CICLISTI INVESTITI E UCCISI DANNO PARENTI BOLOGNA NAPOLI FIRENZE VICENZA RAVENNA TREVISO
Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 19/01/2021, n. 20091 (rv. 281173-01)
REATI CONTRO LA PERSONA – Delitti contro la vita e l’incolumita’ individuale – Lesioni personali colpose – In genere – Omicidio stradale – Attenuante di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen. – Presupposti – Fattispecie
Si configura il delitto di omicidio colposo in capo al prevenuto che a bordo della sua autovettura, in prossimità dell’incrocio, per negligenza, imperizia ed imprudenza, tenendo una velocità superiore al limite imposto, non percependo tempestivamente la presenza di un ciclista in fase di attraversamento della carreggiata, ne cagionava la morte per colpa consistita nell’omettere di ridurre la velocità. La responsabilità del prevenuto deve ritenersi accertata in presenza del nesso di causalità materiale tra il sinistro stradale ed il decesso laddove debba escludersi l’insussistenza del nesso di causalità per il sopravvenire di cause patologiche mediche o per l’impossibilità dell’imputato medesimo di impedire la collisione per il carattere improvviso ed imprevedibile dell’attraversamento del passaggio pedonale da parte della vittima.
In tema di responsabilità colposa per morte o lesioni derivanti da incidenti stradali, deve escludersi che l’obbligo di osservanza della distanza di sicurezza tra veicoli in marcia, previsto dall’art. 149, comma 1, c.s., sia finalizzato unicamente a prevenire collisioni tra i veicoli stessi, dovendosi invece ritenere che la ratio della norma, quale rivelata dalla sua dichiarata finalità sia anzitutto che venga “garantito in ogni caso l’arresto tempestivo” del veicolo, ed inoltre quella di far sì che ogni conducente mantenga, rispetto al veicolo che lo precede, una distanza sufficiente ad evitare qualsiasi ostacolo o pericolo che, direttamente o indirettamente, sia ricollegabile alla circolazione del medesimo. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata affermata la penale responsabilità del conducente di un veicolo che, a cagione della ritenuta inosservanza dell’obbligo di cui all’art. 149 c.s. aveva investito con conseguenze mortali un ciclista caduto a terra a cagione dell’urto con il veicolo che precedeva quello dell’imputato).
In tema di omicidio stradale, la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen., che fa riferimento all’ipotesi in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione od omissione del colpevole, è configurabile nel caso in cui sia accertato il concorso di colpa, anche minimo, della vittima. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva escluso la circostanza attenuante in questione, in riferimento all’omicidio colposo di un ciclista che viaggiando in prossimità del centro, e non del margine destro, della carreggiata, era stato investito da un’autovettura che, procedendo nello stesso senso di marcia, stava rientrando da un sorpasso effettuato in un tratto di strada curvilineo). (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO FIRENZE, 16/01/2020)
CICLISTI INVESTITI E UCCISI DANNO PARENTI BOLOGNA NAPOLI FIRENZE VICENZA RAVENNA TREVISO
Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 19/01/2021, n. 20091 (rv. 281173-01)
REATI CONTRO LA PERSONA – Delitti contro la vita e l’incolumita’ individuale – Lesioni personali colpose – In genere – Omicidio stradale – Attenuante di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen. – Presupposti – Fattispecie
Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 27/10/2021) 08/11/2021, n. 40010
Sentenza
Sommario
IntestazioneSvolgimento del processoMotivi della decisioneP.Q.M.Conclusione
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –
Dott. CAPPELLO Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –
Dott. CENCI Daniele – Consigliere –
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/03/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere CAPPELLO GABRIELLA;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto MIGNOLO OLGA, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
- La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la quale P.G. era stato condannato, ad esito di giudizio abbreviato, alla pena ritenuta di giustizia per omicidio stradale ai danni del ciclista S.A.R., in violazione delle norme del codice della strada e, segnatamente, degli artt. 140, 141 e 149, reato aggravato ai sensi dell’art. 589-terc.p., per essersi il conducente dato alla fuga e per il reato di rifiuto di sottoporsi ad accertamento dello stato di ebbrezza.
- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo di difensore, formulando tre motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione, anche per travisamento della prova – nella specie – gli esiti della consulenza disposta dal pubblico ministero, con specifico riferimento alla condotta della vittima, in relazione alla posizione tenuta nell’occorso dal velocipede condotto dalla vittima. La difesa assume che il diniego di riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 589-bis c.p., comma 7, sarebbe stato motivato ignorando i rilievi del consulente tecnico, il quale avrebbe ricostruito la dinamica dell’incidente, calcolando il punto d’urto, sulla scorta di dati tecnici elaborati con apposito software informatico certificato. Il chiaro tenore espositivo dell’accertamento, secondo la difesa, non lascerebbe alcun dubbio sulla corretta collocazione della vittima a circa due metri dal margine destro della carreggiata.
Con il secondo, ha dedotto erronea applicazione della legge penale e vizio motivazionale, con riferimento alla affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7, per essere il rifiuto intervenuto a distanza dall’incidente, allorchè il P. era già a casa, l’obbligo di sottoporsi agli accertamenti sussistendo entro precisi limiti temporali, ovvero al momento in cui il soggetto si trovi alla guida di un veicolo o subito dopo e non allorquando egli non si trovi più sul luogo.
Infine, analoghi vizi sono stati dedotti con l’ultimo motivo in riferimento, questa volta, alla mancata sostituzione della revoca della patente di guida con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione, contestando la difesa le argomentazioni spese dai giudici territoriali a sostegno della decisione.
- Il Procuratore generale, in persona del sostituto MIGNOLO Olga, ha rassegnato conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione
- Il ricorso è inammissibile.
- La Corte d’appello di Napoli ha puntualizzato in premessa che il gravame aveva rigurdato specifici punti della decisione e segnatamente le richieste di escludere l’elemento psicologico del reato, per non essersi il P. reso conto dell’accaduto (investimento da tergo di un ciclista che precedeva il furgone dal medesimo condotto); il riconoscimento del concorso di colpa della vittima, ai fini di cui all’art. 589-bisc.p., comma 7; l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 589-terc.p.; l’assoluzione dal reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7; infine, il trattamento sanzionatorio.
