l’affidamento esclusivo solo in caso di grave inidoneità di uno dei genitori ad esercitare la propria potestà e ad assumersi le responsabilità che il ruolo richiede.
- Proprio sulla scorta dell’affidamento dei figli, il giudice deciderà poi a chi assegnare la casa famigliare.
- Si tratta di decisioni subordinate l’una all’altra, poiché la casa coniugale andrà normalmente assegnata a colui presso il quale sia stata collocata la prole, ciò allo scopo di evitare pericolosi traumi che potrebbero derivare da un trasferimento in un’abitazione, e in una zona diversa rispetto a quella ove si è cresciuti sino al momento della separazione dei genitori, che già di per sé è evento traumatico.
Dopo di che, si passerà alla determinazione dell’assegno di mantenimento. Ricordiamo che va tenuto distinto l’importo dovuto ai figli da quello dovuto al coniuge, entrambi espressione di quell’obbligo di assistenza materia imposto dal codice civile.
Diverso è il collocamento dei minori presso uno dei genitori, conseguenza questa del fatto che, a seguito della separazione, il nucleo familiare originario si disgrega e uno dei genitori necessariamente si allontana dalla casa familiare.
I minori vengono quindi prevalentemente collocati presso l’abitazione di uno dei genitori, solitamente nella casa familiare, con regolamentazione del diritto frequentazione del genitore non collocatario.
corte di Cassazione, sez. I^ Civile, ordinanza 1° – 28 luglio 2020, n°16125 (Presidente Genovese – Relatore Terrusi) Rilevato che: la corte d’appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, accogliendo in parte qua il reclamo proposto da N.S.F. contro il decreto del tribunale di Sassari in data 22-2-2018, che ai sensi dell’art. 337- bis c.c. e seg., escludendo ogni possibilità di pernottamento, aveva regolato il diritto di vista quanto al figlio minore A. (nato il (..) dalla relazione con S.R. e collocato presso la madre), ha disposto che invece il padre potesse almeno una notte alla settimana tenere il figlio presso di sé nei termini specificamente indicati nel provvedimento, con varianti relative ai fine settimana e ai periodi feriali, la S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi; l’intimato ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie. Considerato che: I. – col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 337-ter c.c. per avere la corte d’appello omesso di considerare l’interesse prioritario del minore, a quel momento di soli due anni; col secondo motivo denunzia l’omesso esame di fatto decisivo in relazione all’art. 337-ter c.c. e art. 132 c.p.c., a proposito dell’affermazione secondo cui non vi sarebbero state a sostegno della posizione di essa madre motivazioni diverse da quelle ancorate alla tenera età del bimbo, a fronte di disagi non opportunamente documentati: invero la ricorrente assume di aver dedotto e documentato, anche in sede di mediazione familiare, episodi di disagio del minore ove distaccato dalla madre, con conseguente consigliabile pernottamento presso il padre solo dopo il compimento del terzo anno di età; II. – il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione, è inammissibile; questa Corte ha più volte affermato che i provvedimenti dell’autorità giudiziaria in materia di affidamento dei figli di età minore consentono restrizioni al diritto di visita dei genitori solo nell’interesse superiore giustappunto del minore; nel perseguimento di tale interesse, peraltro, deve essere sempre assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, inteso quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione e istruzione della prole (di recente Cass. n. 9764-19); III. – nella concreta fattispecie la decisione della corte territoriale è stata determinata dalla considerazione che la possibilità del padre di tenere con sé il figlio anche di notte era stata radicalmente esclusa; e ciò tuttavia era avvenuto “esclusivamente in considerazione della tenera età” del figlio, mentre era mancata l’allegazione di uno specifico pregiudizio potenzialmente correlabile all’eventualità dei pernottamenti; di contro la corte d’appello ha concluso che, invece, la regolazione dei pernottamenti nei termini (ben vero prudenziali) indicati nel provvedimento era da considerare consona a preservare proprio la relazione genitoriale, avendo come effetto di consentire l’esplicazione di essa rispetto a momenti (e a situazioni) fondamentali per la crescita del minore, nell’interesse precipuo di questi; IV. – la decisione è stata in tal modo basata su un apprezzamento di fatto, coerentemente motivato e immune da errori di diritto, del quale il secondo motivo, nella sua genericità, vanamente tenta di sovvertire l’esito; ne consegue che l’intero ricorso va dichiarato inammissibile; spese alla soccombenza.
P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 3.000,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52
- COSA E’ IL DIVORZIO?
- IL DIVORZIO E’ LA FINE DEL MATRIMONIO CIVILE. INTRODOTTO DALLA LEGGE 898 DEL 1 DICEMBRE 1970 DISCIPLINA I CASI DI SICOGLIMENTO DEL MATRIMONIO
- SI DIFFERENZIA DALLA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI CIVILI DEL MATRIMONIO CHE RIGUARDA LA CESSAZIONE DEL MATRIMONIO CELEBRATO CON RITO ECCLESIASTICO
Avvocato separazioni Bologna, se stai cercando un avvocato esperto di separazioni a Bologna chiamami, insieme troveremo la soluzione al tuo caso !
L’avvocato Sergio Armaroli avvocato divorzista RISOLVE le controversie nell’ambito della separazione personale e del divorzio, nonché procedimenti connessi di modifica delle relative condizioni economiche e di affidamento di minori, controversie per alimenti e riconoscimenti della paternità costituiscono questioni molto delicate, le quali necessitano di una grande disponibilità e capacità di comprensione, nonché della forza di persuasione nei confronti di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, necessarie per indirizzare verso soluzioni utili ad evitare che la crisi familiare si trasformi in un dramma per i coniugi ed i figli.
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- SEPARAZIONI CONSENSUALI E GIUDIZIALIAVVOCATO DIVORZISTA BOLOGNAPRATICHE PER SEPARAZIONE GIUDIZIALELa vita coniugale non è sempre tutta rose e fiori.
Spesso intervengono azioni o comportamenti che ci fanno ricredere sulle promesse fatte e ci spingono a richiedere l’aiuto di un avvocato e a intraprendere una pratica per il divorzio o la separazione. Rivolgendovi allo studio legale Bologna dell’avvocato divorzista Sergio Armaroli l’assistenza giudiziale e stragiudiziale necessaria per portare a termine la causa e trovare un accordo con la controparte.
La separazione giudiziale può essere richiesta anche da uno solo dei coniugi nel caso in cui non si sia riusciti a trovare un punto d’incontro o che si abbiano le prove di una violazione degli obblighi matrimoniali, come l’infedeltà o la mancata cura della prole.
- Nel caso dal matrimonio in discussione siano nati figli, l’avvocato provvederà a intraprendere tutte le azioni volte a preservare la loro incolumità e a far ottenere ai genitori l’affido esclusivo o congiunto.
Lo Studio presta assistenza legale nei seguenti procedimenti:
- procedimenti diseparazioneconsensuale e giudiziale;
- procedimenti didivorziocongiunto e giudiziale;
- procedimenti dimodifica delle condizioni di separazione e di divorzio;
- procedimenti per l’affidamento condiviso dei minori;
- procedimenti per il riconoscimento di un assegno di mantenimento per i figli minori e per il figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente;
- affidamento ed assegno per il mantenimento dei figli naturali (nati fuori dal matrimonio) dopo la “separazione” di coppie di fatto;
- azioni di disconoscimento, di contestazione e reclamo di legittimità della filiazione;
- dichiarazione giudiziale della paternità e maternità naturale;
- procedimenti di decadenza e affievolimento della potestà dei genitori sui figli minori;
- procedimenti per la dichiarazione di adottabilità del minore;
- ordini di protezione contro gli abusi familiari;
- procedimenti per interdizione, inabilitazione, amministratore di sostegno;
Il diritto di famiglia si occupa di definire e regolamentare i rapporti famigliari, sin dalla creazione della famiglia (matrimonio, convivenza, unione civile), proseguendo con i rapporti di filiazione, adozione, affidamento dei figli minori, nonché con le questioni attinenti la responsabilità genitoriale, il riconoscimento della paternità, la tutela dei minori, la definizione dei rapporti di parentela e di affinità, sino all’eventuale separazione o divorzio.
Fanno parte del diritto di famiglia anche gli istituti della tutela, della curatela e dell’amministrazione di sostegno.
