ART 1463 CC IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA
Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta(1) non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.
tale norma è un’ulteriore conferma del fatto che il codice non allude a una nozione di impossibilità assoluta e oggettiva; infatti, è chiaro che quando una cosa è smarrita la prestazione è teoricamente possibile. In altre parole, il codice ha previsto un’ipotesi che è sicuramente annoverabile tra quelle di impossibilità relativa e ha stabilito che in tal caso l’obbligazione si estingua per impossibilità sopravvenuta; e ciò sarebbe una conferma che l’impossibilità deve essere intesa in senso soggettivo e relativo.
La totale impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 1463 c.c.), che consiste in un impedimento assoluto ed oggettivo, a carattere definitivo, della prestazione (v. Cass., 16/2/2006, n. 3440; Cass., 22/10/1982, n. 5496; Cass., 6/2/1979, n. 794; Cass., 27/6/1978, n. 3166; Cass., 8/10/1973, n. 2532; Cass., 14/10/1970, n. 2018; Cass., 29/10/1962, n. 3076), integra infatti un fenomeno di automatica estinzione dell’obbligazione e risoluzione del contratto che ne costituisce la fonte ai sensi degli artt. 1463 e 1256, 1° co., c.c. (v. Cass., 28/1/1995, n. 1037; Cass., 9/11/1994, n. 9304; Cass., 24/4/1982, n. 548; Cass., 14/10/1970, n. 2018), in ragione del venir meno della relazione di interdipendenza funzionale in cui la medesima si trova con la prestazione della controparte c.d. sinallagma funzionale), a tale stregua conseguendo la irrealizzabilità della causa concreta del con tratto (cfr. Cass., 24/4/1982, n. 2548; Casa., 15/12/1975, n. 4140; Cass., 26/3/1971, n. 882; Cass., 14/4/1959, n. 1092; Cass., 26/3/1954, n. 894). L’impossibilità parziale (art. 1464 c.c.) consiste invece nel deterioramento della cosa dovuta, o più generalmente nella riduzione materiale della prestazione (cfr. Cass., 10/4/1995, n. 4119) che dà luogo ad una corrispondente riduzione della controprestazione o al diritto al recesso per la parte che non abbia un apprezzabile interesse al mantenimento del contratto, laddove la prestazione residua venga a risultare incompatibile con la causa concreta del contratto (cfr. Cass., 15/12/1975, n. 4140).
Diversamente da tale ipotesi, l’impossibilità di utilizzazione della prestazione non viene in realtà a sostanziarsi in un impedimento precludente l’attuazione dell’obbligazione, non presupponendone di per sé l’obiettiva ineseguibilità da parte del debitore.
Pur essendo la prestazione in astratto ancora eseguibile (cfr. Cass., 27/9/1999, n. 10690), il venir meno della possibilità che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto (nel caso, lo «scopo di piacere» in cui si sostanzia la «finalità turistica»), essa implica il venir meno dell’interesse creditorio, quale vicenda che attiene esclusivamente alla sfera del creditore (in dottrina si segnala l’esempio secondo cui il fatto che il compratore si sia procurata la merce da altro fornitore non impedisce al venditore di effettuare la consegna prevista).
Come osservato in dottrina, mentre nelle ipotesi in cui la prestazione diviene impossibile l’obbligazione si estingue per il concorso delle due cause estintive, l’impossibilità sopravvenuta della utilizzabilità della prestazione estingue invero il rapporto obbligatorio per il venir dell’interesse creditorio, e di conseguenza il contratto che dell’obbligazione costituisce la fonte per irrealizzabilità della relativa causa concreta.
La sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione deve dunque distinguersi dalla sopravvenuta impossibilità della esecuzione della prestazione (v. peraltro ancora Cass., 2/5/2006, n. 10138) di cui agli artt. 1463 e 1464 c.c. (v. Cass., 16/2/2006, n. 3440; Cass., 28/1/1995, n. 1037).
Superando le perplessità in passato avvertite in argomento (v.. Cass., 9/11/1994, n. 9304), e in accordo con quanto anche autorevolmente sostenuto in dottrina, va pertanto affermato che l’impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore, pur se normativamente non specificamente prevista, costituisce -analogamente all’impossibilità di esecuzione della prestazione- (autonoma) causa di estinzione dell’obbligazione.