BOLOGNA GUIDA SOTTO INFLUENZA ALCOL SOSPENSIONE REVOCA PATENTE
051 6447838 051 6447838 AVV SERGIO ARMAROLI ESPERTO
Tribunale Gorizia, 13/06/2024, n.518
Sussiste la guida in stato di ebrezza aggravata per il soggetto rinvenuto con un tasso alcolemico superiore ai limiti dopo un incidente
Sentenza
È responsabile di guida in stato di ebrezza aggravata dalla causazione di un sinistro, l’imputato che sia stato rinvenuto con un tasso alcolemico superiore ai limiti consentiti, dovendosi escludere la possibilità che esso abbia assunto sostanze alcoliche dopo il sinistro essendo intervenute le forze dell’ordine nell’immediatezza del sinistro.
Cassazione penale sez. IV, 05/07/2024, (ud. 05/07/2024, dep. 17/07/2024), n.28657
Fatto
- La Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere di condanna di Go.El. in ordine al reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17, D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, commesso in F il 2.8.2021, alla pena di mesi 2 di arresto e Euro 2000 di ammenda, per avere guidato un’autovettura senza essere in possesso di patente di guida, perché mai conseguita, con recidiva nel biennio.
- Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputata, a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge in relazione alla affermazione della penale responsabilità. Il difensore lamenta che all’imputata era contestata la recidiva nel biennio in quanto in altra occasione, il 24 marzo 2021, si era posta alla guida senza essere in possesso della patente di guida, senza che tuttavia per tale ultima infrazione avesse riportato una condanna definitiva.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis. cod. pen. La Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che il reato era di modesto allarme sociale e che il comportamento non poteva essere considerato abituale.
2.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione di legge ed in specie dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. La Corte nella motivazione della sentenza aveva dato atto di muovere da una pena base di mesi 3 di arresto e Euro 2000 di ammenda, mentre nel dispositivo aveva confermato la sentenza del Tribunale di primo grado con cui era stata irrogata la pena di mesi 2 di arresto e Euro 2000 di ammenda.
- Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto Giulio Romano, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento della sentenza in accoglimento del secondo motivo dì ricorso e il rigetto nel resto.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso deve essere rigettato.
- Il primo motivo è manifestamente infondato. Il reato di guidasenza patente, nell’ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio, non è statodepenalizzato dall’art. 1 D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 e si configura come fattispecie autonoma di reato di cui la recidiva integra un elemento costitutivo (sez. 4 n. 42285 del 10/05/2017, Rv. 270882; sez. 4 n. 42285 del 10/05/2017, Rv. 270882). L’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 8 del 2016 ha, infatti, escluso espressamente l’applicabilità dell’intervenuta abrogatio criminis alle ipotesi aggravate delle fattispecie incluse nell’intervento di depenalizzazione, che riguarda solo le violazioni “per le quali è prevista la sola pena della multa e dell’ammenda”. Il secondo comma della disposizione, nel delimitare l’ambito di applicazione della disciplina del primo comma, prevede che se alla fattispecie base punita con la sola pena pecuniaria è associata anche una ipotesi aggravata punibile con pena detentiva, anche alternativa e congiunta – la stessa deve ritenersi figura autonoma di reato, come tale esclusa, quindi, dal novero delle fattispecie per le quali opera l’intervento abrogativo.
La Corte di appello ha dato atto che avverso la contravvenzione per guida in stato di ebrezza del 24 marzo 2021 l’imputata non aveva proposto ricorso, sicché la violazione amministrativa era stata definitivamente accertata e, dunque, risultava integrata la recidiva nel biennio.
