Vendita immobile senza abitabilità: la Corte dice no

Vendita immobile senza abitabilità: la Corte dice no

🏠 Vendita immobile senza abitabilità: si può fare?

La risposta è sì, ma con molte attenzioni.

In Italia, il certificato di abitabilità (oggi chiamato certificato di agibilità) attesta che un immobile è idoneo a essere abitato: rispetta i requisiti di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico. Ma cosa succede se l’immobile non ha l’agibilità?

💡 Si può vendere comunque, ma l’acquirente deve essere pienamente consapevole della mancanza di abitabilità. La cosa importante è che questa condizione sia esplicitata nel contratto, altrimenti il venditore rischia di vedersi contestare la vendita per vizi occulti o inadempimento contrattuale.

⚖️ Cosa dice la legge?

Secondo la giurisprudenza, l’agibilità non è sempre necessaria per la validità della compravendita. Tuttavia, la mancanza del certificato può influenzare il valore dell’immobile e, in alcuni casi, far sorgere responsabilità per il venditore, specie se l’acquirente scopre il problema solo dopo il rogito.

🛑 Attenzione: vendere senza agibilità può essere rischioso

  • Il compratore potrebbe chiedere la risoluzione del contratto
  • ❌ Potrebbe esserci una riduzione del prezzo
  • ❌ Il notaio potrebbe rifiutarsi di stipulare l’atto definitivo, se ritiene che vi siano irregolarità gravi

Cosa può fare il venditore?

  1. Verificare con il tecnico di fiducia se è possibile ottenere l’agibilità prima della vendita.
  2. Informare chiaramente il compratore già in fase di proposta.
  3. Inserire una clausola specifica nel compromesso e nel rogito, che confermi la consapevolezza della parte acquirente.

✍️ Conclusioni

La vendita di un immobile senza abitabilità è possibile, ma serve trasparenza e cautela. Se stai pensando di vendere una casa priva di certificato di agibilità, meglio farti seguire da un legale esperto in materia immobiliare.

📞 Contattaci per una consulenza prima del rogito: eviti problemi legali e vendi in tutta sicurezza.

DECISIONE DELLA CORTE APPELLO BOLOGNA

dichiara la risoluzione del contratto di compravendita del 04/05/2005 stipulato con scrittura privata autenticata dal notaio F. E., rep. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/06/2005 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data (omissis)/06/2005 all’art. n. (omissis), intercorso fra YY e XX, e condanna quest’ultima, a fronte della restituzione del bene alienato, al rimborso del prezzo pagato di € 64.595,60 oltre IVA, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

dichiara la risoluzione del contratto di compravendita dell’08/03/2006 a rogito notaio F. E., rep. n. (omissis) / racc. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/03/2006 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data (omissis)/03/2006 all’art. n. (omissis) intercorso fra YY e XX e condanna quest’ultima, a fronte della restituzione dell’immobile alienato, al rimborso del prezzo pagato di € 121.358,07 oltre IVA, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna XX alla ripetizione di € 12.000,00 a titolo di spese condominiali, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna XX al pagamento della somma di € 2.614,20 a titolo di risarcimento del danno, annualmente rivalutata dall’esborso sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre interessi sulla somma suddetta annualmente rivalutata sino alla pubblicazione della sentenza, oltre interessi successivi sino al saldo;

condanna XX al pagamento delle spese di lite del primo grado, che liquida in € 14.000,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA, e del giudizio di appello, che liquida in € 12.000,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA;

pone a carico di XX le spese di c.t.u.

https://www.avvocatiabologna.it/rapporti-tra-coeredi-soluzione-eredi-subito-bologna/
https://www.avvocatiabologna.it/rapporti-tra-coeredi-soluzione-eredi-subito-bologna/

CONTENUTO APPELLO

 Con il quarto motivo si contesta la decisione impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto commerciabili gli immobili venduti, disattendendo illegittimamente le valutazioni tecniche espresse dal c.t.u. circa l’insanabilità degli immobili oggetto di causa e la conseguente impossibilità per gli stessi di acquisire la licenza di abitabilità/agibilità, e attenendosi invece pedissequamente al parere del c.t.u. proprio nella materia che a quest’ultimo non compete, ossia quella eminentemente giuridica, peraltro errando nel merito

MOTIVAZIONE

Orbene, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, «in tema di vendita di immobili destinati ad abitazione, la mancanza del certificato di abitabilità configura alternativamente l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”, qualora le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili, l’ipotesi del vizio contrattuale, sub specie di mancanza di qualità essenziali, qualora le difformità riscontrate siano sanabili, ovvero l’ipotesi dell’inadempimento non grave, fonte di esclusiva responsabilità risarcitoria del venditore ma non di risoluzione del contratto per inadempimento, qualora la mancanza della certificazione sia ascrivibile a semplice ritardo nella conclusione della relativa pratica amministrativa.» (Cass., n. 23604/2023).

