Società – Responsabilità degli amministratori sociali – Natura cautelare del procedimento ex art. 2409 c.c. – Competenza
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 2621, n. 1, del c.c. relativamente al bilancio consolidato, occorre distinguere, sotto il profilo della responsabilità soggettiva, a seconda che la falsità sia originaria o derivata. Nel primo caso, il titolo della responsabilità dell’amministratore della società controllante che lo redige va determinato secondo criteri identici a quelli normalmente utilizzati per il falso nei bilanci di esercizio, trattandosi di documenti aventi identità di struttura e analoga funzione informativa. Nel caso di falsità derivata, connessa alla veridicità dei dati informativi trasmessi dalle società controllate, la responsabilità penale del redattore del bilancio consolidato non scatta automaticamente in funzione della sola firma sul documento, in quanto il bilancio consolidato costituisce una rappresentazione contabile di secondo grado, nel senso che i dati relativi sono trasmessi agli amministratori della controllante dagli amministratori delle controllate (ex articolo 43 del D.Lgs. 9/4/1991 n. 127), che così sono i garanti della veridicità dell’informazione trasmessa. In tale evenienza, quindi, perché sorga un profilo di responsabilità penale dell’amministratore della controllante occorre accertare se questi fosse o no a conoscenza della falsità dei dati contabili ricevuti dalle controllate. Nella seconda ipotesi, del falso nel bilancio consolidato devono essere ritenuti responsabili solo gli amministratori delle controllate, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 48 del c.p.: del fatto della persona ingannata risponde colui che l’ha determinato a commetterlo; potendosi configurare a carico dell’amministratore della controllante una responsabilità di natura civile, nel caso di mancata diligenza nell’espletamento della funzione.
Del resto, i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura fittizia di tale posta attiva, essendosi limitati a produrre una comunicazione del (…) del 2017, contenente l’elenco dei condomìni che al momento non avevano ancora provveduto all’approvazione del bilancio (doc. 11). Al contrario, i resistenti hanno documentato l’avvenuta approvazione dei bilanci del 2016, da parte di quasi tutte le assemblee condominiali (docc. 12-23).
Quanto alle perdite di bilancio, sia i resistenti, sia il (…) dichiaravano che esse erano dipese da un evento straordinario, e cioè dalla sopravvenienza passiva dovuta al mancato incasso del credito spettante alla società nei confronti di uno dei condomìni in gestione, con cui era intercorso un contenzioso giudiziario.
Non è comunque ravvisabile una situazione di difficoltà finanziaria della società (…) del resto, anche i ricorrenti riferivano che le perdite erano state ripianate con le riserve di bilancio.
In ordine alla posizione assunta dal consulente nominato dai soci di maggioranza, (…) i ricorrenti non hanno provato né lo svolgimento da parte sua del ruolo di amministratore di fatto della cooperativa (non avendo neppure indicato gli atti gestori posti in essere), né in che modo egli abbia “travalicato l’autonomia determinativa degli organi sociali” (pag. 13 del ricorso), al di là del ruolo svolto nella sua qualità di consulente.
Quanto all’esercizio congiunto da parte di (…) dei servizi contabili e dell’attività di revisione dei conti, sia i resistenti, sia il (…) sentito all’udienza del 17.10.2017 – hanno dichiarato, in assenza di prova contraria, che la società di servizi di cui il era socio si limitava a trasmettere, per conto della (…) le dichiarazioni dei redditi e i bilanci, in via telematica, agli Uffici competenti.
La stipulazione di contratti e convenzioni, per garantire ai condomìni i necessari servizi di manutenzione, non appare incompatibile con lo svolgimento del mandato conferito agli amministratori di condominio, trattandosi di un servizio accessorio svolto in osservanza dello statuto e nel rispetto dei principi di autonomia contrattuale, in assenza di irregolarità contabili, neppure dedotte dai ricorrenti.
In relazione alle contestazioni riguardanti presunte poste fittizie di bilancio, si osserva quanto segue.
In ordine alla voce relativa a “ricavi delle vendite e prestazioni” per Euro 17.902,08, le deduzioni dei ricorrenti appaiono generiche e formali, in ragione del richiamo alla presunta violazione dell’art. 21 lett. g) D.P.R. 633/72 nella compilazione delle fatture; non risulta invece dimostrato che alle fatture non corrispondessero poste effettive. Per di più, parte resistente ha illustrato che detta voce di bilancio riguardava i costi sostenuti dalla cooperativa per conto dei condomìni in gestione, in relazione ad opere di manutenzione, costi che venivano poi riaddebitati ai condomìni medesimi; ha inoltre documentato, con la produzione delle schede contabili, le relative movimentazioni e l’incasso delle fatture (docc. 4, 5, 6).
