ABUSI FAMIGLIARI ORDINE PROTEZIONE ART 342 BIS E ART 342 TER CC
‘art. 342-bis del codice civile: una tutela efficace contro la violenza domestica
La violenza domestica è una grave violazione dei diritti umani che può avere conseguenze devastanti per le vittime, sia fisiche che psicologiche. In Italia, la violenza domestica è un fenomeno ancora molto diffuso, con oltre 100.000 donne che ogni anno denunciano abusi da parte del partner o di un familiare.
Per contrastare la violenza domestica, il legislatore italiano ha introdotto nel 2013 l’art. 342-bis del codice civile, che prevede la possibilità per il giudice di adottare, su istanza di parte, uno o più provvedimenti di protezione contro gli abusi familiari.
Cosa prevede l’art. 342-bis
L’art. 342-bis si applica quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente. Il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei seguenti provvedimenti:
- Cessazione della condotta pregiudizievole
- Allontanamento dalla casa familiare del coniuge o convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole
- Prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro
- Assegnazione della casa familiare all’istante
- Assegnazione di un assegno di mantenimento all’istante
- Ordinazione di prestazione di lavoro non retribuito in favore della comunità
Requisiti per ottenere un ordine di protezione
Per ottenere un ordine di protezione, l’istante deve dimostrare che la condotta del coniuge o convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà. Il giudice valuta la gravità del pregiudizio sulla base di una serie di fattori, quali:
- La natura e la portata dell’abuso
- La frequenza e la durata dell’abuso
- L’impatto dell’abuso sulla vittima
Procedimento per ottenere un ordine di protezione
L’istanza di ordine di protezione può essere presentata al tribunale del luogo di residenza della vittima. L’istanza deve essere presentata in forma scritta e deve contenere le seguenti informazioni:
- I dati anagrafici dell’istante
- I dati anagrafici del coniuge o convivente abusante
- Una descrizione dettagliata della condotta pregiudizievole
- Una dichiarazione di volersi avvalere dell’assistenza di un avvocato
Il giudice, ricevuta l’istanza, fissa un’udienza per la trattazione della causa. All’udienza, l’istante è tenuto a comparire personalmente e a fornire al giudice le prove a sostegno della sua istanza.
Effetti dell’ordine di protezione
L’ordine di protezione ha effetto immediato e deve essere eseguito dal coniuge o convivente abusante. L’inosservanza dell’ordine di protezione è punita con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 6.000 euro.
L’art. 342-bis: una tutela efficace
L’art. 342-bis è un importante strumento di tutela per le vittime di violenza domestica. Il decreto di protezione può fornire alla vittima un immediato sollievo dal pregiudizio causato dall’abuso e può aiutarla a ricostruire la propria vita.
Tuttavia, è importante sottolineare che l’art. 342-bis non è una soluzione definitiva al problema della violenza domestica. La vittima deve essere in grado di affrontare le conseguenze dell’abuso e di ricostruire la propria vita in modo autonomo.
Per questo motivo, è fondamentale che le vittime di violenza domestica siano supportate da un’adeguata rete di servizi sociali e di assistenza psicologica.
Conclusioni
L’art. 342-bis è un importante passo avanti nella lotta alla violenza domestica. Tuttavia, è necessario che il decreto di protezione sia accompagnato da un’adeguata rete di servizi sociali e di assistenza psicologica, in modo da garantire alle vittime una tutela efficace e duratura.
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di cui agli artt. 342-bis e 342-ter c.c., l’attribuzione della competenza al tribunale in composizione monocratica, stabilita dall’art. 736-bis, comma 1, c.p.c., non esclude la “vis actrativa” del tribunale in composizione collegiale chiamato a giudicare in ordine al conflitto familiare che sia stato già incardinato avanti ad esso, atteso che una diversa opzione ermeneutica, che faccia leva sul solo tenore letterale delle citate disposizioni, ne tradirebbe la “ratio”, che è quella di attuare, nei limiti previsti, la concentrazione delle tutele ed evitare, a garanzia del preminente interesse del minore che sia incolpevolmente coinvolto, o del coniuge debole che esiga una tutela urgente, il rischio di decisioni intempestive o contrastanti ed incompatibili con gli accertamenti resi da organi giudiziali diversi.