A fronte di tale percorso argomentativo, il ricorrente ha sostenuto la precedente infrazione non sarebbe stata accertata con sentenza passata in giudicato. In realtà l’art. 5 del D.Lgs. n. 8/201, a proposito della fattispecie contravvenzionale di guida senza patente di cui all’art. 116, comma 15 Cod. strad. penalmente rilevante “nell’ipotesi di recidiva nel biennio”, prevede che per recidiva è da intendersi la reiterazione dell’illecito depenalizzato. Tale disposizione è stata interpretata nel senso che, per i fatti commessi dopo la sua entrata in vigore, la recidiva è integrata tanto dal precedente giudiziario specifico, quanto da una precedente violazione amministrativa, purché definitivamente accertata (Sez. 4, n.27398 del 06/04/2018, Dedominici, Rv. 273405 – 01; Sez. 4, n. 48779 del 21/09/2016, S, Rv. 268247-01).
- Il secondo motivo è infondato.
5.1. La Corte di Appello ha ritenuto che ostasse nel caso di specie all’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. la ricorrenza del comportamento abituale, per essere stata sorpresa l’imputata, in altra occasione, alla guida dell’auto, senza patente.
La censura della ricorrente ne ha, invece, invocato l’applicazione, ribadendo la modesta gravità della condotta di reato e la non configurabilità della abitualità.
5.2. La struttura della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. è stata compiutamente indagata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la nota sentenza Sez. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590, nella quale si è ricordato come l’ambito di applicazione dell’istituto è stato definito dal legislatore nel modo seguente: da un lato, attraverso “una graduazione qualitativa, astratta, basata sull’entità e sulla natura della pena” con la previsione di “un elemento d’impronta personale, pure esso tipizzato, tassativo, relativo alla abitualità o meno del comportamento” e, a seguito della entrata in vigore dell’art.1 del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, con esclusione di alcune categoria di reati; dall’altro lato attraverso l’affidamento al giudice di una ponderazione quantitativa rapportata al disvalore di azione, a quello di evento, nonché al grado della colpevolezza; si è infine limitata la discrezionalità del giudizio escludendo alcune contingenze ritenute incompatibili con l’idea di speciale tenuità (motivi abietti o futili, crudeltà, minorata difesa della vittima ecc.).
Lo stesso art. 131 bis cod. pen., al comma 4, definisce la nozione di comportamento abituale, prevedendo che esso sia tale nel caso in cui l’autore di reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. La tipizzazione della nozione di comportamento abituale, dunque, è stata operata non solo attraverso il richiamo alle nozioni codicistiche di delinquente abituale, professionale e per tendenza previste dal codice penale (artt. 102,103,104,105,108 cod. pen.) e di commissione di più reati della stessa indole (art. 101 cod. pen.), ma anche attraverso il richiamo alla commissione di un reato che abbia ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Le Sezioni Unite Tushaj si sono soffermate anche sulla nozione di comportamento abituale, rilevando che la norma intende escludere dall’ambito della particolare tenuità del fatto comportamenti “seriali”. Muovendo dal presupposto che la norma non parla di condanne, ma di reati, la Suprema Corte ha chiarito che l’abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis e che il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità in presenza della quale non può trovare applicazione la causa di non punibilità. I reati possono essere successivi a quello in esame, perché si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva; rilevano anche se non sono intervenute condanne irrevocabili, ma sono al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza, sicché “nella valutazione complessiva afferente al giudizio di abitualità ben potranno essere congiuntamente considerati reati oggetto di giudizio ed illeciti accertati per così dire incidentalmente ex art. 131-bis”.
Con riferimento all’ultima categoria di reati indicati dalla norma, ovvero quelli che hanno ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, le Sezioni Unite Tushaj hanno rilevato come il legislatore abbia evocato reati che presentano l’abitualità come tratto tipico (quale il delitto di maltrattamenti in famiglia), reati che presentano nel tipo condotte reiterate (quale il delitto di atti persecutori) e reati che implichino, nelle fattispecie concrete, plurime distinte condotte nello sviluppo degli accadimenti (quali un reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, generato dalla mancata adozione di distinte misure di prevenzione, da un consolidato regime di disinteresse per la sicurezza).
