TITOLI PAC AGRICOLTURA ,SUCCESSIONE COMODATO, A CHI SPETTANO?
Il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 1287/2010, accolse la domanda, condannando la Federazione Provinciale Coldiretti di Foggia al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 34.399,57.
In particolare, il Tribunale, richiamando il Regolamento CE n. 1782/2003 ed il D.M. n. 1787 del 2004, modificato dal D.M. 15 dicembre 2005, ritenne che, dall’esame del quadro normativo regolante la materia, non si rinvenisse alcuna previsione di autorizzazione o di consenso del dante causa quale condizione necessaria per la presentazione della domanda per riconoscimento dei titoli da parte dell’avente diritto.
Affermò il giudice di primo grado che, laddove il legislatore aveva voluto condizionare la richiesta dell’acquirente dell’azienda agricola al consenso del cedente lo aveva espressamente previsto, come nel D.M. n. 1787 del 2004, art. 11. Le circolari della AGEA richiamate dalla Coldiretti avrebbero previsto il consenso anche nell’ipotesi di successione anticipata solo per i titoli di riserva, non oggetto del presente giudizio. In ogni caso, esse non avrebbero potuto contenere previsioni contrastanti con atti normativi regolamentari.
- La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Bari con la sentenza n. 966/2016 depositata il 3 novembre 2016.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che la circolare n. 507/2004 dell’Agea – che richiede, nei casi di successione anticipata (qual è la fattispecie posta in essere dal T. con l’acquisto dei terreni dalla sorella), un’esplicita dichiarazione di consenso da parte del dante causa – sia atto di natura regolamentare, idoneo a produrre effetti anche all’esterno dell’amministrazione che l’ha emanato.
La disciplina prevista dalla suddetta circolare non sarebbe poi in contrasto con il Regolamento CE 795/2004.[wpforms id=”21592″ title=”true” description=”true”]
In base ai considerando iniziali di tale regolamento, obiettivo della disciplina Europea è quello di agevolare il trasferimento dell’azienda di un agricoltore pensionato o deceduto ad un membro della famiglia o ad un erede che intenda continuare l’attività agricola. A tal fine, solo in queste ipotesi, non sarebbe necessario il consenso dell’alienante.
Nella fattispecie di successione anticipata, invece, l’alienante potrebbe avere interesse a proseguire l’attività agricola, utilizzando i titoli storici relativi al terreno ceduto, che sono legati alla persona dell’agricoltore e non alle particelle agricole. In questo caso il consenso necessario all’alienazione dei titoli sarebbe idoneo strumento posto dall’ordinamento a tutela di chi, pur cedendo ad un soggetto che potrebbe succedergli, ceda per motivazioni estranee al pensionamento. Diversamente, tale soggetto sarebbe esposto al pregiudizio di vedersi sottratti, senza un’esplicita manifestazione di volontà, i titoli di cui potrebbe comunque continuare a fruire, determinandosi una illegittima disparità di trattamento rispetto all’agricoltore che decida di trasferire il terreni a terzi diversi dai soggetti che potrebbero succedergli, il quale invece potrebbe mantenere i titoli.
Tale ragionamento, secondo la Corte d’appello, vale sia per il trasferimento dei titoli ottenuti dal cedente art. 33, ex lett. c) del regolamento 1782/2003 (c.d. titoli da riserva), sia nel caso del trasferimento dei titoli ottenuti dal cedente ai sensi del medesimo art., lett. a (c.d. titoli storici). Non vi sarebbero infatti dati normativi precisi o elementi sistematici tali da autorizzare una differenziazione tra le due categorie di titoli e di far ritenere necessario il consenso del cedente solo per la prima categoria.
Accogliendo la tesi del ricorrente, secondo cui, in caso di successione anticipata, per la domanda di fissazione dei diritti all’aiuto maturati nel triennio 2000-2002, il cessionario dell’azienda non avrebbe dovuto allegare la prova del consenso del cedente a tale fissazione, si determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra il caso di chi aveva ceduto l’azienda ad un soggetto appartenente al novero dei successibili e il caso di chi aveva ceduto l’azienda ad un soggetto terzo. Nel primo caso, il cedente sarebbe stato forzosamente spogliato della possibilità di fissare i titoli a proprio nome.
