SEI SICURO DI POTER OTTENERE QUELLO CHE SPETTA? LO SAI CHE LE CAUSE EREDITARIE SONO DIFFICILI E LUNGHE? TROVIAMO UNA SOLUZIONE
LEGATO ,EREDE, AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA IMOLA RAVENNA FORLI LUGO Il legatario invece acquista diritti patrimonialispecifici (es. un immobile, una somma di denaro) e non risponde dei debiti ereditari.
eredità e legato:
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quando il testamento contiene disposizioni a titolo universale, si ha l’istituzione di erede;
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quando contiene disposizioni a titolo particolare, istituisce dei legati.
(Art. 588 c.c. “Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualifica di erede, se comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualifica di legatario”).
L’erede quindi subentra nell’intero patrimonio o in una quota di esso (per esempio un terzo o un diciottesimo), comprendente sia rapporti attivi che passivi.
Il legatario invece acquista diritti patrimonialispecifici (es. un immobile, una somma di denaro) e non risponde dei debiti ereditari.
In riferimento al legato in sostituzione di legittima si può rilevare — daun punto di vista storico — come il codice oggi vigente, a differenza del codi-ce del 1865 (
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), preveda espressamente la figura del legato posto a tacitazionedei diritti del legittimario beneficiato.Pur mancando all’interno del codice previgente una disposizione norma-tiva specificatamente dedicata al legato in sostituzione di legittima la figuraera comunemente ammessa ancorché con una marcata divisione in dottrina circa la ricostruzione della fattispecie.
Il motivo è fondato.
Ed, invero, premesso che non è stata contestata la qualificazione in termini di legato di specie della disposizione oggetto di causa, anche alla luce della natura evidentemente divisibile e fungibile delle res legate, effettivamente deve condividersi (ed anche alla luce del richiamo alla previsione di cui all’art. 754 c.c.) la conclusione della Corte d’Appello circa l’inesistenza di una situazione tale da imporre il litisconsorzio necessario tra tutti i coeredi in relazione alla domanda principale di adempimento del legato.
Tuttavia, il ricorrente in via riconvenzionale, come si ricava anche dall’esposizione della sentenza gravata (cfr. la premessa alla soluzione offerta al terzo motivo di appello), aveva richiesto anche la risoluzione della disposizione a titolo di legato, in ragione del preteso inadempimento della legataria alle obbligazioni sulla medesima gravanti a titolo di onere (non potendosi quindi reputare, come invece sostenuto dalla controricorrente che la risoluzione fosse stata oggetto di una mera eccezione).
Trattasi peraltro di un onere che grava sull’intero legato e quindi sulle posizioni di tutti gli onerati, e ciò a prescindere dal fatto che ognuno fosse tenuto pro quota a soddisfare il legato medesimo, dovendosi quindi ritenere che l’eventuale risoluzione debba necessariamente produrre i suoi effetti, ove accolta, in favore di tutti i coeredi.
In tal senso si veda quanto affermato da Cass. n. 1479 del 22/04/1977, la quale ha affermato che la sentenza la quale, pur rigettando la domanda di risoluzione del contratto, condanni in solido al risarcimento dei danni da inadempimento gli eredi dell’originario convenuto, nei confronti dei quali il processo era stato riassunto in appello, qualora venga impugnata per Cassazione soltanto da uno degli eredi per contestare la mancata ripartizione pro quota del debito e il vincolo di solidarietà fra i coeredi del debitore, passa in giudicato in ordine alla domanda di risoluzione e l’oggetto del giudizio resta fissato nella sola autonoma domanda di risarcimento. Ciò comporta l’interruzione del vincolo che legava gli eredi del convenuto originario ed esclude la necessità che gli altri eredi siano chiamati a partecipare al giudizio di legittimità, poichè, rispetto alla domanda di risarcimento dei danni da inadempimento – sia che si ritenga solidale, sia che si ritenga divisibile l’obbligazione relativa – non sussiste litisconsorzio necessario, trattandosi di domanda scindibile nei confronti dei vari debitori.
Orbene, da tale precedente si ricava il condivisibile principio che laddove sia in contestazione unicamente il diritto a ricevere la prestazione derivante dal contratto concluso dal de cuius (ovvero, come nel caso in esame, dalla disposizione a titolo di legato) non sussiste litisconsorzio necessario tra i coeredi, litisconsorzio che invece va riconosciuto nel caso in cui sia ancora in contestazione la risoluzione del rapporto contrattuale (o negoziale) generatore delle obbligazioni inadempiute.