5.3. In applicazione di tali principi si è stabilito, a titolo di esempio, che “la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non si applica al reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori posto in essere con reiterati inadempimenti, in quanto l’abitualità del comportamento è ostativa al riconoscimento del beneficio ed essendo irrilevante la particolare tenuità di ogni singola azione od omissione” (Sez. 6, n. 22523 del 01/07/2020, P. Rv. 279563); ovvero che “la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen., non può essere applicata ai reati eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante la reiterazione della condotta tipica. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la ricorrenza della particolare tenuità del fatto con riferimento al reiterato trasporto non autorizzato di notevoli quantità di materiale ferroso, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall’art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152)” (Sez. 3, n.30134 del 05/04/2017, Dentice, Rv. 270255 – 01)
5.4. Il reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17, D.Lgs. n.235/2002 è, per sua struttura a condotta reiterata, in quanto sanziona la condotta della guida senza patente solo se reiterata, appunto, in un arco temporale biennale.
Ne consegue che sussiste incompatibilità ontologica fra la fattispecie in esame e la causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. che, non può trovare applicazione quando il reato ha ad oggetto, strutturalmente come tipizzazione del tipo, condotte reiterate (in tal senso Sez. 4, n. 17841 del 12/03/2024, Cirimbelli, non mass. Sez. 4, n. 48515 del 05/10/2023, Augliera, non mass.).
5.5. La Corte di Appello, nel negare l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., impropriamente ha richiamato la pregressa realizzazione da parte della ricorrente di un reato della stessa indole. Tuttavia, a prescindere dal percorso argomentativo seguito, la decisione è conforme al dettato normativo, che, come visto, preclude la configurabilità della causa di non punibilità in esame quando il reato per cui si procede abbia ad oggetto condotte reiterate.
6.Il terzo motivo è manifestamente infondato.
La Corte ha ribadito il giudizio di congruità della pena base, su cui il Tribunale ha operato la riduzione di un terzo per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e ha, indi, confermata la pena irrogata in primo grado di mesi 2 di arresto e Euro 2000 di ammenda, sicché non si è verificata alcuna violazione del principio del divieto di reformatio in peius.
- Al rigetto del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma 5 luglio 2024.
Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2024.
Sospensione patente di guida a seguito di guida in stato di ebrezza
Sentenza
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In materia di sanzioni amministrative connesse alla guida in stato di ebbrezza, la sospensione della patente di guida (art. 186 del codice della strada), si fonda su presupposti diversi da quelli di cui all’art. 223 del medesimo codice; nel primo caso, infatti – che costituisce fatto penalmente rilevante – la sospensione può derivare quale sanzione accessoria, a seguito dell’accertamento del reato, mentre nel secondo caso la sospensione della patente ha carattere preventivo e natura cautelare ed è giustificata dalla necessità di impedire che, nell’immediato il conducente del veicolo, nei cui confronti sussistano fondati elementi di di prova in ordine ad eventi lesivi dell’incolumità altrui, continui a tenere una condotta che possa arrecare pericolo ad altri soggetti. Pertanto, in ragione del principio di necessaria corrispondenza tra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata (art. 14 della L. 24 novembre 1981, n. 689), ove sia stata accertata, a carico del conducente, la contravvenzione di cui all’art. 186 del codice della strada, la sospensione della patente di guida, con contestuale obbligo di sottoporsi a visita medica, può essere irrogata solo se ricorrono i requisiti di cui al comma 9 del predetto articolo, ossia previo accertamento di un valore alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro.
