PENALE EDILIZIA Violazione di piani regolatori e di regolamenti edilizi
Il Comune e un corpo morale (art. 38 tu 1934) coincidente con la popolazione insediata in un ambito territoriale determinato, fornita di una sua propria autonomia (riferimento agli artt. 5 e 133, secondo comma, cost.) e considerata astraendo dalla somma di individui che la compongono in un momento storico, dai loro interessi singoli, dal loro patrimonio personale, non osta ad attribuire al comune tale essenza l’avere esso una personalità giuridica di diritto pubblico ne che a taluni suoi organi competano un potere di imperio e funzioni amministrative, non viola pertanto gli artt. 81 e 100 cod. proc. civ. l’azione proposta dal comune, costituitosi pane civile nel giudizio penale per ottenere il risarcimento del danno risentito dalla collettività per offesa recata al territorio dal reato urbanistico“.
I fatti si riferiscono ad alterazioni interne, destinate a rendere abitabile il sottotetto di una struttura edilizia sottoposta a vincolo storico, realizzate con l’apposizione di tubature per il riscaldamento, bagni, tramezzi, aperture in muri portanti, spostamento di scale -opere qualificabili come di ristrutturazione- e furono compiute senza concessione comunale ed autorizzazione del Ministero dei Beni Culturali all’interno di un palazzo del 1591 destinatario di vincolo di immodificabilità per il suo interesse storico dichiarato con provvedimento adottato il 5.11.1920.
La sentenza appellata ha richiamato le testimonianze Gi., Pi., Gh., il verbale di sopralluogo in data 26.6.1998 e la relazione 22.10.1998 della Sovraintendenza, ha ricordato come una precedente autorizzazione concessa nel 1991 fosse già scaduta, non contemplasse neppure le modificazioni riscontrate e contemplasse comunque un uso abitativo sulla base del presupposto falsamente rappresentato della preesistenza di tale destinazione. Ha evidenziato come con la istanza di sanatoria presentata dall’arch. Zi. (doc. 3 atti PM) la stessa parte avesse chiesto di essere autorizzata al ripristino delle opere illegittimamente eseguite con la postilla della deroga per un bagno al secondo piano e della già eseguita canalizzazione delle tubature.
Quanto al provvedimento di sanatoria del 4.9.2001, revocato il 15.1.2002, il giudice di primo grado ha ricordato come i beni vincolati non possano essere oggetto di sanatoria per effetto dell’art. 9 c. III legge 47/1985 e 33 legge 47/1947 lett. a).
Corte d’Appello|Bologna|Sezione 2|Penale|Sentenza|29 aprile 2004| n. 280
Edilizia e urbanistica – Violazione di piani regolatori e di regolamenti edilizi comunali – Condono edilizio – Sospensione del procedimento – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Bologna
SECONDA Sezione Penale
composta dai magistrati:
1- Dr. Claudio Nunziata PRESIDENTE
2- Dr. Rosalia Rinaldi CONSIGLIERE
3- Dr. Rossella Zuffa CONSIGLIERE
Udita la relazione della causa fatta alla pubblica udienza odierna dal consigliere relatore Dr. Claudio Nunziata
Inteso l’appellante.
Inteso il Procuratore Generale, dr. Giuseppe MATTIOLI
ed i difensori, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa penale
CONTRO
1 – Lu. Ma.- nato a Pi. (PC) il (…) con domicilio dichiarato: Pi. Piazzale Ge., 3/D
libero contumace
con la costituzione della parte civile in data di: Ca. c. elett. dom. c/o Avv. Ca. Be. di Pi.
con la costituzione della parte civile in data di; COMUNE DI Pi. in persona del Sindaco pro-tempore Avv. Gi. Gu. elett. dom. c/o Avv. El. Ve. di Pi.
IMPUTATO
della contravvenzione di cui all’art. 20 lettera b) Leg. 28.2.85 n. 47, per avere effettuato impianti idraulici, demolizione di tramezze interne, parziali aperture su strutture murarie portanti, costruzioni di tramezze interne, demolizione di scala interna e sua nuova costruzione in altra posizione in difetto di concessione edilizia.
Accertato in Pi. il 25/6/98
Della contravvenzione p.e p. dagli artt. 2, 6, 10, 21, 23, 118 del Decreto Legislativo 29.10.1999 n. 490 per avere violato il vincolo di immodificabilità imposto dal competente Ministero sul Palazzo Ba. Ra. Te. costruito tra il seicento ed il settecento sito invia San Si. n. 76, con Decreto 23.1.1992 confermativo di precedente Decreto, disponendo impianti idraulici, demolizioni di tramezze interne, parziali aperture su strutture murarie portanti, costruzione di tramezze interne, demolizione di scala interna e sua nuova costruzione in altra posizione, in difetto di autorizzazione.
