AVVOCATO MATRIMONIALISTA DIVORZISTA BOLOGNA
SEPARAZIONI BOLOGNA AVVOCATO PER SEPARAZIONE :TENORE DI VITA
Con l presente sentenza della Suprema Corte si stabilisce che il criterio del tenore di vita viene meno anche per la separazione e assegno di mantenimento per ex coniuge
Al momento della separazione o del divorzio, i problemi più grossi per i coniugi riguardano:
– la gestione dei figli,
– la quantificazione del loro mantenimento (sia per i figli minorenni, sia per i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti),
– il mantenimento del coniuge più debole,
– la divisione del patrimonio comune e, infine,
– l’assegnazione della casa coniugale (il diritto di abitazione sulla casa familiare).
E’ inutile negare che tutti questi elementi danno vita ad un notevole contenzioso.
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- Quanto alla misura dell’assegno che il ricorrente contesta con il quarto motivo di ricorso si osserva che la sentenza della Corte distrettuale appare pienamente conforme alla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. S.U. n. 18287 dell’11 luglio 2018) secondo cui “la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Risulta pertanto priva di rilevanza la richiesta di provare l’alto tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e la rilevante consistenza del patrimonio della sig.ra F. dovendosi attribuire all’assegno divorzile, alla luce della giurisprudenza di legittimità, una funzione assistenziale ampiamente soddisfatta dalla misura dell’assegno riconosciuto al ricorrente e una funzione compensativa che non trova riscontro nelle sue deduzioni difensive e istruttorie.
Non è mai facile essere la moglie o il marito di qualcuno. Condividere la vita in ogni sua sfaccettatura con un’altra persona che decidi di sposare nel momento della massima passione e amore. Il difficile viene col tempo che passa, quando tutto si palesa nel bene e nel male e se non c’è un progetto d’amore più ampio, è facile arrivare alla separazione.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Ordinanza 15 ottobre 2019, n. 26084
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente – Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere – Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
A.A.I., elettivamente domiciliato in Roma, via F. Corridoni 4, presso il procuratore e domiciliatario avv. Ermanno Prastaro, con la difesa dell’avv. Massimo Affatati, per procura in calce al ricorso e con richiesta di ricevere le comunicazioni relative al ricorso presso il fax 06/3207160 e la p.e.c. ermannopastraro.ordineavvocatiroma.org ovvero presso la p.e.c. massimoaffatati.ordineavvocatipadova.it e il 049/8763266;
– ricorrente –
nei confronti di:
F.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1431/2017 della Corte di appello di Venezia emessa il 24 aprile 2017 e depositata il 7 luglio 2017 R.G. n. 508/2017;
sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore Cons. Dott. Giacinto Bisogni. Svolgimento del processo
- La sig.ra F.M. ha proposto davanti al Tribunale di Padova domanda di separazione nei confronti del sig. A.A.I. con il quale aveva contratto matrimonio a (OMISSIS). Non si è costituito il convenuto e il Tribunale ha accolto la domanda senza imporre alcun
assegno di mantenimento stante la condizione di autosufficienza economica di entrambe le parti.
- A.A.I. ha proposto appello rilevando la nullità del procedimento di primo grado per non essere stato convocato a presenziare all’udienza presidenziale e per non avere ricevuto la notifica dell’ordinanza di fissazione dell’udienza davanti al giudice istruttore e ha chiesto la rimessione della causa davanti al primo giudice. Nel merito ha contestato la decisione che aveva accertato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza dei coniugi esclusivamente sulla base delle dichiarazioni unilaterali della sig.ra F. non confermate da allegazioni probatorie nè da accertamento officioso.
- La Corte di Appello di Venezia (con sentenza n. 1431/17) ha dichiarato la nullità del procedimento di primo grado per mancata convocazione dell’odierno ricorrente per l’udienza di comparizione davanti al Presidente. Tuttavia ha deciso la causa escludendo che ricorresse alcuna ipotesi di rimessione al primo giudice. Nel merito ha ritenuto infondata la richiesta di accertare la non irreversibilità della crisi coniugale. Ha imposto alla sig.ra F. un assegno di mantenimento mensile di 1.500 Euro.