Nè si potrebbe sostenere che una simile tesi trovi conferma nel fatto che mentre il D.M. 5 agosto 2004, art. 4 attuando una facoltà prevista dall’art. 17, par. 3, comma 2 reg. 795/2004, prevede che, nei contratti privati di vendita, l’acquirente potesse presentare domanda di fissazione del titolo all’aiuto a nome del venditore e con l’esplicita autorizzazione di questo, per i casi di successione anticipata, l’art. 13, comma 1 dello stesso reg. 795/2004 prevedeva che gli agricoltori che avessero ricevuto l’azienda o parte dell’azienda per successione potessero presentare la domanda direttamente a proprio nome.
Infatti, da tali norme emerge solo che, nel caso di vendita di azienda o di una sua parte insieme ai diritti all’aiuto (o di parte di essi) che fosse stata conclusa entro la scadenza del termine di presentazione di una domanda nell’ambito del regime di pagamento unico nel suo primo anno di applicazione, la presentazione della domanda di fissazione dei diritti all’aiuto doveva essere presentata dal venditore, ovvero (laddove lo Stato avesse esercitato l’opzione) a suo nome, previa esplicita autorizzazione, da parte dell’acquirente. Laddove tale vendita avesse integrato la fattispecie di successione anticipata, invece, la domanda poteva essere presentata direttamente dall’acquirente a nome proprio.
Le suddette norme non consentono invece di escludere che, anche nel caso di trasferimento di azienda integrante la successione anticipata, per il trasferimento dei diritti all’aiuto maturati nel triennio di riferimento dovesse esserci il consenso del cedente e che tale consenso dovesse essere dimostrato in sede di domanda di fissazione.
5.2.1. Ritenuta legittima l’interpretazione della normativa comunitaria fornita dalla circolare dell’Agea ed applicata dalla Federazione Provinciale Coldiretti di Foggia, ne consegue che nessuna responsabilità può essere riconosciuta in capo alle stesse resistenti per la perdita da parte del T. del diritto agli aiuti comunitari.
Ma il motivo sarebbe ugualmente infondato in quanto “la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge, non contenendo esse norme di diritto, ma essendo piuttosto qualificabili come atti unilaterali, in riferimento ai quali può essere denunciata per cassazione soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nella misura in cui essi sono applicabili anche agli atti unilaterali, ovvero i vizi di motivazione” (Cass. n. 16612/2008).
Inoltre il giudice del merito non solo ha escluso che la circolare fosse contra legge ma ha anche chiarito che in ogni caso la mancata disapplicazione della circolare non poteva costituire ragione di accoglimento di una domanda di danni per mancanza dell’elemento soggettivo dell’illecito. E tale affermazione, integrante un’autonoma ratio decidendi, non è stata adeguatamente censurata dal ricorrente.
Da quanto sopra detto consegue l’assorbimento del terzo e del quarto motivo di ricorso.
Cassazione civile sez. III, 24/04/2019, (ud. 17/12/2018, dep. 24/04/2019), n.11199
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12763-2017 proposto da:
T.V., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIUSEPPE DE MAIO giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FEDERAZIONE PROVINCIALE COLDIRETTI FOGGIA, in persona del suo
Presidente p.t. Dott. D.F.G., domiciliata ex lege in
ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTEDI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dall’avvocato MICHELE FARES giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
AGEA AGENZIA EROGAZIONI AGRICOLTURA, in persona del Direttore pro
tempore, domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è rappresentata e difesa
per legge;
– resistente –
avverso la sentenza n. 966/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il n/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
Fatto
RILEVATO
che:
Nel 2006, T.V. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Foggia, la Federazione Provinciale Coldiretti di Foggia, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per la perdita dei titoli comunitari per l’aiuto al settore agricolo di cui al Regolamento 1782/2003/CE.