Quanto al primo aspetto, riguardante peraltro la valutazione delle prove ai fini della ricostruzione della dinamica del sinistro e delle condotte di guida tenute dai conducenti, il giudice d’appello ha richiamato ampiamente gli esiti della svolta istruttoria, compresi gli accertamenti di PG espletati nella immediatezza e la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero, in uno con la prova orale (testimoniale e dichiarazioni confessorie), preceduta dal vaglio di attendibilità del riferito anche in relazione alle discrepanze tra le versioni fornite dall’imputato, nell’immediatezza e successivamente, e quella fornita dal teste F., il cui riferito è stato considerato smentito in maniera decisiva dalle video riprese acquisite dagli impianti di sorveglianza in funzione in zona utile a riprendere la scena dell’incidente (dimostrative della circostanza che il velocipede precedeva il furgone nella stessa direzione di marcia, laddove il teste aveva inteso accreditare la tesi secondo cui la vittima avrebbe invaso la corsia del furgone provenendo dall’opposto senso di marcia).
Alla stregua di tale materiale probatorio, analiticamente esaminato e valutato poi nel suo complesso, quel giudice ha ritenuto provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, analogamente al Tribunale, che l’imputato avesse, nell’occorso, violato l’obbligo di viaggiare a velocità adeguata alle caratteristche della strada (la cui descrizione è ampiamente contenuta nella sentenza impugnata) e che il P. per distrazione non si fosse avveduto in tempo della presenza del velocipede (in ciò ravvisata da parte del Tribunale anche la violazione dell’obbligo di mantenere una distanza di sicurezza tra i veicoli); ma ha escluso, contrariamente a quanto affermato dal consulente del pubblico ministero, un concorso di colpa della vittima, osservando che era rimasto indimostrato l’assunto secondo cui il velocipede si sarebbe trovato a due metri dal ciglio destro della carreggiata e che la vittima avesse conseguentemente violato la regola cautelare di cui all’art. 143 C.d.S..
In particolare, la Corte territoriale ha osservato che ciò non poteva inferirsi dalla sola posizione di una scarpa della vittima (elemento del tutto aleatorio, secondo la Corte d’appello) e che, in ogni caso e risolutivamente, anche ove fosse stato dimostrato che quella era stata la posizione del velocipede, ciò non aveva avuto alcun collegamento etiologico con l’evento alla stregua del rilevato punto d’urto tra i due mezzi (ampiamente descritto in sentenza anche in base agli accertamenti espletati), l’eventuale posizione del mezzo investito a due metri dal ciglio della strada non integrando alcuna violazione della regola cautelare richiamata.
Quanto, poi, al reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7, i giudici d’appello hanno ritenuto che la circostanza che la richiesta di sottoporsi all’alcoltest fosse stata rivolta al P. a distanza di alcune ore dal fatto fosse ininfluente ai fini della rilevanza penale della condotta, ciò essendo dipeso da motivi addebitabili esclusivamente all’agente, dileguatosi dal luogo dell’incidente senza prestare i dovuti soccorsi, riservata al merito ogni valutazione degli esiti di un test mediante etilometro somministrato a distanza di tempo dal momento in cui il P. si era trovato alla guida del furgone, ciò involgendo la valutazione di elementi fattuali, quali i tempi di assorbimento e smaltimento dell’alcol eventualmente assunto e la dimostrazione che il P. avesse assunto sostanze alcoliche successivamente all’incidente (incidentalmente osservando la Corte napoletana che, anche su tale punto, erano rinvenibili discrepanze tra la versione del P. e quella del teste F., il primo avendo dichiarato di avere assunto alcolici per riprendersi dallo shock, il secondo che, in sua presenza, il P. non aveva assunto bevande alcoliche).
Infine, quanto alla sanzione amministrativa accessoria, la Corte territoriale, perfettamente edotta del superamento, da parte del giudice delle leggi, dell’automatismo della revoca della patente di guida, nei casi non aggravati ai sensi dell’art. 589-bis c.p., comma 2, ha ritenuto che la condotta del P. si connotasse di una particolare gravità, considerato il grado della colpa e il comportamento omissivo tenuto dopo il sinistro: l’imputato aveva tenuto una condotta di guida palesemente imprudente e negligente, viaggiando a velocità non commisurata alle caratteristiche della strada, percorsa anche da velocipedi, tamponandone violentemente uno e venedo individuato solo grazie alle indagini degli investigatori, il P. essendo stato trovato a casa sua dopo due ore dal sinistro senza che si fosse minimamente attivato e interessato alle sorti del conducente del velocipede investito.
- I motivi sono tutti manifestamente infondati e la loro trattazione unitaria è ampiamente giustificata dal vizio che li accomuna: la difesa ha omesso un effettivo confronto con le ragioni sulle quali si è fondata la decisione del gravame di merito, in violazione dei principi costantemente affermati da questa Corte di legittimità, secondo i quali il contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione è indefettibilmente il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (cfr., in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
3.1. Quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante invocata, in particolare, la difesa ha del tutto omesso di considerare che la Corte territoriale, dopo aver disatteso in maniera argomentata le conclusioni del consulente del pubblico ministero, ha tuttavia, in maniera dirimente, ritenuto la circostanza ininfluente sul decorso etiologico, atteso che la condotta del ciclista non avrebbe comunque integrato la violazione di alcuna norma cautelare.
Così ragionando, i giudici d’appello, peraltro, si sono conformati alla sentenza appellata, nella quale il Tribunale, pur dando atto della conclusione del consulente del pubblico ministero, ha tuttavia escluso la configurabilità dell’attenuantè invocata, osservando che la posizione leggermente discosta assunta dal velocipede era giustificata dalle condizioni del tratto stradale (presenza di canne al margine) che avrebbero semmai dovuto suggerire al P. una maggior prudenza, essendo del tutto prevedibile che anche un mezzo più piccolo si sarebbe inevitabilmente portato a leggera distanza dal ciglio. Anche il primo giudice, peraltro, ha osservato, in maniera dirimente, che i danni ai mezzi avevano confermato che, al momento dell’impatto, la bicicletta non si trovava al centro della carreggiata (cfr. pagg. 8 e 9 della sentenza appellata).
Sul punto, pare opportuno ricordare che l’art. 589-bis c.p., comma 7, prevede una diminuzione di pena (“fino alla metà”) nel caso in cui l’evento “non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole” (analogamente l’art. 590-bis, comma 7, in tema di lesioni personali stradali gravi o gravissime). Tali norme sono state così modificate dal Senato nella seduta del 10 dicembre 2015 (il diverso testo approvato dalla Camera prevedeva infatti una riduzione di pena solo qualora l’evento fosse “conseguenza anche di una condotta colposa della vittima”).