Negli ultimi quindici anni, dopo un lungo periodo di stasi, il diritto di famiglia è stato oggetto di vere e proprie rivoluzioni, con le quali la legge ha risposto all’esigenza della società di regolamentare i rapporti famigliari in modo diverso da quanto avveniva in passato.
Dall’introduzione dell’amministrazione di sostegno passando per l’affidamento condiviso e per la parificazione di tutti i figli minori davanti alla legge, sino ai contratti di convivenza ed alle unioni civili, il diritto di famiglia si è evoluto per rispondere alle esigenze della società ed il cambiamento è ancora in atto.
L’Avvocato che si occupa del diritto di famiglia è stato quindi chiamato ad aggiornare continuamente le proprie conoscenze ed a sperimentare, spesso in prima persona, i nuovi orientamenti dei diversi Tribunali, oltre che i cambiamenti anche in ambito processuale.
L’esperienza dell’avvocato divorzista che si occupa a tutto tondo del diritto di famiglia, dunque, è fondamentale per gestire al meglio i momenti di crisi della famiglia.
Nel diritto di famiglia rientra i rapporti di parentela, matrimoni, separazioni e divorzi. Lo studio garantisce una radicata esperienza nella trattazione delle cause civili in materia di diritto di famiglia in ogni grado di giudizio.
DIVORZI E SEPARAZIONI CONSENSUALI E GIUDIZIALI
Potete chiedere informazioni su separazioni e divorzi consensuali o giudiziali, ottenere consulenze legali anche nell’ambito del diritto di famiglia, richieste di convenzioni e preventivi sui servizi legali offerti.
Lo studio legale presta la propria assistenza per orientarvi nella soluzione legale migliore. L’avvocato mostrerà la strada giusta per affrontare con rapidità un procedimento di Divorzio o di Separazione presso il Tribunale
Con la consulenza legale dell’avvocato matrimonialista potrete superare le controversie di diritto di famiglia in modo chiaro ed efficace, attraverso un percorso che mette fine all’unione matrimoniale mediante la separazione e il divorzio.
La separazione o il divorzio più veloci sono quelli in cui coniugi raggiungono un accordo, così da poter intraprendere una procedura di scioglimento del legame consensuale o con la procedura di negoziazione assistita. Ma spesso questo non è possibile per la diversità delle posizioni, per cui è necessario procedere alla domanda di separazione o divorzio in via giudiziale.
Lo svolgimento dell’attività legale si esplica in ogni procedimento riguardante la risoluzione di controversie inerenti il vincolo matrimoniale, dall’attività stragiudiziale di mediazione e negoziazione assistita, fino ai procedimenti giudiziali di separazione e divorzio.
Affidamento dei minori
Anche questa branca del diritto ha subito una notevole evoluzione, basti pensare ai procedimenti che riguardano i minorenni: attualmente l’interesse morale e materiale del minore è la linea guida nella decisione del giudice, il quale dovrà prediligere, nel regolamentare i rapporti figli-genitori, la soluzione dell’affido condiviso su quello monogenitoriale, a cui fino a pochi anni fa veniva spesso data la precedenza. Il minore, anche in caso si separazione personale dei coniugi, ha infatti il pieno diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi e di conservare rapporti di valore con famiglie e amici di tutti e due i rami genitoriali.
In questa fase di grande conflittualità si inserisce (o si può inserire) il lavoro dell’avvocato, che ha il compito di illustrare chiaramente al cliente, in procinto di separarsi, quali diritti e doveri egli abbia nei confronti dell’altro coniuge e dei figli, e di assisterlo sia nella fase pre-giudiziale che in quella giudiziale vera e propria.
L’avvocato matrimonialista ha la funzione di spiegare loro quali siano i rispettivi diritti e doveri e quali siano le soluzioni legali nei casi in cui la coppia decida di porre fine alla propria unione affettiva.
Il suo compito consiste principalmente nell’illustrare ai coniugi che ad esso si rivolgono la differenza tra una separazione di tipo consensuale, la quale si basa essenzialmente sull’accordo dei coniugi inserito in un apposito atto e depositato in Tribunale per ottenerne l’omologazione e la separazione giudiziale, la quale comporta, invece, l’instaurazione di un vero e proprio contenzioso giudiziario diretto all’esame delle questioni economiche e personali riguardanti i componenti della famiglia.
L’avvocato matrimonialista è un professionista dotato di una prevalente esperienza nel ramo del diritto di famiglia e matrimoniale, il quale, attraverso la pratica ed i corsi di aggiornamento in questa specifica materia, ha maturato una notevole consuetudine con le problematiche e le controversie che riguardano i coniugi e che coinvolgono anche i figli minori ed i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.
Se la coppia sposata è in crisi non per forza deve ricorrere a una separazione giudiziale ma con l’aiuto di un avvocato divorzista puo’ determinare direttamente le condizioni della separazione consensuale, dall’affidamento dei figli all’assegno per il mantenimento (del coniuge e dei figli); in questo modo, i coniugi evitano le lungaggini di un giudizio lungo e stressante e arrivano in tempi brevi alla separazione.
Il diritto di famiglia viene altresì trattato anche in relazione ad altri ambiti ad esso collegati, offrendo assistenza in tema di successioni, donazioni, modifiche di regime patrimoniale.
Gli avvocati divorzisti sono esperti in questa branca del diritto che regola i rapporti tra coniugi e sono in grado di fornire un’assistenza legale mirata in caso di controversie e problematiche della coppia che possono causare la separazione o il divorzio.
Come avviene il processo di separazione
La prima udienza del giudizio prevede la comparizione personale dei coniugi davanti al presidente del tribunale ed avviene con le stesse modalità della separazione consensuale.
Nella ipotesi di separazione giudiziale in questa fase, adottare i provvedimenti necessari ed urgenti a tutela del coniuge debole e della prole. Successivamente, il procedimento si svolge secondo le forme del rito ordinario ed il provvedimento emesso a conclusione ha la forma di sentenza.
È pure riconosciuta la possibilità di dichiarare immediatamente la separazione tra i coniugi, con sentenza non definitiva già in conseguenza alla prima udienza, in modo da poter poi proseguire il procedimento per decidere solo gli aspetti controversi riguardanti i figli e gli aspetti economici e patrimoniali.
Questo consente la richiesta di divorzio anche prima dell’emissione della sentenza definitiva che statuisce e disciplina i rapporti tra marito e moglie. Qualora si inizi una separazione giudiziale questa, anche in corso di causa, può essere trasformata in separazione consensuale. Non può invece accadere il contrario, e deve avviarsi una nuova procedura.
Soluzioni legali a controversie famigliari
Il legale si occupa di illustrare ai coniugi i propri diritti e doveri e offre soluzioni legali nel caso di fine dell’unione matrimoniale, occupandosi inoltre di problematiche riguardanti:
La divisione patrimoniale
L’assegnazione dei beni
L’assegnazione della casa coniugale
L’affidamento dei figli minorenni
Il mantenimento della prole
SEPARAZIONI CONIUGALI E GIUDIZIALI
L’avvocato divorzista Bologna Sergio Armaroli è in grado di fornire assistenza in caso di separazione o divorzio, occupandosi di ogni aspetto legale conseguente alla fine dell’unione, trattando contenziosi o conflitti ricadenti nell’ambito del diritto di famiglia con particolare riferimento alla tutela dei minori e alla quantificazione dell’assegno di mantenimento.
L’avvocato divorzista Bologna Sergio Armaroli assiste nel diritto di famiglia per separazioni e divorzi consigliando ai propri clienti le azioni più opportune per far valere i propri diritti e tutelare le persone coinvolte (a partire dai figli minorenni).
Lo studio legale opera nel settore valutando tutte le implicazioni economiche, psicologiche e sociali che le pratiche di separazione comportano: per tale motivo il supporto legale è da considerarsi completo, dalla consulenza all’assistenza giudiziaria.
Separazioni
La scelta della separazione consensuale, basata cioè sull’accordo dei coniugi, è senza dubbio la via più veloce e meno costosa per porre fine al proprio matrimonio. Il tempo medio per ottenere una separazione consensuale varia dai tre ai cinque mesi, a fronte di un periodo molto più lungo (che varia dai due ai tre anni) per addivenire a una separazione di tipo giudiziale (ovvero quando non viene raggiunto alcun accordo tra i coniugi affidando al Tribunale la relativa decisione).