Espose di aver acquistato il 30 dicembre 2003 alcuni terreni agricoli dalla sorella T.G.; di essersi rivolto, ai fini degli adempimenti necessari per il calcolo dei suddetti titoli, all’ufficio di (OMISSIS) della Federazione Provinciale della Coldiretti di Foggia, di cui era associato; che la Federazione gli aveva erroneamente richiesto, per la registrazione del mutamento della posizione aziendale consistente nell’acquisto del terreno dalla sorella, il consenso di quest’ultima; che, non essendo intervenuto tale consenso, si era determinata la perdita definitiva dei titoli relativi all’acquisto e delle somme annuali ad essi collegate erogate dalla Comunità Europea, con conseguente deprezzamento della sua azienda. Si costituì in giudizio la Federazione Provinciale Coldiretti di Foggia, la quale chiese il rigetto della domanda esponendo di non aver potuto registrare il mutamento della posizione del T. con riferimento al terreno acquistato dalla sorella per mancanza del consenso di questa.
Il giudice istruttore, a seguito delle difese svolte dalla convenuta, rilevò l’interesse del T. a chiamare in giudizio anche l’AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, che, non costituendosi, veniva dichiarata contumace.
Il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 1287/2010, accolse la domanda, condannando la Federazione Provinciale Coldiretti di Foggia al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 34.399,57.
In particolare, il Tribunale, richiamando il Regolamento CE n. 1782/2003 ed il D.M. n. 1787 del 2004, modificato dal D.M. 15 dicembre 2005, ritenne che, dall’esame del quadro normativo regolante la materia, non si rinvenisse alcuna previsione di autorizzazione o di consenso del dante causa quale condizione necessaria per la presentazione della domanda per riconoscimento dei titoli da parte dell’avente diritto.
Affermò il giudice di primo grado che, laddove il legislatore aveva voluto condizionare la richiesta dell’acquirente dell’azienda agricola al consenso del cedente lo aveva espressamente previsto, come nel D.M. n. 1787 del 2004, art. 11. Le circolari della AGEA richiamate dalla Coldiretti avrebbero previsto il consenso anche nell’ipotesi di successione anticipata solo per i titoli di riserva, non oggetto del presente giudizio. In ogni caso, esse non avrebbero potuto contenere previsioni contrastanti con atti normativi regolamentari.
- La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Bari con la sentenza n. 966/2016 depositata il 3 novembre 2016.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che la circolare n. 507/2004 dell’Agea – che richiede, nei casi di successione anticipata (qual è la fattispecie posta in essere dal T. con l’acquisto dei terreni dalla sorella), un’esplicita dichiarazione di consenso da parte del dante causa – sia atto di natura regolamentare, idoneo a produrre effetti anche all’esterno dell’amministrazione che l’ha emanato.
La disciplina prevista dalla suddetta circolare non sarebbe poi in contrasto con il Regolamento CE 795/2004.
In base ai considerando iniziali di tale regolamento, obiettivo della disciplina Europea è quello di agevolare il trasferimento dell’azienda di un agricoltore pensionato o deceduto ad un membro della famiglia o ad un erede che intenda continuare l’attività agricola. A tal fine, solo in queste ipotesi, non sarebbe necessario il consenso dell’alienante.
Nella fattispecie di successione anticipata, invece, l’alienante potrebbe avere interesse a proseguire l’attività agricola, utilizzando i titoli storici relativi al terreno ceduto, che sono legati alla persona dell’agricoltore e non alle particelle agricole. In questo caso il consenso necessario all’alienazione dei titoli sarebbe idoneo strumento posto dall’ordinamento a tutela di chi, pur cedendo ad un soggetto che potrebbe succedergli, ceda per motivazioni estranee al pensionamento. Diversamente, tale soggetto sarebbe esposto al pregiudizio di vedersi sottratti, senza un’esplicita manifestazione di volontà, i titoli di cui potrebbe comunque continuare a fruire, determinandosi una illegittima disparità di trattamento rispetto all’agricoltore che decida di trasferire il terreni a terzi diversi dai soggetti che potrebbero succedergli, il quale invece potrebbe mantenere i titoli.
Tale ragionamento, secondo la Corte d’appello, vale sia per il trasferimento dei titoli ottenuti dal cedente art. 33, ex lett. c) del regolamento 1782/2003 (c.d. titoli da riserva), sia nel caso del trasferimento dei titoli ottenuti dal cedente ai sensi del medesimo art., lett. a (c.d. titoli storici). Non vi sarebbero infatti dati normativi precisi o elementi sistematici tali da autorizzare una differenziazione tra le due categorie di titoli e di far ritenere necessario il consenso del cedente solo per la prima categoria.