E’ del tutto evidente che la ratio della modifica risiede nella necessità di spostare l’attenzione dalla condotta interferente della vittima al piano generale dell’interferenza causale, a chiunque riferibile e di valutare detta interferenza a prescindere dall’elemento psicologico che la sorregge (dolo, colpa o addirittura assenza di suitas), risultando irragionevole un giudizio di meritevolezza del più lieve trattamento sanzionatorio ancorato ai connotati soggettivi dell’interferenza stessa (si pensi per esempio ad una condotta della vittima che sia conseguenza del caso fortuito o della forza maggiore, in cui neppure potrebbe parlarsi di condotta cosciente e volontaria o alle interferenze di terzi e non della vittima, casi che sarebbero rimasti irragionevolmente esclusi dal raggio di operatività della norma nella originaria versione, esponendola a dubbi di legittimità costituzionale).
Il che pone la previsione normativa in esame nel solco delineato dall’art. 41 c.p. e colloca esattamente il fattore esterno considerato sul piano della gravità della condotta e fuori dall’ambito della responsabilità (cfr., sul punto, in motivazione, sez. 4, n. 13587 del 26/2/2019, Mendoza Vivanco Babbio Alexander, Rv. 275873, in cui la Corte ha ritenuto non ricorrere la circostanza attenuante a effetto speciale di cui trattasi nel caso in cui sia stato accertato un comportamento della vittima perfettamente lecito e completamente estraneo al decorso causale dell’evento colposo, confermando la sentenza di merito che aveva escluso l’attenuante in relazione a un tamponamento violento che aveva causato la morte di una persona che, munita di cintura di sicurezza, si trovava alla guida di un’autovettura ferma al semaforo rosso, escludendo che potesse considerarsi fattore concausale, cui rapportare la minore gravità della condotta, il tipo di autovettura della vittima – d’epoca e priva di air bag, con telaio leggero e assetto estremamente basso – dotata, comunque, dei requisiti di sicurezza previsti dalla legge per circolare).
3.2. Ne deriva, quale logico corollario, stante la più ampia portata della norma (rispetto al testo originario), che il comportamento della vittima che rientra nel paradigma considerato non può mai consistere in una condotta perfettamente lecita. La norma, in altri termini, per quanto attiene al comportamento della persona offesa, fa riferimento a quelle condotte esse stesse colpose, oppure anomale rispetto all’ordinario svolgersi degli eventi, che possono quindi correttamente refluire sul grado di colpevolezza dell’agente. Nulla di tutto ciò è emerso dall’istruttoria, avendo la Corte di merito precisato che la circostanza che il ciclista avesse viaggiato a due metri dal ciglio non ne rendeva la condotta tale da porre in essere, nella specifica situazione, una violazione delle regole cautelari.
3.3. Alle stesse conclusioni deve giungersi anche per quanto riguarda il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. La Corte ha fornito una risposta del tutto congrua, logica e per nulla contraddittoria alle doglianze articolate con l’atto di appello, tenuto conto che il reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici costituisce una distinta e autonoma fattispecie incriminatrice rispetto al reato di guida in stato di ebbrezza, in quanto il rinvio dell’art. 186 C.d.S., comma 7, al comma 2, lett. c) della medesima disposizione riguarda solo il trattamento sanzionatorio (cfr. sez. 4, n. 43845 del 26/9/2014, Lambiase, Rv. 260604), cosicchè di nessun pregio si ritiene l’osservazione difensiva secondo cui il reato non potrebbe configurarsi una volta trascorso un certo lasso di tempo tra la guida (supposta in stato di ebbrezza e tale da legittimare i relativi controlli da parte dell’organo accertatore) e la somministrazione del test ai fini della verifica dello stato di alterazione. Ciò, oltre a non emergere dal testo di legge, si ricava anche dai principi affermati dalla stessa giurisprudenza, secondo cui, ai fini della prova dello stato di ebbrezza, deve essere motivato adeguatamente il valore scientifico dei risultati dell’alcoltest effettuato alcune ore dopo la condotta di guida incriminata (cfr. sez. 4, n. 39725 del 6/6/2019, Angeli Gabriele, Rv. 277618), così confermandosi l’assunto che il soggetto controllato può essere sottoposto alla prova anche a distanza di tempo dall’incidente in cui è stato coinvolto mentre era alla guida di un veicolo e che gli eventuali esiti costituiscono oggetto di una valutazione di merito, rispetto alla quale il soggetto incriminato ha facoltà di svolgere le sue difese e contestazioni (cfr., sul punto, sez. 4, n. 50973 del 5/7/2017, Denicolò, Rv. 271532, in cui si è precisato, per l’appunto, che non integra circostanza utile a tal fine il solo intervallo temporale intercorrente tra l’ultimo atto di guida e l’espletamento dell’accertamento; n. 24206 del 4/3/2015, Mongiardo, Rv. 263725).
Va, dunque, certamente ribadito che che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico (cfr. sez. 4, n. 13999 del 11/3/2014, Pittiani, Rv. 259694), sebbene il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolemico possa riflettersi sulla prova del fatto, ai fini della sua sussunzione in una delle due ipotesi di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b) e c), richiedendo eventualmente la presenza di altri elementi indiziari (cfr. sez. 4, n. 42004 del 19/9/2019, Milutinovic Dusan, Rv. 277689; n. 47298 del 11/11/2014, Ciminari, Rv. 261573).
Il che è, per l’appunto, ciò che la Corte territoriale, con motivazione peraltro immune da censure, ha spiegato nei passaggi motivazionali contestati dal ricorrente e si allinea anche con il principio per il quale il reato di che trattasi si configura anche in tutte quelle ipotesi in cui il comportamento del soggetto da controllare sia elusivo e impedisca dunque il pronto espletamento dell’alcoltest (cfr. sul punto sez. 4, n. 3202 del 12/12/2019, dep. 2020, Berton Rubina Giorgia, Rv. 278025; n. 5409 del 27/1/2015, Avondo, Rv. 262162).