Nel caso di specie, come si è visto, il c.t.u. ha accertato che gli immobili venduti all’odierna appellante son privi dei requisiti sostanziali per ottenere il certificato di agibilità, difettando della conformità dell’opera al progetto presentato, come prescritto dal comma 1 dell’art. 24 D.P.R. n. 380/2001; ha in proposito precisato il perito d’ufficio che “Per le difformità che affliggono le due unità immobiliari di cui trattasi, non è possibile procedere tramite sanatoria ordinaria, cioè tramite accertamento di conformità come previsto dall’art. 36 del DM 380/2001, perché, per quanto più volte già detto in perizia, tali difformità afferiscono il cambio di destinazione d’uso (unità immobiliare a)) e l’aumento di superficie utile e di unità immobiliari (unità immobiliare b)), mutamenti che non erano conformi alle norme vigenti né al momento della loro realizzazione, né attualmente, cioè al momento di una eventuale richiesta di sanatoria da presentarsi oggi. Esplicita mancanza della così detta doppia conformità.”.

  1. Si osserva inoltre che, nelle more del giudizio, di appello è intervenuta l’ordinanza-ingiunzione di demolizione del Comune di Rimini del 22.2.2023; al riguardo, l’eventuale ammissibilità della c.d. “fiscalizzazione” ipotizzata da parte appellata, consistente nella sostituzione della demolizione con una sanzione pecuniaria, non potrebbe comunque comportare la sanatoria dell’immobile e il conseguimento del certificato di abitabilità.

Va comunque rilevato che nei contratti di compravendita XX si era impegnata a ottenere a sue cure e spese e nel più breve tempo possibile i certificati di abitabilità di entrami gli immobili e che, con successiva dichiarazione negoziale rilasciata in data 28.6.2013, si era nuovamente obbligata ad ottenere la regolarizzazione amministrativa ed edilizia delle unità immobiliari nel termine massimo di due anni e mezzo dalla redazione della scrittura, inutilmente decorso il 28 dicembre 2015; al decorso di quest’ultimo termine, pertanto, si è cristallizzato l’inadempimento.

  1. R.G. 1655/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA

Terza Sezione Civile

La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Anna De Cristofaro – Presidente

dott. Manuela Velotti – Consigliere Relatore

dott. Luciano Varotti – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 1655/2021 promossa da:

YY (c.f. omissis),

con il patrocinio dell’avv. Paolo Biavati e dell’avv. Stefano Barbiani (c.f. omissis) presso l’avv. Paolo Biavati, p.zza Galileo n. 5, Bologna;

APPELLANTE

contro

XX (c.f. omissis),

con il patrocinio dell’avv. Alessandro Lolli

JJ (c.f. omissis),

con il patrocinio dell’avv. Alessandro Lolli

APPELLATI

CONCLUSIONI

Per parte appellante:

Voglia l’Ecc.ma Corte D’Appello adita, contrariis reictiis, per le causali di cui alla narrativa che precede e previa ogni declaratoria del caso, per tutti i motivi dedotti in narrativa, accogliere il presente gravame ed in totale riforma dell’impugnata sentenza del Tribunale di Rimini pronunciata dal GOP Dr. Federico Monaco il 22/2/2021 all’esito del giudizio RG n°2807/2016, accogliere le conclusioni tutte rassegnate nel giudizio di primo grado dalla difesa degli odierni appellanti da ultimo reiterate nelle note conclusive depositate il 17/2/2021 che qui di seguito si riportano:

“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, per le causali di cui all’atto di citazione nonché della narrativa di cui alla memoria ex art. 183 co.6 n°1 c.p.c., respingere siccome infondate in fatto ed in diritto le domande e conclusioni tutte così come rassegnate dalla parte convenuta XX e dal terzo chiamato Geom. JJ e per l’effetto:

accertato

che l’appartamento di cui al contratto di compravendita del (omissis)/05/2005 mediante scrittura privata autenticata dal Notaio Dott.ssa F. E., rep. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/06/2005 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data (omissis)/06/2005 sito al piano terra con corte pertinenziale in proprietà esclusiva sito in Rimini, viale (omissis) catastale n° 9, reale n° 9/A, distinto al NCEU del Comune di Rimini al foglio …omissis… mappale …omissis… sub …omissis… viale Berna n° 9 p. T, zc 1, cat. A/3, cl. 3, cons. vani 2,5 sup. cat. mq.33RC 171,72 e sub …omissis…, viale …omissis… n° 9 p. T, area urbana, sup. cat. 32 mq è a tutt’oggi illegittimo e privo di certificato di agibilità/abitabilità;