Cass. civ. n. 208/2005
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari nei casi di cui all’art. 342 bis c.c., il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo con cui si accolga o si rigetti l’istanza di concessione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, non è impugnabile per cassazione nè con ricorso ordinario — stante l’espressa previsione di non impugnabilità contenuta nell’art. 736 bis c.p.c., introdotto dall’art. 3 della legge 4 aprile 2001, n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) — , nè con ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività.
Per quanto attiene il contenuto del provvedimento, l’ordine emanato dal giudice con decreto si articola, in via cumulativa o alternativa, nell’ordine di cessazione della condotta pregiudizievole e nell’allontanamento dalla casa familiare prescrivendo, altresì, l’inibitoria ad avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla vittima, intesi quali il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia d’origine ovvero il domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone o in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia. Il Giudice può disporre, ancora, l’intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare a sostegno delle vittime di maltrattamenti oltre a disporre il versamento di un assegno periodico di mantenimenti ai conviventi rimasti privi di mezzi adeguati a seguito dell’emanazione del provvedimento. Gli ordini di protezioni decorrono dal giorno dell’avvenuta esecuzione degli stessi e non possono avere durata superiore ad un anno.
La “condotta gravemente pregiudizievole all’integrità fisica”. Il presupposto per la concessione dell’ordine di protezione non è rappresentato, in sé, dalla condotta del convivente nei cui confronti si richiedono le misure di protezione, bensì dall’esistenza di un pregiudizio grave all’integrità fisica, “morale”vii o alla “libertà personale”viii patito dal familiare convivente, imputabile (questo sì) in termini causali alla condotta dell’altroix.
La circostanza in parola si basa, in altri termini:
- sulla esistenza di fatti violentidai quali siano derivate non insignificanti lesioni alla persona, ovvero di una situazione di conflittualità tale da poter prevedibilmente dare adito al rischio concreto ed attuale, per uno dei familiari conviventi, di subire violenze gravi dagli altri;
- sulla verificazione di un “vulnus” alla dignità dell’individuodi entità non comune, in relazione alla delicatezza dei profili della dignità stessa concretamente incisi, ovvero per le modalità “forti” dell’offesa arrecata e per la ripetitività o la prolungata durata nel tempo della sofferenza patita dall’offesox, indipendentemente da qualsiasi indagine sulle cause dei comportamenti violenti e sulle rispettive colpe nella determinazione della situazionexi.
COME SI VALUTA LA CONDOTTA PREGIUDIZIEVOLE?
La condotta pregiudizievole, tuttavia, deve essere valutata a livello “qualitativo” e quantitativo: nel primo caso, infatti, deve essere compiuta una prognosi circa le concrete modalità idonee a rappresentare, per il futuro, un “grave pericolo”; quanto al secondo caso, deve essere analizzata l’entità della condotta nel tempo, la sua efficacia offensiva e la sua dimensione psicologica.
Una parte della giurisprudenza di merito ritiene, tuttavia, che gli ordini di protezione possano essere pronunciati soltanto in presenza di reiterate condotte pregiudizievoli e che un isolato atto di violenza non assumerebbe rilievo; un’altra parte della giurisprudenza di merito, invece, ritiene che gli ordini di protezione possano essere adottati anche nel caso di singolo e isolato episodio di violenza;
C’è d’altra parte da segnalare che la giurisprudenza di merito ha, anche, chiarito che non integrano la condotta pregiudizievole prevista dall’art. 342 bis c.c., singoli episodi compiuti a distanza considerevoli tra loro; al contrario deve trattarsi di azioni reiterate, ravvicinate nel tempo e consapevolmente dirette a ledere i beni tutelati dalla L. n. 154/2001.
Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, [qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d’ufficio,](2) su istanza di parte [736 bis ss. c.p.c.], può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’articolo 342 ter(3).
Non integreranno la condotta pregiudizievole i singoli episodi compiuti in un lasso di tempo ampio. Tipicamente si riscontrano ordini di allontanamento (anche emessi inaudita altera parte) nei frequenti casi di aggressioni ed insulti che possano pregiudicare lo sviluppo morale ed educativo dei figli.
