RAVENNA CESENA FORLI RESPONSABILITA’ MEDICA DANNO I principi espressi in campo di responsabilita’ medica di equipe
RESPONSABILITA’ DEL SINGOLO SANITARIO PER LA CORTE SUPREMA
il principio per cui ogni sanitario è
tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altro non
opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i
compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti,
il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti,
La responsabilità medica d’équipe è una forma di responsabilità per colpa medica che si applica nei casi in cui più operatori sanitari intervengono sulla stessa persona. In questi casi, tutti gli operatori sanitari coinvolti assumono una posizione di garanzia nei confronti del paziente, e sono quindi responsabili per i danni causati dalla propria condotta negligente o imprudente.
Per poter configurare la responsabilità medica d’équipe, è necessario che sussistano i seguenti requisiti:
- La presenza di più operatori sanitari. Il concetto di equipe medica è ampio e può includere sia medici che infermieri, anestesisti, operatori tecnici, ecc.
- L’intervento degli operatori sanitari sulla stessa persona. L’intervento può avvenire in contemporanea o in successione, ma è necessario che gli operatori sanitari siano a conoscenza l’uno dell’attività dell’altro.
- Il danno al paziente. Il danno può essere fisico, psichico o patrimoniale.
La responsabilità medica d’équipe può essere sia civile che penale. In caso di responsabilità civile, il paziente può chiedere il risarcimento dei danni subiti al proprio avvocato, che potrà agire in giudizio nei confronti di tutti gli operatori sanitari coinvolti. In caso di responsabilità penale, invece, il procedimento sarà avviato dalla Procura della Repubblica, che potrà chiedere il rinvio a giudizio degli operatori sanitari coinvolti.
La responsabilità medica d’équipe è una questione complessa che richiede un’attenta valutazione dei fatti di causa. In particolare, è importante stabilire quale sia il ruolo e la responsabilità di ciascun operatore sanitario coinvolto.
Alcuni dei fattori che possono essere rilevanti per stabilire la responsabilità medica d’équipe sono:
- La posizione professionale degli operatori sanitari. Il capo équipe ha una responsabilità maggiore rispetto agli altri operatori sanitari.
- La natura dell’intervento. In caso di interventi complessi o rischiosi, la responsabilità degli operatori sanitari è maggiore.
- La presenza di errori di valutazione o di comunicazione. Gli errori di valutazione o di comunicazione possono essere considerati come elementi di colpa.
In caso di responsabilità medica d’équipe, è importante rivolgersi ad un avvocato specializzato in diritto sanitario, che potrà fornire assistenza e consulenza legale.
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Analizza in via preliminare le eventuali responsabilità dei singoli medici e sanitari, oltre che delle stesse strutture ospedaliere per capire se trattasi di episodi di malasanità;
interviene direttamente, qualora sussistano i presupposti, con la richiesta risarcitoria per malasanità nei confronti dei responsabili.
- Il risarcimento per malasanità trova accoglimento quando:
- Si accerta un errore medico
- L’errore medico ha causato un danno
- Il danno ha causato danni gravi e/o permanenti al paziente
- Questi elementi vanno comprovati e dimostrati, e quindi rivolgersi a un qualsiasi avvocato può rivelarsi un errore: meglio farsi assistere da uno studio legale preparato a seguire casi di malasanità,
- Qui di seguito trovi solo alcuni dei casi, individuati per area medica, per cui è possibile intentare una causa e per cui rivolgerti all’avvocato esperto in responsabilità medica dell’avvocato Sergio Armaroli .
- SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Sentenza 19 luglio – 4 settembre 2018, n. 39733
ritardi ed errori di diagnosi e terapia
interventi chirurgici ed endoscopici sbagliati
infezioni ospedaliere
errori ortopedici
errore medico nella diagnosi prenatale ecografica e genetica e problemi durante il parto sia naturale che cesareo
errori trasfusionali con trasmissione di infezioni come l’ epatite HCV (legge 210)
vaccinazioni inopportune e loro conseguenze
danni da chirurgia plastica e medicina estetica
violazione del consenso informato
Per altre esigenze relative a risarcimenti per errore medico e danni da malasanità, Anestesia: morte sopraggiunta nel corso dell’anestesia lesioni dovute all’intubazione
GINECOLOGIA Danni alla madre durante il parto.
Diagnosi errate per malattie ginecologiche.
Distocia della spalla.
Errate terapie per la cura della infertilità.
Erronea diagnosi prenatale.
Fratture della clavicola.
Ipossia del bambino al momento del parto.
Lesioni del plesso brachiale.
Mancata effettuazione di manovre rianimatorie sul bambino.
Mancata diagnosi di malformazioni fetali durante l’esecuzione di ecografie in epoca prenatale in tempo utile per effettuare l’interruzione di gravidanza.
Chirurgia: errata esecuzione dell’intervento inefficacia dell’intervento comunicazioni incomplete sul consenso informato scarsa assistenza post-operatoria esecuzione di interventi inadeguati errata o mancata diagnosi patologica Gli errori più frequenti in tale ambito sono:
• Errata esecuzione di interventi chirurgici.
• Aderenze post-operatorie.
RISARCIMENTO MALASANITÁ: A CHI RIVOLGERSI
COME INTERVIENE SPECIFICATAMENTE AVVOCATO SERGIO ARMAROLI BOLOGNA LUGO RAVENNA CESENA FORLI TREVISO VICENZA IN CASO DI ERRORE MEDICO?