La proposizione della domanda di risoluzione per l’inadempimento dell’onere apposto alla previsione a titolo di legato gravante su tutti i coeredi, impone quindi di ritenere che sussista il litisconsorzio necessario, non solo tra il ricorrente e la legataria, ma anche nei riguardi di tutti gli altri onerati.
Sulla successione testamentaria:
l'”institutio ex re certa” ha ad oggetto un bene determinato e solo di riflesso la quota, sicché l’alienazione successiva del bene attribuito implica la revoca della istituzione di erede o l’attribuzione di una quota maggiore rispetto a quella assegnata a favore di altro coerede, senza che possa trovare applicazione l’art. 686 c.c. in materia di legato in quanto l’art. 588, comma 2, c.c. consente di determinare la quota spettante all’erede sulla base del valore dei beni assegnati ed in rapporto al valore del restante patrimonio eventualmente assegnato ad altri coeredi.
Al fine di distinguere tra disposizioni testamentarie a titolo universale — che, indipendentemente dalle espressioni e dalle denominazioni usate dal testatore, sono attributive della qualità di erede — e disposizioni a titolo particolare — che, invece attribuiscono la sola qualità di legatario — il giudice deve compiere sia una indagine di carattere oggettivo riferita al contenuto dell’atto sia una indagine di carattere soggettivo riferita all’intenzione del testatore. Ne consegue che soltanto in seguito a tali duplici indagini — che sono di competenza del giudice del merito e i cui risultati non sono censurabili in sede di legittimità se congruamente motivati — può stabilirsi se attraverso l’assegnazione di beni determinati il testatore abbia inteso attribuire una quota del proprio patrimonio unitariamente considerato (sicché la successione in esso è a titolo universale) ovvero abbia inteso escludere l’istituzione dell’universum ius (sicché la successione è a titolo di legato).
La volontà di diseredazione di alcuni successibili può valere a fare riconoscere una contestuale volontà di istituzione di tutti gli altri successibili non diseredati solo quando, dallo stesso tenore della manifestazione di volontà o dal tenore complessivo dell’atto che la contiene, risulti la effettiva esistenza della anzidetta autonoma positiva volontà del dichiarante, con la conseguenza che solo in tal caso è consentito ricercare, anche attraverso elementi esterni e diversi dallo scritto
l’effettivo contenuto della volontà di istituzione.
L’avere il testatore attribuito a taluno singoli beni facenti parte del suo patrimonio non comporta necessariamente il carattere di legato dell’attribuzione, poiché per stabilire se questa sia a titolo universale o a titolo particolare occorre stabilire se la disposizione sia stata fatta dal disponente in relazione al complesso del suo patrimonio, all’universum ius, oppure secondo una specifica individuazione dell’oggetto attribuito, in sé considerato e senza relazione alcuna con l’intero e globale patrimonio stesso. Pertanto, quando l’attribuzione di quota del patrimonio, ancorché individuata quanto al suo aspetto materiale nei componenti, avviene per classi o gruppi di beni (come, come ad es.: tutti i mobili o tutti gli immobili, e/o quote di essi) è da ritenere, se altri elementi intrinseci della scheda non depongano chiaramente il contrario, che l’attribuzione stessa abbia luogo a titolo universale, onde il beneficiario acquista la qualità di erede e non già quella di legatario. (Nella specie i giudici del merito avevano considerato a titolo universale la disposizione con cui il testatore attribuiva ad un soggetto la nuda proprietà di tutti i beni immobili e ad altro la proprietà di tutti i beni mobili. La Corte di cassazione ha ritenuto incensurabile, perché adeguatamente motivata, tale interpretazione della volontà del disponente).
distinzione tra erede e legatario
ai sensi dell’art. 588 cod. civ., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (“institutio ex re certa”) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni. L’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato.
In tema di interpretazione del testamento, l’institutio ex re certa configura, ai sensi dell’art. 588 c.c., una successione a titolo universale nel patrimonio del de cuius qualora il testatore, nell’attribuire determinati beni, abbia fatto riferimento alla quota di legittima spettante all’istituito, avendo in tal modo inteso considerare i beni come una frazione rappresentativa dell’intero patrimonio ereditario.
