AVVOCATO BOLOGNA TRIBUNALE BOLOGNA Violazione degli obblighi di assistenza alla famiglia – Violazione degli obblighi di assistenza famigliare – Mancata corresponsione dell’assegno per il mantenimento del figlio minore – Esclusione del reato solo in caso di indigenza assoluta dell’obbligato – Onere di dimostrare l’esistenza dell’esimente a carico dell’imputato – Emissione di assegni privi di fondi – Inidoneità a provare la condizione di indigenza dell’obbligato
Va ricordato che, conformemente al costante orientamento della Suprema Corte,
lo stato di bisogno del figlio minore è insito nella minore età (Cass. Sez. VI, 4.6.96 n. 5525) e che non rileva che ai suoi bisogni abbia provveduto l’altro genitore dal momento che entrambi i genitori sono ugualmente tenuti a mantenere i figli, in proporzione dei rispettivi guadagni (Cass. Sez. VI, 17.9.90, n. 12400; Sez. VI, 18.2.92, n. 1748); ed egualmente non rileva che vi abbiano provveduto altre persone coobbligate o non obbligate (quale la nonna materna, l’attuale compagno della madre o gli amici di lei) poiché tale intervento è prova della effettività dello stato di bisogno del bambino nonostante l’adempimento del genitore affidatario.
Il delitto in oggetto ha dolo generico, pertanto non è necessario per la sua realizzazione che la condotta omissiva
sia posta in essere con intenzione e volontà di far venire meno i mezzi di sussistenza (Cass. sez. VI, 13.1.94 n. 185), bastando – così come nel caso in esame – che l’imputato si sia volontariamente sottratto all’adempimento degli obblighi, a nulla rilevando il convincimento (erroneo) di non esservi tenuto per mancanza di effettivo stato di bisogno da parte del figlio minore poiché altri vi provvedevano, poiché ciò si traduce in ignoranza non scusabile della legge penale, non invocabile per escludere la sussistenza del reato (Cass. Sez. II, 7.7.94 n. 7640).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BOLOGNA
SEZIONE PENALE
Il Giudice dott.ssa Valentina Tecilla
all’udienza dibattimentale del 4 giugno 2012
Con l’intervento del p.m. Dott.ssa Paola Dell’Aglio vpo
e
con l’assistenza del Funz. Giud. C. Veronesi
ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
Nei confronti di:
Pa.Ma.
nato (…)
contumace
Imputato
reati p. e p. dagli artt. 81 cpv., 570 c.p. perché, con più azione esecutive finalizzate ad un medesimo disegno criminoso faceva mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore Jo.Al., non versando l’assegno di mantenimento alla coniuge Bi.Gi., così come stabilito nella sentenza di separazione n. 203 del Tribunale di Varese in data 1/4/2003.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 8.6.2010 il PM ha citato a giudizio Pa.Ma. per il reato descritto nell’imputazione; il decreto è stato ritualmente notificato all’imputato a mani, in data 19.9.2011.
L’istruttoria dibattimentale è stata celebrata nel corso dell’udienza odierna in presenza della parte civile Gi.Bi.; svolta la discussione, sulle conclusioni delle parti come riportate a verbale, il giudice ha pronunciato sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sulla base dell’istruttoria orale e dei documenti prodotti dalle parti e contenuti nel fascicolo del dibattimento (verbale di comparizione dei coniugi innanzi al giudice per il tentativo di conciliazione, in data 1.4.2003; provvedimento di omologa della separazione consensuale, datato 18.4.2003, busta paga di Gi.Bi.) si ritiene pienamente provata la responsabilità dell’imputato.
Gi.Bi. ha riferito in dibattimento che era sposata con l’imputato nel 1998, nel 1999 era nato il (…) Jo.Al.; ella non aveva lavorato durante il matrimonio ma, con la separazione, aveva rinunciato all’assegno di mantenimento per sé ed aveva cercato subito lavoro a Bologna, ove inizialmente aveva trovato ospitalità presso amici; prima aveva lavorato in un bar, poi aveva trovato lavoro come assistente sanitaria; inizialmente aveva percepito uno stipendio di circa 1.100 Euro mensili ma da qualche anno lavora con contratto part – time, per accudire il figlio, e pertanto percepisce uno stipendio inferiore, circa Euro 600 al mese. Vive attualmente con il figlio, in una casa in affitto e il canone è pagato dal suo compagno e convivente, che si occupa anche del pagamento delle bollette per le utenze domestiche e dell’acquisto dei generi alimentari.
Il marito aveva sempre lavorato: prima del matrimonio come odontotecnico, poi presso la ricevitoria Lotto gestita dai genitori di lui, quindi presso l’aeroporto Malpensa e ora, per quanto riferitole dal figlio, lavora in Svizzera.