Quanto all’iscrizione in bilancio di ratei attivi per Euro 262.532,72, non si ravvisano irregolarità, avuto riguardo ai principi contabili di continuità delle valutazioni di bilancio e di competenza, ai sensi dell’art. 2424 bis co. 6 c.c., a prescindere dalla data dell’incasso ex art. 2423 bis co. 1 n. 3 c.c.: si tratta, in particolare, di ricavi relativi ai compensi degli amministratori di condominio, riferibili all’anno di maturazione, benché abbiano di regola manifestazione finanziaria nell’anno successivo, quando vengono imputati ai singoli condomìni. Dunque, non sarebbe stato veritiero né corretto ometterne l’iscrizione nell’anno di competenza, sulla base della mera presunzione di un fatto negativo, futuro e incerto (mancata approvazione da parte delle assemblee condominiali
Tribunale|Bologna|Civile|Decreto|15 marzo 2018| n. 12
TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
Il Tribunale di Bologna in composizione collegiale, in persona dei magistrati:
Dott. Fabio FLORINI Presidente
Dott.ssa Anna Maria ROSSI Giudice
Dott.ssa Rita CHIERICI Giudice relatore
nel procedimento iscritto al n. 4216/2017 promosso da:
(…)
RICORRENTI
e
(…)
RESISTENTI
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 13.02.2018, celebrata avanti al Giudice relatore, ha pronunciato il seguente
DECRETO
Con ricorso proposto ai sensi degli artt. 2409 e 2545 quinquiesdecies c.c., i ricorrenti (…) e (…) soci della (…) (di seguito denominata (…)) con sede a Reggio Emilia, titolari complessivamente del 25% delle quote del capitale sociale, chiedevano disporsi l’ispezione dell’amministrazione della società e/o la nomina di un amministratore giudiziario per la vigilanza sull’attività sociale e per il compimento degli atti indicati nel ricorso.
A tal fine, i ricorrenti esponevano che la società, la quale svolgeva attività di amministrazione di condomìni come cooperativa di lavoro a mutualità prevalente, aveva incontrato crescenti problematiche, ed in particolare:
– l’attività si era concentrata sulla gestione dei condomìni, tralasciando altre possibilità di sviluppo;
– alla data del 31.12.2016 i soci, dopo diversi recessi, erano rimasti in otto, e dunque in numero inferiore al numero legale di nove soci previsto dall’art. 2522 c.c. (avendo la società l’ordinamento delle s.p.a.);
– dopo l’uscita dei soci (…) e (…), solo alcuni soci rimasti nella cooperativa (precisamente i ricorrenti e il Presidente (…)) possedevano i requisiti previsti dall’art. 71 bis disp. att. c.c., necessari allo svolgimento dell’attività di amministrazione condominiale, mentre gli altri soci si occupavano di servizi amministrativi e accessori; ciò aveva determinato diversi dissidi interni, nella fatturazione dei compensi ai condomìni (comprendenti sia quelli spettanti agli amministratori di condominio, sia quelli dei soci che si occupavano dei servizi accessori), nella gestione del lavoro (i pagamenti venivano eseguiti dagli incaricati dei servizi amministrativi, senza tener conto delle indicazioni degli amministratori di condominio), per l’aumento dei carichi di lavoro degli amministratori, nonché per le fatturazioni effettuate direttamente nei confronti dei fornitori dei condomìni, ignorando la posizione di conflitto di interessi in cui venivano a trovarsi gli amministratori, da un lato come mandatari, dall’altro come cointeressati contrattuali con i fornitori;
– ai sensi dell’art. 71 bis disp. att. c.c. possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio le società di persone e di capitali di cui al titolo V, libro V c.c. (in mancanza di alcun richiamo alle società cooperative), e in tal caso i requisiti previsti dalla norma debbono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomìni; nel caso di specie, invece, la AM – CO è una cooperativa, e tutti i soci, anche quelli sprovvisti dei menzionati requisiti, sono componenti del CDA.