In Pi. accertato il 25.6.98
avverso la sentenza emessa dal TRIBUNALE MONOC. di PIACENZA in data 17/07/2002 che ha pronunciato il seguente dispositivo:
Visto l’ art. 533 c.p.p.
Dichiara l’imputato colpevole dei reati a lui ascritti e concesse le attenuanti genetiche di cui all’art. 62 bis c.p. riuniti i reati sotto il vincolo della continuazione di cui all’art. 81 cpv c.p., ritenuto più grave il reato di cui all’art. 118 D.Lgs 490/99, lo condanna alla pena di mesi cinque di arresto ed Euro 7.500,00 di ammenda oltre il pagamento delle spese processuali. Visto l’ art. 7 u.c. L. 47/85 ordina la demolizione delle opere stesse, se non sia stata altrimenti eseguita. Condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali. Respinge l’istanza di. sospensione e non menzione perché non concedibile.
Visto l’art. 538 e 539 c.p.p. condanna Lu. Ma. al risarcimento a favore della parte civile Ca. c. mediante il pagamento di una provvisionale di Euro 20.000,00 per danni patrimoniali oltre interessi e rivalutazione da oggi fino al saldo ed Euro 10,000.00 per danni morali, questi ultimi determinati in via equitativa e definitiva, oltre alle spese del giudizio liquidate in Euro 4.000.00 di cui 3.500,00 per onorari oltre accessori di legge CPA ed IVA. Condanna Lu. Ma. “al pagamento della somma di Euro 15.000,00 a titolo di risarcimento danni liquidati in via provvisionale con interessi e rivalutazione da oggi fino al saldo effettivo a favore della p.c. Comune di Pi., oltre alle spese di costituzione liquidate in Euro 1.340,00 oltre accessori IVA e CPA, di cui 1.251,74 per onorari.
Assegna il termine di giorni 90 per la redazione della motivazione e deposito sentenza.
CONCLUSIONI DEL P.G.: NDP per intervenuta prescrizione; conferma delle statuizioni civili.
CONCLUSIONI DEI DIFENSORI DELLE PARTI ClVILI:
Per Ca. c. : conferma sentenza di primo grado
Per Comune di Pi.:conferma sentenza di primo grado
Per entrambi rigetto dell’appello.
CONCLUSIONI DEL DIFENSORE DELL’IMPUTATO:
In primo luogo insiste per l’esclusione della Parte Civile Comune di Pi.;
insiste altresì per l’accoglimento in toto dell’appello ed in subordine si associa alla richiesta del PG.
Lu. Ma. è stato riconosciuto dal giudice di primo grado responsabile delle contravvenzioni previste dall’art. 20 lett. b) legge 47/1985 e 118 d.lgv. 490/1999, accertate il 25.6.1998 e condannato alla pena 5 mesi di arresto ed euro 7.500 di ammenda con conseguente obbligo di demolizione delle opere eseguite.
I fatti si riferiscono ad alterazioni interne, destinate a rendere abitabile il sottotetto di una struttura edilizia sottoposta a vincolo storico, realizzate con l’apposizione di tubature per il riscaldamento, bagni, tramezzi, aperture in muri portanti, spostamento di scale -opere qualificabili come di ristrutturazione- e furono compiute senza concessione comunale ed autorizzazione del Ministero dei Beni Culturali all’interno di un palazzo del 1591 destinatario di vincolo di immodificabilità per il suo interesse storico dichiarato con provvedimento adottato il 5.11.1920.
La sentenza appellata ha richiamato le testimonianze Gi., Pi., Gh., il verbale di sopralluogo in data 26.6.1998 e la relazione 22.10.1998 della Sovraintendenza, ha ricordato come una precedente autorizzazione concessa nel 1991 fosse già scaduta, non contemplasse neppure le modificazioni riscontrate e contemplasse comunque un uso abitativo sulla base del presupposto falsamente rappresentato della preesistenza di tale destinazione. Ha evidenziato come con la istanza di sanatoria presentata dall’arch. Zi. (doc. 3 atti PM) la stessa parte avesse chiesto di essere autorizzata al ripristino delle opere illegittimamente eseguite con la postilla della deroga per un bagno al secondo piano e della già eseguita canalizzazione delle tubature.
