AVVOCATI PER MALASANITA’ – AVVOCATO MALASANITà SERGIO ARMAROLI ESPERTO
AVVOCATI PER MALASANITA’ – AVVOCATO MALASANITà SERGIO ARMAROLI ESPERTO DA OLTRE 20 ANNI TRATTA GRAVI CASI DI MALASANITA’ A BOLOGNA RAVENNA MILANO VICENZA FORLI E IN TUTTA ITALIA.
AVVOCATI PER MALASANITA’ – AVVOCATO MALASANITà SERGIO ARMAROLI ESPERTO
AVVOCATI PER MALASANITA’ – AVVOCATO MALASANITà SERGIO ARMAROLI ESPERTO DA OLTRE 20 ANNI TRATTA GRAVI CASI DI MALASANITA’ A BOLOGNA RAVENNA MILANO VICENZA FORLI E IN TUTTA ITALIA.
STAI CERCANDO TRA AVVOCATI MALASANITA’ UN AVVOCATO MALASANITA’ VERAMENTE ESPERTO E CAPACE CHE CONOSCE LA MATERIA SIA STRAGIUDIZIALEMTE CHE GIUDIZIALMENTE, ALLORA CHIAMA SUBITO SEI NEL POSTO GIUSTO.
M cosa vuol dire avvocato malasanità si legge spesso e la gente chiede e vuol sapere cosa vuol dire, mi sempre logico spiegartelo in parole comprensibili e non in legalese-
Quando si cerca avvocati malasanità o avvocato malasanità si intende cercare un avvocato esperto di colpa e responsabilità medica o della struttura sanitaria.
Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità sono quegli avvocati che curano le pratiche di risaricmento danni verso medici, infermieri, ospedali case di cura, pronto soccorsi ecce ecc, comunque attinenti a servizi sanitari sia pubblici che privati.
Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità deve essere in grado di valutare insieme a un medico legale se vi è stato errore medico e saper assistere il cliente per la richiesta danni.
Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità è una materia particolare che deve essere trattata e Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità che la trattano devono avere conoscenza sia in materia civile che penale.
L’avvocato Sergio Armaroli di Bologna tratta da anni gravi casi di malasanità, casi con gravi danni al paziente o casi mortali di malasanità.
STAI CERCANDO TRA AVVOCATI MALASANITA’ UN AVVOCATO MALASANITA’ VERAMENTE ESPERTO E CAPACE CHE CONOSCE LA MATERIA SIA STRAGIUDIZIALEMTE CHE GIUDIZIALMENTE, ALLORA CHIAMA SUBITO SEI NEL POSTO GIUSTO.
M cosa vuol dire avvocato malasanità si legge spesso e la gente chiede e vuol sapere cosa vuol dire, mi sempbra logico spiegartelo in parole comprensibili e non in legalese-
Quando si cerca avvocati malasanità o avvocato malasanità si intende cercare un avvocato esperto di colpa e responsabilità medica o della struttura sanitaria.
Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità sono quegli avvocati che curano le pratiche di risaricmento danni verso medici, infermieri, ospedali case di cura, pronto soccorsi ecce ecc, comunque attinenti a servizi sanitari sia pubblici che privati.
Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità deve essere in grado di valutare insieme a un medico legale se vi è stato errore medico e saper assistere il cliente per la richiesta danni.
Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità è una materia particolare che deve essere trattata e Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità che la trattano devono avere conoscenza sia in materia civile che penale.
L’avvocato Sergio Armaroli di Bologna tratta da anni gravi casi di malasanità, casi con gravi danni al paziente o casi mortali di malasanità.
Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità rapporto causale danno
ripartizione dell’onere probatorio del nesso causale tra paziente danneggiato (o, come nella specie, i suoi eredi) e struttura sanitaria, va ribadito – nel senso della sua infondatezza – che, nei giudizi risarcitori da responsabilità sanitaria, si delinea “un duplice ciclo causale, l’uno relativo all’evento dannoso, a monte, l’altro relativo all’impossibilità di adempiere, a valle”. Orbene, il primo, “quello relativo all’evento dannoso, deve essere provato dal creditore/danneggiato, il secondo, relativo alla possibilità di adempiere, deve essere provato dal debitore/danneggiante. Mentre il creditore deve provare il nesso di causalità fra l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia”, ovvero la morte, “e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), il debitore deve provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto)” (così, in motivazione, tra le altre, Cass. Sez. 3, sent. 26 luglio 2017, n. 18392, Rv. 645164-01).