Separazione consensuale
Separazione consensuale dinanzi al Tribunale
La separazione consensuale è quel procedimento attraverso il quale sia il marito che la moglie, di comune accordo, decidono di separarsi, individuandone condizioni comuni.
Ne consegue che presupposto essenziale per addivenire ad una separazione di questo tipo è l’accordo di entrambi i coniugi sulle diverse questioni che possono o hanno già investito, l’unione matrimoniale (diritti patrimoniali, mantenimento del coniuge debole, diritti di visita e mantenimento della prole, assegnazione della casa coniugale).
In tal caso l’autorità giudiziaria avrà una funzione dichiarativa.
Il tribunale infatti, mediante decreto di omologa, renderà efficace la separazione secondo le condizioni determinate dalle parti.
Separazione – divorzio: mantenimento e spese straordinarie …
mantenimento-e…
avvocato esperto in separazioni a Bologna ; avvocato esperto in separazioni a Pianoro ; avvocatoesperto in separazioni a Budrio
L’Avvocato matrimonialista è un professionista la cui esperienza prevalente riguarda il ramo del diritto di famiglia e del diritto matrimoniale e che, attraverso la pratica e i corsi di aggiornamento mirati, ha maturato consuetudine con le problematiche e le controversie relative al rapporto tra i coniugi e al rapporto dei genitori con i figli minori o con i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti
Nei Tribunali la separazione consensuale è sicuramente quella privilegiata dall’ordinamento sia per la minore conflittualità che si viene normalmente ad instaurare fra le parti, sia per la previsione di forme procedurali decisamente più snelle e rapide.
La separazione consensuale consiste in un accordo fra i coniugi su tutte le condizioni attinenti la separazione, che diventa efficace con l’emanazione di un decreto (cd. di omologazione) del Tribunale.
Lo Studio legale avvocato Sergio Armaroli presta la propria attività in tutti i settori del Diritto di Famiglia ed offre consulenza legale nel proprio studio a Bologna e consulenza legale stragiudiziale in tutte le città Italiane.
Molte coppie chiedono consulenza ad un Avvocato Divorzista – Matrimonialista, per porre fine al proprio matrimonio.
Altre coppie si rivolgono ad un Avvocato Divorzista Matrimonialista per conoscere i propri diritti ed i diritti che derivano dal matrimonio o nei casi di ipotetiche e future cessazioni dei rapporti matrimoniali.
Nell’ambito del diritto di famiglia, degli adempimenti delle pratiche di divorzio e separazione consensuale e giudiziale lo studio legale avvocato Sergio Armaroli presta un servizio di tutela legale anche mediante il Servizio di Mediazione Familiare per prevenire o mitigare il conflitto di coppia.
L’avvocato Sergio Armaroli avvocatyo divorzista Bologna seguirà i Vostri problemi valutando insieme a Voi la soluzione migliore per affrontare i conflitti della famiglia, con l’obbiettivo primario di evitare il contenzioso giudiziario, ove non ancora insorto.
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L’avvocato Sergio Armaroli opera nel settore del diritto civile, in particolare del diritto della famiglia, della persona
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La particolarità e la delicatezza degli interessi coinvolti, non solo patrimoniali ma anche di natura personale, richiedono cura e attenzione speciali: a Bologna, AVVOCATO DIVORZISTA SERGIO ARMAROLI
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SENTENZE SEPARAZIONI CONIUGI
Il passaggio in giudicato, in pendenza del giudizio di separazione dei coniugi, della sentenza che rende esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità canonica del matrimonio
Cass. civ. n. 399/2010
Il passaggio in giudicato, in pendenza del giudizio di separazione dei coniugi, della sentenza che rende esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità canonica del matrimonio concordatario contratto dalle parti, fa venir meno il vincolo coniugale, e quindi anche il potere-dovere del giudice di statuire in ordine all’assegno di mantenimento, trovando applicazione la disciplina del matrimonio putativo di cui agli artt. 128, 129 e 129 – bis cod. civ. (richiamati dall’art. 18 della legge 27 maggio 1929, n. 847) con la conseguenza che, qualora il giudicato sia intervenuto dopo la pubblicazione della sentenza d’appello, è inammissibile il ricorso per cassazione, restando travolte le decisioni adottate in argomento nei precedenti gradi di giudizio. (Dichiara inammissibile, App. Ancona, 28/02/2005)
obbligazioni alimentari
Cassazione civile, Sez. Unite, ordinanza n. 21053 del 1 ottobre 2009)
In tema di obbligazioni alimentari, il criterio di collegamento previsto dall’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con legge 21 giugno 1971, n. 804, ai sensi del quale il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato davanti al giudice del luogo in cui il creditore ha il domicilio o la residenza abituale, trova applicazione anche in riferimento alla domanda di pagamento dell’assegno di mantenimento dovuto al coniuge separato, avuto riguardo alla nozione di alimenti emergente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE (cfr. sent. 17 marzo 1979, in causa 143/78; 6 marzo 1980, in causa 120/79; 27 febbraio 1997, in causa 220/95), la quale, sostanziandosi in una formulazione sopranazionale ed autonoma rispetto alle categorie proprie delle legislazioni nazionali, va interpretata in senso ampio, e quindi comprensivo dei diversi istituti dell’obbligazione di mantenimento e di quella di alimenti previste dall’ordinamento italiano. (Regola giurisdizione)
La morte di uno dei coniugi sopravvenuta nel corso del giudizio di separazione
Cass. civ. n. 5441/2008
La morte di uno dei coniugi sopravvenuta nel corso del giudizio di separazione personale comporta non l’estinzione del processo, bensì il venir meno della materia del contendere, travolgendo tutte le pronunce, emesse nel corso del procedimento, e non ancora passate in giudicato, comprese quelle relative alle istanze accessorie, comunque connesse alla separazione. (La Corte, nella specie, ha ritenuto non ostativa all’applicazione del principio di cui alla massima, l’istanza del coniuge volta al conseguimento della pensione di reversibilità di quello defunto).
(
Non sussiste un rapporto di necessaria pregiudizialità tra il processo di nullità del matrimonio e quello di separazione personale,
Cass. civ. n. 11654/2007
Non sussiste un rapporto di necessaria pregiudizialità tra il processo di nullità del matrimonio e quello di separazione personale, che sono autonomi l’uno dall’altro; infatti, prima della pronuncia di nullità, e anche in pendenza del relativo processo, i coniugi continuano ad essere trattati come tali, con reciproci diritti e doveri, mentre la sentenza di separazione non spiega efficacia di giudicato sul punto dell’esistenza e validità del vincolo matrimoniale (salvo che sulla relativa questione le parti abbiano chiesto una decisione con efficacia di giudicato ex art. 34 c.p.c.) e non preclude la dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio. (Rigetta, App. Lecce, 26 Luglio 2003)
La pattuizione intervenuta tra due coniugi, che abbiano in corso una separazione consensuale
Cass. civ. n. 9863/2007
La pattuizione intervenuta tra due coniugi, che abbiano in corso una separazione consensuale, con la quale, al fine di disciplinare i reciproci rapporti economici, uno di essi s’impegni a trasferire gratuitamente all’altro determinati beni, non configura una convenzione matrimoniale ex art. 162 cod. civ., postulante lo svolgimento della convivenza coniugale e il riferimento ad una generalità di beni, anche di futura acquisizione, ma un contratto atipico, con propri presupposti e finalità, soggetto, per la forma, alla comune disciplina e, quindi, se relativo a beni immobili, validamente stipulabile con scrittura privata senza necessità di atto pubblico. (Rigetta, App. Firenze, 7 Giugno 2002)
Cass. civ. n. 364/1996
Nel giudizio di separazione, che ha ad oggetto l’accertamento della sussistenza dei presupposti dell’autorizzazione a cessare la convivenza coniugale e la determinazione degli effetti che da tale cessazione derivano nei rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi e con i figli, la qualità di parte spetta esclusivamente ai coniugi e non può essere riconosciuta ai parenti di questi, neppure al limitato fine di meglio tutelare gli interessi dei figli minori; ai parenti, infatti, la legge espressamente riconosce soltanto la legittimazione a sollecitare, in diversa sede, il controllo giudiziario sull’esercizio della potestà dei genitori (art. 336 c.c.) al fine di conseguire la tutela degli oggettivi interessi dei minori.
Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro
Cass. civ. n. 3925/2018
Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.