Cassazione penale sez. I, 24/09/2024, (ud. 24/09/2024, dep. 31/10/2024), n.40237
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Intestazione
Fatto
RITENUTO IN FATTO
- Br.Mi. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli dell’8 maggio 2024 con la quale, in parziale riforma della sentenza resa il 4 dicembre 2023 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere all’esito di giudizio abbreviato, è stato condannato alla pena di anni uno, mesi cinque e giorni quindici di reclusione, in ordine ai seguenti reati, commessi il (Omissis) in S e riuniti tra loro dal vincolo della continuazione:
1) inosservanza degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con divieto di soggiorno, ai sensi dell’art. 75, comma 2, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, perché, quale persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con divieto di soggiorno nel comune di residenza per la durata di anni tre, come da provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 14 giugno 2023, aveva contravvenuto agli obblighi impostegli: non aveva rispettato il divieto di uscire dalla propria abitazione dalle 20:00 alle 6:00, posto che alle ore 20:30 non veniva ivi rinvenuto, ma veniva sorpreso alla guida della sua autovettura in evidente stato di ebbrezza, dopo aver cagionato un sinistro stradale; non aveva rispettato l’obbligo di firma alla polizia giudiziaria alle 20:00; non aveva rispettato l’obbligo di vivere onestamente, e osservare le leggi anche considerando che si era dato alla fuga per evitare il controllo;
2) resistenza a un pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 337 cod. pen., perché – nelle circostanze di cui sopra – alla guida della sua autovettura, al fine di evitare il controllo dei Carabinieri, dopo essere risultato positivo all’alcol test, si era rifiutato di seguire gli stessi in caserma;
3) guida in stato di ebbrezza e mancata ottemperanza all’obbligo di fermarsi in caso di incidente con danni alle persone, si sensi degli artt. 186, comma 2, e 189 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 286, perché si era messo alla guida di un’autovettura in stato di ebbrezza e, dopo aver procurato un incidente ai danni di Di.Pa., alla quale aveva cagionato lesioni giudicate guaribili in giorni dieci, si era allontanato senza prestare soccorso.
- Il ricorrente articola tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011, e vizio di motivazione della sentenza impugnata (con violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.), perché la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che l’imputato non aveva potuto rispettare l’obbligo di rincasare entro le 20:00 proprio perché era stato coinvolto in un incidente stradale, quando aveva tamponato l’autovettura condotta da Di.Pa.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 337 cod. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata (con violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.), perché la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che il fatto che l’imputato avesse urlato nei confronti dei Carabinieri e non avesse voluto seguirli in caserma potesse aver perfezionato il reato di resistenza a un pubblico ufficiale.
2.3. Con il terzo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 62-bis cod. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata (con violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.), perché la Corte di appello avrebbe omesso di concedere le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alla contestata circostanza aggravante della recidiva, senza offrire sul punto alcuna valida motivazione.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso non può essere ammesso nel presente giudizio di legittimità.
Giova in diritto premettere che, in tema di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, per integrare il delitto di cui all’art. 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 è sufficiente il dolo generico, e cioè la consapevolezza degli obblighi di adempiere per effetto della condizione di sorvegliato speciale e la cosciente volontà di inadempimento di detti obblighi, a nulla rilevando le finalità che abbiano specificamente ispirato la condotta del sorvegliato speciale (Sez. 1, n. 21284 del 19/07/2016, dep. 2017, Confortino, Rv. 270262).
Nel caso di specie, il ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha evidenziato che, dalla lettura del fascicolo, era emerso che il (Omissis) l’imputato, in quel momento sottoposto a misura di prevenzione personale con divieto di soggiorno, (regolarmente notificatagli), era stato sorpreso fuori dalla propria abitazione in un orario nel quale, senza giustificate ragioni, avrebbe già dovuto rincasare.
L’imputato, inoltre, aveva cagionato un incidente con danni alle persone dopo essersi posto alla guida in stato di ebbrezza e senza prestare soccorso a Di.Pa.
La Corte di appello, poi, ha già evidenziato l’infondatezza della tesi difensiva, secondo la quale la violazione dell’orario di rientro a casa dell’imputato sarebbe stato cagionato dall’incidente stradale nel quale era stato coinvolto, posto che, dalla lettura dell’annotazione di servizio di Pe. e, prima ancora, dalla lettura dell’informativa degli operanti, era emerso che l’imputato alle 20:30, prima di procurare l’incidente, era stato visto a bordo dell’autovettura per le vie di C mentre poneva in essere comportamenti pericolosi, viaggiando a forte velocità.