Cass. civ. n. 29492/2017
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari nei casi di cui all’art. 342-bis c.c., il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo, con cui si accolga o si rigetti l’istanza di concessione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, non è impugnabile per cassazione né con ricorso ordinario – stante l’espressa previsione di non impugnabilità, contenuta nell’art. 736-bis c.p.c., introdotto dall’art. 3 della l. n. 154 del 2001 – né con ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 111 Cost., giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività.
(Cassazione civile, Sez. VI-1, ordinanza n. 29492 del 7 dicembre 2017)
Cass. civ. n. 15482/2017
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di cui agli artt. 342-bis e 342-ter c.c., l’attribuzione della competenza al tribunale in composizione monocratica, stabilita dall’art. 736-bis, comma 1, c.p.c., non esclude la “vis actrativa” del tribunale in composizione collegiale chiamato a giudicare in ordine al conflitto familiare che sia stato già incardinato avanti ad esso, atteso che una diversa opzione ermeneutica, che faccia leva sul solo tenore letterale delle citate disposizioni, ne tradirebbe la “ratio”, che è quella di attuare, nei limiti previsti, la concentrazione delle tutele ed evitare, a garanzia del preminente interesse del minore che sia incolpevolmente coinvolto, o del coniuge debole che esiga una tutela urgente, il rischio di decisioni intempestive o contrastanti ed incompatibili con gli accertamenti resi da organi giudiziali diversi.
Cass. civ. n. 208/2005
In tema di ordini di protezioni contro gli abusi familiari nei casi di cui all’art. 342 bis c.c., il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo con cui si accolga o si rigetti l’istanza di concessione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, non è impugnabile per cassazione nè con ricorso ordinario — stante l’espressa previsione di non impugnabilità contenuta nell’art. 736 bis c.p.c., introdotto dall’art. 3 della legge 4 aprile 2001, n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) — , nè con ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività
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(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 208 del 5 gennaio 2005)
ART . 342 ter Codice Civile
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di cui agli artt. 342-bis e 342-ter c.c., l’attribuzione della competenza al tribunale in composizione monocratica, stabilita dall’art. 736-bis, comma 1, c.p.c., non esclude la “vis actrativa” del tribunale in composizione collegiale chiamato a giudicare in ordine al conflitto familiare che sia stato già incardinato avanti ad esso, atteso che una diversa opzione ermeneutica, che faccia leva sul solo tenore letterale delle citate disposizioni, ne tradirebbe la “ratio”, che è quella di attuare, nei limiti previsti, la concentrazione delle tutele ed evitare, a garanzia del preminente interesse del minore che sia incolpevolmente coinvolto, o del coniuge debole che esiga una tutela urgente, il rischio di decisioni intempestive o contrastanti ed incompatibili con gli accertamenti resi da organi giudiziali diversi.
Cass. civ. n. 625/2007
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari nei casi di cui all’art. 342 bis c.c., il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo con cui si accolga o si rigetti l’istanza di concessione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, non è impugnabile per cassazione né con ricorso ordinario — stante l’espressa previsione di non impugnabilità contenuta nell’art. 736 bis c.p.c., introdotto dall’art. 3 della legge 4 aprile 2001, n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) —, né con ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività.
LA NORMA :
(1)Con il decreto di cui all’articolo 342 bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio [43] della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti [74 ss.]o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.
Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento(2) e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione [2099; 545 c.p.c.] allo stesso spettante.
Con il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui ai precedenti commi, stabilisce la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non può essere superiore a sei mesi(3) e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.
Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all’esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.
Cass. civ. n. 29492/2017
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari nei casi di cui all’art. 342-bis c.c., il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo, con cui si accolga o si rigetti l’istanza di concessione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, non è impugnabile per cassazione né con ricorso ordinario – stante l’espressa previsione di non impugnabilità, contenuta nell’art. 736-bis c.p.c., introdotto dall’art. 3 della l. n. 154 del 2001 – né con ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 111 Cost., giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività.
Cass. civ. n. 15482/2017