accertato

che l’appartamento di cui al contratto di compravendita dell’(omissis)/03/2006 a rogito Notaio Dott.ssa F. E., rep. n. (omissis) / racc. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/03/2006 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data (omissis)/03/2006 all’art. n. (omissis) sito al piano terzo distinto al NCEU del Comune di Rimini al foglio …omissis… particella …omissis… sub …omissis…, viale (omissis) n° 9 p.3, z.c. 1, cat. A3, cl.3 cons. vani 3, sup. cat. 90 mq, RC € 206,07 è a tutt’oggi illegittimo e privo di certificato di agibilità/abitabilità;

accertato,

pertanto, la sussistenza di grave inadempimento contrattuale a carico della venditrice XX sia con riferimento al contratto di compravendita del 4/5/2005 sia con riferimento al contratto di compravendita dell’8/3/2006;

accertato,

altresì, che la Sig.ra XX è inadempiente rispetto alla dichiarazione sottoscritta in data 28/6/2013 non avendo conseguito il certificato di abitabilità/ agibilità nel termine di due anni e mezzo indicato nella dichiarazione stessa;

accertato,

pertanto che sussistono tutti i requisiti di legge affinché venga dichiarata ai sensi dell’art. 1453 c.c. la risoluzione contrattuale sia con riferimento al contratto di compravendita del 4/5/2005 sia con riferimento al contratto di compravendita dell’8/3/2006 in conseguenza del grave inadempimento a carico della venditrice Sig.ra XX stante l’illegittimità dei beni compravenduti per cui è causa e per non avere quest’ultima conseguito e rilasciato all’acquirente YY il certificato di agibilità/ abitabilità per gli appartamenti venduti (e cioè mediante contratto del (omissis)/5/2005 l’appartamento al piano terra con corte pertinenziale di cui al foglio …omissis… mappale …omissis… sub …omissis… viale (omissis) n° 9A p. T, zc 1, cat. A/3, cl. 3, cons. vani 2,5 sup. cat. mq.33 RC 171,72 e sub 14, viale Berna n°9A p. T, area urbana, sup. cat. 32 mq e mediante contratto dell’(omissis)/3/2006 l’appartamento al piano terzo con annesso soppalco/ripostiglio distinto al NCEU del Comune di Rimini al foglio …omissis… particella …omissis… sub …omissis…, viale (omissis) n° 9 p.3, z.c. 1, cat. A3, cl.3 cons. vani 3, sup. cat. 90 mq) nonostante l’obbligo assunto in tal senso, ciò che configura, con riferimento ad entrambi i contratti di compravendita sopra descritti, l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”;

dichiarare

la risoluzione del contratto di compravendita del (omissis)/05/2005 mediante scrittura privata autenticata dal Notaio Dott.ssa F. E., rep. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/06/2005 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data 03/06/2005 all’art. n. (omissis) intercorso fra YY e XX e conseguentemente

condannare

quest’ultima, a fronte della restituzione del bene alienato, al rimborso del prezzo effettivamente pagato da YY costituito da € 64.595,60 oltre Iva come indicato in sede di atto di compravendita nonché dall’ulteriore importo di € 55.404,40 e così € 120.000,00, cioè il prezzo effettivamente pagato dalla Sig.ra YY alla Sig.ra XX per la compravendita, o quella diversa somma, maggiore o minore, che risulterà dovuta all’esito dell’espletanda istruttoria o ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali dal dovuto al saldo nonché al risarcimento dei danni derivanti dal mancato introito dei canoni di locazione pari ad € 55.200,00 o quella diversa somma, maggiore o minore, che risulterà dovuta all’esito dell’espletanda istruttoria o ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali dal dovuto al saldo;

dichiarare

la risoluzione del contratto di compravendita dell’(omissis)/03/2006 a rogito Notaio Dott.ssa F. E., rep. n. (omissis) / racc. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/03/2006 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data (omissis)/03/2006 all’art. n. (omissis) intercorso fra YY e XX e conseguentemente

condannare

quest’ultima, a fronte della restituzione dell’immobile alienato, al rimborso del prezzo effettivamente pagato da YY costituito da € 121.358,07 oltre Iva nonché dall’ulteriore importo di € 100.641,93 e così € 222.000,00 cioè il prezzo effettivamente pagato dalla Sig.ra YY alla Sig.ra XX per la compravendita, o quella diversa somma, maggiore o minore, che risulterà dovuta all’esito dell’espletanda istruttoria o ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali dal dovuto al saldo, nonché al risarcimento dei danni derivanti dal mancato introito dei canoni di locazione pari ad € 79.050,00 o quella diversa somma, maggiore o minore, che risulterà dovuta all’esito dell’espletanda istruttoria o ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali dal dovuto al saldo;

condannare,

altresì, la venditrice XX al risarcimento del danno rappresentato, a fronte della impossibilità per YY, di locare gli appartamenti acquistati, dalla rifusione delle quota di spese condominiali di competenza della parte conduttrice pari ad € 12.000,00 nonché al risarcimento dell’ulteriore danno pari ad € 10.000,00 rappresentato dalle spese notarili per le compravendite del 4/5/2005 e dell’8/3/2006 oltre i disagi subiti oltre € 2.496,00 per spese tecniche dell’Arch. Andruccioli o quella diversa somma, maggiore o minore, che risulterà dovuta all’esito dell’espletanda istruttoria o ritenuta di giustizia, il tutto oltre rivalutazione ed interessi legali dal dovuto al saldo”.