Quanto al provvedimento di sanatoria del 4.9.2001, revocato il 15.1.2002, il giudice di primo grado ha ricordato come i beni vincolati non possano essere oggetto di sanatoria per effetto dell’art. 9 c. III legge 47/1985 e 33 legge 47/1947 lett. a).
La sentenza appellata si cura di definire anche che la decorrenza della prescrizione non è spostata per effetto della permanenza del reato, in quanto è intervenuto provvedimento di sospensione dei lavori in data 29.6.1998, ma non ha tenuto conto dell’effetto sospensivo della richiesta di sanatoria e del fatto che esso permane a prescindere dalla sua efficacia.
Quanto alla domanda risarcitoria la sentenza appellata ha ritenuto giustificata tanto quella del Comune di Pi., in relazione alle caratteristiche di estremo prestigio del palazzo per la città di Pi., quanto quella della parte civile Ca. c. che, essendo proprietario di un appartamento sottostante, ha visto pregiudicati dai lavori (eseguiti ricorrendo anche al martello pneumatico) i propri interni e gli affreschi posti sulle volte del piano sottostante,
L’appellante ha formulato i seguenti motivi di impugnazione:
– Molte modifiche risalgono agli anni 1982 e 1987 in relazione a corrispondenti autorizzazioni edilizie, mentre nel 1998 vennero eseguite solo le opere relative alla posa degli impianti idraulici qualificabili come attività di manutenzione o la massimo come manutenzione straordinaria, le cui violazioni integrano un illecito amministrativo (richiama a tale proposito la testimonianza di An. Al., che ha localizzato la costruzione della scala al 1997 e i tramezzi tra il 1993 e 1997)
– Ha lamentato l’eccessività della pena e la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, rilevando che alcuni dei precedenti penali attribuiti all’imputato sono stati depenalizzati sicché egli può ancora beneficiare della sospensione condizionale della pena.
– Ha lamentato la mancata esclusione della parte civile, escludendosi che i lavori interni possano aver determinato un danno al territorio,
– Ha dedotto che la costituzione di parte civile del Comune dopo l’annullamento del decreto di citazione a giudizio avrebbe dovuto essere rinnovata.
– Quanto alla costituzione di parte civile di Ca. c., ha rilevato che il fatto lamentato integra solo una questione di natura civilistica indipendente dal reato.
– Ha lamentato che Ca. c. non ha provato i danni subiti e che le testimonianze rese dai testi Zu. e Lu. sono inattendibili.
La Corte osserva:
– Risulta accertato sulla base delle relazioni acquisite e dichiarazioni dei tecnici assunte al dibattimento che nell’immobile in questione lavori edilizi furono eseguiti abusivamente. Il teste Gi. ha dichiarato di avere rilevato in occasione del suo accesso che gli operai stavano realizzando tramezzi e demolendo intonaci. Peraltro la stessa richiesta di sanatoria contiene una implicita ammissione in proposito. La sentenza appellata ha ampiamente ed adeguatamente motivato in proposito -richiamando diffusi passi delle acquisizioni dibattimentali- senza che in ordine ad esse siano stati proposti nei motivi di appello rilievi di un qualche spessore.
– Nel caso di specie furono eseguiti veri e propri lavori di trasformazione edilizia destinati alla destinazione di quella parte dell’edificio a fini abitativi, potendosi escludere che gli stessi fossero invece diretti a ripristinare una situazione anteriore dell’immobile che risulta storicamente finalizzata ad usi non abitativi.
– La possibilità di realizzazione di questi lavori era subordinata alla valutazione del Comune e della Sovraintendenza, valutazioni che nel caso di specie l’imputato ha cercato prima di aggirare ricorrendo a false rappresentazioni e poi di ignorare eseguendo i lavori senza autorizzazione.