L’assegnazione di beni determinati deve interpretarsi, ai sensi dell’art. 588 c.c., come disposizione erditaria (institutio ex re certa), qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato, se abbia voluto attribuirgli singoli individuati beni. L’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi, si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito, ed è, quindi, incensurabile in sede di legittimità se conseguentemente motivato.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 588 c.c. l’assegnazione di beni determinati (institutio ex re certa) può essere interpretata come disposizione a titolo universale qualora risulti che il testatore, pur avendo indicato beni determinati, abbia in effetti inteso assegnare questi come quota del patrimonio ereditario. A tal fine l’indagine, di carattere obiettivo circa il contenuto dell’atto, nel senso dell’attribuzione dell’universalità dei beni o di una quota aritmetica di essi oppure dell’attribuzione di un bene o di un complesso di beni determinati, è di carattere soggettivo sull’intenzione del testatore, e deve essere più completa e penetrante di quella necessaria quando invece il testatore detta le disposizioni con riferimento alla quantità indeterminata dei suoi beni.
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La qualità di erede non può essere desunta che dal contenuto obiettivo del testamento, essendo irrilevante a tal fine l’indagine sul comportamento degli eredi o dei legatari e sull’interpretazione che gli stessi abbiano dato al testamento.
Ed, invero, premesso che non è stata contestata la qualificazione in termini di legato di specie della disposizione oggetto di causa, anche alla luce della natura evidentemente divisibile e fungibile delle res legate, effettivamente deve condividersi (ed anche alla luce del richiamo alla previsione di cui all’art. 754 c.c.) la conclusione della Corte d’Appello circa l’inesistenza di una situazione tale da imporre il litisconsorzio necessario tra tutti i coeredi in relazione alla domanda principale di adempimento del legato
Tuttavia, il ricorrente in via riconvenzionale, come si ricava anche dall’esposizione della sentenza gravata (cfr. la premessa alla soluzione offerta al terzo motivo di appello), aveva richiesto anche la risoluzione della disposizione a titolo di legato, in ragione del preteso inadempimento della legataria alle obbligazioni sulla medesima gravanti a titolo di onere (non potendosi quindi reputare, come invece sostenuto dalla controricorrente che la risoluzione fosse stata oggetto di una mera eccezione).
Trattasi peraltro di un onere che grava sull’intero legato e quindi sulle posizioni di tutti gli onerati, e ciò a prescindere dal fatto che ognuno fosse tenuto pro quota a soddisfare il legato medesimo, dovendosi quindi ritenere che l’eventuale risoluzione debba necessariamente produrre i suoi effetti, ove accolta, in favore di tutti i coeredi.
In tal senso si veda quanto affermato da Cass. n. 1479 del 22/04/1977, la quale ha affermato che la sentenza la quale, pur rigettando la domanda di risoluzione del contratto, condanni in solido al risarcimento dei danni da inadempimento gli eredi dell’originario convenuto, nei confronti dei quali il processo era stato riassunto in appello, qualora venga impugnata per Cassazione soltanto da uno degli eredi per contestare la mancata ripartizione pro quota del debito e il vincolo di solidarietà fra i coeredi del debitore, passa in giudicato in ordine alla domanda di risoluzione e l’oggetto del giudizio resta fissato nella sola autonoma domanda di risarcimento. Ciò comporta l’interruzione del vincolo che legava gli eredi del convenuto originario ed esclude la necessità che gli altri eredi siano chiamati a partecipare al giudizio di legittimità, poichè, rispetto alla domanda di risarcimento dei danni da inadempimento – sia che si ritenga solidale, sia che si ritenga divisibile l’obbligazione relativa – non sussiste litisconsorzio necessario, trattandosi di domanda scindibile nei confronti dei vari debitori.
Orbene, da tale precedente si ricava il condivisibile principio che laddove sia in contestazione unicamente il diritto a ricevere la prestazione derivante dal contratto concluso dal de cuius (ovvero, come nel caso in esame, dalla disposizione a titolo di legato) non sussiste litisconsorzio necessario tra i coeredi, litisconsorzio che invece va riconosciuto nel caso in cui sia ancora in contestazione la risoluzione del rapporto contrattuale (o negoziale) generatore delle obbligazioni inadempiute.
La proposizione della domanda di risoluzione per l’inadempimento dell’onere apposto alla previsione a titolo di legato gravante su tutti i coeredi, impone quindi di ritenere che sussista il litisconsorzio necessario, non solo tra il ricorrente e la legataria, ma anche nei riguardi di tutti gli altri onerati.