In ogni caso con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio.”.

Per parte appellata:

si conclude per il rigetto dell’appello, con vittoria di spese ed onorari nei due gradi di giudizio, riproponendo le conclusioni di primo grado:

Ogni contraria istanza, eccezione o conclusione disattesa:

  1. a) In via principale,

rigettare la domanda di parte attrice poiché infondata;

  1. b) in subordine,

accertato e dichiarato

che l’inadempimento è dipeso da causa non imputabile alla sig.ra XX rigettare la domanda di risarcimento dei danni;

  1. c) in ulteriore subordine,

condannare

la sig.ra XX a risarcire i soli danni direttamente ricollegabili all’inadempimento e nella misura che risulterà provata in corso di causa;

con vittoria di spese e compenso di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA.“.

IN FATTO

  1. YY conveniva in giudizio XX, esponendo di aver acquistato dalla convenuta, con scrittura privata autenticata in data 4.5.2005, la proprietà di un immobile in Rimini, viale (omissis), n. 9, sito al piano terra, al prezzo di € 64.595,60 oltre IVA; che nel contratto la venditrice, dopo aver dato atto della pendenza di una procedura di condono, dichiarava che l’immobile era pienamente conforme alla normativa urbanistica ed edilizia e che nulla ostava alla sua commerciabilità e, inoltre, che l’immobile era sprovvisto di certificato di agibilità e che si obbligava ad ottenerlo a propria cura e spese nel più breve tempo possibile; che, con successivo contratto in data 8.3.2006, l’attrice aveva acquistato da XX, al prezzo di € 121.358,07 oltre IVA, un altro appartamento sito al terzo piano del medesimo immobile in Rimini, viale (omissis) n. 9; che, anche in tale contratto, la venditrice precisava,
  2. dopo aver dato atto della pendenza di una procedura di condono, che l’immobile era pienamente conforme alla normativa urbanistica ed edilizia e che nulla ostava alla sua commerciabilità, impegnandosi altresì a richiedere a propria cura e spese il rilascio dell’autorizzazione di abitabilità/agibilità o suoi equipollenti “garantendo sin d’ora l’idoneità a tal fine dell’immobile in oggetto“; che, tuttavia, poiché nel giugno 2011 la convenuta non aveva ancora consegnato il certificato di agibilità relativo alle due unità abitative vendute, l’attrice si era rivolta a un tecnico di fiducia, il quale aveva accertato che la situazione urbanistico-edilizia degli immobili in questione era tale da impedirne la regolarizzazione sotto il profilo tecnico e normativo, posto che la loro realizzazione era stata prevista con una D.I.A. in variante ritenuta inammissibile dal Comune di Rimini con ordinanza del 9.1.2004, con conseguente ordine di non effettuare l’intervento descritto, e che la successiva istanza di condono era stata rigettata, sicché l’appartamento al piano terra, non corrispondendo al momento ad alcun progetto,
  3. era costituito da un garagedi mq. 15,38 e l’appartamento al piano attico risultava avere un valore di mercato praticamente nullo in quanto, in base al progetto approvato, costituiva porzione di un’altra unità immobiliare; che pertanto l’attrice, con diffida notificata alla venditrice in data 22.6.2011, chiedeva la risoluzione dei contratti di compravendita e la restituzione del prezzo versato; che XX, con missiva in data 5.7.2011, riconosceva le problematiche denunciate, rappresentando di avere presentato ricorso straordinario al Capo dello Stato e proponendo, in caso di esito negativo del ricorso, la risoluzione consensuale transattiva con restituzione del prezzo e delle spese; che con successiva dichiarazione sottoscritta dalle parti in data 28.6.2013 XX si obbligava nei confronti di YY alla “completa regolarizzazione amministrativa/edilizia degli immobili sopra descritti presso i competenti uffici comunali corrispondendo ogni e qualsivoglia sanzione all’uopo necessaria il tutto entro e non oltre due anni e mezzo decorrenti dalla sottoscrizione della presente scrittura“; che anche detto termine era inutilmente decorso.

Tanto premesso, l’attrice chiedeva la risoluzione dei due contratti, la restituzione del prezzo e il risarcimento dei danni.