• Emboli, tromboembolie per mancata terapia anticoagulante.
• Errato approccio terapeutico alla patologia con esecuzioni di interventi non necessari alla risoluzione del problema.
• Garze e ferri chirurgici dimenticati in corpo dopo gli interventi.
• Infezioni post-operatorie.
• Lesioni di nervi, vasi, organi adiacenti, durante interventi chirurgici.
• Mancata diagnosi di patologie.
• Mancata informazione o mancata acquisizione del consenso informato.
• Mancata risoluzione del problema per il quale è stato programmato l’intervento.
• Scarsa assistenza nel post-operatorio.
• Suture (abnormi, tolte troppo precocemente).
• Lesioni durante le intubazioni oro-tracheali.
Chirurgia Estetica: errata esecuzione dell’intervento
in caso di intervento chirurgico in equipe:
il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui (Sez. 4, n. 27314 del 20/04/2017, Puglisi, Rv. 27018901).
Il principio ora richiamato risulta coerente con l’insegnamento giurisprudenziale in base al quale :
- l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio. L’assunto è stato espresso nel confermare la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo nei confronti, oltre che del ginecologo, anche delle ostetriche, in considerazione del fatto che l’errore commesso dal ginecologo nel trascurare i segnali di sofferenza fetale non esonerava le ostetriche dal dovere di segnalare il peggioramento del tracciato cardiotocografico, in quanto tale attività rientrava nelle competenze di entrambe le figure professionali operanti in equipe (Sez. 4, n. 53315 del 18/10/2016, Paita, Rv. 26967801).
- Giova, altresì, ricordare che la Suprema Corte ha affermato che:
- il medico componente della equipe chirurgica in posizione di secondo operatore che non condivide le scelte del primario adottate nel corso dell’intervento operatorio, ha l’obbligo, per esimersi da responsabilità, di manifestare espressamente il proprio dissenso, senza che tuttavia siano necessarie particolari forme di esternazione dello stesso (Sez. 3, n. 43828 del 29/09/2015, Cavone, Rv. 26526001).
le Sezioni Unite hanno chiarito che
l’art. 590-sexies cod. pen., prevede una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 cod. pen., operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse. Ai fini di interesse, si osserva in particolare che secondo diritto vivente la suddetta causa di non punibilità non è applicabile ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, nè in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse (Sez. U, n. 8770 del 21/12/2017, dep. 22/02/2018, Mariotti, Rv. 27217401).
Per completezza argomentativa, è appena il caso di rilevare che le Sezioni Unite, con la sentenza sopra citata, hanno pure precisato che, in tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’abrogato D.L. n. 158 del 2012, art. 3 comma 1, convertito dalla L. 8 novembre 2012, n. 189, si configura come norma più favorevole rispetto all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla L. n. 24 del 2017, sia in relazione alle condotte connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza, sia in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia intervenuto nella fase della scelta delle linee-guida adeguate al caso concreto (Sez. U, n. 8770 del 21/12/2017, dep. 2018, Mariotti, cit.).
Come si vede, le svolte considerazioni, circa l’elevato grado di colpa per negligenza rinvenibile nella condotta posta in essere dall’odierno imputato, conducono ad apprezzare pure l’inapplicabilità al caso di giudizio della previgente disciplina in materia di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria.
La Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che: ‘In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’evento di danno (aggravamento della patologia preesistente ovvero insorgenza di una nuova patologia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, non potendosi predicare, rispetto a tale elemento della fattispecie, il principio della maggiore vicinanza della prova al debitore, in virtù del quale, invece, incombe su quest’ultimo l’onere della prova contraria solo relativamente alla colpa ex art. 1218 c.c.’ (Cass., ord., 20/08/2018, n. 20812; Cass. 7/12/2017, n. 29315) e che ‘Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del ‘più probabile che non’, causa del danno, sicchè, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata’ (Cass. 15/02/2018, n. 3704; Cass. 26/07/2017, n. 18392).
Tali principi vanno ribaditi in questa sede; pertanto, va affermato che, nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere dell’attore, paziente danneggiato, provare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento, onere che va assolto dimostrando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del ‘più probabile che non’, la causa del danno, con la conseguenza che, se, al termine dell’istruttoria, non risulti provato il suddetto nesso tra condotta ed evento, la domanda dev’essere rigettata.
Va evidenziato che questa conclusione non si pone in contrasto con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 11/1/2008, n. 577, pure richiamata dalla ricorrente), secondo cui ‘in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante’.
Questo principio venne, infatti, affermato a fronte di una situazione in cui l’inadempimento ‘qualificato’, allegato dall’attore (ossia l’effettuazione di un’emotrasfusione) era tale da comportare di per sè, in assenza di fattori alternativi ‘più probabili’, nel caso singolo di specie, la presunzione della derivazione del contagio dalla condotta. La prova della prestazione sanitaria conteneva già, in questa chiave di analisi, quella del nesso causale, sicchè non poteva che spettare al convenuto l’onere di fornire una prova idonea a superare tale presunzione secondo il criterio generale di cui all’art. 2697 c.c., comma 2, e non la prova liberatoria richiesta dall’art. 1218 c.c..