– Nessun effetto giuridico può essere attribuito ad una autorizzazione edilizia illegittimamente conseguita previa falsa rappresentazione dei presupposti di fatto sottoposti all’esame dell’autorità amministrativa. L’autorizzazione amministrativa in tal modo conseguita è difatti un atto invalido sul quale si riverbera per effetto dell’art. 48-479 e/o dell’art. 483 c.p. la falsità ideologica riscontrata nella relativa richiesta. [1]
– Anche se la sanatoria non avrebbe potuto essere accordata in ordine ai lavori eseguiti, il solo fatto della presentazione di una richiesta di sanatoria ha comportato la sospensione dei termini prescrizionali o per gg. 223. La norma che prevede la sospensione fa, difatti, riferimento solo al dato formale della presentazione dell’istanza di sanatoria, poiché dalla sola presentazione discende l’obbligo di sospendere ogni attività processuale. In tal senso la seguente massima della Corte di Cassazione:
Sez. 3, Sentenza n. 8903 del 02/10/1997 Rv. 209357
In materia edilizia e paesaggistica, le Leggi 28 febbraio 1985, n. 47; 23 dicembre 1994, n. 724 e 23 dicembre 1996, n. 662 non indicano il momento di cessazione della sospensione del processo -disposta a seguito della presentazione della domanda di sanatoria e della attestazione del versamento dell’oblazione, nei limiti dovuti- e di conseguente ripresa della prescrizione, sicché è necessario applicare la regola generale, stabilita dall’art. 159, terzo comma cod. pen., in base alla quale il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui cessa la causa che ha dato luogo alla sospensione. Consegue che in base al menzionato principio -applicazione di quello più ampio del “favor rei”- la sospensione del procedimento edilizio viene meno nel giorno in cui perviene la risposta definitiva da parte della P.A. circa la sussistenza dei requisiti per la declaratoria d’estinzione dei reati per oblazione o in ordine al rilascio della concessione e dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria per la violazione del vincolo e non nella data della sottoscrizione o della notifica del decreto di citazione (o dell’avviso al difensore in Cassazione) o dell’udienza.
– Gli effetti sospensivi dell’istanza di condono edilizio, a giudizio di questa Corte, valgono solo per la violazione edilizia, poiché nel caso in questione essa si accompagna a contravvenzione diretta a tutelare un bene giuridico di natura diversa (vincolo storico) anche se commessa in continuazione. Ritiene difatti la Corte che non sia estensibile al caso in questione il principio di diritto affermato nella seguente massima per il caso di più contravvenzioni edilizie siano unificate dal vincolo della continuazione:
Sez. 3, Sentenza n. 27812 del 11/07/2001 Rv. 219539
“In caso di pluralità di reati in materia di edilizia e urbanistica, la sospensione del procedimento -con la correlata sospensione dei termini prescrizionali- prevista per il solo reato di costruzione senza concessione dall’art. 44 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ha effetto per gli ulteriori reati esclusivamente se a questo legati dal vincolo della continuazione, così che non può trovare applicazione nella ipotesi in cui il giudice abbia ritenuto il reato di costruzione senza concessione assorbito da quello di lottizzazione abusiva in zona vincolata e non abbia su di esso pronunciato condanna. Ne consegue che costituisce ipotesi di violazione del devoluto e del divieto di “reformatio in pejus” in contrasto con il disposto dell’art. 87 cod. proc. pen., la sentenza con cui la corte di appello, diversamente qualificando il fatto e ritenendo sussistere anche il reato di costruzione senza concessione, abbia escluso per tutti i reati l’estinzione per intervenuta prescrizione ritenendo applicabile la sospensione del procedimento ex art. 44 della legge n. 47 del 1985″.
– Per quanto riguarda la violazione edilizia la permanenza del reato si è protratta sino all’ordine di sospensione dei lavori. Per quanto riguarda la contravvenzione al vincolo storico, come affermato nella seguente pronunzia della Corte di Cassazione, la permanenza si è protratta anche oltre l’ordine di sospensione dei lavori, essendo destinata a protrarsi sino al ripristino della situazione anteriore ovvero alla pronunzia della sentenza di primo grado:
Sez. 3, Sentenza n. 9860 del 27/09/1995 Rv. 203092
L’ art. 21 della Legge sulla tutela delle cose d’interesse artistico e storico ( Legge 1 giugno 1939, n. 1089), sanzionato dall’art. 59 per le inosservanze, attribuisce al Ministro per i beni culturali e ambientali la facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità delle cose immobili soggette alla tutela artistica e storica o che ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. I provvedimenti previsti da tale disposizione sono di vincolo indiretto, perché pur essendo volti ad aver efficacia sui beni immobili diversi da quelli tutelati sono connessi al vincolo esistente su questi ultimi. Avvenuta l’alterazione o altre condotte vietate, il bene tutelato è compresso nella sua fruibilità estetica, sino a quando le condizioni ambientali non siano ripristinate, sicché trattasi di reato permanente, del quale risponde chi, dovendolo e potendolo fare, non ha rimosso la situazione antigiuridica in atto. (Nella specie il ricorrente, sindaco del Comune, più volte diffidato, non aveva provveduto a rimuovere opere precarie in contrasto con le prescrizioni impartite per area comunale soggetta a vincolo culturale indiretto).
