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Art. 13-bis d. lgs. 74/2000
1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
2. Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2. 
3. Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.Art. 13-bis d. lgs. 74/2000- patteggiamento?avvocato esperto penale

Decreto legislativo 10/03/2000, n. 74 – Art. 8. Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

“1.    È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. 

  1.   Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

2-bis.    Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.”

Decreto legislativo 10/03/2000, n. 74 – Art. 13. Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario

“1.    I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

  1.   I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
  2.   Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell’applicabilità dell’articolo 13-bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione”

Decreto legislativo 10/03/2000, n. 74  – Art. 13-bis. Circostanze del reato

“1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

  1.   Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.
  2.   Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.”

Articolo 444 Codice di procedura penale  Applicazione della pena su richiesta

“1. L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria.

1-bis. Sono esclusi dall’applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600 bis, 600 ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600 quater, secondo comma, 600 quater 1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600 quinquies, nonché 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.

1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater e 322 bis del codice penale, l’ammissibilità della richiesta di cui al comma 1 è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.

  1. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3. Si applica l’articolo 537 bis.
  2. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l’efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale [163 c.p.] non può essere concessa, rigetta la richiesta.

3-bis. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis e 346 bis del codice penale, la parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l’efficacia all’esenzione dalle pene accessorie previste dall’articolo 317 bis del codice penale ovvero all’estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tali pene accessorie. In questi casi il giudice, se ritiene di applicare le pene accessorie o ritiene che l’estensione della sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetta la richiesta.”

 

Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 31/05/2024) 20/06/2024, n. 24340 IMPOSTE E TASSE IN GENERE › Violazioni tributarie Intestazione REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Dott. LIBERATI Giovanni – Presidente Dott. VERGINE Cinzia – Consigliere Dott. GAI Emanuela – Consigliere – Relatore Dott. CORBO Antonio – Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Corte d’appello di Palermo nel procedimento penale nei confronti di A.A. , nato a P il (Omissis) avverso la sentenza del 04/10/2023 del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Lidia Giorgio, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio con trasmissione atti al Tribunale di Palermo. Svolgimento del processo 1. Con l’impugnata sentenza, il Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Palermo, su concorde richiesta delle parti a norma dell’art. 444 cod. proc. pen. , ha applicato a A.A. , la pena sospesa di anni uno, mesi dieci e giorni sei di reclusione, in relazione ai reati di cui all’art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, di cui ai capi a) e b) dell’imputazione. 2. Ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore generale deducendo due motivi di ricorso. – Violazione di legge in relazione all’art. 13 bis comma 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in relazione alla mancanza del presupposto di ammissibilità di accesso al rito del patteggiamento costituito dal pagamento del debito tributario come risulta dagli atti. – Violazione di cui all’art. 12 bis D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, omessa applicazione della confisca del profitto del reato. WOLTERS KLUWER ONE LEGALE © Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. 2 Luglio 2024 pag. 1 3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio. Motivi della decisione 4. Va, anzitutto, rilevata l’ammissibilità del ricorso per cassazione del Procuratore generale ai sensi dell’art. 593 bis, comma 2 cod. proc. pen. in presenza di acquiescenza del ricorso del Procuratore della Repubblica di Palermo (S.U. n. 21716 del 23/02/2023, Rv. 284490), nonché l’ammissibilità del ricorso ex art. 448 comma 2 bis cod. proc. pen. , in quanto è illegale la pena determinata attraverso una riduzione per il patteggiamento non consentita per la mancanza dei presupposti richiesti dalla legge per l’accesso al rito speciale (Sez. 3, n. 552 del 10/07/2019, Rv. 278014 – 01). 5. Nel merito, il primo motivo di ricorso è fondato. L’art. 13 – bis, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, inserito dal d.lvo n. 158 del 2015, prevede che “per i delitti di cui al presente decreto (D.Lgs. n. 74 del 2000) l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti), nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2. La norma, dunque, fa salva l’applicazione delle ipotesi di cui all’art. 13, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo. L’art. 11 del decreto n. 158/2015 aveva sostituito il previgente art. 13 del d. Igs. n. 74/2000. Nello specifico, aveva introdotto l’estinzione del debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi) come causa di non punibilità per un significativo elenco di reati, secondo però diverse scansioni temporali. L’adempimento del tributo estingue i reati di omesso versamento delle imposte certificate (art. 10 – bis), omesso versamento Iva (art. 10 – ter) e indebita compensazione mediante utilizzo di crediti non spettanti (art. 10 – quater, comma 1), qualora avvenga prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. I reati di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5) sono non punibili se il debito tributario (comprensivo di interessi e sanzioni) sia stato estinto mediante il pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione previsto per il periodo di imposta successivo a condizione però che il ravvedimento o la presentazione intervengano prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. L’art. 39, comma 1, lett. q-bis), d.l. n. 124 del 2019 ha modificato l’art.13 d.l. n. 74 del 2000, che consente la non punibilità di alcuni reati tributari a fronte del pagamento del debito tributario, ha aggiunto – tra i reati che si estinguono con l’integrale pagamento del debito tributario prima chel’interessato abbia notizia dell’apertura del procedimento a suo carico – quello di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000) e quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.Lgs. n. 74 del 2000). Al riguardo, secondo la giurisprudenza di legittimità, la causa di non punibilità dei reati opera solo a seguito dell’integrale pagamento, anche rateale, dell’importodovuto a titolo di debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, e non consegue al mero accordo intervenuto tra debitore e amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito e la rimodulazione della sua scadenza (Sez. 3, n. 48375 del 13/07/2018, Preziosi, Rv. 274701; Sez. 3, n. 30139 del 12/04/2017, Fregolent, Rv. 270464 – 01). L’art. 12 del decreto 158/2015 ha inserito, nel corpo del d. Igs. 74/2000, l’art. 13 – bis, rubricata con il titolo “circostanze attenuanti”, disposizione che contiene anche una disposizione a valenza processuale. Il primo comma del nuovo art. 13-bis stabilisce che l’eventuale estinzione del debito tributario intervenuta prima dell’apertura del dibattimento, mediante integrale pagamento degli importi dovuti (anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione previste dalle norme tributarie), fuori dai casi in cui integra la causa di non punibilità, è circostanza attenuante ad effetto speciale (riduzione sino alla metà della sanzione edittale) ed esclude l’applicazione delle pene accessorie ex art. 12. Il secondo comma – confermando l’intervento sul tessuto delD.Lgs. 74/2000 già operato con la legge 148/2011 – limita l’applicazione della pena su richiesta, condizionandola al pagamento del debito tributario ovvero al ravvedimento operoso. Così ricostruita la disciplina legislativa si deve concludere che la preclusione al patteggiamento posta dall’art. 13 – bis, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, per il caso di mancata estinzione del debito tributario, opera con riguardo ai più gravi reati dichiarativi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5, richiamati dall’art. 13, comma 2, dello stesso decreto (Sez. 3, n. 9083 del 12/01/2021, Matassini, Rv. 281709 – 01 in motivazione). La pronuncia Sez. 3, n. 47287 del 02/10/2019, Cetin Mehmet Emin Rv. 277897, ha poi chiarito che la richiesta di applicazione della pena è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali (Sez. 3, n. 47287 del 02/10/2019, Cetin Mehmet Emin Rv. 277897; Sez. 3, n. 26529 del 24/06/2022, Zaniboni), in quanto l’integrale pagamento del debito effettuato prima della formale conoscenzadel procedimento integra una causa di non punibilità. Da cui la conclusione, nella citata Cetin, secondo cui l’accesso a/rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen. è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento deldebito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, viceversa, in caso di mancato pagamento del debito tributario è precluso l’accesso al rito del patteggiamento. Ciò posto, non risulta dall’impugnata sentenza, che il ricorrente avesse adempiutoal debito tributario che è condizione per l’accesso al rito del patteggiamento. La sentenza va pertanto annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo. Il secondo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento del primo motivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Palermo Ufficio GIP. Conclusione Così deciso il 31 maggio 2024. Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2024.