  1. Si costituiva la convenuta, contestando le domande avversarie e deducendo che non vi era alcun provvedimento formale che avesse negato la sanatoria in relazione all’appartamento posto al terzo piano; che comunque, a norma dell’art. 34, D.P.R. 06/06/2001, n. 380, quando la demolizione non poteva avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, doveva essere applicata una sanzione pecuniaria; che pertanto nel caso di specie, essendo impossibile modificare e/o demolire le parti difformi a causa del pregiudizio strutturale e funzionale che sarebbe stato arrecato alle altre porzioni dell’immobile, la venditrice doveva essere ammessa al pagamento della sanzione, con conseguente completa regolarizzazione della situazione edilizia dell’immobile medesimo;
  2. che la mancata consegna del certificato di agibilità non integrava di per sé un inadempimento tale da giustificare la domanda di risoluzione del contratto, sussistendo tutti i presupposti sostanziali per il rilascio di detto certificato; che, in ogni caso, non era tenuta al risarcimento del danno, posto che il preteso inadempimento era stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile; che, quanto alla richiesta di restituzione del prezzo pagato per le due compravendite, non vi era prova che fosse stato pagato un prezzo superiore rispetto a quello dichiarato; che non sussisteva alcun danno derivante dalla pretesa impossibilità di locare gli immobili, in quanto entrambi gli immobili erano stati di fatto locati.

 

  1. La convenuta chiedeva e otteneva l’autorizzazione alla chiamata in causa in garanzia del geom. JJ, il quale si costituiva deducendo l’insussistenza dei presupposti per la risoluzione dei contratti, essendo le irregolarità sanabili, e l’illegittimità dei provvedimenti di diniego resi dal Comune di Rimini, con conseguente esclusione di ogni ipotesi di responsabilità professionale per le presunte omissioni; chiedeva pertanto il rigetto della domanda di garanzia.
  2. Istruita la causa tramite prove orali e c.t.u., con sentenza n. 189/2021 il Tribunale di Rimini rigettava le domande dell’attrice, ritenendo che non vi fosse prova che non ricorressero le condizioni per l’ottenimento del certificato di abitabilità a causa di insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche.
  3. Contro la sentenza ha proposto appello YY; ha resistito l’appellata.

All’udienza del 26.9.2023, tenutasi con modalità cartolari, le parti hanno precisato le rispettive conclusioni e la causa è stata posta in decisione.

IN DIRITTO

  1. Con il primo motivo l’appellante censura la sentenza impugnata laddove il Tribunale ha ritenuto la domanda di risoluzione infondata, omettendo di esaminare la documentazione prodotta e la c.t.u. espletata in primo grado, in particolare ritenendo quest’ultima, da un lato, esente da vizi, e discostandosi palesemente, dall’altro, dalle valutazioni del perito d’ufficio senza alcuna motivazione, con ciò incorrendo in evidente contraddizione.
  2. Con il secondo motivo si lamenta che il primo giudice abbia affermato, peraltro in aperto contrasto con le risultanze peritali, che non vi sarebbe la prova della irrealizzabilità del programma contrattuale, ipotizzando il futuro ottenimento da parte della venditrice dei certificati di abitabilità degli immobili venduti, erroneamente applicando i principi, correttamente enunciati in astratto, relativi al riparto dell’onere della prova in materia di risolubilità del contratto e di individuazione nella proposizione della domanda di risoluzione del momento della cristallizzazione delle posizioni delle parti.

Nei contratti di compravendita di vendita XX si era obbligata a ottenere a sue cure e spese e nel più breve tempo possibile i certificati di abitabilità degli immobili e, con successiva dichiarazione negoziale rilasciata in data 28.6.2013, aveva assunto nuovamente l’obbligo di ottenere la regolarizzazione amministrativa ed edilizia delle unità immobiliari nel termine massimo di due anni e mezzo dalla redazione della scrittura; essendo il suddetto termine del 28 dicembre 2015 inutilmente spirato senza che gli immobili fossero stati sanati e senza l’ottenimento della certificazione mancante, la proposizione della domanda giudiziale di risoluzione da parte di YY costitutiva manifestazione inequivoca di disinteresse alla prosecuzione del rapporto negoziale, con il duplice effetto processuale di privare, da un lato, la venditrice della possibilità di eseguire la sua prestazione e, di far ritenere, dall’altro, l’accertamento giudiziale dell’inadempimento della convenuta cristallizzato al tempo della pendenza della lite.