Quanto alla sussistenza di gravi irregolarità di cui all’art. 2409 c.c., i ricorrenti rilevavano:
– la Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n. 2054 del 14.11.2016 (doc. 12), confermando la pronuncia impugnata emessa dal Tribunale di Reggio Emilia, aveva affermato, in relazione ad un condominio contabilizzato dalla cooperativa che l’incarico di amministratore condominiale faceva capo al singolo amministratore e con esso il titolo per il relativo compenso, mentre la cooperativa continuava a fatturare congiuntamente sia detto compenso, sia le spettanze per i servizi accessori;
– era infondata e non veritiera l’ingente partita di “ratei attivi5′ iscritta nel bilancio al 31.12.2016 per Euro 262.532,00, in quanto i proventi delle gestioni condominiali vanno imputati, pro-quota e per competenza, ai mesi maturati in corso di esercizio, ai sensi dell’art. 2424 bis co. 6 c.c., ma la condizione per la loro realizzazione finanziaria è l’approvazione dei bilanci condominiali, che deve avere luogo entro 180 giorni ex art. 1130 n. 10 c.c., considerando che l’omissione o il ritardo costituisce “grave irregolarità” ex art. 1129 co. 12 n. 1 c.c., che legittima la revoca dell’incarico da parte dell’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino; poiché per i condomìni gestiti dall’amministratore (…) tale termine era ampiamente decorso, e ciò stava determinando la revoca dell’incarico ad opera di talune assemblee (doc. 11), doveva considerarsi contrario ai principi di bilancio ex art. 2423 bis c.c. imputare quote di proventi per i quali, nella maggioranza dei casi, esistevano giuste ragioni di revoca;
– la compagine sociale maggioritaria si era rivolta al Dr. (…) il quale era passato dal ruolo di consulente a quello di indirizzo, fino a “rasentare la fattispecie dell’amministratore di fatto”, con conseguente influenza sull’autonomia degli organi sociali (pag. 13 del ricorso);
– la società al 31.12.2016 aveva maturato una perdita per Euro 36.649,14, ripianata con le riserve di bilancio, in presenza di poste fittizie;
– la revisione dei conti veniva effettuata dal professionista che erogava i servizi contabili, con conseguente verosimile sussistenza delle condizioni di influenza di cui all’art. 10 D.L.vo n. 39/2010.
I ricorrenti concludevano che l’oggetto sociale di (…) era divenuto totalmente o parzialmente illecito ed impossibile, e ritenevano necessario che l’amministratore giudiziario nominando procedesse alla convocazione dell’assemblea dei soci ai sensi degli artt. 2484/2487, 2519 c.c., per l’assunzione delle determinazioni conseguenti, al fine di verificare le ipotesi di scioglimento della società o di modifica dell’oggetto sociale (stante il divieto di trasformazione dell’ente ex art. 2545 decies c.c.), ed eventualmente deliberare la messa in liquidazione della società.
Si costituivano nel presente procedimento la cooperativa (…) e il Presidente (…) eccependo innanzitutto il difetto di giurisdizione e/o di competenza del Tribunale adito, in ragione della clausola compromissoria di cui all’art. 44 dello Statuto sociale; nel merito, chiedevano respingersi il ricorso per mancanza dei presupposti di legge.
All’udienza del 17.10.2017 venivano sentiti i Procuratori delle parti, nonché il revisore dei conti della società cooperativa.
A seguito di un rinvio disposto su richiesta delle parti in pendenza di trattative, all’udienza del 13.02.2018 si procedeva alla discussione finale.
Innanzitutto, appare infondata l’eccezione di incompetenza sollevata da parte resistente, in ragione della natura in senso lato cautelare del procedimento di cui all’art. 2409 c.c. e delle misure che vengono richieste, le quali, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non statuiscono su di essi a definizione di un conflitto tra parti contrapposte, né hanno attitudine ad acquistare l’autorità di giudicato sostanziale (Cass. civ. n. 6805 del 21.03.2007; Cass. civ. n. 10349 del 17.05.2005). Pertanto, può trovare applicazione, in via analogica, nel procedimento in oggetto, il disposto di cui all’art. 669 quinquies c.p.c.
Ed in effetti, secondo l’orientamento uniforme della giurisprudenza di merito, il Tribunale è competente a decidere sul ricorso ex art. 2409 c.c. anche nell’ipotesi in cui sia presente nello statuto una clausola compromissoria che devolva ad un collegio arbitrale le controversie tra soci ed amministratori (App. Ancona, 14.02.1998; Trib. Taranto, 17.05.1996; Trib. Salerno, 12.11.2009).
Nel merito, si ritiene che il ricorso sia infondato.
