Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Motivi del ricorso – Vizi di motivazione violazione del ‘minimo costituzionale’ della motivazione – Azione di simulazione esercitata dal legittimario – Prescrizione – Riduzione o collazione – Specificazione della finalità – Necessità – Ragioni – Diversità del termine di decorrenza. SUCCESSIONI E DONAZIONI – Donazione – Fatta a un legittimario in conto di legittima e con dispensa da collazione – Azione di riduzione nei confronti del donatario – Ammissibilità. (Cc, articoli 555 e 559)
In tema di divisioni ereditarie, la dispensa dalla collazione, contenuta in una donazione, si configura come una clausola accessoria al contratto che, come tale, non può essere eliminata dal contesto per atto unilaterale di volontà di uno solo dei contraenti. La natura contrattuale di tale clausola non contrasta col divieto dei patti successori, trattandosi di una mera modalità dell’attribuzione, destinata ad avere efficacia dopo la morte del donante, e non di un atto con cui questi dispone da vivo della propria successione. In tema di comunione ereditaria ed in ipotesi di domanda di divisione giudiziale dei beni, tutte le questioni che sorgono nel corso del giudizio vanno esaminate nell’insieme dei rapporti reciproci dei condividenti e quindi, come incidenti relativi all’unico, inscindibile giudizio principale.
Il contratto tipico di donazione, definito dall’art. 769 c.c., è l’atto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione; le donazioni indirette o liberalità atipiche sono contemplate dall’art. 809 c.c. come liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione stessa, le quali hanno in comune con l’archetipo l’arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito liberale da un soggetto a favore dell’altro, ma se ne distinguono perchè l’arricchimento del beneficiario non si realizza con l’attribuzione di un diritto o con l’assunzione di un obbligo da parte del disponente, ma in modo diverso. La riconduzione all’uno o all’altro ambito ha conseguenze sul piano della disciplina applicabile. Infatti, il codice civile estende alle liberalità diverse dalla donazione tipica le disposizioni riguardanti la revocazione per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli e quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari (art. 809), e le assoggetta alla disciplina della collazione (art. 737), ma al contempo prevede l’applicabilità delle norme riguardanti l’atto per mezzo del quale la liberalità è compiuta, senza che occorra l’assolvimento dell’onere della forma di cui all’art. 782 c.c.
Ne consegue che non può considerarsi nuova e perciò preclusa, la domanda di simulazione dell’atto di vendita di un bene effettuato dal de cuius in favore di uno dei coeredi e la conseguente domanda di collazione del bene alla massa, in quanto entrambe sono volte a far rientrare nell’asse ereditario il bene fittiziamente compravenduto. Se poi il bene sia stato venduto anche ad un terzo, questi deve far parte del giudizio nel quale si discute della simulazione della vendita conclusa anche da lui, non potendo essere il terzo pregiudicato, se non interviene, dalla sentenza resa tra i condividenti.
L’istituto della collazione, di cui all’art. 737 c.c., a fronte della espressa dispensa contenuta in un atto pubblico di donazione fatta in vita dal de cuius, opera nei soli limiti in cui la dispensa è inefficace, ossia per la quota eccedente la disponibile, senza necessità di esercitare l’azione di riduzione, posta l’automatica operatività dell’istituto della collazione. In presenza di donazioni fatte in vita da de cuius, invero, la collazione è uno strumento giuridico volto alla formazione della massa ereditaria da dividere al fine di assicurare l’equilibrio e la parità di trattamento tra i vari condividenti, così da non alterare il rapporto di valore tra le varie quote, da determinarsi, in relazione alla misura del diritto di ciascun condividente, sulla base della sommatoria del relictum e del donatum all’apertura della successione.
L’obbligo della collazione, pertanto, sorge automaticamente a seguito dell’apertura della successione, tale che i beni donati devono essere conferiti indipendentemente da un’espressa domanda dei condividenti, essendo a tal fine sufficiente la domanda di divisione e la menzione, in essa, della esistenza di determinati bene oggetto di pregressa donazione.
La collazione ereditaria, in presenza di donazioni fatte in vita dal de cuius, costituisce uno strumento giuridico volto alla formazione della massa ereditaria da dividere al fine di assicurare equilibrio e parità di trattamento ai vari condividenti e, dunque, a garantire ad essi la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionati alla propria quota.
L’obbligo della collazione, pertanto, sorge automaticamente a seguito dell’apertura della successione ed i beni donati devono essere conferiti a prescindere da una espressa domanda dei condividenti, in quanto a tal fine sufficiente la domanda di divisione e la menzione, in essa, della esistenza di determinati beni facenti parte dell’asse ereditario da ricostruire, quali oggetto di pregressa donazione. L’azione contemplata dalla disposizione di cui all’art. 737 c.c., pertanto, è finalizzata unicamente all’accertamento dell’obbligo del coerede che ha ricevuto beni in donazione a procedere alla collazione, in matura o mediante imputazione, e costituisce, in quanto tale, atto strumentale alla divisione ereditaria. (Nella specie a differenza di quanto dedotto da parte attrice, il chiesto accertamento della donazione dissimulata non fa ricadere l’immobile nella massa ereditaria ex artt. 737 e 746 c.c., poiché non sono tali gli effetti delle richiamate disposizioni, attinenti, per quanto innanzi, all’istituto della collazione che postula come suo fondamento l’acquisizione del donatum all’asse ereditario in rapporto necessariamente strumentale alle operazioni di divisione ereditaria, ovvero nelle ipotesi di azione di riduzione).
È soggetta a riduzione, secondo i criteri indicati negli articoli 555 e 559 del Cc, la donazione fatta a un legittimario dal defunto a valere in conto di legittima e per l’eventuale esubero sulla disponibile, con dispensa da collazione, non implicando tale clausola una volontà del de cuius diretta ad attribuire alla stessa liberalità un effetto preminente rispetto alle altre in caso di esercizio dell’azione di reintegrazione da parte degli altri legittimari lesi, secondo quanto invece stabilito per le disposizioni testamentarie dall’articolo 558, comma 2, del Cc, e rimanendo, pertanto, il medesimo donatario esposto alla riduzione per l’eccedenza rispetto alla sua porzione legittima.
Viola il “minimo costituzionale” richiesto per la motivazione la decisione che non chiarisce se l’azione di simulazione proposta dal legittimario in relazione ad una cessione immobiliare effettuata dal”de cuius” ad un terzo sia svolta in funzione della collazione dell’asse ereditario o della riduzione della quota di legittima, atteso che il “dies a quo” del termine di prescrizione dell’azione di simulazione decorre dall’apertura della successione se l’erede agisce al fine di far valere il diritto alla propria quota di riserva e dal compimento dell’atto che si assume simulato se l’azione è esperita al fine di far accertare l’interposizione fittizia di persona e la dissimulazione di una donazione indiretta in favore di altro erede al solo fine di acquisire il bene all’asse ereditario.