- Ricorre il sig. A.A.I. che con i primi due motivi sostiene che la dichiarazione di nullità del procedimento comportava la rimessione al primo giudice. Afferma poi, con il terzo motivo, che non poteva dichiararsi la separazione in mancanza della prova della irreversibilità della crisi coniugale. Rileva che la F. ha continuato a comportarsi come sempre nonostante l’azione in giudizio e ha ripetutamente effettuato elargizioni di denaro in suo favore. Con il quarto motivo chiede che subordinatamente l’assegno di mantenimento sia rideterminato in 6.000 Euro mensili. Chiede infine con il quinto motivo di essere rimesso in termini per acquisizione documentale su redditi e cespiti patrimoniali relativi alla sig.ra F..
Motivi della decisione
5 Nei procedimenti che iniziano con la notifica dell’atto di citazione, le disposizioni dell’art. 175 c.p.c., comma 2 e art. 168 bis c.p.c., commi 4 e 5, non consentono che l’udienza fissata nell’atto introduttivo sia anticipata d’ufficio, sicchè il provvedimento anticipatorio, se non notificato al convenuto, impedisce l’instaurazione di un rapporto processuale tra le parti ed è nullo e la nullità travolge gli atti successivi per violazione del contraddittorio nei riguardi del convenuto non costituitosi; qualora, in tal caso, il convenuto contumace impugni la sentenza, il giudice di appello, esulando il caso da quelli previsti agli artt. 353 c.p.c. e segg., deve decidere la causa nel merito, dopo aver dichiarato la nullità del procedimento di primo grado ed aver consentito le attività della stessa impedite (Cass. Civ. sez. I nn. 26361 del 7 dicembre 2011 e Cass. Civ. 8713 del 29 aprile 2015).
- Quanto al terzo motivo deve rilevarsi che, ai sensi dell’art. 151 c.c., la separazione dei coniugi deve trovare causa e giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza, intesa come fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno della vita dei coniugi, purchè oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di
entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere da una condizione di disaffezione al matrimonio di una sola delle parti, che renda incompatibile la convivenza e che sia verificabile in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità (cfr. Cass. Civ. sez. I, n. 8713 del 29 aprile 2015). Infatti in tema di separazione tra coniugi, la situazione di intollerabilità della convivenza va intesa in senso soggettivo, non essendo necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, verificabile in base a fatti obiettivi, come la presentazione stessa del ricorso ed il successivo comportamento processuale, (e, in particolare alle negative risultanze del tentativo di conciliazione), dovendosi ritenere, in tali evenienze, venuto meno quel principio del consenso che, con la riforma attuata attraverso la L. 19 maggio 1975, n. 151, caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale (cfr. Cass. Civ. sez. I n. 1164 del 21 gennaio 2014 e Cass. civ. sez. I n. 3356 del 14 febbraio 2007).
- Quanto infine alla misura dell’assegno che il ricorrente contesta con il quarto motivo di ricorso si osserva che la sentenza della Corte distrettuale appare pienamente conforme alla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. S.U. n. 18287 dell’11 luglio 2018) secondo cui “la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Risulta pertanto priva di rilevanza la richiesta di provare l’alto tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e la rilevante consistenza del patrimonio della sig.ra F. dovendosi attribuire all’assegno divorzile, alla luce della giurisprudenza di legittimità, una funzione assistenziale ampiamente soddisfatta dalla misura dell’assegno riconosciuto al ricorrente e una funzione compensativa che non trova riscontro nelle sue deduzioni difensive e istruttorie.
- Il ricorso va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione e con ricognizione, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, dell’obbligo del versamento di somma pari a quella corrispondente al contributo unificato gravante sul ricorrente al momento della iscrizione a ruolo del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019
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Sei separata e vai a convivere con un altro ?
Addio per sempre all’assegno.