A tal fine va altresì ricordato che a mente dell’ultimo comma dell’art. 677 c.c., nel caso in cui risulti pronunziata la risoluzione del legato, che nella fattispecie ha carattere unitario essendo posto a carico di tutti i coeredi, ancorchè tenuti al suo inadempimento pro quota, gli eredi subentrerebbero nell’onere, sicchè appare confermata la correttezza della soluzione che impone che la giudizio che investe la risoluzione del modus debbano necessariamente prendere parte tutti i soggetti che verrebbero a subentrare negli obblighi imposti dal de cuius al legatario inadempiente.
Deve quindi affermarsi che il litisconsorzio necessario operi anche laddove la domanda di risoluzione investa la disposizione testamentaria che in maniera unitaria abbia previsto un legato a carico di tutti i coeredi.
L’accoglimento del primo motivo determina poi l’assorbimento del secondo motivo di ricorso con il quale si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., e dell’art. 661 c.c., trattandosi di censura che investe l’accertamento dell’esatta determinazione dell’oggetto del legato, e del terzo motivo di ricorso che investe direttamente il riscontro circa l’inadempimento dell’onere da parte della legataria.
La sentenza impugnata deve essere cassata e rimessa al giudice di primo grado ex art. 383 c.p.c., comma 3, trattandosi di nullità che, ove rilevata dal giudice di appello avrebbe determinato la rimessione della causa al giudice di primo grado.
Cassazione Civile
sez. VI – 2
Ordinanza 22/01/2018, n. 1468
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16408/2016 proposto da:
V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, alla VIA BOCCHERINI 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA PELLEGRINI, e rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO BASEI in virtù di procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, elettivamente domiciliata in ROMA, al VIALE PARIOLI 180, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO LUIGI BRASCHI che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
CASSA DI RISPARMIO DI FERMO S.P.A.;
avverso la sentenza n. 630/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 5/6/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/10/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Letta la memoria depositata dalla controricorrente.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con testamento pubblico del 12 febbraio 2001, V.D. nominava eredi i nipoti V.L., F., M.E. e P., e disponeva a favore delle Pontificie Opere Missionarie, organizzazione dipendente dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, un legato avente ad oggetto tutto il denaro della de cuius depositato presso la Succursale di (OMISSIS) della Cassa di Risparmio di Fermo, nonchè tutti i titoli e/o valori mobiliari depositati presso la medesima Succursale, con l’onere che venissero celebrate 30 Messe Gregoriane in suffragio della propria anima, di quella dei defunti genitori e dei defunti fratelli.
Intervenuto il decesso della testatrice in data (OMISSIS), l’ente beneficiario del legato richiedeva agli eredi l’adempimento, inoltrando copia del testamento anche all’istituto di credito.
La banca, dopo avere segnalato l’importo delle somme appartenenti alla de cuius giacenti presso la detta succursale alla data del decesso, segnalava altresì che le posizioni relative al conto corrente ed al dossier titoli erano state estinte su richieste degli eredi, i quali erano entrati in possesso delle relative somme.
A seguito di un fitto carteggio, solo tre degli eredi, e con l’eccezione di V.L., davano seguito alla disposizione a titolo di legato, provvedendo al versamento in favore della Congregazione della quota di loro pertinenza, sicchè la legataria conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Fermo, V.L. e la Cassa di Risparmio di Fermo affinchè, previo accertamento della validità del legato, il primo fosse condannato al pagamento della quota di sua spettanza sulle somme oggetto del legato, con la condanna altresì in solido della banca per avere consentito lo svincolo delle somme, provocando in tal modo un danno alla beneficiaria.
Si costituiva il V. che in via preliminare eccepiva il difetto del litisconsorzio necessario in quanto non erano stati evocati in giudizio tutti gli eredi universali.
Nel merito sosteneva che il legato fosse affetto da nullità, poichè sul conto corrente della de cuius erano confluite anche somme appartenenti ai nipoti, in quanto ricavate dalla vendita di proprietà immobiliari che erano in comunione tra la de cuius ed i nipoti stessi.
Chiedeva altresì pronunziarsi la risoluzione della disposizione a titolo di legato ex art. 648 c.c., atteso l’inadempimento della legataria all’onere disposto da parte della testatrice.