L’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare
Cass. civ. n. 25966/2016
L’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare costituisce, in difetto di giusta causa, violazione dell’obbligo di convivenza e la parte che, conseguentemente, richieda la pronuncia di addebito della separazione ha l’onere di provare il rapporto di causalità tra la violazione e l’intollerabilità della convivenza, gravando, invece, sulla controparte la prova della giusta causa.
mutamento di fede religiosa
Cass. civ. n. 14728/2016
In tema di separazione personale tra coniugi, il mutamento di fede religiosa, e la conseguente partecipazione alle pratiche collettive del nuovo culto, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti dall’art. 19 Cost., non può di per sé considerarsi come ragione di addebito della separazione, a meno che l’adesione al nuovo credo religioso non si traduca in comportamenti incompatibili con i concorrenti doveri di coniuge e di genitore previsti dagli artt. 143 e 147 c.c., in tal modo determinando una situazione di improseguibilità della convivenza o di grave pregiudizio per l’interesse della prole. (Nella specie, la S.C. ha escluso l’addebitabilità della separazione al marito in ragione della adesione di quest’ultimo alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova, non potendo attribuirsi rilievo all’impegno assunto in sede di celebrazione del matrimonio religioso di conformare l’indirizzo della vita familiare ed educare i figli secondo i dettami della religione cattolica, estraneo alla disciplina civilistica del vincolo).
l’allontanamento dal domicilio coniugale, in quanto violazione dell’obbligo coniugale di convivenza,
Cass. civ. n. 19328/2015
In tema di separazione personale dei coniugi, l’allontanamento dal domicilio coniugale, in quanto violazione dell’obbligo coniugale di convivenza, può costituire causa di addebito della separazione, a meno che sia avvenuto per giusta causa, che può essere rappresentata dalla stessa proposizione della domanda di separazione, di per sé indicativa di pregresse tensioni tra i coniugi e, quindi, dell’intollerabilità della convivenza, sicché, in caso di allontanamento e di richiesta di addebito, spetta al richiedente, e non all’altro coniuge, provare non solo l’allontanamento dalla casa coniugale, ma anche il nesso di causalità tra detto comportamento e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
La separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale
Cass. civ. n. 16909/2015
La separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti – ed un contenuto eventuale, che trova solo occasione nella separazione, costituito da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata (nella specie vendita della casa familiare e attribuzione del ricavato a ciascun coniuge in proporzione al denaro investito nel bene stesso). Ne consegue che questi ultimi non sono suscettibili di modifica (o conferma) in sede di ricorso “ad hoc” ex art. 710 c.p.c. o anche in sede di divorzio, la quale può riguardare unicamente le clausole aventi causa nella separazione personale, ma non i patti autonomi, che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell’art. 1372 c.c.
l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale
Cass. civ. n. 16859/2015
In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.
situazione di intollerabilità della convivenza,
Cass. civ. n. 8713/2015
Ai sensi dell’art. 151 c.c. la separazione dei coniugi deve trovare causa e giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza, intesa come fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno della vita dei coniugi, purché oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere da una condizione di disaffezione al matrimonio di una sola delle parti, che renda incompatibile la convivenza e che sia verificabile in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso ogni addebito alla moglie, dando conto dello stato di depressione in cui ella era piombata, sfociato in un tentativo di suicidio, così ampiamente motivando sull’intollerabilità della convivenza coniugale).
la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posta dall’art. 143
Cass. civ. n. 18074/2014
In tema di separazione personale, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posta dall’art. 143 cod. civ. a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata ed in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica.
grave reato in danno del coniuge
Cass. civ. n. 12182/2014
In tema di separazione giudiziale, non può costituire motivo di addebito della separazione la commissione, dopo il deposito del ricorso per separazione personale e nelle more dell’udienza presidenziale, di un grave reato in danno del coniuge (nella specie, tentato sequestro a scopo di estorsione) ove il fatto sia avvenuto in un contesto di oggettiva e perdurante assenza tra le parti del “consortium vitae” e nell’ambito di rapporti interpersonali non più connotati dall'”affectio coniugalis”, per la risalente e stabilizzata cessazione della convivenza delle parti.
le ammissioni di una parte non possono assumere valore di confessione in senso stretto, a norma dell’art. 2730 cod. civ.
Cass. civ. n. 7998/2014
Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, ed al fine della addebitabilità della separazione, vertendosi in materia di diritti indisponibili, le ammissioni di una parte non possono assumere valore di confessione in senso stretto, a norma dell’art. 2730 cod. civ., ma possono essere utilizzate – unitamente ad altri elementi probatori – quali presunzioni ed indizi liberamente valutabili, sempre che esprimano non opinioni o giudizi o stati d’animo personali, ma fatti obiettivi, suscettibili, in quanto tali, di essere valutati giuridicamente come indice della violazione di specifici doveri coniugali. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, estrapolando acriticamente alcune frasi da una lettera inviata dal marito alla moglie nella quale il primo riconosceva di non essere stato un buon marito, vi ravvisava una sostanziale confessione della violazione dei doveri coniugali, con conseguente venir meno, ai fini della pronuncia di addebito, della rilevanza causale della violazione del dovere di fedeltà da parte della moglie).
la situazione di intollerabilità della convivenza va intesa in senso soggettivo
Cass. civ. n. 1164/2014
In tema di separazione tra coniugi, la situazione di intollerabilità della convivenza va intesa in senso soggettivo, non essendo necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, verificabile in base a fatti obiettivi, come la presentazione stessa del ricorso ed il successivo comportamento processuale, (e, in particolare alle negative risultanze del tentativo di conciliazione), dovendosi ritenere, in tali evenienze, venuto meno quel principio del consenso che, con la riforma attuata attraverso la legge 19 maggio 1975, n. 151, caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale.
La dichiarazione di addebito della separazione implica la imputabilità al coniuge del comportamento, volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri del matrimonio
Cass. civ. n. 25843/2013
La dichiarazione di addebito della separazione implica la imputabilità al coniuge del comportamento, volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri del matrimonio, cui sia ricollegabile l’irreversibile crisi del rapporto fra coniugi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto, da un lato, che la condotta, consistente in furti di danaro ai familiari ed ai terzi ed in acquisti particolarmente frequenti e fuori misura di beni mobili, configurasse violazione dei doveri matrimoniali, e, dall’altro lato, che il disturbo della personalità del coniuge, caratterizzato da un impulso compulsivo all’acquisto, non escludesse la capacità di intendere e di volere e l’imputabilità di detti comportamenti).
Ai fini dell’addebito della separazione, la sentenza impugnata si è attenuta al principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la relativa pronuncia presuppone l’accertamento della riconducibilità della crisi coniugale alla condotta di uno o di entrambi i coniugi, consapevolmente e volontariamente contraria ai doveri coniugali, e quindi della sussistenza di un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza, condizione per la pronuncia di separazione. Nella valutazione della condotta di ciascun coniuge, la Corte di merito ha dato opportunamente atto dell’esigenza di tener conto anche di quella dell’altro, in modo tale da stabilire, attraverso un giudizio di natura comparativa, se il comportamento censurato potesse ritenersi relativamente giustificato, configurandosi non tanto come causa, quanto come effetto della frattura dell’unione, già eventualmente verificatasi (cfr. ex plarimis, Cass. Sez. 1^, 20 agosto 2014, n. 18074; 27 giugno 2006, n. 14840; 11 giugno 2005, n. 12383). E’ in quest’ottica che essa ha escluso la responsabilità della C. per il fallimento dell’unione, osservando che l’allontanamento della stessa dalla casa coniugale, addotto a sostegno della domanda di addebito proposta dall’ O., non costituiva violazione del dovere di coabitazione, essendo stato determinato dalla scoperta di una relazione intrapresa dall’uomo con un’altra donna, ed individuando proprio in tale circostanza la causa dei litigi tra i coniugi e dell’irreversibile crisi del nucleo familiare, con la conseguente addebitabilità della separazione al ricorrente. Pur non essendosi specificamente soffermata su ciascuno dei comportamenti ascritti dall’ O. alla C., la sentenza impugnata non ha affatto omesso di prenderli in considerazione, ribadendo la valutazione compiuta dal Giudice di primo grado, secondo cui gli stessi erano rimasti assolutamente indimostrati, non avendo trovato conferma nelle deposizioni rese dai testimoni escussi.