Il giudice di secondo grado ha comunque ritenuto che già solo la scelta del T. di non chiedere in alternativa l’accesso ai titoli di riserva, per i quali non vi sarebbe stato il problema del consenso della sorella, potrebbe essere ritenuta fattore causativo del danno in via esclusiva o quantomeno largamente predominante.
Infine, secondo la Corte, anche qualora l’interpretazione del T. fosse stata corretta, tenuto conto che la Federazione agiva quale mandataria a titolo gratuito (come riconosciuto dal Tribunale, senza che vi sia stato sul punto dissenso), non sarebbe stato dalla stessa esigibile di dar corso all’interpretazione alternativa richiesta dal T. invece che a quella dell’Agea, che il funzionario della Federazione era tenuto legalmente a rispettare sotto pena di responsabilità erariale/disciplinare.
Di conseguenza, la Corte di merito ha escluso la responsabilità dell’Agea (della quale, comunque, il T. non avrebbe chiesto in sede di appello incidentale la condanna) per aver diramato la circolare contenente la prescrizione restrittiva e, a fortiori, la responsabilità della Federazione Provinciale Coldiretti per aver fatto applicazione della predetta circolare.
- Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione, sulla base di cinque motivi, il signor T.V.. Ha depositato anche memoria.
3.1. Resiste con controricorso la Federazione Provinciale Coldiretti di Foggia. L’Agea si è costituita al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione della causa.
Diritto
CONSIDERATO
che:
4.1. Con il primo motivo, il T. lamenta la “nullità e/o inesistenza della sentenza n. 966/2016, emessa dalla Corte d’Appello di Bari per mancanza di sottoscrizione autografa”.
La sentenza sarebbe stata depositata in forma cartacea e pubblicata telematicamente con l’apposizione della sola firma digitale del cancelliere. L’originale cartaceo custodito presso la Corte di Bari sarebbe costituito da una mera fotocopia, in cui la sottoscrizione del Presidente relatore e le firme a margine sarebbero semplici fotoriproduzioni.
Tale circostanza, unitamente al fatto che sono totalmente assenti i timbri di unione delle pagine e che manca parte del testo della stessa sentenza, renderebbero incerta la provenienza del documento e la sua integrità, oltre che difficile la comprensione delle motivazioni alla base della decisione.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli articoli del regolamento CE n. 1782/2003, e delle norme da esso richiamate, che ha introdotto il regime unico di pagamento degli aiuti comunitari in agricoltura, sotto forma di titoli individuali e, in particolar modo, dell’art. 33, p. 2”.
Secondo il ricorrente, nei casi di successione anticipata, la domanda degli agricoltori che abbiano ricevuto l’azienda o parte dell’azienda perchè siano calcolati i diritti di aiuto corrispondenti all’azienda o alla parte di azienda ricevuta deve essere presentata in coerenza con gli artt. 12 e 13 del Reg. CE 796/2004.
Solo per i casi di acquisto di aziende o parti di esse da terzi a cui non si succede per successione legittima, le modalità di presentazione della domanda per l’acquisizione dei titoli sarebbero regolate dall’art. 11 del D.M. citato, che prescrive la necessaria autorizzazione del venditore.
Il legislatore avrebbe quindi distinto chiaramente, a tutela della continuità aziendale tra consanguinei, ai fini della normativa PAC, le due situazioni fattuali di acquisto da parte di un successibile e di acquisto da parte di un terzo.
Ciò sarebbe confermato dalla collocazione della disciplina dell’una e dell’altra fattispecie all’interno del D.M. di recepimento del Regolamento CE.
Del resto, la stessa circolare 11 ottobre 2004 n. ACIU.204.507, applicata erroneamente dalla Coldiretti, nel ritenere necessario il consenso del dante causa, si riferirebbe solo all’ipotesi prevista dall’art. 20 del reg. CE 795/2004, ovvero di successione anticipata in relazione a titoli diversi da quelli richiesti dal ricorrente (quelli c.d. da riserva e non quelli c.d. storici) nei casi di successione relativa a terre che nel periodo di riferimento erano date in affitto a terzi. In questo caso, il consenso del dante causa sarebbe necessario perchè il trasferimento dei titoli avverrebbe tra il terzo affittuario ed il successore e perchè i titoli dovrebbero dapprima essere fissati in capo al cedente e solo dopo possono essere trasferiti tramite il consenso di questi.