Ne consegue, dunque, che “la causa incognita resta a carico dell’attore relativamente all’evento dannoso, resta a carico del convenuto relativamente alla possibilità di adempiere. Se, al termine dell’istruttoria, resti incerti la causa del danno o dell’impossibilità di adempiere, le conseguenze sfavorevoli in termini di onere della prova gravano rispettivamente sull’attore o sul convenuto. Il ciclo causale relativo alla possibilità di adempiere acquista rilievo solo ove risulti dimostrato il nesso causale fra evento dannoso e condotta del debitore. Solo una volta che il danneggiato abbia dimostrato che l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento)”, ovvero la morte del paziente, “è causalmente riconducibile alla condotta dei sanitari sorge per la struttura sanitaria l’onere di provare che l’inadempimento, fonte del pregiudizio lamentato dall’attore, è stato determinato da causa non imputabile” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 18392 del 2017, cit.; nello stesso senso anche Cass. Sez. 3, sent. 4 novembre 2017, n. 26824, non massimata; Cass. Sez. 3, sent. 7 dicembre 2017, n. 29315, Rv. 646653-01; Cass. Sez. 3, sent. 15 febbraio 2018, n. 3704, Rv. 647948-01; Cass. Sez. 3, ord. 23 ottobre 2018, n. 26700, Rv. 651166-01, nonché, da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 11 novembre 2019, n. 28991, Rv. 655828-01). Si tratta, peraltro, di conclusione — come è stato di recente sottolineato — che tiene conto della peculiare configurazione che il “sottosistema” della responsabilità per attività sanitaria riveste nell’ambito del sistema “generale” della responsabilità contrattuale. Se, invero, nell’ambito di quest’ultimo, la “causalità materiale, pur teoricamente distinguibile dall’inadempimento per la differenza fra eziologia ed imputazione, non è praticamente separabile dall’inadempimento, perché quest’ultimo corrisponde alla lesione dell’interesse tutelato dal contratto e dunque al danno evento”, non altrettanto può dirsi in ambito di responsabilità sanitaria, giacché nel “diverso territorio del «tacere» professionale la causalità materiale torna a confluire nella dimensione del necessario accertamento della riconducibilità dell’evento alla condotta”. Qui, infatti, “l’interesse corrispondente alla prestazione è solo strumentale all’interesse primario del creditore” (che, nel caso del “facere” professionale del sanitario, è quello alla guarigione), giacché oggetto della prestazione sanitaria è solo “il perseguimento delle «leges artis» nella cura dell’interesse del creditore” (o, altrimenti detto, il diligente svolgimento della prestazione professionale), di talché, il “danno evento in termini di aggravamento della situazione patologica o di insorgenza di nuove patologie attinge non l’interesse affidato all’adempimento della prestazione professionale, ma quello presupposto corrispondente al diritto alla salute”. Ne consegue, pertanto, che non essendo l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie (ovvero la morte) “immanenti alla violazione delle «leges artis»”, potendo “avere una diversa eziologia”, all’onere del creditore/danneggiato “di allegare la connessione puramente naturalistica fra la lesione della salute, in termini di aggravamento della situazione patologica o insorgenza di nuove patologie, e la condotta del medico”, si affianca – “posto che il danno evento non è immanente all’inadempimento”, anche quello “di provare quella connessione” (così Cass. Sez. 3, sent. n. 28991 del 2019, cit.).
Il medico non si obbliga a garantire la guarigione del paziente, ma – in accordo con la nota distinzione tra obbligazione di risultato e di mezzi – «il perseguimento delle leges artis nella cura dell’interesse del creditore».
L’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie è un danno evento che «attinge non l’interesse affidato all’adempimento della prestazione professionale, ma quello presupposto corrispondente al diritto alla salute».
Detto altrimenti, sebbene la guarigione non sia l’oggetto dell’obbligazione, la quale invece riguarda l’esecuzione dell’opera professionale secondo le leges artis, la guarigione rappresenta un interesse primario o presupposto rispetto all’interesse strumentale all’esatta esecuzione della prestazione professionale: «non c’è obbligazione di diligenza professionale del medico se non in vista, per entrambe le parti, del risultato della guarigione dalla malattia».