– I lavori si sono protratti anche oltre l’ordine di sospensione, essendo stati acquisiti elementi di prova in tal senso sulla base dei riferimenti dei testi. E’ difatti sufficiente anche un minimo intervento sui lavori sospesi -e questo è accertato- per ritenere irrilevante quell’ordine ai fini di ritenere cessata la permanenza del reato, a prescindere dal fatto che esso sia stato oggetto o meno di una specifica denunzia da parte dell’autorità comunale. Ne consegue che la permanenza della contravvenzione edilizia è andata oltre ordine di sospensione e che la prescrizione per entrambe le contravvenzione debba decorrere dalla data della sentenza di primo grado.
– Quanto ai rilievi relativi alle parti civili osserva la Corte che nei compiti dell’amministrazione comunale vi è pacificamente anche quello di assicurare la conservazione e la salvaguardia del patrimonio storico della città nel quale si riconosce la stessa identità cittadina, sicché nessun pregio possono avere le obiezioni in proposito svolte nei motivi di appello. Anche i lavori interni influiscono sull’interesse del Comune in quanto possono contribuire a mettere a rischio la conservazione e la integrità di un bene di interesse storico, il cui pregio va valutato non solo in relazione al suo aspetto esterno ma anche in relazione alla perfetta aderenza dei suoi interni alla loro originaria conformazione in quanto espressione delle modalità costruttive ed architettoniche del passato. In tal senso una pacifica e consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione:
Sez. 3, Sentenza n. 8381 del 13/10/1979 Rv. 143064
“Il Comune e un corpo morale (art. 38 tu 1934) coincidente con la popolazione insediata in un ambito territoriale determinato, fornita di una sua propria autonomia (riferimento agli artt. 5 e 133, secondo comma, cost.) e considerata astraendo dalla somma di individui che la compongono in un momento storico, dai loro interessi singoli, dal loro patrimonio personale, non osta ad attribuire al comune tale essenza l’avere esso una personalità giuridica di diritto pubblico ne che a taluni suoi organi competano un potere di imperio e funzioni amministrative, non viola pertanto gli artt. 81 e 100 cod. proc. civ. l’azione proposta dal comune, costituitosi pane civile nel giudizio penale per ottenere il risarcimento del danno risentito dalla collettività per offesa recata al territorio dal reato urbanistico”.
– La parte civile Ca. c. ha dimostrato di avere ricevuto un danno per il ricorso al martello pneumatico nella esecuzione dei lavori, ma a prescindere dal danno effettivo, la sola esecuzione dei lavori aveva già di per sé determinato una situazione di rischio e di pericolo per gli affreschi presenti nell’appartamento di Ca. c., il quale si è venuto a trovare nella situazione di dovere valutare l’opportunità di eseguire lavori di consolidamento, valutazione che comporta comunque un onere economico. Inoltre la violazione della procedura amministrativa appositamente prevista per gli interventi edilizi e per quelli di interesse storico hanno posto Ca. c. nella condizione di non potere intervenire come soggetto interessato nel procedimento amministrativo per far valere i propri interessi esponendo la sua proprietà ad una situazione di pericolo. Ne consegue la sua piena legittimazione a costituirsi come parte civile nel presente processo al fine di ottenere la liquidazione dei danni. Le statuizioni di natura civilistica appaiono determinate dal giudice di primo grado in misura adeguata.
– Nessun difetto di legittimazione delle parti civili e nessuna irregolarità si è verificata in ordine alle modalità di costituzione. Le osservazioni espresse nella memoria depositata dalla parte civile Comune di Pi. all’udienza di appello sono fondate ed aderenti alla realtà processuale.
– La pena comminata dal giudice di primo grado è adeguata alla entità dei fatti. La sentenza appellata deve essere pertanto confermata.
P.T.M.
Visti gli artt. 605 e 592 c.p.p. conferma la sentenza in data 17.7.2002 del Tribunale di Piacenza e condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio. Conferma altresì le statuizioni di natura civilistica e condanna l’appellante alla rifusione delle spese di assistenza e difesa sostenute per il presente grado di giudizio dalle parti civili costituite che liquida per ciascuna di esse in complessivi euro 1500, oltre IVA, CPA.
Ai sensi dell’art. 544 c. III cpp fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Bologna, 30.1.2004
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[1] In tal senso TAR SARDEGNA – Sentenza n. 00930 del 29/05/1995
“II silenzio-assenso sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria non può formarsi qualora la domanda stessa sia dolosamente infedele, intendendosi con ciò una volontaria falsa rappresentazione di un elemento essenziale dell’abuso (quale la qualificazione giuridico dell’illecito, l’entità dell’oblazione o la data della sua commissione) al fine di trarre in errore il comune”.