ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE BOLOGNA – AVVOCATO MATRIMONIALISTA DIVORZISTA l’abbandono del tetto coniugale costituisce: un illecito civile, il quale comporta la cosiddetta imputazione dell’addebito, con perdita del diritto all’assegno di mantenimento; un illecito penale, ossia il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare .

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ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE BOLOGNA - AVVOCATO MATRIMONIALISTA DIVORZISTA l’abbandono del tetto coniugale costituisce: un illecito civile, il quale comporta la cosiddetta imputazione dell’addebito, con perdita del diritto all’assegno di mantenimento; un illecito penale, ossia il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare .
ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE BOLOGNA – AVVOCATO MATRIMONIALISTA DIVORZISTA l’abbandono del tetto coniugale costituisce: un illecito civile, il quale comporta la cosiddetta imputazione dell’addebito, con perdita del diritto all’assegno di mantenimento; un illecito penale, ossia il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare .

ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE BOLOGNA – AVVOCATO MATRIMONIALISTA DIVORZISTA

1)L’abbandono del tetto coniugaledeve comunque essere provato non solo quanto alla sua concreta verificazione ma anche nella sua efficacia determinativa della intollerabilità della convivenza e della rottura dell’affectio coniugalis;

2)non costituisce violazione di un dovere coniugale, infatti, la cessazione della convivenza quando ormai il legame affettivo fra i coniugi è definitivamente venuto meno e la crisi del matrimonio deve considerarsi irreversibile  se risulta provato  che i comportamenti violenti del marito abbiano costretto la moglie ad abbondonare il tetto coniugale, l’allontanamento della donna non può esser valutato ai fini dell’addebito della separazione.

3)Una  recente ordinanza della Cassazione, sesta sez. civile, n. 1785/2021 ha confermato  il principio secondo cui il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi, costituendo violazione al dovere di convivenza, sia di per sé sufficiente a giustificare l’addebito della separazione personale, a meno che non si provi che è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile e sia da ciò derivato.
La parte che intende richiedere l’addebito ha il solo onere di provare l’allontanamento dell’altra dal cosiddetto “tetto coniugale”, ovvero il luogo in cui si concentra abitualmente la vita del nucleo familiare.

4)L’allontanamento, inoltre, deve essere definitivo e non una sporadica decisione di trascorrere una notte da amici o parenti per “sbollire” la rabbia dopo un acceso scambio di idee.

5)In tema di separazione, non integra l’ipotesi di abbandono del tetto coniugalela condotta del coniuge che risiede in parte autonoma e diversa del medesimo immobile, se questo è interamente imputato a dimora familiare.

Posto che il matrimonio è fondato sulla eguaglianza dei coniugi, e che quindi il c.d. mobbing familiare costituisce nozione meramente descrittiva, ma senza autonoma rilevanza giuridica, la condotta del coniuge mobber, che tenga nei confronti dell’altro atteggiamenti persecutori, al fine di costringerlo ad abbandonare il tetto coniugale o ad accettare condizioni inadeguate di separazione, non costituisce di per sé motivo di addebito della separazione medesima, occorrendo a tal fine la prova rigorosa sia del compimento, da parte del coniuge, di atti specifici contrari ai doveri nascenti dal matrimonio, sia della rilevanza causale degli stessi rispetto alla intollerabilità della convivenza, ovvero al grave pregiudizio della prole 

l’abbandono del tetto coniugale costituisce:

  • un illecito civile, il quale comporta la cosiddetta imputazione dell’addebito, con perdita del diritto all’assegno di mantenimento;

  • un illecito penale, ossia il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare .

Se non è raggiunto un accordo, il coniuge che intende interrompere la convivenza deve instaurare un procedimento di separazione giudiziale: in questo caso le condizioni della separazione vengono stabilite dal tribunale.

Se i coniugi raggiungono un accordo durante lo svolgimento della causa di separazione giudiziale quest’ultimo procedimento potrà chiudersi come separazione consensuale.

on la sentenza n. 3356 del 2007 questa Corte ha ampliato l’originaria interpretazione, di stampo strettamente oggettivistico, di tale norma – interpretazione secondo la quale il diritto alla separazione si fonda su fatti che nella coscienza sociale e nella comune percezione rendano intollerabile il proseguimento della vita coniugale – per dare della medesima norma una lettura aperta anche alla valorizzazione di “elementi di carattere soggettivo, costituendo la intollerabilità un fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno alla vita dei coniugi”. Ribadita, quindi, l’originaria impostazione oggettivistica quanto al (solo) profilo del controllo giurisdizionale sulla intollerabilità della prosecuzione della convivenza – nel senso che le situazioni di intollerabilità della convivenza devono essere oggettivamente apprezzabili e giudizialmente controllabili – e puntualizzato che la frattura può dipendere, come già affermato da questa stessa Corte (Cass. 7148/1992) dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale anche di uno solo dei coniugi, ha concluso che in una doverosa “visione evolutiva del rapporto coniugale – ritenuto, nello stadio attuale della società, incoercibile e collegato al perdurante consenso di ciascun coniuge – (…) ciò significa che il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare, in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione ed a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità da parte dell’altro, la convivenza. Ove tale situazione d’intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto di chiedere la separazione: con la conseguenza che la relativa domanda, costituendo esercizio di un suo diritto, non può costituire ragione di addebito” (conformi Cass. 21099/2007 e, più di recente, tra le altre, Cass. 2183/2013).