  1. Con il terzo motivo si deduce che il primo giudice abbia travisato gli esiti della consulenza d’ufficio, quantomeno in ordine all’aspetto dirimente concernente la non condonabilità delle opere edilizie compiute dalla venditrice sulle unità immobiliari cedute, utilizzando soltanto parzialmente le informazioni tecniche contenute nell’elaborato peritale, e giungendo immotivatamente a conclusioni opposte rispetto a quelle del c.t.u. senza motivazione alcuna.
  2. Con il quarto motivo si contesta la decisione impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto commerciabili gli immobili venduti, disattendendo illegittimamente le valutazioni tecniche espresse dal c.t.u. circa l’insanabilità degli immobili oggetto di causa e la conseguente impossibilità per gli stessi di acquisire la licenza di abitabilità/agibilità, e attenendosi invece pedissequamente al parere del c.t.u. proprio nella materia che a quest’ultimo non compete, ossia quella eminentemente giuridica, peraltro errando nel merito.

 

  1. Con il quinto motivo si censura il rigetto della domanda risarcitoria, ritenuta non provata, per avere il Tribunale omesso la valutazione delle prove testimoniali assunte, nonché delle prove documentali costituite dalle perizie redatte dal tecnico di parte dell’attrice Arch. Andruccioli, confermate anche in sede di prova per testi, che li ha determinati in € 10.000,00, da integrarsi con le spese tecniche sostenute per accertare lo stato degli immobili come documentate dalle fatture allegate alla perizia, cioè € 2.496,00. Parimenti l’Arch. Andruccioli ha determinato in € 55.200,00 la somma dovuta ed € 79.050,00 quale mancato introito dei canoni relativi all’appartamento sub19 oltre a complessivi € 12.000,00 a titolo di spese condominiali. A ciò si aggiungerebbe l’ulteriore danno costituito dall’emissione, anche nei confronti di YY, di decreto penale di condanna per violazioni connesse alle difformità/ irregolarità degli immobili in questione, che ha costretto l’appellante a presentare opposizione avverso il decreto in questione.
  2. Con il sesto motivo si lamenta che il primo giudice abbia ritenuto assorbita ogni altra questione concernente la domanda risarcitoria proposta sul presupposto che il rigetto della domanda di risoluzione contrattuale lo esentasse dall’obbligo di pronunciarsi sul resto, in quanto anche in caso di scarsa importanza dell’inadempimento, inidonea per l’accoglimento della domanda di risoluzione a termini dell’art. 1455 c.c., sono comunque ravvisabili le condizioni per il risarcimento del danno.
  3. I primo quattro motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

Il c.t.u. designato nel giudizio di primo grado, all’esito di un sopralluogo e di un accurato esame della documentazione in contraddittorio con i c.t.p. delle parti, alle osservazioni dei quali ha esaurientemente risposto, ha così concluso: “Lo stato di fatto degli immobili oggetto di causa di proprietà di YY al momento del sopralluogo dello scrivente ctu avvenuto il 18.12.2019 era il seguente: Unità immobiliare a) costituita da un appartamento al piano terra, al quale si accede con accesso indipendente da Viale (omissis) catastale n. 9, reale n. 9/A, ed annessa porzione di corte pertinenziale in proprietà esclusiva. Il tutto come meglio indicato nelle planimetrie catastali di cui all’allegato 1. L’appartamento era libero, arredato e composto da cucina, bagno e camera. La corte di uso esclusivo era pavimentata e dotata di accesso carrabile. Unità immobiliare b) Appartamento posto al piano terzo con annesso soppalco, al quale si accede da via (omissis) n.9. Il tutto come meglio indicato nelle planimetrie catastali di cui all’allegato 2. L’appartamento era libero, arredato e composto da cucina, bagno, camera da letto ricavata sul soppalco, soggiorno ricavato nella veranda, terrazzi e balconi di pertinenza.

Mentre, per detti immobili, lo stato di diritto ricostruito dallo scrivente ctu sulla base del permesso di costruire, presentato il 11.2.2000 con protocollo 32625/E autorizzato il 9.11.2000 con protocollo 2544055G e DIA in sanatoria presentata in data 3.6.2010 protocollo n. 88001 pratica n. 1070/2010 che per dette unità immobiliari costituiscono gli ultimi precedenti edilizi validi è il seguente:

Unità immobiliare a) l’area attualmente occupata dall’appartamento era viceversa assentita come una autorimessa di 15,38 m2 e un porticato, presumibilmente ad uso comune di 14,06 m2, la corte esclusiva, ora esistente, così come l’ingresso indipendente non erano presenti negli elaborati grafici di detto Permesso di Costruire.

Unità immobiliare b) al piano terzo è assentita una sola unità immobiliare destinata a civile abitazione, che con logge, terrazze e balconi, praticabili e non praticabili, occupava tutta la superficie del piano terzo, non erano previsti soppalchi ma solamente una copertura non praticabile. Per permettere una migliore comprensione delle differenze esistenti con quanto riscontrato dallo scrivente ctu in fase di sopralluogo, si può dire, in estrema sintesi, che l’unica unità immobiliare esistente è stata ampliata, sopraelevata con la realizzazione dei soppalchi e divisa in due unità immobiliari simili e simmetriche destinate, alla civile abitazione.