Il Tribunale con la sentenza n. 257 del 14 maggio 2009 accoglieva la domanda della Congregazione e per l’effetto condannava il V. al pagamento della somma di Euro 87.004,38 oltre interessi legali a far data dal (OMISSIS) al saldo, rigettando invece la domanda proposta nei confronti della Cassa di Risparmio.
Avverso tale sentenza proponeva appello il V., e la Corte d’Appello di Ancona, nella resistenza di entrambe le appellate, rigettava il gravame principale ed incidentale (promosso dalla Congregazione in ordine al rigetto della domanda proposta nei confronti della Cassa di Risparmio).
Ad avviso dei giudici di appello andava esclusa la violazione della regola del litisconsorzio necessario, di cui si doleva l’appellante, che sosteneva la necessità della partecipazione al giudizio di tutti i coeredi, e ciò in quanto non ricorreva alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario atteso che il giudizio verteva unicamente sull’accertamento dell’inadempimento del V. rispetto all’obbligazione scaturente dalla disposizione a titolo di legato, e nei limiti della quota di sua spettanza.
Del pari andava disatteso il secondo motivo di appello vertente sulla pretesa nullità del legato, in quanto avente ad oggetto somme non appartenenti alla de cuius, rilevandosi che la prova circa il fatto che il ricavato della vendita dei beni comuni fosse confluito esclusivamente sul conto della de cuius non era stata fornita, e ciò in quanto l’estratto conto, dal quale risultano versamenti di notevole consistenza coevi alle alienazioni delle proprietà, era stato tardivamente prodotto solo in grado di appello, senza che peraltro il documento avesse i requisiti della indispensabilità.
Veniva altresì rigettato il terzo motivo di appello, finalizzato ad ottenere la risoluzione del legato per inadempimento della legataria, osservandosi che, sebbene non fosse condivisibile la valutazione del Tribunale circa l’inesistenza di un’obbligazione in senso giuridico siccome scaturente dalla richiesta della testatrice di celebrare delle messe in suffragio, tuttavia, in assenza di un termine nel quale adempiere tale obbligazione, ed in mancanza di una manifestazione della volontà di non adempiere da parte dell’attrice, non poteva darsi seguito alla richiesta di risoluzione.
Infine, disatteso il quarto motivo dell’appello principale, essendo infatti emerso che il V. aveva estinto le posizioni della de cuius presso la Banca, non provvedendo, a differenza degli altri coeredi, ad adempiere il legato per quanto di sua spettanza, rigettava altresì l’appello incidentale della Congregazione, osservando che, proprio in ragione della configurazione del legato in oggetto quale legato di specie, quale pacificamente assegnata dal Tribunale e non contestata in appello, la proprietà delle somme era sì passata alla legataria alla data di apertura della successione, ma era pur sempre necessario richiederne il possesso agli eredi, e solo in seguito alla banca.
Era però emerso che la Congregazione si era rivolta alla banca solo in data 10 maggio 2003, allorquando però i coeredi avevano già estinto i rapporti bancari intestati dalla zia, e senza che la banca potesse opporre alcunchè, non essendole ancora pervenuta la richiesta della legataria.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso V.L. sulla base di tre motivi.
La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha resistito con controricorso.
La Cassa di Risparmio di Fermo S.p.A. non ha svolto difese in questa fase.
Con il primo motivo di ricorso si denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c.
Si rileva che diversamente da quanto affermato dalla Corte d’Appello, il giudizio non verteva unicamente sulla richiesta di accertamento dell’inadempimento e di condanna del ricorrente al pagamento della parte del legato dal medesimo dovuta, nella qualità di coerede, ma investiva anche la domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento della disposizione mortis causa, per il mancato adempimento dell’onere da parte della legataria.
Il motivo è fondato.
Ed, invero, premesso che non è stata contestata la qualificazione in termini di legato di specie della disposizione oggetto di causa, anche alla luce della natura evidentemente divisibile e fungibile delle res legate, effettivamente deve condividersi (ed anche alla luce del richiamo alla previsione di cui all’art. 754 c.c.) la conclusione della Corte d’Appello circa l’inesistenza di una situazione tale da imporre il litisconsorzio necessario tra tutti i coeredi in relazione alla domanda principale di adempimento del legato.