3.4. Infine, quanto alla invocata sostituzione della sanzione amministrativa accessoria, la Corte territoriale ha valorizzato elementi di sicuro rilievo al fine di ritenere la necessità della più rigorosa misura della revoca del titolo di guida, correttamente esercitando proprio quella facoltà discrezionale riconosciuta dalla legge (nel testo risultante dall’intervento del giudice delle leggi di cui alla sentenza n. 88/2019 che ha unicamente eliso l’automatismo individuato dal legislatore), in maniera del tutto congrua e pertinente alle evidenze raccolte. La difesa, ancora una volta, si è limitata a dissentire da tali motivate decisioni, senza un confronto con le ragioni sulle quali esse si sono fondate.
- Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021
CICLISTI INVESTITI E UCCISI DANNO PARENTI BOLOGNA NAPOLI FIRENZE VICENZA RAVENNA TREVISO
Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 19/01/2021, n. 20091 (rv. 281173-01)
REATI CONTRO LA PERSONA – Delitti contro la vita e l’incolumita’ individuale – Lesioni personali colpose – In genere – Omicidio stradale – Attenuante di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen. – Presupposti – Fattispecie
Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 26/10/2021) 12/11/2021, n. 41141
Sentenza
IntestazioneSvolgimento del processoMotivi della decisioneP.Q.M.Conclusione
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRANTI Donatella – Presidente –
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere –
Dott. CENCI Daniele – rel. Consigliere –
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/10/2019 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DANIELE CENCI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero (Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa TASSONE KATE).
Svolgimento del processo
1.La Corte di appello di Catanzaro il 14 ottobre 2019 ha integralmente confermato la sentenza, impugnata dall’imputato, con la quale il G.i.p. del Tribunale di Castrovillari il 9 luglio 2018, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto F.G. responsabile dei reati di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle regole sulla circolazione stradale, per avere, alla guida di un autobus travolto ed ucciso un ciclista (capo A) e di omissione di soccorso e di fuga (capo B), fatti commessi tutti il (OMISSIS), in conseguenza condannando lo stesso, con le attenuanti generiche e la diminuzione per il rito, alle pene di giustizia in relazione al capo A) ed al capo B), riconosciuta, quanto a quest’ultimo, la continuazione tra le due violazioni dell’art. 189 C.d.S. in esso ricomprese; oltre alla sospensione della patente.
- Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore di fiducia, affidandosi a quattro motivi con i quali denunzia violazione di legge.
2.1.Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 589 c.p. in ragione della ritenuta mancanza di penale responsabilità dell’imputato quanto al capo A).
Sarebbero state del tutto trascurate le conclusioni della CTU (recte: perizia) esperita nel corso dell’abbreviato, avendo l’ing. Minasi accertato che il conducente dell’autobus non si è accorto della bicicletta poichè la visuale era impedita dal parabrezza superiore del cruscotto, non sarebbero invece attendibili gli accertamenti della polizia giudiziaria, intervenuta sul luogo non immediatamente e dopo che i veicoli erano stati rimossi, mentre quanto dichiarato dalla testimone sarebbe scarsamente attendibile sia perchè ha riferito di un’impressione circa il “sorpasso azzardato” sia perchè la moglie della vittima, quindi non disinteressata all’esito del processo.
2.2. Con il secondo motivo censura l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato in relazione all’accusa di omissione di soccorso stradale, poichè la valutazione, già riferita, del perito (alle pp. 57-61 dell’elaborato scritto) circa l’ostacolo alla visuale del conducente l’autobus rappresentato dal parabrezza superiore o “palpebra” del cruscotto (così alla p. 4 del ricorso) varrebbe a dimostrare che l’imputato in realtà non si è accorto di avere investito il ciclista.
2.3. Mediante il terzo motivo F.G. si duole della violazione dell’art. 81 c.p., per avere i giudici di merito ritenuto nella motivazione i fatti avvinti dal nesso della continuazione ma poi nel dispositivo inflitto autonoma pena per il capo A) e per il capo B) dell’editto.
2.4. Con l’ultimo motivo il ricorrente segnala che il reato si sarebbe prescritto dopo la sentenza di appello ma prima delle decisione della Corte di legittimità.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
- Il P.G. ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
- Il difensore del ricorrente con memoria del 15 ottobre 2021 ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
- Il ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
- I primi tre motivi di ricorso sono la mera reiterazione testuale, con adattamenti testuale minimi, dei motivi nn. 1, 3 e 4 dell’atto di appello.
In conseguenza, deva applicarsi il tradizionale principio, che non vi è ragione alcuna per disattendere, secondo il quale “E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso” (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour Sami, Rv. 277710; nello stesso senso, tra le numerose altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo ed altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone ed altri, Rv. 243838;
Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708; Sez. 6, n. 12 del 29/10/1996, dep. 1997, Del Vecchio, Rv. 206507; Sez. 2, n. 11126 del 26/06/1992, Petrosillo ed altro, Rv. 192556).
In ogni caso, la sentenza impugnata (alle ultime due pagine) confuta le tesi difensive con motivazione adeguata, congrua e logica, con la quale, in sostanza, il ricorrente non si confronta.
- Il quarto ed ultimo motivo, che consiste peraltro in una apodittica asserzione, è manifestamente infondato, non essendo la prescrizione maturata.
- Essendo, in definitiva, il ricorso manifestamente infondato e non ravvisandosi, ai sensi dell’art. 616c.p.p., assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna al pagamento delle spese consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.
- Motivazione semplificata, dovendosi fare applicazione nel caso di specie di principi giuridici già reiteratamente affermati dalla Corte di cassazione e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente della S.C. n. 84dell’8 giugno 2016.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –
Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere –
Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere –
Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
I.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/11/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PEZZELLA VINCENZO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Gen. MARINELLI FELICETTA che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
- La Corte di Appello di Milano, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente I.G., con sentenza del 27/11/2019, confermava la sentenza con cui il Giudice Monocratico del Tribunale di Milano il 24/5/2019, all’esito di giudizio ordinario, lo aveva condannato, con l’attenuante di cui all’art. 590 bisc.p., comma 7, alla pena condizionalmente sospesa di mesi otto di reclusione, con la sospensione della patente di guida per anni uno, per il delitto p. e p. dall’art. 590 bisc.p., comma 1, perchè per colpa, consistita nella violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 154, comma 8, conducendo l’autoarticolato tg. (OMISSIS) in prossimità di un’intersezione stradale, svoltava senza avvedersi della presenza del velocipede condotto da L.D., posto alla sua destra, ed investendola le cagionava lesioni personali gravissime consistenti nella perdita di entrambi gli arti di sinistra e giudicate guaribili in complessivi giorni 105 (vds. scioglimento prognosi – (OMISSIS)). In (OMISSIS).
- Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, l’ I., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173disp. att. c.p.p., comma 1:
Con un primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di riconosciuta responsabilità e travisamento della prova, anche rispetto alle prove acquisite legittimamente al processo, e violazione dell’art. 154 C.d.S..
Per il ricorrente la motivazione della quale la Corte di Appello di Milano sarebbe manifestamente illogica, oltre che apparente, laddove fonda il proprio convincimento sul fatto che, nella fattispecie, non si trattasse di un evento imprevedibile e straordinario, dovuto al caso fortuito, avendo dovuto l’imputato accertarsi in modo assoluto, prima di svoltare a destra, della non presenza di un utente della strada sulla propria destra.
La difesa ricorda che aveva invitato la Corte territoriale ad analizzare attentamente la deposizione dell’unico teste oculare, dalla quale emergeva che, nel momento in cui I.G. si era fermato all’incrocio regolato da semaforo (che, nella circostanza, era rosso), la propria corsia di marcia era completamente libera; che, nel momento in cui si fermava, il camionista aveva segnalato la propria intenzione di svoltare a destra (essendo, peraltro, l’unica direzione nella quale egli avrebbe potuto dirigersi); che la Lanciano, alla guida della bicicletta, sopraggiungeva solo in un momento successivo, infilandosi tra l’autocarro ed il marciapiede e posizionandosi in un punto cieco, non consentendo all’autista di poterla avvistare. La difesa, dunque, aveva invitato la Corte a porre particolare attenzione al contenuto della deposizione testimoniale, oltre che a quello dell’esame dell’imputato (l’ I. aveva confermato che, allorquando si era fermato al semaforo non vi era nessuno e, quando è ripartito, dagli specchietti non aveva visto alcuno).
La circostanza evidenziata dalla difesa – ci si duole- non sarebbe stata correttamente presa in considerazione e valutata dalla Corte territoriale che, anzi, ha giustificato l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, richiamando un precedente pronunciato giurisprudenziale di questa Corte (Sez. 4 n. 10223/2005) e ritenendo che l’imputato ben sapesse che ad un incrocio in luogo abitato si poteva arrivare incolonnati… che vi era lo spazio materiale perchè una bici potesse affiancare l’autoarticolato sulla destra… che le foto in atti dimostravano che l’autoarticolato era molto distante dal marciapiede.
Addirittura – ci si duole – la Corte è giunta ad affermare, così ricalcando la motivazione della sentenza di primo grado, che l’imputato avrebbe potuto eventualmente alzarsi dal proprio sedile prima di ripartire per verificare la visuale non rappresentata dagli specchietti esterni.
In tali affermazioni sarebbe evidente l’illogicità della sentenza, perchè si richiede ad un autista di mezzi pesanti una condotta inesigibile.
Anzitutto, il riferimento giurisprudenziale richiamato dalla Corte di Appello di Milano sarebbe assolutamente inconferente, atteso che la richiamata sentenza di legittimità si riferisce ad un’ipotesi nella quale non era stata acquisita, in dibattimento, alcuna prova che il ciclista si fosse posizionato all’altezza dell’autocarro nel cd. punto morto, tant’è che, nella fattispecie, la Corte Suprema censurava la sentenza della Corte territoriale ritenendo che il posizionamento nel punto morto era riferito solo come allegazione difensiva, priva di ogni delibazione di concretezza ed effettività. In altre parole, il giudice di legittimità aveva annullato la sentenza della Corte territoriale perchè questa poggiava unicamente su ipotesi ricostruttive della dinamica dell’incidente, stante l’assenza di sicure testimonianze oculari.
Evidenzia, invece, il ricorrente che nel caso di specie, non è così, in quanto in dibattimento era stata acquisita la dichiarazione di K.O. che aveva riferito chiaramente che la ciclista si era infilata tra il marciapiede e l’autocarro – mentre questi era fermo al semaforo, con l’indicatore di dx accesso – e si era posizionata in modo tale da non poter essere vista dall’autista.
A fronte delle emergenze dibattimentali, la motivazione addotta dalla Corte territoriale sarebbe allora assolutamente illogica in quanto l’affermazione secondo la quale l’imputato avrebbe potuto eventualmente alzarsi dal proprio sedile prima di ripartire per verificare la visuale non rappresentata dagli specchietti esterni, costituirebbe una motivazione assolutamente irrazionale oltre che contrastante con le altre norme del codice della strada.
Il comportamento consigliato dal giudice di primo grado prima, e dalla Corte territoriale dopo, sarebbe stato oltremodo pericoloso e d’intralcio alla stessa circolazione stradale, perchè implicante che qualsiasi conducente di mezzi pesanti, in un centro cittadino, e ad ogni incrocio regolato da semaforo ovvero ad ogni intersezione stradale, dovrebbe, prima di riprendere la marcia, slacciare la cintura di sicurezza (contravvenendo all’art. 172 C.d.S.), allontanare le mani dal volante, posizionarsi sul sedile lato passeggero, affacciarsi al finestrino per sincerarsi dell’assenza di pericoli, per poi ritornare sul lato guida e riallacciare la cintura di sicurezza e ripartire.
Una tale manovra, oltre che non realizzabile in pochi istanti, avrebbe comportato non solo la violazione di altre norme del codice della strada, bensì sarebbe stata d’intralcio alla stessa circolazione stradale, essendo tale manovra esercitabile in un arco temporale di almeno 20/30 secondi. E, in tutto questo, il conducente del mezzo pesante avrebbe dovuto, comunque, prestare attenzione al tratto di strada che vi si poneva dinanzi ed alla parte di strada posta alla propria sinistra.
Nell’addurre tale irrazionale motivazione -si duole il ricorrente- la Corte territoriale avrebbe finanche travisato le prove acquisite, laddove ha affermato che le foto in atti dimostravano che l’autoarticolato era molto distante dal marciapiede. Le foto cui la Corte si riferisce sono quelle allegate al rapporto d’incidente redatto dalla Polizia Municipale che, però, raffigurano l’autocarro dopo che questi aveva già impegnato l’incrocio e, quindi, dopo che egli si era dovuto necessariamente allargare a sinistra per svoltare a destra (data la stazza dell’automezzo). Invece, le foto della strada sulla quale si era posizionato l’autocarro prima d’impegnare l’incrocio e l’ulteriore dato emergente dall’esame dell’imputato, acclaravano che detta strada era a doppio senso di circolazione e che tra l’autocarro ed il marciapiede vi poteva essere uno spazio massimo di circa 30/50 cm. (dato confermato anche dal teste K.O.).