Inoltre, la citata circolare costituirebbe un addendum alla circolare 5 ottobre 2004, n. 491, la quale, nell’indicare i documenti giustificativi previsti per il riconoscimento delle fattispecie di successione anticipata, non richiederebbe la dichiarazione di consenso del dante causa.
Accogliendo un’interpretazione diversa, non si avrebbe alcuna differenza tra l’acquisto da terzi e la successione anticipata e non si spiegherebbe quindi per quale ragione il legislatore abbia voluto distinguere creando quest’ultima figura.
Se anche la circolare dovesse essere interpretata secondo quanto sostiene la sentenza d’appello, essa sarebbe illegittima per violazione del principio di gerarchia delle fonti, in quanto limiterebbe inammissibilmente un diritto soggettivo previsto da una norma di grado superiore.
Non potrebbe poi essere attribuita la responsabilità per l’accaduto al T., per non aver chiesto i titoli da riserva, atteso che la circostanza di aver proposto tale alternativa non sarebbe stata dimostrata dalla Federazione.
4.3. Con il terzo motivo, il T. lamenta la “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza nello stabilire che la Federazione Provinciale agì quale semplice mandatario a titolo gratuito”. Il giudice dell’appello avrebbe omesso di considerare che, sin dalla costituzione in giudizio di primo grado, l’attore aveva depositato ricevuta di pagamento a firma del responsabile della sede Coldiretti di (OMISSIS), che riportava, tra le altre voci, anche quella relativa al pagamento di Euro, 40,00 per PAC 2004.
Tale documento non era stato oggetto di contestazione e, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte barese, l’affermazione del Tribunale secondo cui il mandato sarebbe stato a titolo gratuito era stata contestata nel giudizio di appello (p. 9 comparsa di costituzione e risposta e proposizione di appello incidentale).
Alla luce di ciò, gli obblighi della Coldiretti nei confronti del T. avrebbero dovuto essere valutati alla luce dei principi generali della diligenza, della prudenza e della perizia.
4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza nello stabilire che non è stato proposto appello incidentale da parte del T. nei confronti dell’Agea”.
Nelle conclusioni della comparsa di costituzione e risposta e proposizione di appello incidentale, il ricorrente avrebbe espressamente richiesto, in via subordinata, di accertare l’illegittimità della circolare per violazione del principio di gerarchia delle fonti e condannare l’Agea o la Coldiretti, per quanto di rispettiva competenza, ed in forza delle reciproche responsabilità al risarcimento del danni.
4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza nel liquidare le competenze dell’appello da rifondere alla Federazione Provinciale Coldiretti”.
La somma degli importi liquidati dalla Corte d’appello a titolo di spese da rifondere alla Federazione da parte del T. sarebbe pari a 4.500 e non Euro 5.500 come erroneamente indicato nel dispositivo della sentenza.
5.1. Il primo motivo è infondato laddove non è inammissibile per mancanza di decisività.
La Federazione controricorrente produce certificazione della Corte d’appello di Bari dalla quale risulta l’autenticità delle firme apposte dal Presidente relatore su ogni singola pagina della sentenza impugnata, nonchè della firma del cancelliere in calce alla stessa.
Nè può costituire causa di nullità della sentenza la circostanza che manchino alcune righe della stessa sentenza, nella parte in cui la Corte d’appello ricostruisce il quadro normativo Europeo che regola la vicenda in esame, posto che tale incompletezza non incide sulla comprensibilità delle motivazioni della decisione.
5.2. Il secondo motivo è infondato.
Al riguardo, occorre preliminarmente fornire un quadro della riforma che, nel 2003, ha investito il settore di intervento comunitario afferente alla politica agricola comune (PAC) ed in particolare i regimi di sostegno all’agricoltura.
Le linee fondamentali del sistema istituito dalla riforma sono state tracciate dal legislatore comunitario nel regolamento n. 1782/2003 e ss.mm., nonchè nei regolamenti n. 795/2004 e 796/2004, i quali hanno previsto le modalità di applicazione di alcune sue disposizioni.
Tale riforma ha poi richiesto l’adozione, da parte degli Stati membri, di norme di attuazione per l’esercizio delle opzioni in esso contenute e per la definizione delle disposizioni tecniche.