Nel contestare il predetto apprezzamento, il ricorrente non è in grado d’indicare le lacune argomentative o le carenze logiche del ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, ma si limita ad insistere sull’omessa valutazione delle condotte da lui denunciate, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso la apparente deduzione dei vizi di violazione di legge e difetto di motivazione, una rivisitazione dell’accertamento in fatto, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza logico – giuridica del ragionamento seguito nella sentenza impugnata, nei limiti in cui la stessa è censurabile in sede di legittimità, alla luce della nuova formulazionedell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dalD.L. 22 giugno 2012, n. 83,art.54, convertito con modificazioni dallaL. 7 agosto 2012, n. 134. In riferimento all’addebito della separazione la deduzione del vizio di motivazione trova d’altronde ostacolo, a differenza dell’analoga censura riguardante il rigetto della domanda proposta ai sensi dell’art. 709 – ter c.p.c., nell’avvenuta conferma della pronuncia adottata in primo grado da parte della sentenza d’appello, che, in quanto fondata sulle medesime ragioni, comporta l’operatività della preclusione prevista dall’art. 348 – ter c.p.c..
l’abbandono della casa familiare non costituisce causa di addebitabilità della separazione quando sia stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge
Cass. civ. n. 10682/2000
In tema di separazione personale dei coniugi, l’abbandono della casa familiare non costituisce causa di addebitabilità della separazione quando sia stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto.
La reiterata violazione, in assenza di una consolidata separazione di fatto, dell’obbligo della fedeltà coniugale
Cass. civ. n. 7859/2000
La reiterata violazione, in assenza di una consolidata separazione di fatto, dell’obbligo della fedeltà coniugale, particolarmente se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente grave dell’obbligo della fedeltà coniugale, che, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi di regola causa della separazione personale dei coniugi e quindi circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempreché non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. Né ad escludere la rilevanza della infedeltà è ammissibile la qualificazione della stessa quale reazione a comportamenti dell’altro coniuge, non essendo possibile una compensazione delle responsabilità nei rapporti familiari, e potendo invece essere addebitata la separazione a entrambi i coniugi, ove sussistano le relative domande. (Nella specie il giudice di merito, con la sentenza annullata con rinvio dalla S.C., pur in presenza dell’ammissione da parte del marito della relazione adulterina intrattenuta, aveva affermato che nel fallimento dell’unione coniugale aveva avuto un’incidenza decisiva la condotta della moglie, caratterizzata dall’impiego di espressioni spiccatamente volgari e oscene nei confronti del coniuge — con coinvolgimento anche dei figli — omettendo l’esame dei fatti rilevanti nel loro complesso, nel rispetto dei criteri suindicati, oltre che inadeguatamente accertando le stesse circostanze di fatto concretamente valorizzate).
Ai fini dell’addebitabilità della separazione, il giudice deve accertare che la crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi
Cass. civ. n. 279/2000
Ai fini dell’addebitabilità della separazione, il giudice deve accertare che la crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi e che sussista, pertanto, un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza, condizione per la pronuncia di separazione. Il giudice, inoltre, nel valutare il comportamento riprovevole del coniuge, non potrà prescindere dall’esaminare anche la condotta dell’altro e procedere dunque ad una valutazione comparativa, al fine di individuare se il comportamento censurato non sia solo l’effetto di una frattura coniugale già verificatasi e possa, pertanto, considerarsi relativamente giustificato. Eventuali violazioni dei doveri coniugali dovranno, in tal caso, essere giudicate irrilevanti ai fini dell’addebitabilità, sempre che si configurino come una reazione immediata e proporzionata ad un torto ricevuto e non si traducano in una violazione nell’ambito familiare di regole di condotta imperative ed inderogabili o di norme morali di particolare rilevanza. Altrimenti, una trasgressione grave dei doveri coniugali, pur se determinata dal comportamento dell’altro coniuge, dovrà dal giudice essere valutata come autonoma violazione dei doveri e causa concorrente del deterioramento del rapporto coniugale, con conseguente dichiarazione di addebito (se richiesto) a carico di entrambi (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva rigettato le reciproche richieste di dichiarazione d’addebito per l’impossibilità di stabilire con certezza quali delle due condotte coniugali si fosse posta come antecedente causale dell’altra).
Le contrapposte richieste dei coniugi di addebitabilità della separazione
Cass. civ. n. 2444/1999
Le contrapposte richieste dei coniugi di addebitabilità della separazione all’altro coniuge formano oggetto di domande autonome aventi ciascuna un proprio petitum ed una autonoma causa petendi, ma al tempo stesso non sono alternative, ben potendo essere accolte entrambe, con conseguente addebito della separazione ad ognuno dei coniugi; ne consegue che, vigente l’art. 345, secondo comma c.p.c. nel testo antecedente alle modifiche introdotte con l’art. 52 della legge n. 353 del 1990, deve ritenersi «nuova», e perciò ammissibile in appello, la domanda di prova testimoniale avente ad oggetto una relazione extraconiugale del marito rispetto alla prova testimoniale assunta in primo grado e tendente a dimostrare l’inosservanza degli obblighi di assistenza familiare da parte della moglie, giacché trattasi di circostanze diverse e distinte, senza tuttavia essere neppure indirettamente contrapposte, atteso che la prova delle violazioni dei doveri coniugali addebitata alla moglie non è idonea a contrastare le violazioni addebitate al marito.
il giudice non può fondare la pronuncia d’addebito sulla mera inosservanza dei doveri di cui all’art. 143 c.c
Cass. civ. n. 10742/1998
In tema di separazione personale tra coniugi, il giudice non può fondare la pronuncia d’addebito sulla mera inosservanza dei doveri di cui all’art. 143 c.c., dovendo, per converso, verificare l’effettiva incidenza delle relative violazioni nel determinarsi della situazione d’intollerabilità della convivenza. In particolare, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà può essere causa (anche esclusiva) dell’addebito della separazione sol quando risulti accertato che, a tale violazione, sia, in fatto, riconducibile la crisi dell’unione, mentre il comportamento infedele, se successivo al verificarsi di una situazione d’intollerabilità della convivenza, non è, di per sé solo, rilevante e non può, conseguentemente, giustificare una pronuncia d’addebito della separazione quando non sia qualificabile come causa concorrente della rottura del rapporto.
In base al testo dell’art. 151 c.c., non sono configurabili due modelli di separazione, uno con addebito e l’altro senza addebito,
Cass. civ. n. 7945/1998
In base al testo dell’art. 151 c.c., non sono configurabili due modelli di separazione, uno con addebito e l’altro senza addebito, bensì un’unica figura, in quanto l’eventuale richiesta di addebito all’altro coniuge non sposta l’indagine del giudice, basata pur sempre sull’intollerabilità della prosecuzione della convivenza o sul grave pregiudizio all’educazione dei figli, da valutarsi, in caso di richiesta di addebito, anche sotto il profilo della responsabilità di uno o di entrambi i coniugi. Ne consegue che non è ipotizzabile un preventivo accertamento degli elementi su cui si fonda la separazione (con immediata pronunzia della stessa) ed un successivo esame dell’eventuale addebito in sede di prosieguo, poiché una volta pronunziata la separazione è già intervenuta la decisione avente per contenuto lo stesso oggetto dalla cui valutazione dipende anche il giudizio sull’addebito.
La violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 143 c.c.
Cass. civ. n. 9287/1997
La violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 143 c.c. (inteso non solo come impegno, ricadente su ciascun coniuge, di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale fra i coniugi, ma anche come impegno di non tradire la fiducia reciproca) può essere causa anche esclusiva dell’addebito della separazione, quando si accerti, in fatto, che a quella violazione risale la crisi dell’unione. A tal riguardo, un tal dovere di fedeltà può permanere anche dopo l’insorgere dello stato di separazione, quando — però — si accerti la conservazione, tra i coniugi (ancorché separati), di un minimum di solidarietà tale da giustificare la permanenza di un simile dovere, che non ha più ragione d’essere quando tra i coniugi sia irreversibilmente venuta a cessare ogni intesa.