Anche sotto tale aspetto, la sentenza della Corte territoriale si presenterebbe contraddittoria ed illogica. Inoltre, il fatto stesso che l’autocarro investiva la ciclista con la propria ruota anteriore destra, e che l’impatto avveniva pochi metri dopo il semaforo, induce per il ricorrente a ritenere che la Lanciano, all’accensione della luce verde, abbia tentato di anticipare la manovra di svolta dell’autocarro, probabilmente per dirigersi nella strada situata di fronte. Ma anche tale valutazione sarebbe stata omessa dalla Corte di Appello di Milano, così violando l’ulteriore principio secondo il quale si configura un’ipotesi di travisamento della prova quando viene utilizzata un’informazione inesistente o viene omesso l’esame degli elementi probatori offerti dalle parti (il richiamo è alla sentenza 45637/2015).
In buona sostanza, gli elementi probatori acquisiti dimostrerebbero che l’imputato nulla poteva per evitare l’incidente e, quindi, la sentenza della Corte di Appello di Milano sarebbe contraddittoria ed illogica.
Con un secondo motivo si denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 45 c.p. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sul punto.
La sentenza impugnata sarebbe illogica anche nella parte in cui ritiene che il comportamento imprudente della vittima non escluda la responsabilità dell’imputato.
Con tale affermazione, la Corte di Appello di Milano implicitamente per il ricorrente afferma che, nella circostanza, la persona offesa avrebbe, con il proprio imprudente comportamento, contribuito, in un qualche modo, alla determinazione dell’evento, ciò se non altro perchè se ella non avesse affiancato l’autocarro – che era fermo al semaforo ed aveva indicato la propria intenzione di svoltare a destra – l’evento lesivo non si sarebbe verificato.
Ciò nonostante, la Corte di Appello -ci si duole- giunge all’affermazione di penale responsabilità dell’ I.G., ritenendo che l’evento non fosse nè imprevedibile nè straordinario, potendo l’imputato prevedere il comportamento (imprudente) della persona offesa. In tal modo, però, la Corte implicitamente riconoscerebbe un’ipotesi di presunzione di responsabilità, ciò perchè l’affermazione inerente la prevedibilità, in capo all’autista, che qualcuno potesse posizionarsi nel cd. punto cieco costituisce, di per sè stessa, una mera presunzione di responsabilità.
Sotto tale profilo, la sentenza oltre che intrinsecamente contraddittoria, violerebbe la regola secondo la quale la presunzione di colpa può essere applicata solo in sede di risarcimento del danno e non in sede penale (Sez. 4 n. 13136/16).
In altre parole, nella fattispecie de qua, I.G. non poteva prevedere un comportamento imprudente altrui. Anzi, sarebbe proprio l’imprudenza del comportamento della L. che escluderebbe la responsabilità dell’imputato, potendosi configurare, nella fattispecie, l’ipotesi di un caso fortuito.
L’imputato versava -secondo la tesi proposta in ricorso- nella completa impossibilità di potere avvistare la L. sul suo velocipede, ciò vuoi perchè ella si era posizionata nel cd punto cieco, vuoi perchè non era minimamente immaginabile che, una volta accesasi la luce verde del semaforo, un’autista possa alzarsi dal posto guida, spostarsi sul sedile lato passeggero ed affacciarsi per verificare se qualcuno si sia infilato nello spazio di 30 cm. per tentare di anticiparlo nell’impegnare l’incrocio.
La sentenza, quindi, sarebbe contraddittoria ed illogica perchè l’imprudenza della stessa persona offesa escludeva la responsabilità dell’imputato.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
- All’udienza odierna, procedendosi a trattazione orale secondo la disciplina ordinaria, in virtù del disposto del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, comma 2, entrato in vigore in pari data, è comparsi il solo Procuratore generale, che ha rassegnato le proprie conclusioni nei termini riportati in epigrafe.
Motivi della decisione
- I denunciati vizi di motivazione della sentenza impugnata sono sussistenti e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.
- Per i giudici di merito i fatti sono acclarati.
Scrive il giudice di primo grado che: “La dinamica del sinistro è pacificamente provata, sulla scorta dell’inequivocabile testimonianza del teste oculare, e della relazione di incidente redatta dagli operanti intervenuti. La parte lesa, in bicicletta, attendeva al semaforo, ferma nello spazio tra il marciapiede e la cabina del camion, in una posizione in cui probabilmente non era visibile al camionista. I mezzi ripartirono pressochè insieme, per intraprendere la svolta a destra, e il camion investì la donna con la ruota anteriore destra, schiacciandola e provocandole le gravissime lesioni documentate in atti. L’imputato, in sede di esame, ha confermato la dinamica, affermando (credibilmente) di non avere visto la bicicletta in quanto posizionata in un punto cd. “cieco”, anche con l’ausilio dello specchio retrovisore, rispetto alla sua posizione di guida; ha aggiunto che avrebbe potuto vederla solo alzandosi dal posto di guida” (cfr. pag. 2 della sentenza di primo grado). Più in avanti, lo stesso giudice monocratico milanese aggiunge che: “…in ogni caso, in base alle emergenze, non vi è alcuna prova del fatto che la bicicletta si trovasse in quella posizione nel momento in cui il camion si arrestò, e l’affian-camento successivo appare altamente probabile, di tal che all’imputato deve essere accordata la diminuente prevista dalla legge” (così sempre pag. 2 della sentenza di primo grado).
Tale ricostruzione fattuale non risulta essere stata messa in discussione in appello.
Per i giudici di merito sussiste la responsabilità per colpa dell’odierno ricorrente anche se “deve non di meno ritenersi che il sinistro e l’evento si siano verificati non esclusivamente per conseguenza della violazione di I., poichè la posizione in cui la persona offesa si era collocata era intuitivamente pericolosa (anche se fosse stato il camion ad affiancarla avrebbe dovuto evitare di rimanere in quella posizione e di ripartire insieme al mezzo pesante), e la condotta è quanto meno caratterizzata da imprudenza” (così pag. 2 della sentenza di primo grado).