Innanzitutto, tra le ipotesi di grave irregolarità che giustificherebbero le misure di cui all’art. 2409 c.c., viene citata la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 2054 del 14.11.2016 (doc. 12 di parte ricorrente), che lungi dall’affermare i principi esposti nel ricorso (riconoscimento del titolo di legittimazione al compenso nei confronti dell’amministratore condominiale in proprio), confermava la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la carenza di legittimazione della società (…) a richiedere il pagamento delle fatture per prestazioni di amministrazione condominiale, nel caso specifico sottoposto al suo esame, in cui il mandato ad amministrare il condominio era stato conferito a (…) in proprio, quale persona fisica, anziché nei confronti della società (…) avuto riguardo al contenuto delle delibere assembleari del condominio.
E’ certo che risulta legittimato a richiedere il compenso il soggetto (persona fisica o giuridica) che, nel singolo caso, sia stato nominato dal condominio quale amministratore; non sussiste, invece, un principio generale di legittimazione in favore soltanto delle persone fisiche, che tra l’altro confliggerebbe col disposto dell’art. 71 bis. co. 3 disp. att. c.p.c.. Trattasi, pertanto, di questione che riguarda non l’organizzazione o la gestione della società (…) bensì i rapporti tra la stessa e i terzi.
Oltretutto, la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, sopra citata, nella motivazione affermava che non era in discussione la possibilità – ritenuta pacifica – che una società (anche cooperativa, come la (…)) potesse svolgere l’incarico di amministratore condominiale. Del resto, il principio affermato dall’art. 71 bis disp. att. c.c., che rinvia alle disposizioni di cui al titolo V, libro V c.c. relative alle società commerciali di persone e capitali, viene comunemente esteso, nell’interpretazione giurisprudenziale, alle società cooperative, sul presupposto che il fine mutualistico è pienamente compatibile con la prestazione di servizi a terzi, concretandosi detto fine nella creazione di occasioni di lavoro per i soci stessi (Trib. Gorizia 27.11.2016, Giudice di Pace di Gorizia 29.10.2014, citate da parte resistente). Quanto alla necessità che i requisiti indicati dall’art. 71 bis disp. att. c.c. siano presenti in capo a tutti gli amministratori della società (oltre che ai soci illimitatamente responsabili e a coloro che svolgono le funzioni di amministratore di condominio), si rileva, dalle allegazioni di parte resistente, che nella società (…) (in cui tutti i soci erano componenti del CDA, quantomeno fino alle dimissioni dei ricorrenti) attualmente almeno quattro di essi sono in possesso dei requisiti richiesti (verbale del 13.02.2018, doc. 28). Peraltro, l’eventuale violazione della norma, in relazione alla mancanza dei requisiti in capo a tutti gli amministratori, non pare possa integrare un’ipotesi di grave irregolarità nella gestione, idonea a giustificare l’intervento dell’autorità giudiziaria ex art. 2409 c.c., tenuto conto, da un lato, che i requisiti prescritti venivano comunque garantiti in capo ai soci che di fatto svolgevano l’attività di amministratore di condominio (la cui mancanza può determinare la cessazione dell’incarico), dall’altro che, alla luce delle deduzioni dei resistenti, l’organizzazione della società prevedeva che i soci entranti venissero man mano preparati professionalmente, con la partecipazione ad attività di formazione finanziate dalla cooperativa per l’acquisizione del relativo titolo professionale. Parte resistente ha poi documentato che, nel termine di legge, era stato ricostituito il numero legale minimo di nove soci della cooperativa, previsto dall’art. 2522 c.c. (doc. 29).
Le ulteriori contestazioni svolte dai ricorrenti appaiono generiche e indeterminate.
In ordine alla posizione assunta dal consulente nominato dai soci di maggioranza, (…) i ricorrenti non hanno provato né lo svolgimento da parte sua del ruolo di amministratore di fatto della cooperativa (non avendo neppure indicato gli atti gestori posti in essere), né in che modo egli abbia “travalicato l’autonomia determinativa degli organi sociali” (pag. 13 del ricorso), al di là del ruolo svolto nella sua qualità di consulente.
Quanto all’esercizio congiunto da parte di (…) dei servizi contabili e dell’attività di revisione dei conti, sia i resistenti, sia il (…) sentito all’udienza del 17.10.2017 – hanno dichiarato, in assenza di prova contraria, che la società di servizi di cui il era socio si limitava a trasmettere, per conto della (…) le dichiarazioni dei redditi e i bilanci, in via telematica, agli Uffici competenti.
La stipulazione di contratti e convenzioni, per garantire ai condomìni i necessari servizi di manutenzione, non appare incompatibile con lo svolgimento del mandato conferito agli amministratori di condominio, trattandosi di un servizio accessorio svolto in osservanza dello statuto e nel rispetto dei principi di autonomia contrattuale, in assenza di irregolarità contabili, neppure dedotte dai ricorrenti.