Tuttavia, il ricorrente in via riconvenzionale, come si ricava anche dall’esposizione della sentenza gravata (cfr. la premessa alla soluzione offerta al terzo motivo di appello), aveva richiesto anche la risoluzione della disposizione a titolo di legato, in ragione del preteso inadempimento della legataria alle obbligazioni sulla medesima gravanti a titolo di onere (non potendosi quindi reputare, come invece sostenuto dalla controricorrente che la risoluzione fosse stata oggetto di una mera eccezione).
Trattasi peraltro di un onere che grava sull’intero legato e quindi sulle posizioni di tutti gli onerati, e ciò a prescindere dal fatto che ognuno fosse tenuto pro quota a soddisfare il legato medesimo, dovendosi quindi ritenere che l’eventuale risoluzione debba necessariamente produrre i suoi effetti, ove accolta, in favore di tutti i coeredi.
In tal senso si veda quanto affermato da Cass. n. 1479 del 22/04/1977, la quale ha affermato che la sentenza la quale, pur rigettando la domanda di risoluzione del contratto, condanni in solido al risarcimento dei danni da inadempimento gli eredi dell’originario convenuto, nei confronti dei quali il processo era stato riassunto in appello, qualora venga impugnata per Cassazione soltanto da uno degli eredi per contestare la mancata ripartizione pro quota del debito e il vincolo di solidarietà fra i coeredi del debitore, passa in giudicato in ordine alla domanda di risoluzione e l’oggetto del giudizio resta fissato nella sola autonoma domanda di risarcimento. Ciò comporta l’interruzione del vincolo che legava gli eredi del convenuto originario ed esclude la necessità che gli altri eredi siano chiamati a partecipare al giudizio di legittimità, poichè, rispetto alla domanda di risarcimento dei danni da inadempimento – sia che si ritenga solidale, sia che si ritenga divisibile l’obbligazione relativa – non sussiste litisconsorzio necessario, trattandosi di domanda scindibile nei confronti dei vari debitori.
Orbene, da tale precedente si ricava il condivisibile principio che laddove sia in contestazione unicamente il diritto a ricevere la prestazione derivante dal contratto concluso dal de cuius (ovvero, come nel caso in esame, dalla disposizione a titolo di legato) non sussiste litisconsorzio necessario tra i coeredi, litisconsorzio che invece va riconosciuto nel caso in cui sia ancora in contestazione la risoluzione del rapporto contrattuale (o negoziale) generatore delle obbligazioni inadempiute.
La proposizione della domanda di risoluzione per l’inadempimento dell’onere apposto alla previsione a titolo di legato gravante su tutti i coeredi, impone quindi di ritenere che sussista il litisconsorzio necessario, non solo tra il ricorrente e la legataria, ma anche nei riguardi di tutti gli altri onerati.
A tal fine va altresì ricordato che a mente dell’ultimo comma dell’art. 677 c.c., nel caso in cui risulti pronunziata la risoluzione del legato, che nella fattispecie ha carattere unitario essendo posto a carico di tutti i coeredi, ancorchè tenuti al suo inadempimento pro quota, gli eredi subentrerebbero nell’onere, sicchè appare confermata la correttezza della soluzione che impone che la giudizio che investe la risoluzione del modus debbano necessariamente prendere parte tutti i soggetti che verrebbero a subentrare negli obblighi imposti dal de cuius al legatario inadempiente.
Deve quindi affermarsi che il litisconsorzio necessario operi anche laddove la domanda di risoluzione investa la disposizione testamentaria che in maniera unitaria abbia previsto un legato a carico di tutti i coeredi.
L’accoglimento del primo motivo determina poi l’assorbimento del secondo motivo di ricorso con il quale si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., e dell’art. 661 c.c., trattandosi di censura che investe l’accertamento dell’esatta determinazione dell’oggetto del legato, e del terzo motivo di ricorso che investe direttamente il riscontro circa l’inadempimento dell’onere da parte della legataria.
La sentenza impugnata deve essere cassata e rimessa al giudice di primo grado ex art. 383 c.p.c., comma 3, trattandosi di nullità che, ove rilevata dal giudice di appello avrebbe determinato la rimessione della causa al giudice di primo grado.
Il giudice del rinvio che si designa nel Tribunale di Fermo, persona di diverso magistrato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, ed assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata con rinvio ex art. 383 c.p.c., comma 3, al Tribunale di Fermo, che provvederà anche sulle spese delle presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2018