Durante il matrimonio essi avevano abitato in un appartamento acquistato con mutuo, i cui ratei dovevano essere pagati dal marito, unico che in famiglia percepiva lo stipendio, ma già prima della separazione varie rate non erano state pagate, così l’immobile – che con la separazione era stato assegnato a Bi. – era stato poco dopo pignorato e venduto; detratta la somma dovuta alla banca, erano rimasti circa Euro 64.000, che lei ed il marito avevano diviso a metà.
Con la separazione era stato stabilito che il marito le versasse Euro 400 al mese per il mantenimento del figlio, che venne affidato a lei, oltre alla metà di tutte le spese straordinarie. Bi. non era titolare di conto corrente, così aveva acquistato una carta poste pay in modo che il marito potesse accreditarvi le somme dovute per il mantenimento del figlio; in effetti il marito, dal mese di aprile 2003 a tutt’oggi, aveva versato in modo irregolare e discontinuo solo piccole somme, 50, 70 o 100 Euro, così che ella per tutto tale periodo non aveva ricevuto neppure 100 Euro al mese, nonostante ella avesse sempre chiesto all’ex – marito di effettuare i versamenti e gli avesse sempre inviato copia delle ricevute relative alle spese straordinarie effettuate per il figlio. Ad esempio, l’ultimo versamento effettuato dall’ex – marito per Euro 100, era stato fatto nel mese di gennaio 2012. Inoltre Pa. non aveva mai versato alcuna somma per contribuire alle spese straordinarie, quali ad esempio quelle necessarie per l’apparecchio ortodontico, o per gli occhiali da vista, o per il materiale scolastico. Gi.Bi. ha riferito di avere affrontato vari disagi economici per mantenere il figlio Jo.Al. dopo la separazione, tanto che nei primi anni era stata aiutata dalla madre, giunta appositamente da Cuba sia per aiutarla nella gestione del bambino sia per aiutarla con prestito in denaro; ella aveva anche fatto ricorso a prestiti di amici. Gi.Bi. aveva anche tentato la strada dei decreti ingiuntivi, riuscendo solo ad ottenere la somma di Euro 3.500, sul maggior importo di Euro 32.000 ricevuto da Pa. come ricavato dalla vendita del loro appartamento.
Va evidenziato che la teste/persona offesa Gi.Bi. è apparsa del tutto genuina, sincera, coerente nella narrazione ed equilibrata nel riferire i fatti: ella ha descritto gli accadimenti in modo sereno e senza intenti vendicativi né, tantomeno, calunniosi.
Pertanto, in difetto di elementi di segno diverso, neppure rappresentati dall’imputato – che ha scelto di restare contumace – o dalla difesa tecnica, ella viene ritenuta pienamente veridica ed attendibile.
Sulla base delle dichiarazioni da lei rese è stato accertato in dibattimento che dalla separazione – del 1 aprile 2003 – ad oggi Pa.Ma. non ha adempito all’obbligo del mantenimento del figlio se non in minima parte, con versamenti episodici mai superiori a 100 Euro, così ponendo la ex – moglie ed il figlio in una condizione di grave disagio economico, e solo grazie ad aiuti esterni – l’attuale compagno di Bi. si è fatto interamente carico dell’affitto, del pagamento delle bollette e dell’acquisto dei generi alimentari, del pagamento delle breve vacanze estive – il figlio minore Jo.Al. non versa in condizioni di indigenza. La consapevolezza – da parte dell’imputato – della violazione che gli si contesta discende dalle modalità della violazione medesima: egli, certamente consapevole del dovere di contribuire al mantenimento del figlio di pochi anni e delle sue necessità quotidiane (oggi Jo.Al. ha 12 anni), pienamente conscio dell’accordo di separazione consensuale formalizzato nel verbale redatto in sua presenza e da lui sottoscritto in data 1 aprile 2003 avanti al giudice del Tribunale di Varese, fino alla data odierna ha versato solo minime somme, non ha mai partecipato in altro modo alle spese di mantenimento ed alle necessità sanitarie e scolastiche del figlio Jo.Al.
Sussiste dunque il reato in esame nelle sue componenti oggettive e soggettive.
Il delitto in oggetto ha dolo generico, pertanto non è necessario per la sua realizzazione che la condotta omissiva sia posta in essere con intenzione e volontà di far venire meno i mezzi di sussistenza (Cass. sez. VI, 13.1.94 n. 185), bastando – così come nel caso in esame – che l’imputato si sia volontariamente sottratto all’adempimento degli obblighi, a nulla rilevando il convincimento (erroneo) di non esservi tenuto per mancanza di effettivo stato di bisogno da parte del figlio minore poiché altri vi provvedevano, poiché ciò si traduce in ignoranza non scusabile della legge penale, non invocabile per escludere la sussistenza del reato (Cass. Sez. II, 7.7.94 n. 7640).
Peraltro, come evidenziato, il reddito della madre e gli aiuti della nonna materna e degli amici non sono bastati e non bastano per sopperire alle esigenze del figlio né per garantirgli un tenore di vita pur basso, tanto che le spese di “vitto e alloggio” sono sostenute dall’attuale compagno della madre, che anche ha consentito le poche vacanze, mentre la madre, con il proprio basso reddito, può solo sostenere le spese strettamente necessarie per il figlio, con esclusione di tutte quelle di natura “culturale” e “ricreativa”.