In relazione alle contestazioni riguardanti presunte poste fittizie di bilancio, si osserva quanto segue.
In ordine alla voce relativa a “ricavi delle vendite e prestazioni” per Euro 17.902,08, le deduzioni dei ricorrenti appaiono generiche e formali, in ragione del richiamo alla presunta violazione dell’art. 21 lett. g) D.P.R. 633/72 nella compilazione delle fatture; non risulta invece dimostrato che alle fatture non corrispondessero poste effettive. Per di più, parte resistente ha illustrato che detta voce di bilancio riguardava i costi sostenuti dalla cooperativa per conto dei condomìni in gestione, in relazione ad opere di manutenzione, costi che venivano poi riaddebitati ai condomìni medesimi; ha inoltre documentato, con la produzione delle schede contabili, le relative movimentazioni e l’incasso delle fatture (docc. 4, 5, 6).
Quanto all’iscrizione in bilancio di ratei attivi per Euro 262.532,72, non si ravvisano irregolarità, avuto riguardo ai principi contabili di continuità delle valutazioni di bilancio e di competenza, ai sensi dell’art. 2424 bis co. 6 c.c., a prescindere dalla data dell’incasso ex art. 2423 bis co. 1 n. 3 c.c.: si tratta, in particolare, di ricavi relativi ai compensi degli amministratori di condominio, riferibili all’anno di maturazione, benché abbiano di regola manifestazione finanziaria nell’anno successivo, quando vengono imputati ai singoli condomìni. Dunque, non sarebbe stato veritiero né corretto ometterne l’iscrizione nell’anno di competenza, sulla base della mera presunzione di un fatto negativo, futuro e incerto (mancata approvazione da parte delle assemblee condominiali).
Ciò veniva confermato dal revisore dei conti, (…) sentito all’udienza del 17.10.2017, il quale oltre a riconoscere la regolarità contabile dell’iscrizione dei ratei attivi nell’anno di competenza, affermava che essi erano sottoposti a verifica nell’anno successivo e se del caso stornati, come poteva accadere nell’ipotesi di revoca da parte del condominio dell’incarico conferito alla società, evenienza peraltro mai verificatasi nel corso della sua esperienza presso (…).
Del resto, i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura fittizia di tale posta attiva, essendosi limitati a produrre una comunicazione del (…) del 2017, contenente l’elenco dei condomìni che al momento non avevano ancora provveduto all’approvazione del bilancio (doc. 11). Al contrario, i resistenti hanno documentato l’avvenuta approvazione dei bilanci del 2016, da parte di quasi tutte le assemblee condominiali (docc. 12-23).
Quanto alle perdite di bilancio, sia i resistenti, sia il (…) dichiaravano che esse erano dipese da un evento straordinario, e cioè dalla sopravvenienza passiva dovuta al mancato incasso del credito spettante alla società nei confronti di uno dei condomìni in gestione, con cui era intercorso un contenzioso giudiziario.
Non è comunque ravvisabile una situazione di difficoltà finanziaria della società (…) del resto, anche i ricorrenti riferivano che le perdite erano state ripianate con le riserve di bilancio.
Si osserva, infine, che nel corso del procedimento (…) ha esercitato il recesso dalla società (docc. 28, 29 di parte resistente), con conseguente venir meno dell’interesse ad agire della ricorrente, non avendo la stessa rappresentato la persistenza di un concreto interesse ad ottenere, anche dopo la perdita della qualità di socio, i provvedimenti invocati nel ricorso.
Alla luce di quanto esposto, si ritiene che non sussistano i presupposti della tutela prevista dagli artt. 2409 e 2545 quinquiesdecies c.c., in quanto non è ravvisabile a carico degli amministratori della (…) fondato sospetto di gravi irregolarità nella gestione, che possano arrecare danno alla società.
Le spese del procedimento seguono la soccombenza, secondo i principi generali, e debbono essere liquidate come in dispositivo, in base ai valori medi previsti nei parametri allegati al D.M. 55/2014, in relazione ai procedimenti di volontaria giurisdizione, per cause di valore indeterminabile.
P.Q.M.
Visti gli artt. 2409 e 2545 quinquiesdecies c.c.,
– respinge il ricorso proposto da (…)
– condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione delle spese di lite in favore della (…) che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00, oltre IVA, CPA, 15% per spese generali.
Così deciso in Bologna l’1 marzo 2018.
Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2018.