Per le unità immobiliari oggetto di perizia è stata presentata istanza di concessione in sanatoria a seguito di condono, n.70012 del 2003. Rigettata dal competente ufficio del comune di Rimini il 29.11.2006 con protocollo 202688. Ciò ha originato una complessa vicenda, per la descrizione della quale si rimanda alla trattazione estesa, che vede ancora pendente il “Ricorso per revocazione, per errore di fatto, del decreto decisorio del 13.11.2012, comunicato alla ricorrente XX in data 18.2.2013” presentato al Presidente della Repubblica il 25.3.2013 dalla Sig.ra. XX.

Dalle ricerche effettuate, dallo scrivente ctu, presso i competenti uffici del Comune di Rimini è emerso che per le due unità immobiliari, oggetto di perizia, non esiste certificato di regolarità urbanistica e abitabilità.

Le unità immobiliari vendute all’attrice non sono in possesso di tutti i requisiti sostanziali per ottenere il certificato di agibilità previsti dall’art. 24 del d.P.R. n. 380/2001 (T.U. in materia edilizia) in quanto, senza addentrarsi nell’esame degli altri requisiti richiesti da detto articolo, mancano palesemente della conformità dell’opera al progetto presentato, come prescritto dal comma 1 del citato art. 24 D.P.R. n. 380/2001.

L’unità immobiliare posta al piano terra e individuata in questa perizia come a) si configura come unità indipendente.

L’unità immobiliare posta al piano terzo e individuata in questa perizia come b) non si configura come unità indipendente, in quanto è stata ottenuta ampliando e suddividendo, senza titoli, una sola unità immobiliare assentita in seguito a DIA in sanatoria.

Tali due unità immobiliari, oggetto di perizia, nonostante siano affette da difformità sostanziali rispetto al titolo edilizio che ne ha assentito la costruzione, sono secondo l’interpretazione giurisprudenziale assunta dal ctu come prevalente, commerciabili.”.

  1. Orbene, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, «in tema di vendita di immobili destinati ad abitazione, la mancanza del certificato di abitabilità configura alternativamente l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”, qualora le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili, l’ipotesi del vizio contrattuale, sub specie di mancanza di qualità essenziali, qualora le difformità riscontrate siano sanabili, ovvero l’ipotesi dell’inadempimento non grave, fonte di esclusiva responsabilità risarcitoria del venditore ma non di risoluzione del contratto per inadempimento, qualora la mancanza della certificazione sia ascrivibile a semplice ritardo nella conclusione della relativa pratica amministrativa.» (Cass., n. 23604/2023).

Nel caso di specie, come si è visto, il c.t.u. ha accertato che gli immobili venduti all’odierna appellante son privi dei requisiti sostanziali per ottenere il certificato di agibilità, difettando della conformità dell’opera al progetto presentato, come prescritto dal comma 1 dell’art. 24 D.P.R. n. 380/2001; ha in proposito precisato il perito d’ufficio che “Per le difformità che affliggono le due unità immobiliari di cui trattasi, non è possibile procedere tramite sanatoria ordinaria, cioè tramite accertamento di conformità come previsto dall’art. 36 del DM 380/2001, perché, per quanto più volte già detto in perizia, tali difformità afferiscono il cambio di destinazione d’uso (unità immobiliare a)) e l’aumento di superficie utile e di unità immobiliari (unità immobiliare b)), mutamenti che non erano conformi alle norme vigenti né al momento della loro realizzazione, né attualmente, cioè al momento di una eventuale richiesta di sanatoria da presentarsi oggi. Esplicita mancanza della così detta doppia conformità.”.

  1. Si osserva inoltre che, nelle more del giudizio, di appello è intervenuta l’ordinanza-ingiunzione di demolizione del Comune di Rimini del 22.2.2023; al riguardo, l’eventuale ammissibilità della c.d. “fiscalizzazione” ipotizzata da parte appellata, consistente nella sostituzione della demolizione con una sanzione pecuniaria, non potrebbe comunque comportare la sanatoria dell’immobile e il conseguimento del certificato di abitabilità.

Va comunque rilevato che nei contratti di compravendita XX si era impegnata a ottenere a sue cure e spese e nel più breve tempo possibile i certificati di abitabilità di entrami gli immobili e che, con successiva dichiarazione negoziale rilasciata in data 28.6.2013, si era nuovamente obbligata ad ottenere la regolarizzazione amministrativa ed edilizia delle unità immobiliari nel termine massimo di due anni e mezzo dalla redazione della scrittura, inutilmente decorso il 28 dicembre 2015; al decorso di quest’ultimo termine, pertanto, si è cristallizzato l’inadempimento.