Ai fini dell’addebitabilità della separazione, deve esistere un nesso di causalità tra i comportamenti addebitabili al coniuge e il determinarsi dell’intolleranza alla convivenza
Cass. civ. n. 7630/1997
Ai fini dell’addebitabilità della separazione, deve esistere un nesso di causalità tra i comportamenti addebitabili al coniuge e il determinarsi dell’intolleranza alla convivenza, restando irrilevanti i comportamenti successivi al determinarsi di tale situazione. Gli atti contrari ai doveri nascenti dal matrimonio (nella specie intrattenimento di una relazione extraconiugale), compiuti prima dell’instaurarsi del procedimento di separazione personale – e ancor più se compiuti prima dell’instaurarsi di una stabile situazione di separazione di fatto – in base all’id quod plerumque accidit debbono presumersi cause efficienti del formarsi o del consolidarsi di una situazione di definitiva intollerabilità della prosecuzione della convivenza, che ciascun coniuge, sino alla separazione legale, è tenuto ad evitare, pur se sussista una crisi coniugale in atto, la quale di per sé non provoca un allentamento dei doveri nascenti dal matrimonio ex art. 143 c.c.
L’obbligo di fedeltà fra i coniugi sancito dall’art. 143 c.c
Cass. civ. n. 6566/1997
L’obbligo di fedeltà fra i coniugi sancito dall’art. 143 c.c., risulta strettamente connesso alla convivenza e non è compatibile con il regime di separazione, come già affermato dalla Corte costituzionale con sentenza 18 aprile 1974, n. 99, resa ancora nel vigore della normativa precedente alla riforma del 1975. Tale ultima riforma, poi, ha abrogato il testo dell’art. 156 c.c., ove era previsto, al primo comma, che il coniuge incolpevole «conserva i diritti inerenti alla sua qualità di coniuge che non sono incompatibili con lo stato di separazione», e vi ha sostituito una norma intitolata «effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi». Una tale abrogazione, inserita in una riforma radicale del sistema in cui era collocata, non può essere interpretata se non nel senso della totale abolizione delle disposizioni in essa contenute, e della persistenza, in regime di separazione, dei soli diritti-doveri di carattere patrimoniale, con esclusione, in particolare, dell’obbligo reciproco di fedeltà.
Nell’ipotesi cui si sia verificata, durante la convivenza matrimoniale e prima della domanda di separazione,
Cass. civ. n. 5762/1997
Nell’ipotesi cui si sia verificata, durante la convivenza matrimoniale e prima della domanda di separazione, la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, il giudice, per ritenerla ininfluente in relazione all’addebitabilità della separazione, deve accertare in modo rigoroso e puntuale il carattere meramente formale della convivenza. A tal fine è, peraltro, irrilevante l’eventuale tolleranza di un coniuge rispetto alla violazione di tali doveri da parte dell’altro, vertendosi in materia in cui diritti e doveri sono indisponibili (nella specie, la sentenza del merito aveva escluso che le percosse inflitte dal marito alla moglie potessero costituire ragione di addebito all’uomo, in quanto già da molti anni prima il matrimonio s’era ridotto ad un «simulacro», rispetto al quale tutte le violazioni dei doveri coniugali da lui commesse non avrebbero avuto alcuna efficacia causale nel determinare l’intollerabilità della convivenza; la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha cassato la sentenza, per avere omesso di dimostrare, con concreti elementi asseverativi, il preesistente carattere meramente formale della convivenza all’epoca dei fatti).
Nell’ipotesi cui si sia verificata, durante la convivenza matrimoniale e prima della domanda di separazione,
Cass. civ. n. 13021/1995
In tema di separazione personale, il grave stato di infermità di uno dei coniugi, perdurante nel tempo e non reversibile, può costituire, per le modalità in cui si manifesti e per le implicazioni nella vita degli altri componenti il nucleo familiare, specialmente se investa la sfera psichica della persona precludendo ogni possibilità di comunicazione o di intesa, un elemento di così grave alterazione dell’equilibrio coniugale, da determinare di per sé stesso un’oggettiva impossibilità di prosecuzione della convivenza. In siffatta ipotesi, ove l’altro coniuge non adempia ai doveri di assistenza morale e materiale, ai fini della eventuale pronuncia di addebito, la violazione di tale dovere non può essere riguardata di per sé stessa, ma occorre invece accertare in concreto — con riferimento a tutte le circostanze del caso concreto ed alla successione temporale degli avvenimenti — se la condotta del coniuge rifletta un atteggiamento di mero rifiuto dell’impegno solidaristico assunto con il matrimonio, o non costituisca piuttosto una presa d’atto di una non superabile e già maturata situazione di impossibilità della convivenza.
la separazione personale dei coniugi non è più determinata dalla cosciente violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio
Cass. civ. n. 3098/1995
A seguito della riforma del 1975, la separazione personale dei coniugi non è più determinata dalla cosciente violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio, bensì dal dato oggettivo dell’intollerabilità della convivenza o dal grave pregiudizio per i figli, non necessariamente dipendente dalla condotta volontaria di uno o di entrambi i coniugi, e la dichiarazione di addebito, prevista dall’art. 151, secondo comma, c.c. si pone come una mera variante dell’accertamento della improseguibilità della convivenza, ossia come una modalità accessoria ed eventuale, accertabile solo se espressamente richiesta da una parte e ove ne ricorrano le circostanze. Ne consegue che la responsabilità della cessazione dell’unità familiare può essere accertata solo contestualmente alla pronuncia di separazione e che i comportamenti dei coniugi successivi a tale pronuncia potranno eventualmente rilevare solo ai fini del mutamento delle condizioni della separazione o per la richiesta di inibitoria dell’uso del cognome ai sensi dell’art. 156 bis c.c. (o in sede penale), ma non potranno costituire il fondamento di una sentenza di addebito successiva alla separazione, trattandosi di comportamenti ormai intrinsecamente privi di ogni influenza in ordine ad una già accertata impossibilità di prosecuzione alla convivenza.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3098 del 17 marzo 1995)
Cass. civ. n. 4837/1993
L’applicazione della sanzione sostitutiva di cui all’art. 77 della L. 24 novembre 1981, n. 689 non può costituire, di per sé, motivo di addebito della separazione al coniuge cui detta sanzione è stata irrogata, quando manchi la prova che il fatto che ha dato luogo all’applicazione della sanzione sostitutiva (nella specie, abbandono del tetto coniugale) abbia determinato la situazione di intollerabilità della convivenza.
Ai fini dell’addebitabilità della separazione, assume rilievo il comportamento complessivo dei coniugi
Cass. civ. n. 26/1991
Ai fini dell’addebitabilità della separazione, assume rilievo il comportamento complessivo dei coniugi anche successivo alla introduzione del giudizio di separazione, in quanto durante tale giudizio permane a carico dei medesimi il dovere del reciproco rispetto.
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Pur dopo la scomparsa della separazione per colpa, a seguito della riforma del diritto di famiglia, il concetto di addebitabilità della separazione, di cui al comma secondo dell’art. 151 c.c., come novellato dall’art. 33 della L. 19 maggio 1975, n. 151, non può avere altro significato che quello di imputabilità ovvero di riferibilità di un atto o comportamento cosciente e volontario ad una persona capace d’intendere e di volere.
La riconciliazione fra i coniugi — intesa quale situazione di completo ed effettivo ripristino della convivenza, mediante ripresa dei rapporti materiali e spirituali
Cass. civ. n. 11523/1990
La riconciliazione fra i coniugi — intesa quale situazione di completo ed effettivo ripristino della convivenza, mediante ripresa dei rapporti materiali e spirituali che, caratterizzando il vincolo del matrimonio ed essendo alla base del consorzio familiare, appaiono oggettivamente idonei a dimostrare una seria e comune volontà di conservazione del rapporto, a prescindere da irrilevantí riserve mentali — è fonte non soltanto di effetti processuali, preclusivi del giudizio di separazione in corso, ma altresì di effetti sostanziali, consistenti nel determinare l’inidoneità dei fatti ad essa anteriori — posti in essere durante la convivenza o la separazione di fatto — ad assumere autonomo valore giustificativo di una pronuncia di separazione personale, emessa su domanda successiva all’evento riconciliativo rimasto privo di esito definitivo, con la conseguenza che, ai fini di tale pronuncia e della valutazione dell’addebito, sono utilizzabili soltanto i fatti successivi all’evento medesimo, mentre quelli anteriori possono essere considerati al solo scopo di lumeggiare il contesto storico nel quale va operato l’apprezzamento in ordine all’intollerabilità della convivenza.