L’Italia ha dato attuazione alla riforma della PAC con D.M. 5 agosto 2004, n. 1787, cui sono seguite circolari di Coordinamento dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), organismo nazionale deputato alla gestione centralizzata del regime di pagamento unico.
Tra le innovazioni più rilevanti apportate dalla riforma vi è l’introduzione di un regime di sostegno agli agricoltori che, diversamente dai precedenti, prevede un unico pagamento, svincolato dalla produzione nei vari settori di intervento (seminativi, bovini, ecc.), e legato esclusivamente all’estensione della superficie aziendale complessivamente destinata ad attività agricola, con il solo vincolo che siano mantenute buone condizioni agronomiche e ambientali e che siano rispettate le norme relative all’ambiente, alla sicurezza alimentare e al benessere e alla salute degli animali.
L’importo del sussidio da corrispondere a ciascun agricoltore – ovvero il pagamento unico – è suddiviso in quote (chiamate dal legislatore comunitario “diritti all’aiuto” e da quello nazionale “titoli all’aiuto”), suscettibili di formare oggetto di atti negoziali tra privati.
In base all’art. 33 del regolamento 1782/2003 i soggetti aventi diritto all’iniziale assegnazione del sussidio erano:
- a) gli agricoltori che avevano fruito, nel triennio 2000-2002, di sussidi a titolo di almeno uno dei regimi di sostegno elencati nell’allegato VI del medesimo regolamento;
- b) i soggetti che avevano ricevuto l’azienda o parte di essa in via ereditaria (effettiva o anticipata) da un agricoltore che aveva beneficiato nel triennio di riferimento di almeno uno dei suddetti aiuti;
- c) i soggetti che avevano ricevuto un diritto all’aiuto per trasferimento o dalla riserva nazionale, alimentata con i diritti all’aiuto non utilizzati o attraverso trattenute sulle vendite di diritti.
Il diritto all’assegnazione del sussidio sorgeva in capo ai soggetti sopra elencati per il solo fatto di trovarsi in una delle circostanze previste dal regolamento, ed era subordinato soltanto alla presentazione della domanda di fissazione dei titoli all’aiuto, al possesso, a tale data, della qualifica di agricoltore e alla disponibilità di un’azienda di dimensioni minime non inferiori a 0,3 ettari.
Come si evince dalla norma citata, i diritti all’aiuto sono trasferibili.
Il trasferimento dei diritti per atto tra vivi è disciplinato dall’art. 46 del regolamento di base e dagli artt. 25 ss. del regolamento applicativo n. 795/2004. Sono previste alcune limitazioni: soggettive, in quanto i cessionari devono essere agricoltori; oggettive, in quanto l’agricoltore cessionario dev’essere stabilito nello stesso Stato membro del cedente, e ogni Stato membro può ulteriormente decidere che il trasferimento o l’utilizzazione dei titoli possa avvenire solamente all’interno della stessa regione; il trasferimento presuppone che il titolo sia stato assegnato definitivamente; sono esclusi dal regime di trasferibilità, per un periodo di cinque anni dalla loro attribuzione, i diritti all’aiuto fissati utilizzando la riserva nazionale.
Il trasferimento può essere definitivo o temporaneo. Nel primo caso, esso può avvenire a qualsiasi titolo e può prescindere dal trasferimento di terreni: è infatti possibile cedere i soli diritti all’aiuto (dopo che il cedente li abbia utilizzati per almeno l’80% e per almeno un anno civile, salvo cause di forza maggiore o circostanze eccezionali) e sarà quindi onere del cessionario, al momento della presentazione della domanda di aiuto, abbinare ad essa un numero adeguato di ettari ammissibili all’aiuto medesimo (art. 46, par. 2, reg. n. 1782/03). In caso di trasferimento temporaneo la normativa richiede, invece, che ad esso si accompagni il trasferimento di un numero equivalente di ettari ammissibili. In particolare, in caso di affitto, i diritti all’aiuto e gli ettari ammissibili sono affittati per la stessa durata.
Il regolamento applicativo 795/04 consente agli Stati membri di imporre una trattenuta di parte di diritti trasferiti in favore della riserva nazionale, nel rispetto di percentuali massime previste nel medesimo regolamento a seconda delle fattispecie (l’Italia si era inizialmente avvalsa di tale facoltà, poi eliminata ad opera del D.M. 22 marzo 2007).