  1. Deve allora ritenersi, alla luce della richiamata giurisprudenza, che nel caso di specie la non sanabilità delle difformità riscontrate dia luogo a un’ipotesi di vendita di “aliud pro alio“; va pertanto accolta, in riforma della decisione di impugnata, la domanda di risoluzione di entrambi i contratti, restando assorbita ogni ulteriore considerazione.

Alla risoluzione dei contratti oggetto di causa consegue la condanna dell’appellata ex art. 2033 c.c. alla restituzione degli importi di € 64.595,60 oltre IVA e di € 121.358,07 oltre IVA, corrisposti a titolo di prezzo degli immobili, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; non è invece provato il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle indicate nei contratti, circostanza oltretutto integralmente contestata dall’odierna appellata fin dall’originaria comparsa di risposta nel giudizio di primo grado.

  1. Quanto al quinto motivo, relativo al mancato accoglimento della domanda di risarcimento dei danni patiti, lo stesso va accolto nei limiti di seguito precisati.

Vanno riconosciute le spese per la perizia di parte dell’Arch. Andruccioli per complessivi € 2.614,20, somma da rivalutarsi annualmente dall’esborso sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre interessi sulla somma suddetta annualmente rivalutata sino alla pubblicazione della sentenza, oltre interessi successivi sino al saldo; vanno altresì rimborsate le spese condominiali sostenute nel periodo 2009-2017 per € 12.000,00 (vedi prospetti di cui al doc. 12 della parte oggi appellante), pur trattandosi di restituzione di somme ex 2033 c.c. conseguente al venire meno della causa giustificativa delle stesse, ossia la proprietà degli immobili, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Non possono essere riconosciute le ulteriori voci, non risultando documentate le spese notarili asseritamente sostenute per € 10.00,00 (oltretutto il primo contratto è stato stipulato con scrittura privata autenticata), né le spese conseguenti all’opposizione al decreto pelale di condanna.

Neppure può essere riconosciuto il danno da mancata percezione dei canoni di locazione, in quanto gli immobili, privi del certificato di abitabilità, non avrebbero potuto essere locati, e di questo era pienamente consapevole YY fini dalla stipula dei contratti; oltretutto, risulta che quest’ultima abbia di fatto concesso in locazione durante la stagione estiva sia l’appartamento al piano terzo, sia l’appartamento al piano terra, non essendo state tali circostanze, allegate dall’appellata, mai specificamente contestate.

  1. Il sesto motivo è assorbito.
  2. In conclusione, l’appello va accolto nei termini sopra precisati.

Le spese di lite di entrambi i gradi vanno poste a carico della soccombente XX, la quale non ha reiterato nel giudizio di appello la domanda di manleva nei confronti di JJ; pertanto le spese di lite sostenute da quest’ultimo, citato dall’appellante a titolo di mera litis denuntiatio in quanto parte del giudizio di primo grado, dovranno rimanere a suo carico.

XX va altresì condannata alle spese della c.t.u. espletata in primo grado.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Bologna, definitivamente pronunciando, in accoglimento dell’appello proposto da YY nei confronti di XX e JJ, in riforma della sentenza n. 189/2021 del Tribunale di Rimini,

dichiara la risoluzione del contratto di compravendita del 04/05/2005 stipulato con scrittura privata autenticata dal notaio F. E., rep. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/06/2005 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data (omissis)/06/2005 all’art. n. (omissis), intercorso fra YY e XX, e condanna quest’ultima, a fronte della restituzione del bene alienato, al rimborso del prezzo pagato di € 64.595,60 oltre IVA, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

dichiara la risoluzione del contratto di compravendita dell’08/03/2006 a rogito notaio F. E., rep. n. (omissis) / racc. n. (omissis), registrato all’Agenzia delle Entrate di Rimini in data (omissis)/03/2006 al n. (omissis) serie 1T, trascritto presso l’Ufficio del Territorio di Rimini in data (omissis)/03/2006 all’art. n. (omissis) intercorso fra YY e XX e condanna quest’ultima, a fronte della restituzione dell’immobile alienato, al rimborso del prezzo pagato di € 121.358,07 oltre IVA, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna XX alla ripetizione di € 12.000,00 a titolo di spese condominiali, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna XX al pagamento della somma di € 2.614,20 a titolo di risarcimento del danno, annualmente rivalutata dall’esborso sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre interessi sulla somma suddetta annualmente rivalutata sino alla pubblicazione della sentenza, oltre interessi successivi sino al saldo;

condanna XX al pagamento delle spese di lite del primo grado, che liquida in € 14.000,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA, e del giudizio di appello, che liquida in € 12.000,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA;

pone a carico di XX le spese di c.t.u.

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte d’Appello, in data 12 giugno 2024

Il Consigliere rel. estensore

dott. Manuela Velotti