Al fine dell’addebitabilità della separazione, il comportamento di un coniuge, rivolto ad imporre i propri particolari principi o la propria particolare mentalità
Cass. civ. n. 8013/1990
Al fine dell’addebitabilità della separazione, il comportamento di un coniuge, rivolto ad imporre i propri particolari principi o la propria particolare mentalità, può assumere rilevanza solo se si traduca in violazione dei doveri discendenti dal matrimonio, o comunque sia inconciliabile con i doveri medesimi, atteso che, in caso contrario, e per quanto detti principi o mentalità siano criticabili, si resta nell’ambito delle peculiarità caratteriali, le quali valgono a spiegare le difficoltà del rapporto, ed eventualmente l’errore originariamente commesso nella reciproca scelta (o nell’affidamento sulla superabilità o conciliabilità di divergenti impostazioni della vita familiare), ma non integrano situazioni d’imputabilità della crisi, nel senso previsto dall’art. 151 secondo comma c.c.
La separazione personale dei coniugi deve essere pronunciata, ai sensi dell’art. 151 c.c.,
Cass. civ. n. 4920/1990
La separazione personale dei coniugi deve essere pronunciata, ai sensi dell’art. 151 c.c., ogni volta che sia accertata la sussistenza di fatti obiettivi che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza o che siano di pregiudizio per la prole, anche quando non risulti che i coniugi abbiano avuto un comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio. Pertanto, può essere considerato idoneo a determinare, in concreto, una situazione di improseguibilità della convivenza o di grave pregiudizio per la prole anche il comportamento del coniuge, ispirato a motivi ideologici, che si ricolleghi all’esercizio di diritti garantiti dall’art. 19 Cost. e che rientri, inoltre, nell’ambito dei poteri-doveri inerenti alla potestà genitoriale,
quando il detto comportamento si traduca in atti oppressivi di intolleranza ed aggressività. (Nella specie, la S.C. in base all’enunciato principio ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano dichiarato la separazione con riguardo ad un contrasto tra i coniugi sul modo di professare la religione e di educare i figli dal punto di vista religioso).
al fine dell’accertamento dell’intollerabilità della convivenza possono essere presi in considerazione anche episodi risalenti ad epoca anteriore ad una riconciliazione intervenuta
Cass. civ. n. 4620/1990
In materia di separazione personale tra i coniugi, al fine dell’accertamento dell’intollerabilità della convivenza possono essere presi in considerazione anche episodi risalenti ad epoca anteriore ad una riconciliazione intervenuta in passato tra i coniugi, ove detti episodi si siano ripetuti in epoca successiva, dando conferma dei comportamenti che, con il protrarsi nel tempo, hanno reso non sopportabile la convivenza tra i coniugi.
Ai fini dell’addebitabilità della separazione personale fra coniugi, non può essere aprioristicamente esclusa la rilevanza delle violazioni dei doveri matrimoniali
Cass. civ. n. 4252/1989
Ai fini dell’addebitabilità della separazione personale fra coniugi, non può essere aprioristicamente esclusa la rilevanza delle violazioni dei doveri matrimoniali verificatesi dopo che i coniugi sono stati autorizzati a vivere separatamente (art. 708 c.p.c.), atteso che tali doveri — e, in particolare, quello di fedeltà — vanno osservati anche nelle more del giudizio di separazione.
‘indagine sull’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e sulla sua addebitabilità non può basarsi sull’esame di singoli episodi di frattura o contrasto,
Cass. civ. n. 2648/1989
In tema di separazione personale dei coniugi, l’indagine sull’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e sulla sua addebitabilità non può basarsi sull’esame di singoli episodi di frattura o contrasto, ivi incluso l’eventuale allontanamento dalla residenza familiare, occorrendo valutare il complessivo comportamento dei coniugi medesimi, nella continuità dei reciproci rapporti.
Al fine del mutamento del titolo della separazione, da consensuale in giudiziale,
Cass. civ. n. 145/1988
Al fine del mutamento del titolo della separazione, da consensuale in giudiziale, con addebito ad uno dei coniugi, non è, rilevante. la sopravvenuta procreazione di un figlio naturale, ove ricollegabile ad una relazione adulterina già in atto e conosciuta dall’altro coniuge all’epoca della separazione consensuale, trattandosi di fatto che integra normale sviluppo di detto pregresso comportamento e non può assurgere a causa successiva ed autonoma della frattura coniugale.
L’accertamento del verificarsi di una situazione d’intollerabilità della convivenza
Cass. civ. n. 5813/1987
L’accertamento del verificarsi di una situazione d’intollerabilità della convivenza, a causa d’incompatibilità di carattere fra coniugi, non rende di per sé irrilevante, al fine della pronuncia di addebitabilità della separazione, ogni successiva violazione da parte di uno dei coniugi dei doveri derivanti dal matrimonio, occorrendo in proposito riscontrare se tale posteriore comportamento costituisca o meno causa concorrente del deterioramento del rapporto coniugale, e quindi della pronuncia di, separazione, in presenza di questo requisito. Pertanto, l’addebito della separazione a carico di un coniuge può conseguire anche dall’abbandono dell’altro coniuge e della prole commesso dopo l’instaurarsi della suddetta situazione di rottura per incompatibilità di caratteri, tenendo conto che la violazione del dovere di collaborazione ed assistenza materiale e morale (non consentita dalla mera proposizione della domanda di separazione, né dall’autorizzazione presidenziale a vivere temporaneamente separati) può ritenersi giustificata solo quando configuri proporzionata reazione a gravi fatti posti in essere dall’altro coniuge, e sempreché non superi quella soglia minima di solidarietà necessaria a non mettere l’altro coniuge ed i figli in situazione di pericolo per le loro essenziali esigenze di vita.
sull’addebitabilità della separazione personale fra coniugi, possono essere presi in considerazione anche comportamenti successivi all’inizio della causa di separazione
Cass. civ. n. 4390/1987
Al fine della statuizione sull’addebitabilità della separazione personale fra coniugi, possono essere presi in considerazione anche comportamenti successivi all’inizio della causa di separazione o al provvedimento presidenziale di esonero dall’obbligo della convivenza, purché siano idonei a fornire elementi per una migliore valutazione degli atteggiamenti morali e materiali dei coniugi o costituiscano di per sé una condotta contraria ai doveri del perdurante vincolo matrimoniale. Tuttavia il giudice del merito ben può escludere l’incidenza, ai fini suddetti, della relazione adulterina di uno dei coniugi qualora sia stata contratta in epoca largamente successiva alla separazione personale e non sia stata causa di manifestazioni pubbliche intollerabili per l’altro coniuge.
Il comportamento di un coniuge, consistente nel sistematico rifiuto di fissare o comunque concordare con l’altro coniuge la residenza familiare;
Cass. civ. n. 3168/1986
Il comportamento di un coniuge, consistente nel sistematico rifiuto di fissare o comunque concordare con l’altro coniuge la residenza familiare; ove sia privo di apprezzabili giustificazioni (quali quelle derivanti da esigenze di lavoro), e resti ricollegabile a meri atteggiamenti sregolati di vita, può determinare non solo la separazione giudiziale, quando renda intollerabile la prosecuzione della convivenza, ma anche l’addebito della separazione medesima, a norma dell’art. 151, secondo comma, c.c., poiché si traduce in una violazione dei doveri scaturenti dal matrimonio (art. 144 c.c.). Tale principio non può trovare deroga in relazione alla circostanza che la suddetta condotta di vita sussisteva anche prima del matrimonio ed era conosciuta dall’altro sposo, poiché gli indicati doveri, incluso quello della fissazione della residenza della famiglia, non possono essere esclusi o limitati, né espressamente, né implicitamente, tramite l’accettazione di comportamenti incompatibili con la loro osservanza.