Ciò significa che nessun addebito potrà imputarsi al professionista che abbia eseguito diligentemente la prestazione ma non abbia conseguito il risultato sperato; se invece il professionista non esegue correttamente l’opera per la quale si è obbligato, l’inadempimento potrà avere riflessi sull’interesse presupposto o primario del creditore (e cioè, nella specie, che le sue condizioni di salute non si aggravino), ma in tal caso – perché il professionista risponda nei confronti del paziente – quest’ultimo dovrà dimostrare il nesso di causalità materiale, ossia il nesso eziologico tra l’errore professionale e la lesione dell’interesse primario (la salute).
MANCATA DIAGNOSI Avvocato Malasanità o avvocato Malasanità
Integra in realtà l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, ove risulti che, per effetto dell’omissione, sia andata perduta dal paziente la chance di vivere alcune settimane od alcuni mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti (Cass. 18 settembre 2008, n. 23846). Non ricorre a questo proposito la novità della domanda, eccepita da entrambe le parti controricorrenti con riferimento al danno da perdita di chance, il quale presuppone in effetti una specifica domanda e non può ritenersi incluso nella generica istanza di risarcimento di tutti i danni subiti (Cass. 29 novembre 2012, n. 21245). La chance, in tale caso, rileva non come danno-conseguenza ai sensi dell’art. 1223 c.c., ma come danno-evento. Il punto di riferimento della causalità materiale è proprio l’evento perdita di chance in termini di perdita della possibilità di una vita più lunga da parte del paziente (cfr. Cass. 27 marzo 2014, n. 7195). Il nesso di causalità materiale fra la condotta colposa e l’evento va quindi posto in relazione non con riferimento all’evento morte sic et simpliciter, ma con riferimento alla perdita del detto limitato periodo di sopravvivenza. E’ rispetto a tale danno-evento che il giudice di merito deve valutare, sulla base della causalità giuridica ai sensi dell’art. 1223, quali conseguenze pregiudizievoli siano derivate dall’avere privato il danneggiato dalla possibilità di sopravvivere sia pure per un periodo limitato di vita.
Sotto altro punto di vista, come precisato da Cass. 19 marzo 2018, n. 6688, è lo stesso uso dell’espressione chance, con riferimento alla perdita della possibilità di sopravvivenza per un periodo imitato, a non apparire pertinente perchè il danno non attiene al mancato conseguimento di qualcosa che il soggetto non ha mai avuto e dunque ad una possibilità protesa verso il futuro, cui allude la chance, ma alla perdita di qualcosa che il soggetto già aveva e di cui avrebbe certamente fruito ove non fosse intervenuta l’imperizia del sanitario.
Sempre a questo proposito ha precisato Cass. 9 marzo 2018, n. 5641 che: “qualora l’evento di danno sia costituito non da una possibilità – sinonimo di incertezza del risultato sperato – ma dal (mancato) risultato stesso (nel caso di specie, la perdita anticipata della vita), non è lecito discorrere di chance perduta, bensì di altro e diverso evento di danno, senza che l’equivoco lessicale costituito, in tal caso, dalla sua ricostruzione in termini di “possibilità” possa indurre a conclusioni diverse”. Sulla base di tale criterio la pronuncia in discorso ha quindi identificato la seguente ipotesi: “la condotta colpevole ha cagionato non la morte del paziente (che si sarebbe comunque verificata) bensì una significativa riduzione della durata della sua vita ed una peggiore qualità della stessa per tutta la sua minor durata. In tal caso il sanitario sarà chiamato a rispondere dell’evento di danno costituito dalla minor durata della vita e dalla sua peggior qualità, senza che tale danno integri una fattispecie di perdita di chance – senza, cioè, che l’equivoco lessicale costituito dal sintagma “possibilità di un vita più lunga e di qualità migliore” incida sulla qualificazione dell’evento, caratterizzato non dalla “possibilità di un risultato migliore”, bensì dalla certezza (o rilevante probabilità) di aver vissuto meno a lungo, patendo maggiori sofferenze fisiche e spirituali”.