D’altronde, nessun vizio logico argomentativo è ravvisabile nella motivazione sviluppata in relazione al reato in esame: i giudici della cognizione hanno esplicitato, con motivazione puntuale e adeguata, le ragioni per le quali hanno ritenuto fondata la responsabilità penale in capo a Br.Mi., anche considerando che integra il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale qualsiasi inosservanza, anche di modesta entità, del divieto di allontanamento dalla propria abitazione imposto con la misura della sorveglianza speciale (Sez. 1, n. 25628 del 03/06/2008, Badaloni, Rv. 240456).
1.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La Corte di appello, nel confermare la sentenza impugnata in ordine al perfezionamento del reato di resistenza a un pubblico ufficiale, fornendo sul punto una motivazione ineccepibile, ha evidenziato che l’imputato aveva usato violenza e forza fisica nei confronti dei Carabinieri, i quali avevano cercare di avvicinarlo all’auto di servizio.
L’atteggiamento dell’imputato era stato tale da costringere i militari ad ammanettarlo.
Sul punta, giova evidenziare che, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, non è necessario, ai fini dell’integrazione del delitto, che sia concretamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dall’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (Sez. 6, n. 5459 del 08/01/2020, Sortino, Rv. 278207).
1.3. Anche il terzo motivo è inammissibile.
Il ricorso, infatti, non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha evidenziato che non vi erano elementi in forza dei quali poter concedere le circostanze attenuanti generiche, considerati i precedenti penali dell’imputato (per reati anche gravi) e le modalità esecutive della condotta: l’imputato aveva commesso il fatto mentre era sottoposto a una misura di prevenzione personale, aveva violato le relative prescrizioni, non solo quelle relative all’orario di rientro o di firma dinanzi alla polizia giudiziaria, ma anche ponendosi alla guida in stato di ebrezza e adottando comportamenti oggettivamente pericolosi per la collettività, tanto da aver provocato un incidente . con un ferito, senza prestare soccorso alla vittima.
Pertanto, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel, motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
- Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in Euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità” (Corte cost. n. 186 dèi 13/06/2000).
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 settembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2024.
Tribunale Udine, 20/08/2024, n.1136
Lo stato di ebrezza alla guida può essere accertato e provato con ogni mezzo
Lo stato di ebbrezza del conducente di veicoli può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo pertanto è sussistente la responsabilità dell’imputata per cui sia stato accertato un tasso alcolemico superiore ai limiti consentiti mediante l’utilizzo della strumentazione in uso agli operanti e prevista dalla normativa, vieppiù se il soggetto manifestava evidenti segnali di ebrezza nella condotta di guida, odore vinoso.
Tribunale Rovigo, 10/06/2024, n.337
Sussistenza l’elemento soggettivo in caso di volontaria sottrazione all’alcol test
Nel reato di cui all’art. 186 comma 7 non vi è dubbio sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, di dolo, desumibile dal complessivo contegno serbato dall’imputato nell’occasione del controllo, essendosi lo stesso volontariamente sottratto agli accertamenti richiesti, in parte perché indispettito per l’attesa e, per altra parte, a cagione del preteso carattere ritorsivo della richiesta degli Operanti. Infatti le “motivazioni” addotte per il rifiuto non valgono a scrirninare il contegno omissivo serbato, ma, al più, a costituire proprio il movente dell’agire illecito dell’imputato.
C’è concorso del conducente deceduto se non ha rispettato le norme del codice della strada
In tema di omicidio stradale vi è concorso della vittima nella causazione del sinistro se questa, contravvenendo alle regole del codice della strada si sia immessa sul tratto di strada da sinistra, provenendo da una strada interpoderale senza rispettare la presenza della striscia continua.