Affidamento dei figli se i genitori non sono sposati ma solo conviventi.AVVOCATO FAMIGLIA DIVORZISTA MATRIMONIALISTA BOLOGNA
Con lo scioglimento della convivenza possono sorgere questioni in merito a:
- abitazione familiare; contratto di locazione;
- acquisti compiuti durante la convivenza;
- assegno di mantenimento;
- donazioni effettuate da uno dei conviventi a favore dell’altro;
- rapporto di lavoro nell’impresa familiare;
- assegnazione di alloggio in edilizia economica popolare;
- diritti successori;
- altri effetti patrimoniali.
Oggi è molto molto frequente che una coppia pur non sposata faccia figli, anzi oramai direi la meta’ pero’ come ci si comporta se da una convivenza nascono figli e poi la coppia rompe i legali, cioè se ci sono figli e ognuno va poi per la sua strada.
Che si tratti quindi di figli nati da coppie sposate, da coppie conviventi o non conviventi, il trattamento giuridico nei confronti della prole è il medesimo.
Occorre certo premettere che quando una coppia decide di separarsi non deve necessariamente rivolgersi al Tribunale per regolarizzare le modalità di affidamento e mantenimento dei figli.
Tuttavia il ricorso al Tribunale è sempre consigliabile.
Spesso infatti i genitori, anche preoccupati dal dover sostenere i relativi costi, si limitano nella migliore delle ipotesi, a trovare tra di loro un accordo o semplicemente a rinunciare passivamente a far valere delle pretese, spesso di natura economica, necessarie per i figli.
Ebbene formalizzare un accordo, magari anche tramite una scrittura privata, non tutela ad ampio raggio i genitori ma soprattutto i figli.
Non è una cosa semplice da affrontare, perché se non ci sono figli ci si puo’ dire addio ma se vi sono figli occorre continuare ad avere rapporti
Tutti i figli godono degli stessi diritti, che derivano loro dallo status di figlio e non dal fatto di essere nati durante il matrimonio dei genitori. Ciò ha dirette implicazioni per le coppie di conviventi. In caso di cessazione della convivenza, infatti, se si è in presenza di figli, i genitori devono rispettare le regole previste per le coppie sposate, che si separano, in materia di affidamento e mantenimento dei figli e assegnazione della casa familiare. Lo scopo è quello di tutelare i figli e i loro interessi.
1.2 – la Legge 54/2006
Aspetti innovativi della novella del 2006:
- introduzione del principio di bigenitorialità: il diritto soggettivo del bambino affinché entrambi i genitori, anche se separati, ne siano responsabili (traguardo del minore e non dei genitori, in risposta al fatto che con la norma precedente esisteva un genitore prevalente);
- eliminazione della valutazione sull’idoneità dei genitori per stabilire quale debba essere il genitore affidatario. Di conseguenza si elimina, almeno in via teorica, l’asimmetria tra i genitori prima giuridicamente prevista.
Il concetto di “bigenitorialità” non deve essere visto in modo precettivo e limitato, ma come l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi, una paritaria condivisione del ruolo genitoriale, con l’esclusivo scopo di tutelare l’interesse del minore, valutando concretamente caso per caso come applicare i principi di bigenitorialità.
In tal senso si è espresso anche il Tribunale Salerno, sez. I, che con l’ordinanza del 18/04/2017 ha così precisato:
“L’affido condiviso è disposto per attuare al contempo il diritto di ogni genitore a mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 cost.) ed il diritto della prole (art. 315 bis primo comma c.c.) a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori nonché di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Ciò non di meno (per le ragioni meglio di seguito evidenziate) l’affido condiviso è (in applicazione stretta degli artt. 337 bis e ter c.c.) inequivocabilmente funzionalizzato alla realizzazione dell’interesse morale e materiale della prole e per questa ragione, dopo e nonostante la crisi della coppia.
i provvedimenti giudiziari mirano (ovviamente ove possibile) alla conservazione (od al ripristino) del rapporto dei minori con entrambi i genitori il che comporta l’attribuzione a ciascuno di essi di pari opportunità quando abbiano capacità genitoriali omogenee e quando il minore abbia in concreto l’interesse ad una frequentazione paritaria”.
Analisi art. 38 disp. att. c.c.
L’art. 38 disp. att. c.c. riserva la competenza per i provvedimenti di cui all’art. 333 c.c. (“Condotta del genitore pregiudizievole ai figli”) al Tribunale per i Minorenni. Fa, tuttavia, salvi i casi in cui penda contemporaneamente davanti al Tribunale ordinario un giudizio di separazione, di divorzio o un giudizio ex art. 316 c.c. (“Esercizio della potestà dei genitori”).
Eppure la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava il reclamo della madre! L’ostacolo all’applicazione del riparto di competenze come sopra descritto, veniva individuato nella mancanza di identità soggettiva tra i due procedimenti. Quello davanti al Tribunale per i Minorenni veniva proposto dal PM, mentre il giudizio davanti al Tribunale ordinario aveva come parti i genitori.
Posizione della Corte di Cassazione
La Cassazione, di contro, accoglie il ricorso presentato dalla madre e afferma la competenza del Giudice Ordinario a decidere della questione. La Suprema Corte sostiene che non assume rilevanza preclusiva all’operare della vis actractiva del giudice non specializzato il fatto che il procedimento minorile sia promosso ad impulso del PM. Per “stesse parti” devono intendersi i genitori. Pertanto è sufficiente la previsione dell’intervento obbligatorio del pubblico ministero in sede di giurisdizione ordinaria.
Dal punto di vista emotivo, tutti sappiamo che quando ci sono dei figli, la prima preoccupazione/attenzione è rivolta a loro.
Quindi , prima di prendere qualunque tipo di decisione ( es. separarsi legalmente, separarsi di fatto, restare conviventi/sposati,….) è necessario capire esattamente cosa è meglio fare prima di tutto per sé e poi di conseguenza per i figli.
Le norme del codice civile che regolano l’affidamento dei figli sono state oggetto di un’ampia riforma da parte della Legge 10/12/2012 n. 219 sulla filiazione naturale e del D.lvo 28/12/2013 n.154, che ha parificato la condizione giuridica di tutti i figli. Che siano nati nel o fuori dal matrimonio, pertanto il trattamento nei riguardi della prole è il medesimo sia che i genitori siano sposati, che conviventi o non conviventi.