- Orbene, occorre a questo punto prendere le mosse dall’editto accusatorio, con il quale si è contestato all’ I., come ricordato in premessa, il profilo di colpa specifica di avere violato l’art. 154C.d.S., comma 8.
Al di là del richiamo (errato) al comma che disciplina il trattamento sanziona-torio, come spiega il giudice di primo grado, l’odierno ricorrente è stato condannato avendolo ritenuto colpevole di avere “violato il comma 1 lett. a), sanzionato dal comma 8, dell’art. 154 C.d.S., non essendosi, prima di voltare a destra, assicurato di poter effettuare la manovra senza creare pericolo agli altri utenti della strada” (così pag. 2 della sentenza di primo grado).
L’addebito è stato convalidato dai giudici del gravame del merito per i quali “seppure, infatti, l’imputato aveva segnalato mediante l’indicatore di direzione la sua intenzione di svoltare a destra, egli era comunque tenuto, ai sensi dell’art. 154 C.d.S., a verificare preventivamente che non vi fosse nessuno affiancato che potesse essere messo in pericolo dalla manovra di svolta. Soprattutto, la doverosa cautela che I. avrebbe dovuto porre in essere andava correlata al fatto che l’imputato era conducente di un autoarticolato, e cioè di un mezzo di grosse dimensioni e altezza rispetto alla platea stradale, con “punti ciechi” di visuale rispetto a quanto avveniva sulla strada: motivo per il quale egli doveva a maggior ragione adottare un comportamento di guida più prudente di quello manifestato nel caso di specie” (così pag. 3 della motivazione della sentenza impugnata).
Dunque, il richiamo è alla prima parte dell’art. 154 C.d.S. secondo cui: “1. I conducenti che intendono eseguire una manovra per immettersi nel flusso della circolazione, per cambiare direzione o corsia, per invertire il senso di marcia, per fare retromarcia, per voltare a destra o a sinistra, per impegnare un’altra strada, o per immettersi in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ovvero per fermarsi, devono: a) assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi; b) segnalare con sufficiente anticipo la loro intenzione”.
- Ebbene, questa Corte di legittimità, nel condivisibile arresto giurisprudenziale richiamato dalla sentenza impugnata (Sez. 4, n. 10223 del 20/1/2005, S., Rv. 231145) ha da tempo chiarito che in tema di circolazione stradale, in ipotesi di svolta a destra, il conducente di un veicolo (soprattutto – come nella specie – di grosse dimensioni) ha il dovere di assicurarsi con assoluta certezza che intraprendendo la manovra non crei pericolo o intralcio ad altri utenti della strada (in quel caso la Corte ha annullato la sentenza di merito che aveva assolto l’imputato il quale, alla guida di un camion, nel girare a destra aveva provocato la mortedi una ciclista, ritenendo contraddittoria e illogica la sentenza nella quale si affermava come la precisa osservanza di tutte le regole durante la manovra avrebbe costituito una forma di diligenza impossibile da osservare per il guidatore).
Ciò che, tuttavia, vulnera il percorso motivazionale della sentenza impugnata, in sede di applicazione di quel condivisibile principio, è il non aver sufficientemente individuato e circostanziato il comportamento alternativo lecito omesso dall’ I..
Di certo -e qui ha ragione il ricorrente- non si poteva richiedere al conducente dell’autoarticolato di “alzarsi brevemente dal posto di guida, con un’azione di pochissimi istanti, per verificare l’assenza di mezzi a due ruote in posizione pericolosa (situazione invero frequente e tutt’altro che imprevedibile e straordinaria nelle normali condizioni di traffico cittadino)” (così pagg. 2 della sentenza di primo grado e 1 della motivazione della sentenza impugnata).
L’alzarsi dal posto di guida, infatti, è comportamento inesigibile, perchè sarebbe stato oltremodo pericoloso e d’intralcio alla stessa circolazione stradale, perchè implicante che qualsiasi conducente di mezzi pesanti, in un centro cittadino, e ad ogni incrocio regolato da semaforo ovvero ad ogni intersezione stradale, dovrebbe, prima di riprendere la marcia, slacciare la cintura di sicurezza (contravvenendo all’art. 172 C.d.S.), allontanare le mani dal volante, posizionarsi sul sedile lato passeggero, affacciarsi al finestrino per sincerarsi dell’assenza di pericoli, per poi ritornare sul lato guida e riallacciare la cintura di sicurezza e ripartire.
Fondata, invece è l’affermazione dei giudici di merito secondo cui l’esistenza dei punti ciechi è notoria e ciò deve comportare la massima cautela per chi guida un autoarticolato, quando si trova in un centro urbano, nell’effettuare una ripar-tenza e/o una svolta. E’ appunto quello che richiede l’art. 154 C.d.S..
Nelle loro scarne motivazioni, tuttavia, i giudici di merito milanesi non dicono in cosa si sia concretizzata la scarsa attenzione e cautela dell’ I.. Aveva lo specchietto retrovisore mal posizionato? Era per qualche altra ragione disattento? La Corte territoriale nemmeno dice – e dovrà farlo il giudice del rinvio-perchè era concretamente prevedibile la presenza della ciclista alla destra dell’autoarticolato. Qual era, in concreto, in quelle condizioni di tempo e di luogo, la visibilità? In quele punto esatto, per quanto si desume dalla compiuta istruttoria, si era fermata la ciclista? C’è un’insufficienza motivazionale, nella sentenza impugnata, anche sul momento in cui la bicicletta si è inserita tra il camion e il marciapiede.
A ben guardare, proprio la sentenza del 2005 richiamata dalla Corte territoriale conferma che non si può, come paiono fare i giudici milanesi, desumere ex post l’assenza delle necessarie cautele da parte dell’imputato dal fatto storico che si sia verificato l’incidente.
In quel caso, ove pure si giudicava in relazione ad una vicenda che presentava numerose analogie con quella che ci occupa (il camion del ricorrente S. e la bicicletta della persona offesa C. erano entrambi fermi al semaforo rosso; il camion aveva azionato il segnalatore direzionale destro per svoltare a destra; scattato il verde, il camion aveva effettuato la manovra di svolta a destra, non avvedendosi della ciclista, investendola) ebbe, infatti, a scrivere la Corte: “… non dal semplice verificarsi del fatto-sinistro-decesso desumersi la conseguenza che lo S. abbia negligentemente omesso di controllare e verificare il sopraggiungere di veicoli alla sua destra…. non dal semplice verificarsi del decesso della ciclista può arguirsi che lo S. non abbia adottato le cautele possibili per evitare il sinistro”.