L’acquisto del diritto all’aiuto può avvenire anche come conseguenza del subentro nell’azienda o in parte di essa per successione mortis causa (c.d. effettiva) ad un agricoltore che aveva maturato il diritto al pagamento, in conseguenza del decesso dello stesso.
Il regolamento 1782/2003 prevede l’ulteriore fattispecie della successione anticipata. Al riguardo, l’art. 13 par. 5 del regolamento applicativo n. 795/2004 chiarisce che, “ai fini dell’art. 33, p. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 1782/2003 e del presente regolamento, vale la definizione di successione e successione anticipata prevista dal diritto nazionale”.
L’ordinamento italiano, al momento dell’entrata in vigore del regolamento in oggetto, non conosceva l’istituto della successione anticipata, così che tale possibile forma di trasmissione dei diritti all’aiuto non sarebbe stata percorribile per gli agricoltori italiani. Al momento dell’attuazione della normativa comunitaria tramite il D.M. 5 agosto 2004, il legislatore nazionale ha deciso di prevedere alcune specifiche ipotesi riconducibili al concetto di successione anticipata, stabilendosi tra l’altro che nella defmizione in oggetto rientrano tutti i casi in cui un agricoltore abbia ricevuto a qualsiasi titolo l’azienda o parte di essa precedentemente gestita da altro agricoltore, al quale il primo può succedere per successione legittima (art. 3, comma 1, lett. b).
Di conseguenza, la successione anticipata, seppur trattata unitamente a quella effettiva, deve in realtà essere annoverata nell’ambito dei trasferimenti inter vivos, con la peculiarità che siffatto trasferimento è eseguito in favore di un successibile del disponente.
Rispetto al regime degli ordinari trasferimenti inter vivos, il trasferimento del diritto all’aiuto eseguito per successione anticipata (come anche quello avvenuto per successione mortis causa) sfugge ad alcune delle limitazioni sopra indicate.
Ad esempio, nel caso di successione effettiva o anticipata, non si applica la limitazione in base alla quale i diritti all’aiuto possono essere trasferiti soltanto ad altro agricoltore stabilito nello stesso Stato membro, nè il divieto di trasferimento dei titoli fissati utilizzando la riserva nazionale per un periodo di cinque che avvengano per successione effettiva o anticipata (rispettivamente, artt. 46 e 42 reg. n. 1782/2003). Inoltre, l’art. 9 reg. 795/2004 esclude l’applicabilità di qualsivoglia ritenuta, tra l’altro, in caso di trasferimento dei diritti per successione effettiva o anticipata. Alla luce del quadro complessivo della disciplina PAC sopra illustrato, appare condivisibile la decisione di primo grado, che ha ritenuto legittima l’interpretazione della normativa fornita dalla Federazione, sulla base della circolare Agea dell’11/10/2004 (la quale richiede, per tutti i casi di successione anticipata e non solo per quelli solo per la successione nei titoli da riserva, l’esplicita dichiarazione di consenso del dante causa con sottoscrizione autenticata).
In particolare, correttamente la Corte d’appello ha evidenziato che la successione anticipata rappresenta una fattispecie “ibrida”.
Come si è detto, infatti, essa costituisce una peculiare ipotesi di trasferimento inter vivos dell’azienda, cui il legislatore Europeo, in considerazione dell’interesse alla continuità aziendale, riconosce alcune agevolazioni ai fini della trasmissione degli aiuti, non rilevando ad esempio il luogo in cui è stabilito il cessionario e non essendo applicabili decurtazioni nell’importo degli aiuti comunitari (anche se sotto quest’ultimo profilo, stante l’eliminazione delle trattenute anche sulle cessioni dei titoli operate inter vivos, nella legislazione italiana è venuta meno la specialità della disciplina).
Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, invece, nè la disciplina comunitaria, nè quella nazionale, prevedono un regime differenziato quanto ai documenti giustificativi necessari per la domanda iniziale di fissazione dei diritti all’aiuto maturati in relazione all’azienda trasferita, a seconda che il trasferimento di azienda fosse avvenuto per ordinario atto tra vivi o per atto rientrante nella fattispecie della successione anticipata.