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da € 103,00 a € 1.032,00”. 

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ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE BOLOGNA – AVVOCATO MATRIMONIALISTA DIVORZISTA l’abbandono del tetto coniugale costituisce: un illecito civile, il quale comporta la cosiddetta imputazione dell’addebito, con perdita del diritto all’assegno di mantenimento; un illecito penale, ossia il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare .

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ALCUNE MOTIVAZIONE PER ALLONTANAMENTO CASA CONIUGALE

necessità di tutela da condotte che siano violente, sia a livello fisico che a livello psichico;

nel caso di infedeltà dell’altro coniuge;

nel caso in cui i parenti siano molto invadenti;

nel caso di mancanza di intesa sessuale;

nel caso in cui il comportamento del coniuge possa considerarsi come dispotico, ovvero l’indirizzo familiare non sia stabilito in comune accordo;

Va osservato, quanto alla dedotta efficacia lesiva dell’abbandono del tetto coniugale, che la più recente giurisprudenza della Suprema  Corte (Cass., 30 gennaio 2013, n. 2183), condivisa dal Collegio, ha ribadito il principio, al quale la corte territoriale si è correttamente conformata, secondo cui deve escludersi che esso, quando intervenga in una situazione già irrimediabilmente compromessa, anche per ragioni obiettive, che prescindono dall’addebitabilità ad uno dei coniugi (Cass., 21 marzo 2011, n. 2011; Cass., 9 ottobre 2007, n. 21099), costituisca condotta contraria ai doveri del matrimonio.

In secondo luogo, il mero deposito del ricorso per separazione non può giustificare l’allontanamento unilaterale e non temporaneo dalla casa coniugale unitamente ai figli minori: tale condotta, peraltro, si è protratta per un considerevole periodo di tempo anche successivamente all’instaurarsi del contraddittorio e in violazione dei provvedimenti assunti nel corso del procedimento separativo, e ciò non può non essere valutabile ai fini della pronuncia di addebito.

Infatti, coma affermato dalla stessa Corte in altre occasioni, il comportamento tenuto dal coniuge successivamente al venir meno della convivenza, ma in tempi immediatamente prossimi a detta cessazione, può rilevare ai fini della dichiarazione di addebito allorchè costituisca una conferma del passato e concorra ad illuminare la condotta pregressa (Cass. Civ. 17710/2005).

i osserva che il primo comma dell’art. 570 c.p. riconduce, anche lessicalmente, l’abbandono del domicilio domestico a una delle possibili condotte contrarie all’ordine o alla morale delle famiglie, richiedendo che la condotta di allontanamento si connoti di disvalore etico sociale, sicché rende punibile non l’allontanamento in sé, ma quello privo di una giusta causa.

Ne consegue che il giudice non può esaurire il proprio compito nell’accertamento del fatto storico dell’abbandono, ma deve ricostruire la situazione in cui esso s’è verificato, onde valutare la presenza di cause di giustificazione, per impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza.

avvocato per separazione
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Per quanto riguarda invece le conseguenze penali dell’abbandono del tetto coniugale, fa fede quanto prescritto dall’articolo 570 del codice penale:

reclusione fino ad un anno

multa da 103,00 a 1.032 euro

In conclusione, l’abbandono da parte di un coniuge della casa coniugale prima della separazione, magari insieme ai figli minori, senza il consenso dell’altro coniuge, in assenza della giusta causa (come detto, a titolo esemplificativo, per intollerabilità della convivenza per violenze, anche se una decisione della Cassazione l’ha individuata pure nella presenza di una suocera convivente eccessivamente invadente), potrà comportare l’addebito della separazione nei confronti del coniuge che si allontani dalla casa familiare, ed altresì l’affidamento dei figli e dell’abitazione all’altro coniuge.

Vi sono casi in cui l’allontanamento viene considerato legittimo, ovvero in presenza di determinate situazioni:

– tutelarsi da condotte violente per la propria incolumità fisica e psichica;

– infedeltà;

– invadenza dei parenti;

– mancanza di intesa sessuale;

– comportamento dispotico del coniuge.

Ovviamente quanto sopra va valutato caso per caso