Perciò, in quell’occasione come in questa i giudici di legittimità pervennero all’annullamento con rinvio della sentenza al loro esame chiedendo al giudice del rinvio di procedere “ad una esatta ricostruzione della compiuta dinamica del sinistro” e ad una più chiara individuazione dei profili di responsabilità dell’imputato.
- Il giudice del rinvio dovrà, da un lato tenere conto dell’esigibilità della condotta colposa da ascriversi all’imputato e dall’altro dell’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui in tema di circolazione stradale, il c.d. principio di affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purchè questo rientri nel limite della prevedibilità (cfr. ex multis la recente Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, Mulas, Rv. 269997; conf. Sez. 4, n. 5691 del 2/2/2016, Tettamanti, Rv. 265981, relativa ad un caso in cui la Corte ha confermato la sentenza impugnata ritenendo la responsabilitàdell’imputato che, alla guida della propria vettura, aveva effettuato un repentino cambio dalla corsia di sorpasso a quella di destra senza segnalare per tempo la sua intenzione, andando così a collidere con un motociclo che sopraggiungendo dietro di lui aveva tentato, imprudentemente, di sorpassarlo a destra). Nell’affermare il medesimo principio, con altra condivisibile pronuncia (Sez. 4, n. 12260 del 9/1/2015, Moccia ed altro, Rv. 263010), questa Corte aveva annullato la sentenza con la quale era esclusa la responsabilitàdel guidatore per omicidio colposo di un pedone, il quale, sceso dalla portiera anteriore dell’autobus in sosta lungo il lato destro della carreggiata, era passato davanti all’automezzo ed era stato investito dall’imputato, che aveva rispettato il limite di velocità ma non aveva provveduto a moderarla in ragione delle condizioni spazio-temporali di guida e, segnatamente, della presenza in sosta del pullman).
Per contro, non va trascurato, il risalente ma pur sempre attuale dictum di questa Corte che, sotto la vigenza del D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 104, norma che come il vigente art. 154 C.d.S., faceva obbligo ai conducenti che intendessero svoltare a destra di tenersi il più possibile ebbe ad affermare che gli stessi “quando non esiste o non hanno avuto la possibilità di percepire un concreto pericolo, non hanno alcun obbligo di controllare continuamente il sopraggiungere di veicoli da tergo e lungo la fiancata di destra in quanto possono fare affidamento sul divieto di sorpasso in corrispondenza delle intersezioni, sull’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza e su quello di uniformarsi ai segnali di arresto e di direzione azionati dagli stessi conducenti (Sez. 4, n. 1192 del 23/11/1992 dep. 1993, Vollo, Rv. 193012) Il giudice del rinvio, come si è detto dovrà colmare il deficit motivazionale che invece presente la sentenza oggi impugnata in termini di prevedibilità della condotta imprudente altrui secondo il dictum di Sez. 4, n. 46741 del 8/10/2009, Mi-nunno, Rv. 245663 per cui il principio di affidamento trova applicazione anche in relazione ai reati colposi commessi a seguito di violazione di norme sulla circolazione stradale, ed impone di valutare, ai fini della sussistenza della colpa, se, nelle condizioni date, l’agente dovesse e potesse concretamente prevedere le altrui condotte irregolari (in quel caso è stata ritenuta in concreto imprevedibile per l’imputato – che, a bordo di una autovettura, percorreva una strada statale, e stava avviando manovra di svolta a sinistra per accedere ad un’area di servizio che si trovava sul lato opposto della carreggiata, profittando del fatto che alcuni veicoli, tra cui in particolare un autoarticolato, che procedevano nell’opposto senso di marcia, si erano fermati per favorire la manovra – la condotta della parte lesa, una ciclomotorista che aveva sorpassato scorrettamente sulla destra la colonna ferma di autoveicoli, omettendo inoltre di fermarsi o rallentare in prossimità dell’ingresso all’impianto di distribuzione di carburanti).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Milano, altra Sezione.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 22 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021
CICLISTI INVESTITI E UCCISI DANNO PARENTI BOLOGNA NAPOLI FIRENZE VICENZA RAVENNA TREVISO
Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 19/01/2021, n. 20091 (rv. 281173-01)
REATI CONTRO LA PERSONA – Delitti contro la vita e l’incolumita’ individuale – Lesioni personali colpose – In genere – Omicidio stradale – Attenuante di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen. – Presupposti – Fattispecie
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Sarsina AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Roncofreddo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Sogliano al Rubicone AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Borghi AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Galeata AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Rocca San Casciano AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Verghereto AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Montiano AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Dovadola AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Tredozio AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Premilcuore AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Portico e San Benedetto AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
Rovigo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Adria AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Porto Viro AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Occhiobello AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Lendinara AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Badia Polesine AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Porto Tolle AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Taglio di Po AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Rosolina AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Villadose AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE
AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
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Ariano nel Polesine AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Castelmassa AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Fiesso Umbertiano AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Polesella AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
San Martino di Venezze AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Ceregnano AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Lusia AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Loreo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Stienta AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Canaro AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Trecenta AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Castelnovo Bariano AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Arquà Polesine AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Fratta Polesine AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Costa di Rovigo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Bergantino AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Ficarolo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Corbola AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Pontecchio Polesine AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Giacciano con Baruchella AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Villanova del Ghebbo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Crespino AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Melara AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Ceneselli AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Pettorazza Grimani AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Castelguglielmo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Gavello AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Papozze AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Bosaro AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Frassinelle Polesine AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Bagnolo di Po AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Villamarzana AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Salara AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Guarda Veneta AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Pincara AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
San Bellino AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Gaiba AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Villanova Marchesana AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Canda AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Calto AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE
FERRARA AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE |
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Cento AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Comacchio AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Argenta AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Copparo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Bondeno AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Codigoro AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Portomaggiore AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Poggio Renatico AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Fiscaglia AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Cento AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Comacchio AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Argenta AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Copparo AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Bondeno AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Codigoro AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Portomaggiore AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Poggio Renatico AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
Fiscaglia AVVOCATO INCIDENTI GRAVI E MORTALI, RESPONSABILITA’ MEDICA, CAUSE EREDITARIE, DIVISIONI EREDITARIE | |||||
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