L’art. 151 c.c. — nel testo risultante dalla modifica apportata alla norma con l’art. 33 della L. 19 maggio 1975, n. 151
Cass. civ. n. 67/1986
L’art. 151 c.c. — nel testo risultante dalla modifica apportata alla norma con l’art. 33 della L. 19 maggio 1975, n. 151 — pur svincolando la pronuncia della separazione giudiziale dalle situazioni tipiche previste nel precedente testo dell’art. 151, non ha inteso configurarla come una automatica conseguenza di qualsiasi ragione di contrasto nell’ambito del rapporto di coniugio, in quanto, anche nel nuovo sistema, l’istituto conserva, sia pure in una sfera di situazioni e di valutazioni più ampia rispetto a quella consentita nel regime anteriore, il carattere di rimedio ad uno stato di fatto di particolare gravità, nel senso di rendere intollerabile la convivenza, da qualunque causa dipendente. Di modo che non è sufficiente, ai fini della detta pronuncia, un mero atteggiamento soggettivo di rifiuto della convivenza, occorrendo anche che esso si rifletta in circostanze che rendano oggettivamente apprezzabile (e quindi giudizialmente controllabile) la situazione di intollerabilità nella sua essenza e nella sua dinamica causale.
L’attività lavorativa, che venga espletata da uno dei coniugi (nella specie, la moglie) senza il gradimento dell’altro
Cass. civ. n. 2882/1985
L’attività lavorativa, che venga espletata da uno dei coniugi (nella specie, la moglie) senza il gradimento dell’altro, non può di per sé costituire motivo di addebito della separazione, quando oggettivamente non contrasti con i fondamentali obblighi coniugali e familiari. Ma può essere valutata al fine della suddetta addebitabilità solo ove sia stata intrapresa con il rifiuto di sottostare al metodo dell’accordo, fissato dall’art. 144 c.c. in tema d’indirizzo della vita familiare, in relazione cioè alla violazione dell’ampio dovere di collaborazione gravante su entrambi i coniugi.
L’infedeltà apparente, fra coniugi separati, integra l’ipotesi dell’ingiuria grave e costituisce causa di addebito qualora
Cass. civ. n. 7156/1983
L’infedeltà apparente, fra coniugi separati, integra l’ipotesi dell’ingiuria grave e costituisce causa di addebito qualora: a) la condotta del coniuge infedele sia tale da ingenerare nell’altro coniuge e nei terzi il fondato sospetto del tradimento; b) il comportamento sia animato dalla consapevolezza e dalla volontà di commettere un fatto lesivo dell’altrui onore e dignità; c) dalla condotta dell’infedele sia derivato un pregiudizio per la dignità personale dell’altro coniuge, attesa la sensibilità del tradito e dell’ambiente in cui vive.
I fatti antecedenti alla separazione consensuale possono essere invocati da un coniuge,
Cass. civ. n. 3323/1982
I fatti antecedenti alla separazione consensuale possono essere invocati da un coniuge, al fine di conseguire un mutamento del titolo della separazione con pronuncia di addebitabilità a carico dell’altro coniuge, solo quando deduca e dimostri di averli conosciuti dopo detta separazione consensuale.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3323 del 29 maggio 1982)
Cass. civ. n. 2494/1982
In base alle nuove disposizioni dettate dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, in tema di separazione personale dei coniugi, la violazione del reciproco dovere di fedeltà, ancorché questo sia stato ribadito come regola di condotta dei coniugi (art. 143 c.c.), non legittima di per sé, automaticamente, la pronunzia di separazione con addebito al coniuge adultero, ma solo se abbia reso intollerabile la prosecuzione della convivenza o recato grave pregiudizio all’educazione della prole; pertanto, il giudice deve controllare l’oggettivo verificarsi di tali conseguenze, valutando, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, in qual misura la violazione di quel dovere abbia inciso sulla vita familiare, tenuto conto delle modalità e frequenze dei fatti, del tipo di ambiente in cui si sono verificati e della sensibilità morale dei soggetti interessati.
(Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 2494 del 23 aprile 1982)
Cass. civ. n. 399/2010
Il passaggio in giudicato, in pendenza del giudizio di separazione dei coniugi, della sentenza che rende esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità canonica del matrimonio concordatario contratto dalle parti, fa venir meno il vincolo coniugale, e quindi anche il potere-dovere del giudice di statuire in ordine all’assegno di mantenimento, trovando applicazione la disciplina del matrimonio putativo di cui agli artt. 128, 129 e 129 – bis cod. civ. (richiamati dall’art. 18 della legge 27 maggio 1929, n. 847) con la conseguenza che, qualora il giudicato sia intervenuto dopo la pubblicazione della sentenza d’appello, è inammissibile il ricorso per cassazione, restando travolte le decisioni adottate in argomento nei precedenti gradi di giudizio. (Dichiara inammissibile, App. Ancona, 28/02/2005)
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 399 del 13 gennaio 2010)
Cass. civ. n. 21053/2009
In tema di obbligazioni alimentari, il criterio di collegamento previsto dall’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con legge 21 giugno 1971, n. 804, ai sensi del quale il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato davanti al giudice del luogo in cui il creditore ha il domicilio o la residenza abituale, trova applicazione anche in riferimento alla domanda di pagamento dell’assegno di mantenimento dovuto al coniuge separato, avuto riguardo alla nozione di alimenti emergente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE (cfr. sent. 17 marzo 1979, in causa 143/78; 6 marzo 1980, in causa 120/79; 27 febbraio 1997, in causa 220/95), la quale, sostanziandosi in una formulazione sopranazionale ed autonoma rispetto alle categorie proprie delle legislazioni nazionali, va interpretata in senso ampio, e quindi comprensivo dei diversi istituti dell’obbligazione di mantenimento e di quella di alimenti previste dall’ordinamento italiano. (Regola giurisdizione)
(Cassazione civile, Sez. Unite, ordinanza n. 21053 del 1 ottobre 2009)
Cass. civ. n. 19535/2014
Nel giudizio di separazione dei coniugi, l’intervenuta riconciliazione integra una eccezione in senso lato poiché riguarda, in relazione al regime previsto dagli artt. 154 e 157 cod. civ., non un fatto impeditivo ma la sopravvenienza di una nuova condizione, il cui accertamento può avvenire anche d’ufficio da parte del giudice, ancorché sulla base di deduzioni ed allegazioni delle parti, mentre nel procedimento di divorzio l’interruzione della separazione deve essere eccepita – ai sensi dell’art. 3, quarto comma, lett. b), della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall’art. 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74 – dal convenuto, assumendo rilievo quale fatto impeditivo della realizzazione della condizione temporale stabilita nella medesima disposizione. Ne consegue che solo in tale ipotesi la formulazione, per la prima volta, in appello dell’eccezione predetta è improponibile.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 19535 del 17 settembre 2014)
Cass. civ. n. 19497/2005
Non è sufficiente, per provare la riconciliazione tra coniugi separati, per gli effetti che ne derivano, che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza a scopo sperimentale, essendo invece necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, caratteristici della vita coniugale. (Nella specie, in applicazione del principio di cui alla massima, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la effettiva volontà in ordine alla ripresa del rapporto coniugale, pur in presenza di ripristino della convivenza, ritenendo sussistente un «mero tentativo di conciliazione», soprattutto da parte della moglie, avuto riguardo alla circostanza che la stessa intratteneva una relazione extraconiugale, «probabilmente mai interrotta» durante i mesi di convivenza con il coniuge.)
La proponibilità della domanda di divorzio, fondata su precedente separazione giudiziale,
Cass. civ. n. 789/1985
La proponibilità della domanda di divorzio, fondata su precedente separazione giudiziale, non può essere contestata, sotto il profilo del mancato decorso del prescritto periodo di ininterrotta separazione, deducendosi che, nelle more del pregresso giudizio di separazione (e nel vigore dell’art. 154 vecchio testo c.c.), sia intervenuta una riconciliazione fra i coniugi, qualora la separazione sia stata pronunciata in base a fatti avvenuti anteriormente alla pretesa riconciliazione atteso che il giudicato formatosi comporta implicitamente l’accertamento negativo della riconciliazione, quale situazione incompatibile con la decisione.
I fatti antecedenti alla separazione consensuale possono essere invocati da un coniuge,
Cass. civ. n. 414/1976
L’idoneità della riconciliazione ad estinguere il diritto di chiedere la separazione personale per fatti anteriori sussiste solo se è costituita, oltre che dal perdono delle colpe precedenti, anche dal completo ripristino della convivenza coniugale mediante la ripresa di quei rapporti materiali e spirituali che devono caratterizzare il vincolo matrimoniale. Il fatto che un coniuge si riunisca all’altro unicamente allo scopo di sperimentare per un tempo determinato se il consorte si sia ravveduto, non integra una piena riconciliazione, mancandone l’elemento psicologico.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 414 del 6 febbraio 1976)
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