La Cassazione conferma l’orientamento più volte espresso sul venir meno del diritto al mantenimento in caso di nuova convivenza per l’ex moglie. Con l’ordinanza n. 4649/2017, la sesta sezione civile, infatti, ha ribaltato la decisione dei giudici di merito che avevano disposto l’obbligo per un uomo di corrispondere all’ex moglie un assegno mensile di 250 euro, a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Gli Ermellini hanno accolto l’argomentazione sostenuta dal ricorrente, ritenendo che non si potesse trascurare la circostanza che la donna avesse intrapreso una nuova convivenza; un fatto che metteva in discussione la legittimità del mantenimento e imponeva quindi la cessazione del diritto all’assegno divorzile.
I Giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che, in relazione al diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio, in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, “il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale da uno dei coniugi viene meno di fronte alla instaurazione, da parte di questi, di una famiglia, ancorché di fatto, costituita da uno stabile modello di vita in comune, con la nascita di figli ed il trasferimento del nuovo nucleo in una abitazione messa a disposizione dal convivente”. -
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Durata dell’assegno
La pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, operando “ex nunc” dal momento del passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale che sia iniziato anteriormente e sia tuttora in corso, ove esista l’interesse di una delle parti alla operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali, come nel caso in cui permanga quello alla definitiva regolamentazione dell’assegno fino alla cessazione dell’obbligo di mantenimento per sopravvenute nuove nozze del beneficiario di esso. (Cass. civ. Sez. I, 26/08/2013, n. 19555)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Presupposti ai fini dell’attribuzione dell’assegno in sede di separazione – Durata dell’assegno
L’assegno di mantenimento, in favore di uno dei due coniugi in regime di separazione, è dovuto fino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio, la quale segna il venir meno del presupposto di detto mantenimento, cioè del vincolo matrimoniale; con la conseguenza che questa non comporta il venir meno dell’interesse al ricorso in cassazione avverso la sentenza che riconosce e quantifica l’assegno di mantenimento.(Cass. civ. Sez. I, 15/01/2009, n. 813)
TENORE DI VITA
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Tenore di vita – Assegno di mantenimento – Non compete
Qualora la moglie goda alla luce delle sue condizioni economico patrimoniali, di un tenore di vita analogo a quello goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, e, qualora le sue condizioni economico patrimoniali siano del tutto adeguate a consentire un livello di benessere già caratterizzante la convivenza coniugale, coerentemente con la specifica funzione che l’art. 156 c.c., attribuisce all’assegno di mantenimento in favore del coniuge, viene meno il diritto all’assegno di mantenimento in quanto la stessa è in grado di mantenere autonomamente un alto tenore di vita. (Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 23-05-2013, n. 12764)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Presupposti ai fini dell’attribuzione dell’assegno in sede di separazione – Durata dell’assegno
Benché la separazione determini normalmente la cessazione di una serie di benefici e consuetudini di vita ed anche il diretto godimento di beni, il tenore di vita goduto in costanza della convivenza va identificato avendo riguardo allo “standard” di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi, tenendo quindi conto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere, oltre che di fondate aspettative per il futuro, e considerando anche l’incremento dei redditi di un coniuge e il decremento di quelli dell’altro, anche se verificatisi nelle more del giudizio di separazione, in quanto durante la separazione personale non viene meno la solidarietà economica che lega i coniugi durante matrimonio e che comporta la condivisione delle reciproche fortune nel corso della convivenza. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-03-2009, n. 6699)
L’apprezzamento circa la responsabilità di un
- coniuge nel
- determinarsi della intollerabilità della convivenza
- in ragione della violazione dei doveri matrimoniali è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di motivazione congrua e logica (ex multis, Cass. 18074/2014).In riferimento all’istruttoria svolta in primo grado è emerso, infatti, che il Pa. si era allontanato dalla casa familiare, aveva una relazione extra-coniugale e non aveva prestato alla moglie la necessaria assistenza materiale e morale, anche in relazione alle accertate condizioni di salute della In. mancando invece la prova da parte sua che la violazione dei doveri coniugali fosse successiva alla crisi matrimoniale.Peraltro la prova del nesso causale può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche per presunzioni tenuto conto dei principi di recente affermati da questa Corte nella sentenza n.16859 del 2015 così massimati:
- “In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale“.
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