Va ricordato che, conformemente al costante orientamento della Suprema Corte, lo stato di bisogno del figlio minore è insito nella minore età (Cass. Sez. VI, 4.6.96 n. 5525) e che non rileva che ai suoi bisogni abbia provveduto l’altro genitore dal momento che entrambi i genitori sono ugualmente tenuti a mantenere i figli, in proporzione dei rispettivi guadagni (Cass. Sez. VI, 17.9.90, n. 12400; Sez. VI, 18.2.92, n. 1748); ed egualmente non rileva che vi abbiano provveduto altre persone coobbligate o non obbligate (quale la nonna materna, l’attuale compagno della madre o gli amici di lei) poiché tale intervento è prova della effettività dello stato di bisogno del bambino nonostante l’adempimento del genitore affidatario.
Quanto, infine, all’argomento esposto dalla difesa consistente nel mancato accertamento della capacità patrimoniale di Pa., si ricorda che è onere probatorio dell’imputato dimostrare che il mancato versamento dell’assegno di mantenimento è stato determinato da cause indipendenti dalla sua volontà (Cass. sez. VI, 13.10.92 n. 9759), onere che non risulta essere stato adempiuto neppure con mera allegazione, di talché per l’intero periodo in esame resta senza giustificazione alcuna il mancato adempimento dell’obbligo. Inoltre Gi.Bi. ha riferito che l’ex – marito ha sempre posseduto un’auto, diversamente da lei che non possiede alcun bene mobile registrato, e che alcuni anni orsono ha fatto una vacanza a Cuba, mentre lei, originaria di tale nazione e con parenti di primo grado che là risiedono, non è nelle condizioni economiche per permettersi tale viaggio. Pertanto, se pur gli occasionali versamenti effettuati per poche decine di Euro e l’assegno privo di fondi, consegnato per partecipare alla festa della comunione, sono elementi indicativi di una complessiva situazione economica che non può essere definita agiata, tali elementi certo non consentono – per ciò stesso – il venir meno del dovere alla corresponsione dell’assegno di mantenimento (Cass. Sez. VI, 12.4,91 n. 4152): solo l’indigenza assoluta dell’obbligato, da accertare e che non sia determinata colpevolmente (così Cass. Sez. VI, 19.6.97 n. 5969), vale come esimente, ma tale non può certamente essere qualificata la situazione patrimoniale di colui che risulta avere sempre lavorato, che possiede una vettura – se pure di cilindrata normale – e che effettua una vacanza intercontinentale.
Per quanto esposto, non concesse te attenuanti generiche non ravvisandosene ragione alcuna, si stima equa – con riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p. – la pena mesi tre di reclusione ed Euro 200,00 di multa (pena base mesi due di reclusione ed Euro 150 di multa, aumentata per la contesta continuazione). Alla condanna consegue l’obbligo del pagamento delle spese processuali ex art. 535 c.p.p.
L’affermazione di responsabilità comporta altresì la condanna al risarcimento del danno cagionato alla parte civile Bi.Gi., che sarà liquidato in sede civile non essendo stato oggetto di accertamento specifico e dettagliato nel corso del presente procedimento. Si reputa certamente provato un danno pari a Euro 20.000,00 ove si consideri che Pa. ha versato meno di 100 Euro al mese, e che dal 1 aprile 2003 al 23 maggio 2008 (data della presentazione della quérela, come recita l’imputazione) egli avrebbe dovuto versare 24.800 Euro, oltre alla metà delle spese straordinarie e agli interessi di legge. Pertanto per tale cifra, su richiesta della parte civile, vi è condanna al pagamento di provvisionale.
Vi è inoltre condanna al pagamento delle spese di costituzione e giudizio, liquidate come in dispositivo.
Infine, ricorrendone le condizioni di legge, vengono riconosciuti i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna sul certificato spedito a richiesta di privati, benefici subordinati al pagamento della provvisionale liquidata a favore della persona offesa.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e ss. c.p.p.
Dichiara
Pa.Ma. responsabile del reato continuato a lui ascritto e lo condanna alla pena di mesi 3 di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p.
Condanna
Pa.Ma. al risarcimento del danno subito dalla parte civile Bi.Gi., da liquidarsi avanti al giudice civile, nonché al pagamento di provvisionale pari a Euro 20.000; lo condanna inoltre alla rifusione delle spese di costituzione e giudizio sostenute dalla parte civile, che liquida in via equitativa in Euro 1.200,00 oltre IVA e CPA.
Visti gli artt. 163,165,175 c.p.
Concede
A Pa.Ma. la non menzione della condanna sul certificato spedito a richiesta di privati e la sospensione condizionale della pena come sopra inflitta, beneficio subordinato al pagamento della provvisionale come liquidata a favore della parte civile.
Così deciso in Bologna il 4 giugno 2012.
Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2012.