Infatti, entro il termine di presentazione della domanda di fissazione per il primo anno di applicazione del regime di pagamento unico, ogni agricoltore attivo nel corso del triennio di riferimento, anche se aveva ceduto l’intera azienda (2000-2002), poteva scegliere di fissare a proprio nome tutti i titoli maturati, a condizione di dichiarare nella domanda almeno 0,3 ha di terreno.
Accogliendo la tesi del ricorrente, secondo cui, in caso di successione anticipata, per la domanda di fissazione dei diritti all’aiuto maturati nel triennio 2000-2002, il cessionario dell’azienda non avrebbe dovuto allegare la prova del consenso del cedente a tale fissazione, si determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra il caso di chi aveva ceduto l’azienda ad un soggetto appartenente al novero dei successibili e il caso di chi aveva ceduto l’azienda ad un soggetto terzo. Nel primo caso, il cedente sarebbe stato forzosamente spogliato della possibilità di fissare i titoli a proprio nome.
Nè si potrebbe sostenere che una simile tesi trovi conferma nel fatto che mentre il D.M. 5 agosto 2004, art. 4 attuando una facoltà prevista dall’art. 17, par. 3, comma 2 reg. 795/2004, prevede che, nei contratti privati di vendita, l’acquirente potesse presentare domanda di fissazione del titolo all’aiuto a nome del venditore e con l’esplicita autorizzazione di questo, per i casi di successione anticipata, l’art. 13, comma 1 dello stesso reg. 795/2004 prevedeva che gli agricoltori che avessero ricevuto l’azienda o parte dell’azienda per successione potessero presentare la domanda direttamente a proprio nome.
Infatti, da tali norme emerge solo che, nel caso di vendita di azienda o di una sua parte insieme ai diritti all’aiuto (o di parte di essi) che fosse stata conclusa entro la scadenza del termine di presentazione di una domanda nell’ambito del regime di pagamento unico nel suo primo anno di applicazione, la presentazione della domanda di fissazione dei diritti all’aiuto doveva essere presentata dal venditore, ovvero (laddove lo Stato avesse esercitato l’opzione) a suo nome, previa esplicita autorizzazione, da parte dell’acquirente. Laddove tale vendita avesse integrato la fattispecie di successione anticipata, invece, la domanda poteva essere presentata direttamente dall’acquirente a nome proprio.
Le suddette norme non consentono invece di escludere che, anche nel caso di trasferimento di azienda integrante la successione anticipata, per il trasferimento dei diritti all’aiuto maturati nel triennio di riferimento dovesse esserci il consenso del cedente e che tale consenso dovesse essere dimostrato in sede di domanda di fissazione.
5.2.1. Ritenuta legittima l’interpretazione della normativa comunitaria fornita dalla circolare dell’Agea ed applicata dalla Federazione Provinciale Coldiretti di Foggia, ne consegue che nessuna responsabilità può essere riconosciuta in capo alle stesse resistenti per la perdita da parte del T. del diritto agli aiuti comunitari.
Ma il motivo sarebbe ugualmente infondato in quanto “la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge, non contenendo esse norme di diritto, ma essendo piuttosto qualificabili come atti unilaterali, in riferimento ai quali può essere denunciata per cassazione soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nella misura in cui essi sono applicabili anche agli atti unilaterali, ovvero i vizi di motivazione” (Cass. n. 16612/2008).
Inoltre il giudice del merito non solo ha escluso che la circolare fosse contra legge ma ha anche chiarito che in ogni caso la mancata disapplicazione della circolare non poteva costituire ragione di accoglimento di una domanda di danni per mancanza dell’elemento soggettivo dell’illecito. E tale affermazione, integrante un’autonoma ratio decidendi, non è stata adeguatamente censurata dal ricorrente.
Da quanto sopra detto consegue l’assorbimento del terzo e del quarto motivo di ricorso.
5.3. Il quinto motivo è infondato.
L’erronea indicazione, nel dispositivo della sentenza impugnata, della somma complessiva liquidata a titolo di spese giudiziali costituisce mero errore materiale, che non richiede la cassazione della sentenza essendo emendabile attraverso la semplice correzione dell’errore.
- La Corte rigetta il ricorso. In considerazione dell’esito alternato dei giudizi di merito si ritiene di dover compensare le spese del giudizio di legittimità.
- Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2019